volume-05


Sintesi di

L'EVANGELO COME MI E' STATO RIVELATO

    di

    MARIA VALTORTA


    VOLUME 5°

Ultima modifica: 14/6/2020

Avviso

Cliccando sul titolo di un capitolo di questo indice, il browser si posizionerà sul corrispondente riassunto.

Per leggere il testo originale dell'Evangelo come mi è stato rivelato entrare nel sito http://www.scrittivaltorta.altervista.org/per_volume.htm
e scendere giù nella pagina web fino a trovare il link del capitolo desiderato, poi cliccare su di esso.


INDICE

296 L’arrivo ad Aera sotto la pioggia e guarigione dei malati in attesa.

297 Con il discorso ad Aera termina il secondo grande viaggio apostolico.

298 Il soccorso agli orfanelli Maria e Mattia e gli insegnamenti che ne derivano.

299 L’affidamento degli orfanelli Maria e Mattia a Giovanna di Cusa.

300 Con scribi e farisei nella casa di Daniele, il risuscitato di Naim.

301 Parabola delle fronti detronizzate e spiegazione della parabola sull’impurità.

302 A Magdala, prima di mandare tutti in famiglia per le Encenie.

303 Gesù dalla Madre a Nazareth.

304 Con Giovanni di Endor, Sintica e Marziam. Maria è Madre e Maestra.

305 Gesù conforta Marziam con la parabola degli uccellini.

306 Anche Simone Zelote arriva a Nazareth. Lezione sui danni dell’ozio.

307 Discussione sul comportamento dei nazareni e lezione sulla tendenza al peccato malgrado la Redenzione.

308 Guarigione del figlio di Simone d’Alfeo. Marziam è il primo dei bambini discepoli.

309 Sacrificio di Marziam per la guarigione di una bambina. Ravvedimento di Simone d’Alfeo.

310 Con Pietro, a Nazareth, Gesù organizza la partenza di Giovanni di Endor e Sintica.

311 La rinuncia di Marziam provoca una lezione sui sacrifici fatti per amore.

312 Gesù comunica a Giovanni di Endor la decisione di mandarlo ad Antiochia. Fine del secondo anno.

313 Preparativi di partenza da Nazareth dopo la visita di Simone d’Alfeo con la famiglia. Nel terzo anno Gesù sarà il Giusto.

314 La cena nella casa di Nazareth e la dolorosa partenza.

315 Il viaggio verso Jiftael e le riflessioni di Giovanni di Endor.

316 L’addio di Gesù a Giovanni di Endor e a Sintica.

317 Isolamento e preghiera di Gesù per la salvezza di Giuda Iscariota.

318 In barca da Tolemaide a Tiro inizia il viaggio degli otto apostoli con Giovanni di Endor e Sintica.

319 Partenza da Tiro sulla nave del cretese Nicomede.

320 Prodigi sulla nave nel mare in tempesta.

321 Sbarco a Seleucia e commiato da Nicomede.

322 Partenza da Seleucia su un carro e arrivo ad Antiochia.

323 La visita ad Antigonio.

324 I discorsi degli otto apostoli prima di ripartire da Antiochia. L’addio a Giovanni di Endor e a Sintica.

325 Gli otto apostoli si riuniscono a Gesù presso Aczib.

326 Una sosta ad Aczib.

327 Ai confini della Fenicia. Discorso sulla uguaglianza dei popoli e parabola del lievito.

328 Ad Alessandroscene, dai fratelli di Ermione.

329 Al mercato di Alessandroscene. La parabola degli operai della vigna. Il milite Aquila.

330 Giacomo e Giovanni di Zebedeo diventano "i figli del tuono". Verso Aczib con il pastore Anna.

331 La fede della donna cananea e altre conquiste. Arrivo ad Aczib.

332 La sofferta separazione di Bartolomeo, che con Filippo si ricongiunge al Maestro.

333 Con dieci apostoli verso Sicaminon.

334 Anche Tommaso e Giuda Iscariota si riuniscono al gruppo apostolico.

335 La falsa amicizia di Ismael ben Fabi e l’idropico guarito in giorno di sabato.

336 A Nazareth con quattro apostoli. L’amore di Tommaso per Maria Ss.

337 Il sabato a Corozim. Parabola sui cuori inlavorabili e guarigione di una donna curva.

338 Giuda Iscariota perde il potere del miracolo. La parabola del coltivatore.

339 Verso Meieron. La notte peccaminosa di Giuda Iscariota.

340 Ravvedimento di Giuda Iscariota e scontro con i rabbi al sepolcro di Hillele.

341 La mano ferita di Gesù. Guarigione di un sordomuto ai confini siro-fenici.

342 A Cédès. Il segno chiesto dai farisei e la profezia di Abacuc.

343 Il lievito dei farisei. Le opinioni sul Figlio dell’uomo. Il primato a Simon Pietro. Mt 16, 5-20; Mc 8,14-21.

344 Incontro con i discepoli a Cesarea di Filippo e spiegazione del segno di Giona.

345 Miracolo al castello di Cesarea Paneade.

346 Primo annuncio della Passione e il rimprovero a Simon Pietro.

347 A Betsaida. Profezia sul martirio di Marziam e degli apostoli. La guarigione di un cieco.

348 Mannaen riferisce su Erode Antipa e da Cafarnao va con Gesù a Nazareth. Svelate le trasfigurazioni, della Vergine.

349 La Trasfigurazione sul monte Tabor e l’epilettico guarito ai piedi del monte. Un commento per i prediletti.

350 Lezione ai discepoli sul potere di vincere i demoni.

351 Il tributo al Tempio pagato con la moneta trovata in bocca al pesce.

352 Un peccatore convertito dalla Maddalena. Parabola per il piccolo Beniamino e lezioni su chi è il più grande, sullo scandalo ai bambini e sull’uso del nome di Gesù.

353 La seconda moltiplicazione dei pani e il miracolo della moltiplicazione della Parola.

354 Il discorso sul Pane del Cielo, nella sinagoga di Cafarnao, e la defezione di molti discepoli.

355 Il nuovo discepolo Nicolai di Antiochia e il secondo annuncio della Passione.

356 Verso Gadara. Le eresie di Giuda Iscariota e le rinunce di Giovanni che vuole solo amare.

357 Giovanni e le colpe di Giuda Iscariota. I farisei e la questione del divorzio.

358 A Pella. Il giovinetto Jaia e la madre di Marco di Giosia.

359 Nella capanna di Mattia presso Jabes Galaad.

360 Il malumore degli apostoli e il riposo in una grotta. L’incontro con Rosa di Gerico.

361 Due innesti che trasformeranno gli apostoli. Maria di Magdala avverte Gesù di un pericolo. Miracolo sul fiume Giordano in piena.

362 Missione e destino delle "voci di Dio". L’incontro con la Madre e con le discepole.

363 A Rama, in casa della sorella di Tommaso. Discorso della porta stretta e apostrofe a Gerusalemme.


FINE INDICE



    296 L’arrivo ad Aera sotto la pioggia e guarigione dei malati in attesa.



    I discepoli di Gesù si rallegrano che le piogge abbiano almeno tenuto lontani i farisei, ma a chi domanda perché ce l’abbiano tanto con Giovanni di Endor, il Maestro risponde che quel discepolo è solo un pretesto per attaccare Lui.

    Qualcuno si rallegra dell’assenza dell’Iscariota, ma Gesù fa presente che come nella natura non è bene che ci sia solo un tipo di animali, così anche Giuda svolge una funzione utile.

    Mentre camminano sotto la pioggia per andare ad Aera, Pietro viene loro incontro seguito da un gruppo di ciuchi che gli abitanti di tale città hanno mandato al Maestro e ai Suoi discepoli, affinché possano risparmiarsi la fatica di fare la strada a piedi.

    Gesù, allora, osserva che tra i pagani Lui è accolto meglio che dagli Israeliti e che essi dovrebbero trarne una lezione di perfezione.

    Infine, gli abitanti di Aera gli vengono incontro in massa e Gesù entra nella città benedicendoli e poi si occupa subito di guarire i loro malati e solo a notte fatta può ristorarsi col fuoco e con vesti asciutte.



    297 Con il discorso ad Aera termina il secondo grande viaggio apostolico.



    Gesù parla ai cittadini di Aera dicendo che vuole metterli in guardia dalle pressioni che subiranno per staccarli dalla fede in Lui e spiega loro un passo del quarto libro dei Re.

    Come il re Ezechia, che al popolo aveva ordinato di non rispondere ai messi mandati da Sennacherib per spaventarlo e consigliargli di arrendersi e di lasciarsi deportare in luogo simile a Israele, Lui li consiglia di fare lo stesso con coloro che fingeranno di voler salvarli dal male e minacceranno persecuzioni per staccarli dalla Verità.

    Seguano, perciò, il Suo discepolo Timoneo che resterà presso di loro e spiegherà loro la Sacra Scrittura alla luce della Sua Verità e ricordino le guarigioni avvenute sotto i loro occhi per confermarsi nella fede, finché non diventeranno adulti in essa.



    298 Il soccorso agli orfanelli Maria e Mattia e gli insegnamenti che ne derivano.



    La visione mostra Gesù che accarezza due bambini molto poveri e anche patiti. Erano orfani cacciati dal padrone dopo la morte del loro padre e che poi avevano perso anche la madre.

    Gesù poi chiede ospitalità e pane per sé e per i Suoi discepoli a un contadino. Egli li accoglie con gioia, ma subito dopo scaccia i due bambini chiamandoli ladri.

    Gesù domanda alla bambina se è vero che voleva rubare. Lei risponde che voleva solo raccogliere una crosta di pane avendo fame.

    Gesù incoraggia i bambini a venire avanti. Poi rimprovera il contadino perché l’anno prima Lui, in cambio dell’accoglienza ricevuta, gli aveva promesso un buon raccolto e nonostante che la promessa si fosse avverata, ora il contadino non si è curato di sfamare quei poveri bambini.

    Poi dice ai bambini di cogliere la frutta su un melo, ma la bambina ribatte che quella pianta è brulla, però Gesù insiste e, infatti, essi tornano con le mele raccolte.

    Il Maestro se ne va dicendo che il contadino avrà la pietà che ha avuto con i bambini, rispondendogli: “Mi ama chi ama” non chi dice che Lo ama con le parole.

    Incarica Andrea di prendere la bimba sulle sue spalle mentre Lui prende il bimbo.

    Finita la visione, Gesù dice a Maria Valtorta che il Padre avrà sempre un pane da mettere nelle sue mani e che quindi non si crucci per l’avvenire.

    Aggiunge che:

     - è inutile la frequenza ai sacramenti e ai riti e accostarsi al Pane eterno cioè alla comunione se si nega il pane a un affamato. Può essere addirittura un sacrilegio;

     - che la nostra falsa religiosità ci ha fruttato l’abbandono di Dio, il quale tornerà quando noi sapremo amare come Lui ci ha insegnato.

    Poi è Maria SS. a dire alla Valtorta che quella bambina non aveva capito il miracolo del melo, ma ebbe poi modo di conoscere Chi era Gesù e che la Sua parola dava ricchezza agli spiriti per cui gli indigenti si sentivano ricchi, gli affamati sazi e i sofferenti consolati, mentre i potenti di questo mondo vogliono tenere nelle tenebre gli inferiori per poterli torturare con più agio e sfruttarli con più esosità.



    299 L’affidamento degli orfanelli Maria e Mattia a Giovanna di Cusa.



    I due orfanelli, Mattia e Maria, sono portati di peso sulla barca da Pietro. La bambina piange ripensando alla madre che le diceva che quando verrà il Salvatore, i bambini che sono stati buoni si riuniranno alle loro mamme in Cielo.

    Gesù le dice di non piangere perché Lui li porterà da una nuova mamma, che ha perso il bimbo che aveva, e avranno anche un padre, che vorrà loro bene. Essi non sono contadini e hanno un giardino con molte rose.

    Giunti a destinazione, Giovanni corre avanti a tutti ad avvisare Cusa del loro arrivo. Egli viene avanti e riceve Gesù che gli raccomanda di essere grato a Dio della guarigione della moglie, anche se è un servo di Erode, poiché non avrebbe avuto rispetto umano se si fosse trattato di rivolgersi a Lui per salvare la moglie, che è meno importante della sua anima.

    Intanto, Giovanna arriva e chiede quale bontà conduce il Maestro dalla Sua discepola. Gesù afferma di avere un bisogno, cioè di dare una mamma e un padre a due piccoli orfani, trovati il giorno prima sulla strada.

    I due coniugi ne sono molto contenti e Gesù promette che quei bambini daranno pace alla loro unione e che il Cielo sarà benigno con loro per la loro misericordia.



    300 Con scribi e farisei nella casa di Daniele, il risuscitato di Naim.



    La famiglia di Daniele, il giovane risuscitato, e il popolo di Naim sono pronti ad accogliere Gesù con gioia.

    Gli chiedono di benedire il matrimonio del giovane e la sposa; e Lui lo fa dicendo: “Rifioriscano in te le virtù di Sara, Rebecca e Rachele, e da te si generino dei veri figli di Dio, per la sua gloria e per la letizia di questa dimora.”

    Tra i presenti al banchetto, tuttavia, sono anche scribi e farisei i quali fanno mille domande al risuscitato per mettere in dubbio la sua morte, sapere che cosa ricorda dell’aldilà, poi fanno molte domande anche a Gesù il quale risponde che era stato a Endor per accontentare l’Iscariota che voleva vedere l’antro della maga, poi era passato a Naim per caso, senza sapere nulla della malattia di Daniele, e che i Suoi discepoli facevano miracoli in grazia dei loro sforzi di diventare santi e non attraverso sortilegi magici.

    Aggiunge che i farisei si scandalizzano che gli apostoli non osservino la tradizione umana di lavarsi le mani prima di mangiare e poi essi stessi preferiscono dare il denaro al Tempio, anziché provvedere alle necessità dei genitori e così violano il comandamento di Dio di onorare il padre e la madre.

    Dopo, Gesù ringrazia le donne per l’amore che hanno messo nella preparazione del pasto, invitandole però a darGli solo pane e olive un’altra volta.



    301 Parabola delle fronti detronizzate e spiegazione della parabola sull’impurità.



    Qualche apostolo si accorge della tristezza di Gesù e Gli domanda se è dovuta ai farisei aggiungendo che in questo caso non dovrebbe meravigliarsene.

    Gesù risponde che non bisogna mai abituarsi al Male.

    Qualcun altro ipotizza che Gli abbiano parlato male dei Suoi discepoli.

    Il Maestro ribatte che Lui legge nei cuori e sulle fronti detronizzate.

    Infatti, se un re è detronizzato quando non è degno di stare sul trono, ogni uomo essendo fatto per il Cielo si detronizza da sé quando prostituisce la sua anima e diviene bruto e demonio. Gesù allora vede la scritta “Venduto” sulla sua fronte, venduto a Satana o ai suoi servi che sono nel mondo.

    Bartolomeo osserva che i farisei se n’erano andati scandalizzati, ma Gesù gli risponde che aveva dovuto parlare così per carità verso le anime oneste, alle quali quelli impongono tradizioni e precetti che soffocano il Decalogo e lo rendono impossibile da rispettare.

    Poi spiega a Pietro che a rendere impuro l’uomo non sono le mani sporche prima di prendere il cibo. E’ dal suo io, ossia dal suo cuore, che nascono i cattivi pensieri, le cattive azioni, gli omicidi, gli adulteri, le invidie, le ire, le avarizie, le libidini.



    302 A Magdala, prima di mandare tutti in famiglia per le Encenie (Poema 4, 168).



    Non fa che piovere e gli apostoli domandano a Gesù se non sarebbe meglio starsene a Nazareth.

    Il Maestro risponde di no e tutti restano immusoniti. Poi a Pietro dice che è per amore che lo tratta con durezza, che è bene amare Marziam ma senza arenarsi negli affetti umani, come Lui che continua la Sua missione nonostante l’amore per quel bambino.

    Poi Gesù comunica a Pietro che quest’anno la festa delle Encenie, a causa del maltempo, sarà trascorsa da ciascuno con la propria famiglia. Intanto incarica Tommaso e l’Iscariota di accompagnare le sorelle di Lazzaro alla loro casa di Betania, insieme a Elisa di Betsur.

    Arrivato con gli apostoli alla casa di Maria di Magdala, manda via anche le discepole, che accettano senza fiatare.

    In disparte, Maria dice a Gesù che preferirebbe fare a meno della compagnia di Giuda poiché ormai le fa ribrezzo uno che si arrovella tanto per il senso. Tuttavia, Gesù le dice che Lui ha bisogno di tenere lontano Giuda da Nazareth, dove sono Giovanni di Endor e Sintica in attesa che siano trasferiti al sicuro ad Antiochia.



    303 Gesù dalla Madre a Nazareth.



    Gesù arriva a Nazareth di notte e accosta la testa alla porta per sentire eventuali rumori pensando di attendere fuori per non disturbare la Madre se dorme, ma poi sente il rumore del telaio e bussa.

    La Madre accorre con gioia ad aprire, gli offre del latte caldo e poi Gli racconta che, quando Lui stava per nascere, lei aveva nascosto i pannolini in fondo alla borsa perché Giuseppe temeva che il parto avvenisse lontano da casa, ma lei sapeva bene che Lui doveva nascere a Betlemme di Giudea.

    Poi Gesù le chiede cosa sta tessendo poiché suppone che lo stia facendo per Lui. Iinfatti, si tratta di una veste di porpora per la quale gli aveva portato il filato l’Iscariota. Parla anche di Giovanni di Endor e di Sintica e dice che sono dolci e attenti al suo insegnamento mentre Marziam è triste perché in questi giorni ricorda la morte della madre.

    Infine si benedicono a vicenda e vanno a dormire.



    304 Con Giovanni di Endor, Sintica e Marziam. Maria è Madre e Maestra.



    Giovanni di Endor saluta con esultanza il Maestro. Anche Sintica e Marziam accorrono da Lui prima possibile.

    Maria rimprovera dolcemente il bambino poiché lei gli aveva detto di restarsene a letto, affinché lui non rischiasse un malanno col freddo che fa e che avrebbe pensato lei a portargli Gesù tutto per lui e che non c’è merito a ubbidire finché si dorme: il merito c’è quando si ubbidisce da svegli. Il bambino promette, allora, che d’ora in poi le ubbidirà sempre.

    Maria dice che adesso lei torna scolara ma Gesù risponde che Lui ora sarà solo Figlio e che lei invece continuerà a formare i cristiani e senza la sua grazia non si otterrà alcuna perseveranza in Cristo.

    Arrivano Maria d’Alfeo con Giacomo e Giuda e gioiscono anch’essi al vedere che c’è Gesù che pensa subito a preparare i letti per ospitarli.



    305 Gesù conforta Marziam con la parabola degli uccellini.



    Marziam esce insieme a Gesù, ma non ha voglia di scherzare poiché ricorda i suoi genitori e i fratelli morti sotto una frana e lui non aveva nemmeno l’età per potersi guadagnare di che vivere e perciò odiava anche gli uccelli che si ingozzavano di cibo, avevano piume calde e un nido, e sentiva di meritare l’inferno invece che di riabbracciare i suoi cari in Cielo. E se non avesse incontrato Gesù sarebbe diventato un ladrone.

    Gesù gli risponde che a volte Dio toglie un bene per darne un altro maggiore: così oggi la sua mamma ora prega per lui e gli ha ottenuto che qualcuno si occupasse di lui rimasto solo; e lui potrà un giorno essere un sacerdote e offrire il sacrificio vero della Vittima perfetta nel nome della quale tutti i perdoni sono concessi.



    306 Anche Simone Zelote arriva a Nazareth. Lezione sui danni dell’ozio.



    A sera nella casetta di Nazareth, mentre le due donne lavorano al telaio o all’ago, Gesù e Giovanni di Endor parlano tra loro e Marziam tira a lucido un cofano con una pelle scagliosa di pesce.

    Gesù ordina di interrompere il lavoro e anche Lui e Giovanni contribuiscono a mettere tutto a posto.

    Poco dopo arriva Simone Zelote che giustifica il proprio ritardo perché è stato trattenuto tre giorni da gente che credeva che lui precedesse il Maestro e di aver compiuto bene gli incarichi ricevuti.

    Marziam a sua volta domanda a Gesù perché si sia affrettato a fare due cofani al punto di farsi venire le vesciche alle mani. La risposta è che le vesciche erano una conseguenza dell’ozio, perché le mani erano ormai disabituate al lavoro.

    Aggiunge che anche all’anima l’ozio è molto dannoso: chi si intiepidisce nel fervore e nella volontà, trova più difficoltà a compiere le opere buone e più facilmente i veleni delle malattie spirituali penetrano in lui.



    307 Discussione sul comportamento dei nazareni e lezione sulla tendenza al peccato malgrado la Redenzione.



    Oggi Maria e Sintica, lasciati i lavori precedenti, si dedicano a tagliare e cucire le stoffe portate dallo Zelote.

    Giuda d’Alfeo dice che Nazareth non ha niente di buono salvo, al più, donne e bambini.

    Gesù gli risponde di non intossicarsi l’animo, che non è tutta colpa dei nazareni e che le donne non sono da meno degli uomini, a cominciare da Sua Madre che tiene testa a tutto il paese che la schernisce perché Gli è fedele.

    Anche il fratello Giacomo gli dà torto e promette che d’ora in avanti si rifiuterà di considerare i compaesani come tutti malvagi e che cercherà di evangelizzarli.

    Anche Simone interviene dicendo che, come ci sono persone ostili in altre città, così c’è di certo la loro responsabilità in quest’ostilità verso Gesù a Nazareth.

    Giovanni di Endor aggiunge che l’umile nascita, infanzia, adolescenza e giovinezza di Gesù ha favorito questo errore nella gente la quale ragiona di solito male, poiché non sa che i valori si nascondono dietro apparenze modeste e si lascia ingannare da esse.

    Sintica ritiene che la Redenzione annullerà il peccato originale per quelli che credono in Gesù, ma si domanda se non le restituirà anche un’inattaccabile vigoria spirituale al punto da non cadere nel languore a causa dell’ozio.

    Il Maestro le risponde che anche un bambino nato sanissimo, se poi si ammala gravemente, una volta che sarà guarito, resterà con della debolezza in qualche organo e quindi più soggetto ad ammalarsi di nuovo.

    Per questi motivi, la Grazia restituita dalla Redenzione, per conservarsi e accrescersi, avrà bisogno di una volontà attiva e instancabile nell’acquisto delle virtù.



    308 Guarigione del figlio di Simone d’Alfeo. Marziam è il primo dei bambini discepoli.



    Gesù esce di casa con lo Zelote e Marziam. Passano davanti alla casa di Simone d’Alfeo e vedono la moglie Salome che sta quasi piangendo.

    Il Maestro le chiede che cosa la rattristi e lei Gli dice che il suo bambino Alfeo sta molto male e rischia di morire. Aggiunge che ha chiesto invano al marito di chiamarLo affinché guarisca il bambino, ma che lui non vuole saperne e perciò lei lo odia e intende abbandonarlo.

    Gesù le raccomanda di non fare così. Le promette che il bambino guarirà, a patto che lei creda in Lui e che perdoni suo marito.

    Poi a Marziam dice che un giorno anche il piccolo Alfeo diventerà un Suo discepolo e lui, Marziam, quando sarà un sacerdote non dovrà mai respingere i bambini che vogliono essere dei discepoli di Cristo.



    309 Sacrificio di Marziam per la guarigione di una bambina. Ravvedimento di Simone d’Alfeo.



    Gesù va da una vecchia che vive in miseria, con parecchi nipoti dai due ai dieci anni. Le porta una somma di denaro, frutto di elemosine raccolte. La più grande dei bambini, nel preparare il terreno alla semina, ha preso una febbre e temono che muoia.

    La nonna maledice i malefici influssi della luna, ma Gesù le dice che il pianeta non c’entra e aggiunge che anche Marziam ha perso i genitori, ma si è trovato chi lo prendesse con sé e così avverrà finché lui sarà buono.

    Marziam lo conferma e dice che certamente anche i genitori morti di questi bambini hanno pregato per loro, come pure la loro nonna vivente e aggiunge che bisogna guardarsi dal causare dolore a chiunque - per non addolorare Dio - ma soprattutto ai vecchi e ai bambini che non possono difendersi.

    Poi chiede a Gesù di guarire quella bambina e Lui gli risponde che le guarigioni si ottengono con i sacrifici. Allora Marziam promette che lui rinuncerà al miele per le quattro fasi di questa luna, ora che sta per arrivare la festa dei Lumi con le focacce di miele e ottiene la promessa della guarigione.

    Sulla strada del ritorno a Nazareth, Simone d’Alfeo incontra Gesù e geme che il suo bambino sta morendo, che la moglie gli ha gridato in faccia: “Assassino di tuo figlio!” e chiede perdono per la sua incredulità e di aver creduto piuttosto all’Iscariota.

    Il Maestro lo rassicura dicendogli che il bambino Alfeo è guarito e che si guardi però dal ripetere le parole di Giuda iscariota agli apostoli e soprattutto a Sua Madre.



    310 Con Pietro, a Nazareth, Gesù organizza la partenza di Giovanni di Endor e Sintica.



    Pietro arriva inatteso a Nazareth carico di doni soprattutto per Marziam che ne è molto contento ma in parte anche deluso poiché avrebbe voluto vedere pure Porfirea.

    Poi Gesù incarica Pietro di accompagnare Giovanni e Sintica ad Antiochia, prima con un carretto fino al mare e da lì per barca e poi per nave.



    311 La rinuncia di Marziam provoca una lezione sui sacrifici fatti per amore.



    Nella casetta di Nazareth sono tutti a tavola, ma le focacce al miele non sono servite. Marziam vuole invece che siano distribuite proprio da lui, che le offre a tutti e poi si mette a braccia conserte e dice che lui non avrebbe alcun merito se non soffrisse col farne a meno.

    Gesù dice che Lui avrebbe potuto benissimo guarire Rachele senza bisogno del voto di Marziam, però l’amore per i fratelli non si limita a mezzi umani ma quando è perfetto tocca il trono di Dio e si fonde con la sua infinita bontà e carità. Ciò vale sia per i bisogni materiali sia per quelli spirituali. Anche una cucchiaiata di miele sacrificata per amore può ottenere un pane, miracolosamente offerto, a un affamato lontano o la resipiscenza di un ladrone; e la parola d’ira trattenuta per spirito di sacrificio può impedire un delitto lontano.



    312 Gesù comunica a Giovanni di Endor la decisione di mandarlo ad Antiochia. Fine del secondo anno.



    Gesù ha costruito un telaio nuovo per Sintica e un astuccio, una tavola per scrivere e dei leggii per Giovanni.

    Confessa alla Madre di soffrire anche per loro ad allontanarli e si reca da lui che sta prendendo nota di un discorso di Gesù sulla prudenza e teme di averlo riportato male, ma il Maestro riconosce che è scritto bene, perché è un male l’avarizia in vista di un domani che forse non arriverà mai, ma non è peccato la parsimonia per garantire il pane a sé e ai propri cari nei tempi di scarsità.

    Non è peccato avere cura del proprio corpo preservandolo dalle malattie prese per imprudenza, malattie che sono un peso per i familiari e una perdita di lavoro per noi, mentre è egoistico risparmiarsi le fatiche e i sacrifici per paura che la carne ne soffra.

    Così sarebbe imprudente se lui lo mandasse dove sono i parenti di sua moglie o dove sarebbe inutile o esposto a prove troppo dure.

    Lo manderà, insieme a Sintica, in un luogo piuttosto lontano, dove Lui non può andare, come ad Antiochia.

    A questo punto Giovanni resta sconvolto, si sente cacciato via e domanda perché non lo lasciano morire lì, ma Gesù gli risponde che, se avesse potuto tenerlo, non lo avrebbe certo mandato via e gli promette che, comunque, gli sarà sempre vicino spiritualmente, poiché Lui può farlo.

    Aggiunge che dovrà allontanare anche parecchi apostoli al momento della Sua passione poiché non sarebbero in grado di assistere a essa e che ciò avverrà tra poco più di un anno.

    Giovanni saluta tra le lacrime anche Marziam; e il bambino gli regala il suo vasetto di miele poiché Gesù ha detto che la rinuncia a una cucchiaiata di miele può dare pace e speranza a un afflitto e lui vuole che Giovanni sia tutto consolato e anche perché non vuole rischiare di cadere in tentazione e infrangere il suo voto.

    Sintica a sua volta sembra accettare con minore tristezza la sua nuova destinazione, ma forse piange anche lei mentre mette i vestiti nei cofani.



    313 Preparativi di partenza da Nazareth dopo la visita di Simone d’Alfeo con la famiglia. Nel terzo anno Gesù sarà il Giusto.



    Altri apostoli arrivano momentaneamente a Nazareth. Anche Simone d’Alfeo ora viene con la famiglia, ma già Gesù pensa alla ripresa della predicazione e Sua Madre piange al pensiero di restare sola, ma Lui chiede a Salome di venire a tenerle compagnia; e anche il figlio promette di venire, ora che il padre glielo permette. Per cavarsi d’imbarazzo, Simone domanda se verranno anche gli altri apostoli e saputo che anche Giuda di Keriot verrà, chiama il Maestro in disparte e Gli domanda se sa bene chi è Giuda.

    Gesù, però, gli risponde che è un Israelita come gli altri e se avesse trovato tutti animi giusti e intelligenti, non avrebbe provato gusto a peccare e a vedere in Lui il re d’Israele nel senso umano del termine, così come Lo sognano quasi tutti a Nazareth. Essi non lo aiutano a vincere le parti non buone del suo io, anzi le aggravano.

    Aggiunge che la Sua bontà con loro li ha impigriti e continuano a non riconoscere in Lui il Messia d’Israele.

    Nel frattempo Pietro e la moglie arrivano su un carretto e lo nascondono, insieme all’asino, dentro il recinto. Poi Gesù chiama gli apostoli dentro il laboratorio per svelare loro la prossima partenza di Giovanni di Endor con Sintica. Dice che partiranno tutti di notte da Nazareth come fuggitivi, poi si separeranno e alcuni andranno per mare fino a Tiro e poi saliranno su una nave fingendosi servi di Lazzaro fino ad arrivare ad Antiochia dove troveranno Filippo, un sovrintendente di Lazzaro.

    Lui resterà a pregare, anche perché sta per iniziare il terzo anno della Sua predicazione e il popolo di Israele Gli diventerà sempre più ostile.

    Infine invita gli apostoli a far sentire a Giovanni e a Sintica che essi prepareranno la via di Antiochia al Signore e che li amano come loro stessi.



    314 La cena nella casa di Nazareth e la dolorosa partenza.



    Nella piccola casa di Nazareth bisogna ricorrere a sedili di fortuna per cenare seduti. I due in partenza per Antiochia stanno a capo chino per nascondere la loro tristezza e, magari, le loro lacrime.

    Maria d’Alfeo cerca di incoraggiare in tutti i modi Giovanni a mandare giù qualcosa, anche perché non è detto che sulla nave si preoccuperanno di lui.

    Marziam vi riesce involontariamente chiedendo se può mangiare l’orzo che è stato cotto col miele. Gesù lo dispensa dal suo sacrificio a patto che pure Giovanni lo mangi.

    Poi interviene Maria chiedendo loro se vogliono lasciarla con l’angoscia di essere partiti quasi digiuni. Inoltre, raccomanda a Pietro di dare del miele a Giovanni durante il viaggio e di ungergli il petto, le spalle e le reni con un unguento all’olio di oliva che lei gli consegna.

    Giovanni dice che ormai lui è finito, ma Sintica gli risponde che potrà insegnare a lei ancora molte cose per diventare qualcosa di Gesù e che gli resta ancora da compiere il sacrificio, poiché si espia in questa o nell’altra vita solo con i dolori e le sofferenze. Inoltre, come diceva Socrate, disubbidire a chi è superiore a noi, è male e vergogna. L’unica cosa che è importante nella vita è di giungere alla morte avendo conquistato la virtù.

    Si decide di partire ora che piove e che non c’è nessuno nelle strade.

    Gesù benedice Giovanni e Sintica e si scambiano gli ultimi saluti prima di partire.



    315 Il viaggio verso Jiftael e le riflessioni di Giovanni di Endor.



    La mattina dopo, Pietro e altri apostoli partono con Giovanni e Sintica con l’asino e il carretto per una strada disagevole ma non frequentata. Pietro avvolge ulteriormente Giovanni col proprio mantello per evitare che si ammali e quando arrivano in un tratto molto erto, Sintica scende e gli apostoli aiutano a spingere fingendo di esserne soddisfatti per non avvilire ulteriormente Giovanni e Sintica, che hanno avuto parole di rammarico per questa fatica.

    Le caratteristiche del luogo inducono qualcuno a rassomigliarlo a Ramot e un altro dice che da lì sono partiti per Tarichea, il Tabor ed Endor.

    A questo punto Giovanni interviene dicendo che lui stesso suscita in loro brutti ricordi e che non è amato, ma sa riflettere e capire che lui ora è mandato a morire lontano per colpa di Giuda iscariota, il quale dopo averlo fatto trovare da Gesù - e per questo lo perdona - vorrebbe farlo trovare anche da Belzebù.



    316 L’addio di Gesù a Giovanni di Endor e a Sintica.



    Il giorno dopo, la strada è in discesa molto ripida, pure Giovanni è disceso e gli apostoli devono trattenere il carretto per evitare disgrazie e che il carico vada perduto.

    Si fermano a mangiare pane e formaggio, a bere latte e a dare fave e acqua all’asino. Poi è Gesù che sale sul carretto e guida l’asino per poter salutare da solo Giovanni e Sintica.

    Li ringrazia di essere stati due fiori che lo hanno consolato e, insieme ad altre persone rette, non Gli hanno fatto sentire inutile la Sua missione sulla Terra. Infatti, se Giovanni ha peccato è perché la sua carne è stata aizzata da due malvagi, ma poi la sua rettezza di cuore, che è il substrato del suo io onesto, gli ha consentito di balzare in piedi per andare a Lui, mentre altri hanno peccati peggiori perché meditati e ostinatamente conservati vivi.

    Chiede loro di non considerarsi in esilio ma alle soglie della patria, mandati a preparare il terreno agli apostoli per quando sarà l’ora, che sopportino ottusità e derisioni, come avviene al loro Maestro e che preghino per Lui che va incontro alle Sue torture di Redentore. Conclude dicendo: “Addio, figli miei, il Signore sia con voi.” Poi scende e si allontana.

    Gli apostoli raggiungono il carretto e ripartono per condurre i due ad Antiochia.



    317 Isolamento e preghiera di Gesù per la salvezza di Giuda iscariota.



    Gesù è ora ai piedi del monte sul quale è costruita la città di Jiftael e cammina lungo un sentiero stretto, umido e pericoloso finché arriva a una grotta. Lì, riunisce un poco di foglie secche e ne fa un giaciglio per stendercisi sopra e piange domandandosi perché deve aver dato questo dolore a degli amici e perché deve soffrire Lui che già ogni giorno riceve tanto dispiacere dalla gente.

    Invoca la Madre e la vorrebbe vicina per Suo conforto. Poi si alza e si rivolge al Padre celeste e dice che se la tentazione nel deserto cessò dopo un certo tempo, ora essa si fa sempre più insistente e invece degli angeli a consolarLo, verrà sempre più forte l’odio del mondo e tornerà viscido il traditore che Gli ha causato il dolore attuale.



    318 In barca da Tolemaide a Tiro inizia il viaggio degli otto apostoli con Giovanni di Endor e Sintica.



    Quando il gruppo degli apostoli giunge al porto di Tolemaide, il barcaiolo che ha promesso la barca in noleggio a Pietro, fa storie per il rischio che la barca vada a fondo e allora Pietro gli dà un’ulteriore somma in garanzia, alla condizione di riaverla indietro al proprio ritorno.

    Caricano i cofani sulla barca e partono a forza di remi, poiché non c’è vento per navigare con le vele.

    Si soffermano a mangiare sulla barca poiché il mare non è abbastanza profondo per accostarsi alla riva.

    Si alza poi un vento violento che non è adatto per le vele e, al contrario, spinge qua e là la barca. Anche la pioggia si aggiunge ad aumentare i disagi dei viaggiatori.

    Vorrebbero fare una sosta, ma poi ubbidiscono al Maestro che ha detto loro di arrivare a Tiro in un solo giorno. Improvvisamente, il vento cessa ed essi lo considerano il premio alla loro obbedienza.

    Poi qualcuno si domanda se troveranno la nave, ma Giuda Taddeo risponde che lo ha detto il Maestro e che, perciò, la troveranno.

    Giovanni canta un inno alla Madonna e trascina gli altri col suo esempio. Arrivano a Tiro, dove Pietro e Giacomo restano sulla barca a vegliare i cofani, mentre gli altri vanno a riposare in albergo.



    319 Partenza da Tiro sulla nave del cretese Nicomede.



    Il mattino dopo, Pietro si fa indicare la nave di Nicomede il Cretese, che dovrà portarli tutti ad Antiochia.

    Arrivano gli altri apostoli insieme ai due esiliati. Andrea domanda al fratello se ha dormito bene. Pietro gli risponde che ha dormito come un bambino nella culla e che non gli è mancato il dondolo e la canzone.

    Poi, Pietro e Giacomo si fanno aiutare a portare i cofani sulla nave e lasciano la barca nella darsena per riprenderla al loro ritorno.

    Grazie alla lettera di Lazzaro, figlio di Teofilo, che era stato governatore della Siria, sono lasciati salire sulla nave dove è fatto posto per Sintica, mentre gli altri si devono arrangiare in piedi.

    Sono caricati anche i cofani e la nave parte.

    Giovanni di Endor e Sintica vedono allontanarsi la costa e la Palestina e piangono.



    320 Prodigi sulla nave nel mare in tempesta.



    Si scatena una tempesta sempre più violenta. Nicomede non ne ha mai vista una così e teme che questa volta ci sarà un naufragio.

    Un pezzo d’albero della nave si stacca e cade su un marinaio, tramortendolo e causandogli una brutta ferita alla testa.

    Pietro, che si era affacciato dal boccaporto per vedere che succedeva, chiede di poterlo portare sottocoperta, e con l’aiuto di Giacomo e Giovanni lo trasferisce di sotto su una tavola, dove incarica Sintica di curarlo.

    Lei si fa portare molta acqua per lavare la ferita e intende usare il balsamo che Maria SS. le ha donato, per i dolori di Giovanni di Endor, ma dice che lo userà pregando e invita anche gli altri a pregare.

    Pietro con altri apostoli, intanto, torna sul ponte della nave.

    Nicomede, a sua volta, ha mandato un marinaio sottocoperta a prendere gli incensi e le oblazioni per fare un sacrificio alla dea Venere, affinché la tempesta cessi, ma Pietro manifesta i suoi dubbi sull’utilità di ciò e propone che siano loro stessi a chiedere un miracolo. Il proprietario risponde che ora farà il sacrificio lui - e poi, eventualmente tenteranno loro e, se non otterranno nulla, li getterà in mare in sacrificio come responsabili di questa tempesta, - ma essa diventa ancora più violenta.

    Allora, Pietro incarica Giovanni di cominciare a cantare, come il giorno prima, e gli altri apostoli si associano a lui. Alternano il canto e la preghiera, forse del Padre nostro, in ebraico.

    La tempesta si placa a poco a poco tra lo stupore di Nicomede che chiede loro la formula che hanno recitata, ma Pietro risponde che è la formula del Dio vero e della sua ancella, madre del Messia Gesù Cristo, e che non può essere data ai pagani.



    321 Sbarco a Seleucia e commiato da Nicomede.



    In un bel tramonto, si vede lontana la città di Seleucia. Il mare è tranquillo e marinai e passeggeri sono sul ponte, anche il marinaio ferito che ha la testa fasciata da una lieve benda e tutti si congratulano con lui per lo scampato pericolo.

    Anche Nicomede fa altrettanto, menzionando i dei pagani Venere ed Eros che, a suo dire, vogliono ancora quel marinaio sulla Terra.

    Gli apostoli restano in silenzio ma sono visibilmente disgustati di tali discorsi e Nicomede se ne scusa dicendo che come loro credono nella loro religione, così lui crede nella sua.

    Poi offre agli apostoli la possibilità di passare la notte sulla nave, ma essi preferiscono andare in albergo, anche per dire le preghiere.

    Giovanni di Endor, a sua volta, riferendosi al loro arrivo ad Antiochia dice che è un altro strappo dal dolce passato e un’altra agonia, ma Sintica gli risponde che non si tratta di uno strappo ma di unirsi alla volontà di Dio, piuttosto rinunciano alle delizie sensibili per avere quelle soprasensibili e inoltre salgono a una vita più viva, anziché morire.



    322 Partenza da Seleucia su un carro e arrivo ad Antiochia.



    Saputo che devono andare nella proprietà che era di Teofilo, l’albergatore mette a disposizione degli apostoli un carretto con un cavallo mansueto e va a prenderlo accompagnato dai due esiliati.

    Pietro, intanto, dice agli altri che preferirebbe restare lui stesso ad Antiochia che provare il dispiacere di dire loro: “Vi saluto.”

    Aggiunge che se prendesse il responsabile di quest’allontanamento lo torcerebbe ben bene, ma lo Zelote risponde che questo suo dolore in realtà è egoistico, poiché lui si duole di vedere altri soffrire.

    Dopo, per alleviare il dolore dei due esiliati, decidono di restare un poco di tempo ad Antiochia per dare loro il tempo di acclimatarsi.

    Intanto arriva l’albergatore con il carretto, il cavallo e i due discepoli, salgono tutti, salutano l’albergatore e partono per andare dall’intendente di Lazzaro, che poi li accoglierà ossequioso e metterà a loro disposizione le camere per dormire.



    323 La visita ad Antigonio.



    Pietro suggerisce a Filippo di presentare Giovanni e Sintica alla gente del luogo come due pedagoghi. In effetti, Filippo risponde che è morto un maestro e i bambini sono rimasti senza insegnante e che la donna potrà fare lavori all’ago, che saranno molto apprezzati e potrà insegnare alle fanciulle.

    Giovanni riprende un poco di buon umore sentendosi utile, come gli aveva previsto il Maestro. Veramente gli apostoli temono che presto l’uomo di Endor potrà fare solo l’infermo e che Sintica potrà dedicarsi solo ad assisterlo e a preparare unguenti.

    Tolmai, nipote di Filippo, riunisce i suoi servi e presenta loro i nuovi arrivati, come discepoli del Messia di Israele, due dei quali si fermeranno tra loro, e benedice il Signore di avere mandato qualcuno a riferire anche a loro le Sue parole.

    Poi presenta i discepoli ai presenti e i suoi parenti ai discepoli. Menziona Ermione, sua nuora che è straniera, che è buona ma non israelita come lui avrebbe desiderato.

    L’apostolo Giovanni, però, risponde che nel Regno del Signore non ci sono più Israeliti o Greci, Romani o Fenici ma solo discepoli e figli di Dio.



    324 I discorsi degli otto apostoli prima di ripartire da Antiochia. L’addio a Giovanni di Endor e a Sintica.



    Il sabato tutti sono riuniti per celebrare la festa, e Filippo invita gli apostoli a parlare al popolo.

    Il primo è Pietro che a proposito del capitolo 52° di Isaia, afferma che l’umiltà è la prima virtù necessaria per giungere alla vera fede. Ora è arrivato il Messia, promesso dai profeti e l’ultimo di essi, Giovanni Battista, che ora è nel seno di Abramo dopo il suo glorioso martirio, ha testimoniato di Lui: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.”

    Poi tocca allo Zelote il quale dice che il Messia è veramente tra loro e che non solo le anime si sentono dire parole di sapienza che le fortificano e infondono santità e pace, ma anche i corpi si vedono liberati dai morbi più atroci, affinché le terre di Israele risuonino degli osanna al Figlio di Davide e all’Altissimo che Lo ha mandato.

    Lui stesso che era un lebbroso, proscritto dagli uomini e destinato a morire dopo anni di angoscia crudele, è stato guarito dal Messia e chiamato alla felice missione di andare tra gli uomini, amandoli in nome Suo, ad annunciare loro che Gesù è il Salvatore e che beati sono coloro che credono in Lui.

    A sua volta, Giacomo d’Alfeo afferma che suo padre era il fratello del cosiddetto padre di Gesù. In realtà questa era una paternità solo spirituale, poiché il vero padre di Gesù era l’Altissimo che nella sua onnipotenza aveva fatto in modo che così la Stella discendente da Giacobbe prendesse carne umana. Invita, perciò, a non lasciarsi smuovere da questa fede.

    Poi, Andrea afferma di avere temuto che il giorno in cui fosse venuto il Messia, gli uomini non avrebbero potuto guardarLo per non rimanere inceneriti. In realtà, non ebbe paura quando il Messia, nell’aspetto di un giovane mite e umile, si presentò al Battista e credette subito in Lui.

    Poi prende la parola Matteo, dicendo che lui era un peccatore e quando al Tempio lo condannavano, aveva un momento di paura ma poi si diceva che era meglio continuare a godersi la vita, tanto ormai era dannato.

    Aggiunge che si sentiva un obbrobrio e sfuggiva il Messia ma Lui lo cercava e passava davanti al suo banco di esattore, con uno sguardo dolce e un poco mesto, finché un giorno volle andare ad ascoltare una Sua predica in cui diceva che la carità è un’indulgenza per i nostri peccati e in un’altra disse che la Gerusalemme celeste non sarebbe stata degli immondi di cuore ma di quelli che sarebbero andati a Lui.

    Non si deve aver paura se si è stati peccatori poiché Lui è il Salvatore buono.

    Giacomo di Zebedeo riepiloga quello che è stato già detto dagli altri sull’importanza dell’umiltà, della fede, speranza, fortezza, sete di giustizia e castità per giungere alla misericordia e alla contrizione.

    Giuda d’Alfeo raccomanda la castità per poter riconoscere il Salvatore, ma anche per conservare in sé la Sua sapienza e il Suo amore.

    Afferma anche che i nostri peccati tengono mortificata la Persona Divina sotto un’apparenza comune e La trafiggono col ribrezzo che essa prova per la miseria umana.

    Giovanni di Zebedeo, a sua volta, si meraviglia che il mondo non voglia accogliere Gesù e ipotizza che ciò avvenga perché gli uomini sono avvolti nel peccato, raccomanda l’amore verso Gesù come mezzo per giungere a tutte le virtù: castità, umiltà, contrizione, forza, speranza e sapienza.

    Infine Pietro benedice tutti e in particolare Giovanni di Endor e Sintica, poi anche gli altri li salutano e scappano per salire sul carro che li aspetta.

    Giovanni e Sintica non fanno in tempo a uscire poiché il carro ha già voltato l’angolo, tornano dentro e piangono senza freno.

    Finita la visione, Gesù dice a Maria Valtorta che anche Giuda d’Alfeo ragionava alla maniera umana, secondo la quale le profezie sulle sofferenze del Salvatore non sarebbero che simboli. In realtà è santo chi sa credere e amare sia nelle ore di gloria sia in quelle di sofferenza.



    325 Gli otto apostoli si riuniscono a Gesù presso Aczib.



    Gesù sta su un monticello al lato opposto di un paese. Appare molto dimagrito e pallido e guarda verso il basso per vedere arrivare gli apostoli. E quando li vede, esclama: “I miei cari!”

    Scende verso di loro e li chiama. Essi, allora, si mettono a correre verso di Lui, soprattutto i più giovani, e Lo festeggiano.

    Pietro, che arriva fra gli ultimi, si accorge di quanto il Maestro sia malandato e Gli domanda se è stato male o gli hanno fatto del male. Il Maestro risponde che è stato in una grotta, che ha sofferto per i due che ha dovuto allontanare, ha meditato, pregato per fortificare il Suo spirito e ottenere fortezza per tutti loro, ha fatto penitenza per loro ma anche per tutto il mondo come all’inizio della Sua vita pubblica quando digiunò nel deserto. In quell’occasione fu poi confortato dagli angeli, questa volta dai Suoi apostoli.

    Poi mangiano insieme il cibo che Pietro ha acquistato per tutti e nel frattempo raccontano i particolari del loro viaggio di ritorno. Infine Gesù raccomanda di non riferire nulla agli apostoli esclusi da questa missione.



    326 Una sosta ad Aczib.



    Pietro chiede e ottiene il permesso di andare a vendere l’asino. In sua assenza, gli altri apostoli presenti fanno apprezzamenti su di lui, riconoscendone il carattere generoso e umile.

    Poi domandano a Gesù se ha parlato ad Aczib. Risponde di no e che quest’ultima notte non l’hanno nemmeno ospitato poiché non aveva denaro e temevano che fosse un ladrone. Ha succhiato il latte da una capra che sta nel bosco con un capretto, e poi ha dormito anche lui lì, col capretto quasi sul cuore.



    327 Ai confini della Fenicia. Discorso sulla uguaglianza dei popoli e parabola del lievito.



    Gesù e sei apostoli stanno andando verso la Fenicia, Lungo la strada ci sono maniscalchi, di solito ex – soldati romani che si sposano con donne ebree. Gli apostoli fanno commenti ostili a queste unioni.

    Gesù, però, risponde che un giorno i popoli saranno riuniti nel Suo nome e guai a chi farà distinzioni di razza, poiché ciò è contro la carità e tutti gli uomini sono figli di Dio.

    I figli buoni, perciò, dovranno riportare al loro Padre comune i figli peccatori o apostati o pagani, per essere buoni verso di Lui, ma anche verso i fratelli perché anche la loro anima è del Signore.

    Essi soffino sul fuoco della fede, che è quasi spento, per ravvivarlo nelle persone che si sono allontanate dalla vera religione.



    328 Ad Alessandroscene, dai fratelli di Ermione.



    Nella città di Alessandroscene Gesù chiede ospitalità ai fratelli di Ermione, la sposa di un servo di Filippo.

    Essi Lo accolgono volentieri sentendo che è un Galileo e tanto più che dichiara di essere il Messia venuto per tutti gli uomini e non solo per gli Israeliti.

    Gli dicono che l’indomani potrà parlare al popolo del luogo, che sarà numeroso perché giorno di mercato.

    Il Maestro li ringrazia e benedice.



    329 Al mercato di Alessandroscene. La parabola degli operai della vigna. Il milite Aquila.



    Gesù guarisce un cieco e uno storpio poi comincia a parlare alla folla.

    Afferma che Lui non è venuto con mire da usurpatore, né con violenza da conquistatore, ma per salvare le loro anime.

    Lui guarda le ricchezze, i regni e le cariche come le più grandi miserie e cerca di privarle della loro capacità d’inganno che seduce gli uomini affinché essi possano usarle con giustizia e santità, non come armi crudeli che feriscono e uccidono l’uomo e prima ancora lo spirito di chi non le usa santamente.

    Per Lui è più facile guarire uno storpio che guarire le anime malate, poiché gli uomini hanno perso di vista il vero fine della loro vita, la conquista della pace eterna e si occupano di ciò che è transitorio perché non sanno o dimenticano o non vogliono ricordare.

    E in questo caso sono più colpevoli. Eppure Dio perdona l’anima che ripudia la sua cattiva condotta e propone di perseguire nel resto della vita il vero fine dell’uomo.

    Allora Dio infonde in loro la Sapienza che è il volere Dio, amarlo e ubbidire alla sua legge di carità, ubbidienza, continenza e onestà e ripudiare tutto ciò che è carne, mondo e Satana.

    Nel prossimo da amare vanno compresi tutti gli uomini e non solo quelli della propria razza e religione.

    Sapienza è ubbidire ai dieci comandamenti di Dio.

    Non dicano che è tardi. No.

    Un padrone aveva una vigna e mandò il fattore a cercare operai da mandare al lavoro.

    Ne trovò alcuni e promise la paga di un denaro il giorno.

    Più tardi ne trovò altri e mandò anche loro a lavorare. Di nuovo uscì all’ora nona e trovati degli sfaccendati sulla piazza, mandò anch’essi a lavorare.

    La sera fece pagare tutti dando agli ultimi un denaro come ai primi. Questi si lamentarono dicendo che essi avevano sofferto il caldo della giornata e avrebbero dovuto ricevere di più degli ultimi, ma il padrone fece osservare loro che così essi avevano pattuito e che lui aveva dato loro anche i pasti gratis per non farli stancare a tornare nelle case.

    Inoltre gli ultimi avevano lavorato con più impegno e reso quanto i primi e non avevano avuto i pasti.

    Allo stesso modo il Padre Dio con tutti gli uomini fa il medesimo patto e promette uguale mercede, e chi si mette a lavorare con solerzia sarà trattato con giustizia, anche se avrà avuto poco tempo.

    Gesù aggiunge che Lui chiama tutti, ma sono pochi quelli che vogliono la Sapienza. Gli altri non solo si fanno dei nemici sulla terra, ma perdono anche il Cielo per sempre.

    Finito il discorso, i mercanti accusano il Maestro di avere rovinato loro il mercato. Anche tra la folla c’è chi disapprova Gesù ma pure chi lo loda: ne nasce una zuffa e il centurione romano, per non avere noie, ordina di mandare via subito il Maestro, che rassicura i fratelli di Ermione e chiede al triario romano Aquila che non sia fatto loro del male.



    330 Giacomo e Giovanni di Zebedeo diventano "i figli del tuono". Verso Aczib con il pastore Anna.



    Gesù e gli apostoli camminano mesti nonostante la bellezza della campagna circostante. Giacomo esclama che non prendono che sconfitte e vorrebbe tornare indietro per fare vendetta di chi ha rifiutato di ascoltare il Maestro a rischio della propria vita e insieme al fratello Giovanni tornare a predicare con molta tenacia.

    Per questo, però, il Maestro lo chiama figlio del Tuono e si meraviglia che dopo due anni di Suoi insegnamenti – di amore e perdono - essi siano ancora inclini all’odio e tuttavia si meraviglino che ne abbiano i Fenici o il popolo israelita.

    Poi manda i Suoi apostoli a chiedere del latte a un pastore fenicio, che gli manda un secchio di latte e Gli fa sapere che una donna non aveva fatto in tempo a portarGli la figlia malata ad Alessandroscene. Allora il Maestro decide di andare ad Aczib col pastore che intanto lo fa accogliere caldamente, insieme agli apostoli, in casa di conoscenti e ottiene la Sua benedizione per le capre sane, per le pecore malate e per quelle incurabili, secondo gli intenditori.



    331 La fede della donna cananea e altre conquiste. Arrivo ad Aczib.



    La mattina dopo, Gesù esce in fretta per andare ad Aczib poiché c’è molta strada da fare. Il pastore Gli ricorda che una donna cananea vuole parlarGli, ma il Maestro dice che non ha tempo.

    Allora, il pastore si mette a gridare che Gesù sta andando via ed è tutto un accorrere di persone e tra loro c’è la cananea che ha una figlia indemoniata e Lo supplica di liberarla ma il Maestro non si cura di lei, per molto tempo.

    Gli apostoli si meravigliano di questa durezza di Gesù e Lo pregano di ascoltare la donna o di mandarla via Lui, poiché a loro non dà ascolto.

    Egli, allora, dice alla donna che non si può gettare il pane dei figli ai cani, ma lei risponde che anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni. Alla fine, Gesù si decide ad accontentarla e le dice di andare in pace poiché la sua fede l’ha salvata.

    Poi spiega agli apostoli, e in particolare a Giacomo, perché si è fatto tanto pregare, per mostrare loro che Lui non prende solo sconfitte e che c’è anche chi Lo consola con una grande fede.

    Più avanti trovano una donna che porta in braccio una bambina con una malattia che le consuma la schiena e per la quale molti medici non hanno potuto fare nulla. Gesù le guarisce la figlia e raccomanda di essere tutte e due fedeli al Signore.

    Poi si rimettono in cammino e si fermano da un maniscalco, al quale il Maestro chiede se può riposarsi lì. Il maniscalco è d’accordo e Gli dice che sua moglie vorrebbe parlare con Lui. Si tratta di un’ebrea che ha sposato quel soldato romano ma col patto che le lasciasse educare i figli alla maniera ebraica e ora chiede a Gesù di pregare perché suo marito si converta alla religione ebraica per poter stare con lui in futuro anche in Cielo. Il Maestro loda questo comportamento da brava sposa.

    Poi conferma agli apostoli che non ci si deve scoraggiare di fronte agli insuccessi, a differenza di ciò che hanno fatto nei giorni scorsi.



    332 La sofferta separazione di Bartolomeo, che con Filippo si ricongiunge al Maestro.



    Filippo e Bartolomeo raggiungono Gesù e i sei apostoli. Si gettano ai piedi del Maestro piangendo convinti che Lui abbia voluto punirli tenendoli separati perché sono ancora poco spirituali.

    Avevano capito che Gesù comunque aveva allontanato Giovanni di Endor e Sintica ma non pretendevano di essere messi al corrente e Bartolomeo chiede che in futuro non gli siano risparmiate le fatiche, malgrado la sua età.

    Gesù, però, li rassicura che è contento di loro e dei loro progressi.



    333 Con dieci apostoli verso Sicaminom.



    Gesù ora decide di tornare verso Sicaminom per andare incontro a Giuda iscariota e dice che è mancanza di carità fraterna il preferire di non incontrarlo, come dice schiettamente Pietro.

    Aggiunge che andranno anche a Nazareth per riferire alla madre circa il trasferimento di Giovanni e di Sintica.

    Vedendo che alcuni campi sono stati devastati dalla grandine qualche apostolo domanda se si tratta di un castigo divino sui più cattivi.

    Gesù risponde che l’Altissimo è molto buono e vuole ben più di quello che succede oggi per punire; inoltre, invita anche loro a essere buoni e a desiderare conversione e non punizioni per i duri di intelletto e di cuore. Poi afferma che spera di incontrare Isacco e che lui e gli altri discepoli stanno facendo molto bene e sono la Sua consolazione.



    334 Anche Tommaso e Giuda iscariota si riuniscono al gruppo apostolico.



    Giuda Taddeo suggerisce che Gesù si faccia accompagnare anche da robusti discepoli del Battista affinché non succeda troppo facilmente quello che è accaduto al Precursore.

    Parecchi si domandano perché Gesù si comporta in modi che Gli procurano noie e pericoli e chiedono a Giovanni se ne sa il motivo. Lui risponde che Gesù dice che deve fare così: trattare tutti come ignoranti ma buoni, per separare i figli della Verità da quelli della Menzogna, poiché questi – il giorno del loro giudizio - non dovranno poterLo accusare di non avere educato anche loro.

    Giuda iscariota afferma di aver fatto un gran lavoro e di aver rassicurato i farisei che Giovanni e Sintica non erano più tra i discepoli.

    Gesù alla fine, notate le contraddizioni del discorso di Giuda, in disparte, gli dice: “Va! Ammorbi d’inferno più dello stesso Satana! Pentiti se puoi.”



    335 La falsa amicizia di Ismael ben Fabi e l’idropico guarito in giorno di sabato.



    Gesù, accompagnato dagli apostoli, chiede a una bambina che Gli indichi la strada per andare dal fariseo Ismaele e lei Lo accontenta, ma Lo invita anche a entrare in casa per fare colazione.

    Qui la madre, saputo che Lui è Gesù di Nazareth, Gli chiede pietà per il marito che è gonfio come un otre e soffre molto, aggiungendo che da parecchio tempo stanno cercando di imbattersi in Lui per ottenere la guarigione e anche oggi il marito è andato a Cesarea nella speranza di incontrarLo.

    Inoltre Gli domanda perché va da Ismaele che è un usuraio malvagio e sprezzante che non si convertirà mai ed è impossibile amarlo.

    Gesù risponde che conosce la sua cattiveria, ma Lui ama pure i peccatori. D’altra parte è con l’amore anche verso i malvagi che si ottengono la misericordia e la possibilità che si convertano.

    Dice alla donna di recarsi da Ismaele insieme al marito appena tornerà a casa e Lui lo guarirà e che ha bisogno che ciò avvenga proprio oggi che è sabato per dirgli certe cose nell’interesse divino che non si deve mai posporre all’interesse umano.

    Poi, parte insieme agli apostoli.

    E’ accolto pomposamente da Ismaele che afferma di averLo molto esaltato nell’ultima riunione dei farisei e Eleazar Glielo conferma, ma mostra di vedere in Lui il più grande dei profeti e un re terreno.

    Gesù risponde che il Suo non sarà un regno umano che si conquista spargendo il sangue dei nemici, ma con le vittorie su sé stesso, col sacrificio, il perdono e l’amore.

    Ismaele fa sedere Gesù al posto d’onore. Poi un anziano Gli chiede se è vero che Lui vuole cambiare la Legge. Il Maestro risponde che Lui non vuole affatto cambiarla, ma piuttosto renderla di nuovo integra, poiché la superbia e la triplice lussuria dell’uomo l’hanno resa opprimente.

    Poi Eleazar Gli riferisce di aver acquistato un terreno da un uomo finito in rovina e domanda cosa dovrebbe fare con la vecchia nutrice del venditore, cieca e quasi ebete che sta nella proprietà da lui acquistata e ammette che se dovesse dare un consiglio ad un altro gli direbbe che non si rovinerebbe per un pane.

    Ismaele, però, protesta che così si sarebbe vittime degli altri e che la Legge dice che si deve avere misericordia per il fratello povero, per il forestiero, il pellegrino, la vedova e l’orfano e quella vecchia non rientra in nessuna di queste categorie ed è come un vecchio arredo che Eleazar potrebbe cacciare senza scrupoli, poiché la colpa sarebbe del suo vero padrone.

    Gesù aggiunge che “…il vecchio padrone è lui stesso povero e quindi non ha alcuna colpa se la vecchia muore di fame e quindi la colpa è della vecchia. Non è così?”

    Ismaele risponde che da quando esiste il mondo, quelli che non servono più, hanno tale sorte e la morte è la cosa migliore per essi.

    In quel momento si sente il grido dell’uomo col ventre gonfio che chiede pietà a Gesù, non solo perché soffre molto, ma anche per poter assicurare il pane alla moglie e ai figli ancora piccoli.

    Ismaele vorrebbe farlo cacciare via ma Gesù lo rimette a sedere, poi accoglie l’uomo, lo fa mettere al centro della sala e domanda se è lecito guarire in giorno di sabato, che non è un lavoro manuale e salva un uomo dalla disperazione.

    Il vecchio scriba risponde di no perché il sabato è sacro al Signore.

    Allora il Maestro gli dice che il suo bosco più bello è in fiamme. Al che lo scriba lancia maledizioni contro chi glielo ha incendiato e si precipita fuori.

    Gesù ripete la domanda ai presenti ma nessuno gli risponde, allora dice all’uomo malato che è guarito e vada in pace.

    Ismaele rimprovera Gesù di aver operato una guarigione in casa sua in giorno di sabato.

    Il Maestro gli risponde che lui aveva due orfani – figli di due suoi servi morti per la fatica - e li ha cacciati via e ora porta la Legge a giustificazione del suo operato quantunque essa dica di non danneggiare la vedova e l’orfano.

    Poi gli consiglia di essere umile davanti a Dio, ossia di non credersi perfetto affinché non gli succeda come al convitato che si mette al primo posto e poi gli è ordinato di lasciarlo a un invitato più di riguardo.

    Lui mette a nudo le pecche dei potenti per guarirli, come fa il medico che ha bisogno di scoprire e pulire le piaghe per curarle.



    336 A Nazareth con quattro apostoli. L’amore di Tommaso per Maria SS.



    Gesù conduce con sé Pietro e Tommaso a Nazareth e manda gli altri in altre città, affinché Giuda iscariota possa vedere coi suoi occhi che Giovanni di Endor non sta neanche in tali covi ospitali e non arrossire davanti a Caifa e ad Anna.

    Al sentire questo l’Iscariota si arrabbia. Al contrario Tommaso non se la prende di un’analoga affermazione a suo riguardo, anzi si mostra felice di poter vedere Maria SS. che secondo lui è anche superiore agli angeli agli occhi di Dio.

    Arrivati a Nazareth, Gesù rassicura la madre che il Suo dolore è solo quello di aver dovuto causare dolore allontanando i due esiliati, poi le racconta tutto del viaggio per accompagnare quei due ad Antiochia.



    337 Il sabato a Corozim. Parabola sui cuori inlavorabili e guarigione di una donna curva.



    Gesù afferma che Lui è stato invitato a parlare al popolo di Corozim nella sinagoga non perché essi abbiano a cuore il bene della loro anima, ma perché temono che l’eventuale castigo di Dio danneggi i loro interessi materiali.

    Perciò racconta una parabola:

    Un artefice era stato incaricato da un ricco di plasmare un’anfora per il vino con materia inadatta che somigliava al miele. Gli rispose che quella materia non era adatta ma il ricco lo minacciò che se non avesse eseguito quel lavoro, lo avrebbe cacciato via e ridotto in miseria. A malincuore, l’artefice fece ogni sorta di tentativi, ma o la materia, dopo che l’aveva plasmata, ritornava come prima oppure si spezzava o altro. Allora di notte, fuggì in un’altra città con tutti i suoi familiari.

    Così i cuori di gran parte degli abitanti di questa città non sono lavorabili perché o sono troppo duri o si spezzano oppure ritornano come erano prima.

    Poi, Gesù invita una donna - di bassa statura e rattrappita - a venire avanti e la guarisce in premio della sua fede.

    Il sinagogo rimprovera la gente dicendo che ci sono sei giorni per venire a farsi guarire, ma il sabato deve essere lasciato al riposo voluto da Dio. Il Maestro, però, risponde che questa è ipocrisia, poiché essi danno da bere agli animali e li nutrono anche nei giorni festivi, mentre protestano che questa donna che soffre da diciotto anni, secondo loro non sarebbe dovuta venire di sabato.



    338 Giuda iscariota perde il potere del miracolo. La parabola del coltivatore.



    Gli otto apostoli mandati insieme riferiscono a Gesù i miracoli che hanno fatto, ma con Giacobbe non sono riusciti a fare nulla perché, secondo loro, pretendeva di essere guarito e solo dopo si sarebbe convertito. Il Maestro è d’accordo.

    Anche Gesù racconta quello che ha fatto Lui. Tommaso domanda perché continua a tornare a Corozim.

    Il Maestro risponde con la parabola del buon coltivatore, il quale prima di tagliare un fico che non produce nulla da anni, vuole tentare di zappargli tutt’intorno e mettergli del concime e se neanche così fruttificherà, allora lo taglierà.

    Precisa che così si vuole in Cielo riguardo alle persone che non si convertono, affinché non si possa dare la colpa che a loro.

    Giuda iscariota accusa Gesù di aver tolto il potere di fare miracoli a lui e di averlo aumentato ad altri apostoli e perciò finirà con l’odiarLo.

    Gesù gli risponde che Lui non lo ha mai ingannato e gli domanda perché non se ne va, invece di accusare Dio, poiché la presenza del demonio in lui è dovuta alla mancanza di pentimento.



    339 Verso Meieron. La notte peccaminosa di Giuda iscariota.



    Giovanni comunica agli altri che Gesù aveva pianto mentre essi pensavano che si fosse appartato a pregare. Allora ipotizzano che l’Iscariota ne sia stato la causa e il Taddeo lo giudica malato o matto o indemoniato.

    Gesù arriva, li saluta e dispone di andare subito a Giscala e poi a Meieron, lasciandolo detto alla gente del posto affinché Giuda possa eventualmente raggiungerli.

    Parlando con Bartolomeo, Gesù dice di rattristarsi per i peccati degli uomini, più che per la Propria morte, alla quale Lo condanneranno, poiché l’odio dei Suoi nemici sarà più forte della loro paura.

    Poi Giuda li rincorre a perdifiato, li raggiunge e dice di essersi svegliato tardi perché è stato tutta la notte a pregare e aggiunge maliziosamente che non avrebbe potuto farlo insieme al Maestro, ma Gesù gli risponde che non sarebbe stato possibile, poiché Lui non può condividere gli abbracci del Padre Suo con un uomo tutto carne corrotta dal senso, dall’oro, dal mondo e da Satana e l’Iscariota riconosce di essere stato smascherato e cambia discorso.



    340 Ravvedimento di Giuda iscariota e scontro con i rabbi al sepolcro di Hillele.



    Giuda dà in elemosina a Gesù per i poveri una somma di denaro e cerca di giustificare il suo peccato dicendo che gli uomini hanno bisogno di esperienza per aiutare gli altri a correggersi, ma il Maestro gli risponde che anche l’innocenza è sapienza poiché in un cuore puro alla santa ignoranza del male sopperisce il ministero angelico, mentre quando si è peccato è il demonio a guidare verso un disordine sempre maggiore.

    Arrivano alla tomba di Hillele nella città di Giscala e un gruppo di rabbini e i loro allievi, prima intimidiscono l’Iscariota, poi intimano a Gesù di andarsene perché, dicono, è indegno di stare vicino alle ossa del Giusto, ma il Maestro risponde che c’è stato anche l’anno scorso insieme a Gamaliele, ma essi dicono di non crederci e cominciano a lanciare sassi.

    Gesù, allora, dice che se ne va ma che Hillele li avrebbe maledetti per quello che fanno e che Lui è il Messia, la fonte di Vita eterna, tuttavia essi non vogliono bere e morranno.



    341 La mano ferita di Gesù. Guarigione di un sordomuto ai confini siro-fenici.



    Giuda d’Alfeo pensa che quei farisei debbano essere tutti giudei per avere tanto odio, ma Gesù risponde che la regione non c’entra visto che anche a Nazareth sono stati molto ostili con Lui.

    Arrivano in una casa di poveri contadini che offrono loro ospitalità e dicono che i discepoli del Nazareno hanno curato alcuni malati ma non ci sono riusciti con un sordomuto. Gesù se lo fa portare davanti e lo guarisce.

    Infatti, egli grida alla mamma che ora sente e si getta ad adorare il Signore.

    I presenti dicono che è avvenuto un miracolo nel miracolo poiché ora quel giovane non solo sente ma sa dire parole che non ha mai potuto ascoltare.

    Allora, il Maestro aggiunge: “Per la vostra fede, siate guariti tutti quanti. Siate buoni e tornate alle vostre case, ma non dite niente a nessuno finché non ne sarà l’ora.”



    342 A Cédès. Il segno chiesto dai farisei e la profezia di Abacuc.



    Andrea si sente tranquillo, poiché Cédès è una città rifugio, ma Pietro gli dice che è ingenuo a credere che i farisei rispettino queste regole.

    Infatti, farisei e rabbini stanno ad attenderli.

    Gesù dice ai Suoi apostoli che Lui intende comunque parlare e che chi ha paura può andare all’albergo e attendere lì, ma essi rispondono che non vogliono lasciarLo solo, a rischio di morire con Lui.

    Il Maestro invita la gente che sta al mercato a lasciare gli affari e avvicinarsi per acquistare il Regno dei Cieli e un buon numero dei presenti viene avanti.

    Gesù dice che in questa città non c’è bisogno di ricordare la Legge poiché in poche altre città è altrettanto presente nei cuori delle persone. E nell’anima dei suoi abitanti è atteso il realizzarsi della promessa del Messia.

    Ora questa promessa di Dio è compiuta: il Messia e Redentore è presente tra loro ma vi sono anche gli oppositori che condannano loro stessi e sviano altri.

    Il popolo comprende che Gesù sta alludendo ai farisei e ai rabbini.

    Il sinagogo invita Gesù a entrare nella sinagoga e vi entra anche la folla. Provano ad entrare anche farisei e rabbini, ma la gente dice loro che lo ascoltassero nelle loro sinagoghe, sicché sono costretti a restare presso l’uscio.

    Gesù prosegue dicendo che Dio ha mandato il suo Verbo a redimere il mondo. Egli trionferà spiritualmente.

    Gli oppositori gli dicono che per essere creduto deve dare una prova che solo Dio può dare: risuscitare un morto ridotto in polvere, non altre risurrezioni di morti magari apparenti, che Lui vanta di avere realizzato.

    Gesù risponde che a questa generazione malvagia e adultera sarà dato solo il segno di Giona ed esce da una porta laterale insieme agli apostoli, ma gli abitanti di Cédès lo seguono e vogliono ascoltarLo ancora. Gesù allora aggiunge che chi è incredulo non ha in sé un’anima giusta ma chi si pente sarà perdonato poiché Egli è venuto per salvare.

    Ora Lui non può trattenersi ma promette che manderà i Suoi discepoli a parlare al popolo.



    343 Il lievito dei farisei. Le opinioni sul Figlio dell’uomo. Il primato a Simon Pietro. Mt 16, 5-20; Mc 8,14-21.



    Bartolomeo ammonisce l’Iscariota a stare attento a non lasciare indizi dei loro progetti affinché la loro missione non si traduca in una continua fuga.

    Gli altri si preoccupano perché non sanno dove comprare il pane. Gesù però dice loro di stare attenti al lievito dei farisei, ma per intendere che non devono avere i loro stessi sentimenti di odio e di eresia; quanto al pane ricorda loro la moltiplicazione che consentì a cinquemila uomini di sfamarsi con cinque pani e due pesci.

    Bartolomeo dice che alcuni ritengono Gesù ben più che Figlio dell’uomo, altri lo ritengono piuttosto un figlio di Satana.

    Lo Zelote afferma che i nemici di Cristo sono così accaniti nel punire che non possono accettare l’idea che Dio al contrario sia disposto ad indebolirsi per redimere gli uomini.

    Pietro, a sua volta, dice che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente

    E Gesù gli risponde definendolo beato perché ha creduto in Lui senza bisogno di assistere a dei miracoli. Ciò è un segno che Dio stesso glielo ha rivelato. Perciò, egli sarà la pietra su cui Lui edificherà la Sua Chiesa e ciò che Pietro legherà o scioglierà sulla Terra sarà legato o sciolto anche nei Cieli e le forze dell’inferno non prevarranno sulla Chiesa.



    344 Incontro con i discepoli a Cesarea di Filippo e spiegazione del segno di Giona.



    I discepoli non avendo saputo spiegare alla gente il “segno di Giona” chiedono a Gesù stesso di spiegarlo Lui. Egli allora dice che i grandi di Israele crederanno utile sacrificare l’Innocente per calmare la tempesta satanica, quando invece sarebbe bastato credere in Lui e convertirsi dalla loro falsa santità, ma come risultato otterranno di aumentare i loro pericoli e saranno puniti da Dio dopo il loro delitto.

    La Terra che inghiottisce prima o poi tutti, però, restituirà la Luce (Gesù) al mondo che l’ha rinnegata.



    345 Miracolo al castello di Cesarea Paneade.



    Mentre l’intendente, del tetrarca Filippo, dal castello mostra il panorama a Gesù e agli apostoli, si sente un urlo di una donna. Si tratta di Dorca, una giovanissima vedova che sta per partorire ma che rischia di morire lei stessa perché non fa che piangere.

    Poi si sente un urlo più forte perché il neonato è nero e sembra morto. Gesù chiede che Glielo portino, ma la madre si rifiuta poiché teme che glielo vogliano sottrarre.

    Allora, il Maestro si fa accompagnare da lei, le dice di essere il Salvatore e si fa dare il bambino. Poi gli soffia in bocca e il neonato a poco a poco si riprende fino a vagire e a riprendere colore.

    Vedendola abbandonarsi con il neonato tra le braccia, le donne presenti pensano che stia morendo, ma Gesù le rassicura, saluta e se ne va.



    346 Primo annuncio della Passione e il rimprovero a Simon Pietro.



    Gli apostoli si dichiarano innamorati di Maria SS. e il Maestro risponde loro che solo quelli che uniranno fede perfetta e amore perfetto riusciranno ad afferrare il vero significato di Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio e il Figlio dell’Uomo e anche quello di Maria, nel momento in cui la Genitrice sarà suppliziata col suo Nato agli occhi di tutto il mondo e per tutti i secoli.

    Poi spiega che nessuna madre piange quanto piangerà la Sua a causa delle torture che Lui subirà per redimere gli uomini e del continuo peccare dell’Umanità.

    E aggiunge che Israele ha ucciso vari profeti, ma Giuda Taddeo obietta che Dio non permetterà che ciò avvenga a Lui. Il Maestro, però, conferma che ciò avverrà a Lui perché deve redimere il mondo, pertanto Dio permetterà che Lui soffra, nel corpo, nella mente e nello spirito a espiazione dei peccati degli uomini. Gli apostoli si scandalizzano, in particolare Pietro risponde che Lui non deve avvilirsi al ruolo di un malfattore punito, ma salire nel concetto degli uomini finendo con un miracolo che incenerisca i Suoi nemici.

    Gesù, però, gli risponde che vada lontano da Lui, poiché in quel momento è un satana che Gli consiglia di non obbedire al Padre, il quale non Lo ha mandato nel mondo in cerca di onori e che la vera grandezza è nel sacrificio e nulla è apparire vermi agli uomini se Dio ci giudica angeli.

    Pietro si mette a piangere. Dopo un poco suo fratello va a dirlo a Gesù che gli risponde severo: “Se lo è meritato!” ma di fronte all’insistenza di Andrea lo manda a chiamare, poi dice che quello che ha detto vale per tutti gli apostoli, essi devono smettere di ragionare come gli uomini e accettare di prendere la propria croce e seguire Lui che è la Verità che insegna, la Via che spiana col Suo sacrificio e la Vita che dà con la Sua morte. Perciò devono rinnegare la propria vita precedente, con le sue passioni, tendenze, usi, tradizioni e pensieri, e seguirLo col loro nuovo sé stesso e anche essere pronti a morire per dare ad altri la Vita.



    347 A Betsaida. Profezia sul martirio di Marziam e degli apostoli. La guarigione di un cieco.



    Al rivedere il figlio Marziam molto cresciuto a distanza di mesi, Pietro se ne compiace con gli altri apostoli.

    A Sua volta, Gesù profetizza che Marziam subirà il martirio e che Pietro si dispiacerà di non poter essere al suo posto per via del suo compito di comandare la Chiesa, ma che anche lui sarà un martire tempo dopo, e così lo saranno anche gli altri apostoli, salvo uno.

    Poi al Maestro sono presentati vari malati, tra cui un cieco. Dopo averlo guarito Gesù lo riconsegna alla madre e raccomanda a entrambi di essere santi per riconoscenza a Dio e vedere un giorno anche la Luce del Cielo.



    348 Mannaen riferisce su Erode Antipa e da Cafarnao va con Gesù a Nazareth. Svelate le trasfigurazioni della Vergine.



    Sulla spiaggetta di Cafarnao i bambini accorrono come rondini garrule intorno a Gesù per avere le Sue carezze e i Suoi baci, e il Maestro è costretto a muoversi a piccoli passi per non calpestarli, poi però arriva Mannaen con una spada fiammante al fianco e allora i bimbi si tengono a distanza.

    Mannaen afferma che c’è molto fermento in Israele contro di Lui e anche alla corte di Erode, soprattutto da parte di Erodiade, ma neanche Erode si sente tranquillo.

    Gesù lo ringrazia di tenerLo informato e lo incarica di accompagnare le donne a Gerusalemme. Intanto le discepole consegnano fiori a Maria SS. per il suo giardino e lei annuncia che quest’anno anche Simone d’Alfeo si unirà agli altri discepoli.

    Gesù dice che molti conoscono Maria come sposa e come madre, ma pochi come vergine che è stata eternamente nel pensiero di Dio - come profetizzò Salomone (Proverbi 8, 22-31) - che in lei riversò ogni perfezione per averne delizie e conforto, capace di amare come tutta l’umanità messa insieme non sa amare. Lui è sceso già saturo delle sue consolazioni. Dio stesso l’aveva voluta unita a Giuseppe. E quando l’Angelo le disse che Dio voleva renderla madre senza toglierle la verginità, lei rispose che era l’ancella del Signore e che si facesse secondo la sua parola. Conclude dicendo che ha svelato questi segreti affinché ciò confermi i discepoli nella loro fede, non si scandalizzino mai più e conquistino il Cielo.



    349 La Trasfigurazione sul monte Tabor e l’epilettico guarito ai piedi del monte. Un commento per i prediletti.



    Ai piedi del monte Tabor Gesù dispone che Pietro, Giovanni e Giacomo salgano con Lui e gli altri predichino nelle zone circostanti.

    Dopo l’arrivo sul monte, Gesù va più avanti a pregare e lascia che i tre apostoli si riposino. Dopo che si sono assopiti, compare loro una forte luminosità che annulla quella del sole e penetra fin sotto il verde degli alberi.

    Il viso di Gesù appare trasfigurato, maestoso e luminosissimo. Accanto a Lui appaiono Mosè ed Elia. Dopo un poco, Pietro riesce a parlare e dice a Gesù che è bello per lui e per gli altri due apostoli stare lì, e propone di fare tre tende e di servirli, ma il Maestro sorride e poco dopo Lui, Mosè ed Elìa sono velati da uno schermo di luce ancora più intensa di quella precedente e si sente una voce potente e armonica che dice: “Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. AscoltateLo.”

    I tre apostoli cadono bocconi a terra e Pietro invoca misericordia.

    Poi tutto torna alla normalità. Gesù rassicura i tre apostoli e dice loro di parlare di quanto hanno visto solo dopo la Sua morte e risurrezione, affinché rafforzi la loro fede e quella dei credenti. E intanto la conoscenza della Sua gloria futura fortifichi loro tre per il momento della Sua morte.

    Aggiunge che Elia tornerà alla fine dei tempi, ma che è già tornato anche nel preannunciare la venuta di Cristo, ma gli uomini l’hanno messo a morte perché non vogliono riconoscere ciò che è bene per loro.

    Scendendo ai piedi del monte, Gesù e i tre apostoli trovano gli altri e una folla ad attenderli perché c’è un indemoniato che non si è riusciti a guarire. Il padre del ragazzo racconta che il demonio lo ha gettato più volte nel fuoco o giù dalle scale, lo fa schiumare e altro ancora e supplica il Maestro di liberarlo Lui.

    Gesù ordina al demonio di lasciare quel ragazzo e di non molestarlo più.

    Il giovane fa dei sobbalzi paurosi, poi giace come morto, tra la compassione dei presenti migliori e lo scherno degli scribi, ma Gesù rialza il ragazzo - il quale sembra svegliarsi da un profondo sonno - e lo riconsegna al padre.

    Finita questa visione, Gesù ammonisce la Valtorta ad avere sentimenti di umiltà e pentimento, come li avevano avuti i tre apostoli, ricordando Chi è Lui e chi è lei, ma che contemporaneamente abbia anche tanta fiducia in Lui, che Si mostra per elevare gli uomini, non per incenerirli.

    Aggiunge che gli uomini non devono illudersi che ormai sia vinta la battaglia contro il male, poiché sarà solo una sosta per consentire al Nemico del Cristo di ritemprarsi, di medicarsi le ferite e riunire il suo esercito per una lotta più crudele, non si lascino ingannare da alcun bugiardo aspetto né atterrire da alcuna persecuzione per avere in comune con Lui la sorte in Cielo.



    350 Lezione ai discepoli sul potere di vincere i demoni.



    Gli apostoli domandano come mai non sono riusciti a guarire un malato, neanch’essi, col quale gli esorcisti non avevano ottenuto nulla.

    Gesù risponde che quello era un malato e non un indemoniato, ma che il demonio a volte colpisce con la malattia, per far rivoltare l’uomo contro Dio e condurlo all’impurità.

    In tali casi occorrono digiuno e preghiera, però non solo il digiuno del corpo, ma anche il digiuno dell’orgoglio, poiché questo rende apatica la preghiera come il troppo cibo assopisce il corpo.



    351 Il tributo al Tempio pagato con la moneta trovata in bocca al pesce.



    Gli apostoli partono in due barche prese in prestito, ma rimanendo senza denaro e Giuda iscariota brontola e dice al Maestro che Lui non vale niente sul piano materiale. Gesù gli risponde che questo è un Suo pregio. I barcaioli, però, consigliano a Pietro che il Maestro paghi il tributo al Tempio e lui promette che sarà fatto.

    Infatti, Gesù gli dice che quantunque siano gli estranei e non i figli a pagare le tasse ai re, Lui pagherà la tassa al Tempio benché sia il Figlio di Dio, per non dare scandalo, e incarica Pietro di andare a pescare con la lenza.

    Presto un grosso pesce abbocca, l’apostolo lo tira riva e - come Gesù aveva previsto - gli trova in bocca una moneta di quattro dramme. Allora la utilizza per andare a pagare la tassa per il Tempio per il Maestro e per sé.

    Dopo che tutti loro hanno cenato, mangiando quel pesce, Gesù va a guarire un tale che sta per morire.



    352 Un peccatore convertito dalla Maddalena. Parabola per il piccolo Beniamino e lezioni su chi è il più grande, sullo scandalo ai bambini e sull’uso del nome di Gesù.



    L’uomo che Gesù era stato chiamato a salvare dalla morte in realtà era più malato nell’anima che nel corpo. Era stato un amante di Maria di Magdala ed era stata lei a pregarlo di convertirsi, per non sentirsi in colpa, dal momento che era stata lei a sedurlo. Lui allora si era isolato in campagna per allontanarsi dalle tentazioni.

    Così il Maestro risponde agli apostoli che Gli facevano molte domande. Poi un bambino, chiamato Beniamino, si affianca a Gesù e Gli chiede di raccontare una parabola affinché lo aiuti ad essere buono.

    Il Maestro, allora, racconta la parabola di un pastore che, dopo aver saputo che in un luogo ci sono delle pecore trascurate, decide di comprarle e di condurle in un posto sicuro.

    Strada facendo, però, esse si fermano a brucare l’erba fino al punto di non poter più camminare, altre precipitano nei burroni malgrado che il pastore cerchi di tenerle lontano da essi. Sicché solo un agnellino alla fine resta con lui e il pastore decide di tenerlo sempre con sé.

    Il bambino comprende che quel pastore è Gesù e che quell’agnellino è lui e promette che sarà buono per essere accolto nel Regno dei Cieli e afferma che ciò non gli sarà difficile poiché lui ama Gesù.

    Il Maestro allora dice agli apostoli - che sono andati discutendo sui loro meriti - che quel bambino ha capito meglio di loro che nell’amore è la forza per divenire grandi e nell’ubbidienza fatta per amore quella per entrare nel Suo Regno.

    Il più grande nel Regno dei Cieli non è chi ha scienza, potere, ricchezze, attività anche se buone, ma chi ha amorevolezza, umiltà, semplicità e fede. Occorre saper credere in Lui allo stesso modo dei bambini, ricordare i Suoi insegnamenti, non insuperbire di ciò che si fa, non ingelosirsi di Gesù e dei compagni, confessare quando si è stati cattivi e dolersi di aver causato dispiacere al Signore.

    Guai a chi dà scandalo ai fanciulli, al contrario essi vanno imitati anziché disprezzati o derisi.

    Poi Giovanni riferisce che lui e altri apostoli hanno visto un tale che cacciava demoni in nome di Gesù e che glielo hanno proibito, ma il Maestro li rimprovera dicendo che chi si serve del Suo nome per cacciare i demoni non può essere contro di Lui e Dio vedendo la sua retta intenzione lo attirerà sulla via del cristianesimo.

    Il contrario succede a chi invece fa parte dei discepoli e devia dalla buona strada per concupiscenza. Mai giudicare i propri simili.

    Dopo, Gesù dice alla Valtorta che Beniamino ricevé il battesimo da quello che più Gli somigliava e prese il nome di Stefano diventando il Suo primo martire.



    353 La seconda moltiplicazione dei pani e il miracolo della moltiplicazione della Parola.



    Gesù sta parlando a una grande folla. Si comprende che ha già guarito alcuni malati poiché dice che a chi Lo ha mandato devono riconoscenza, da dimostrare non con parole pronunciate distrattamente ma con il cuore, amando il Signore, i guariti e i loro parenti, guardandosi dal peccare perché bisogna avere paura delle malattie dell’anima ancora di più di quelle del corpo, poiché Dio li ama e vuole dare loro il suo Regno, nel quale può entrare solo chi è fedele alla Legge.

    Poi il Maestro dice agli apostoli che Lui ha pietà di quella gente che Lo segue da tre giorni e ormai ha finito le proprie provviste. Si fa portare dagli apostoli gli avanzi del loro pasto, li benedice e ordina di distribuirli a tutti con abbondanza. Gli apostoli eseguono l’ordine, vanno e vengono e la loro cesta è sempre piena.

    Finita la visione, Gesù dice alla Valtorta che questo episodio può essere interpretato anche in senso spirituale. Infatti, se da un lato gli uomini che ora non conoscono neanche i pochi episodi dei vangeli tradizionali, venissero a conoscenza di tutte le parole e di tutte le opere di Gesù si procurerebbero un’indigestione. Provvede allora lo Spirito Santo a far comprendere tutti i più riposti significati della Parola di Dio.

    Così la frase: “Va in pace e non voler peccare” è premio per chi non ha peccato, incoraggiamento al debole che non vuole peccare, perdono al colpevole che si pente, rimprovero temperato di misericordia a colui che ha solo una larva di pentimento.



    354 Il discorso sul Pane del Cielo, nella sinagoga di Cafarnao, e la defezione di molti discepoli.



    La folla cerca Gesù. Finalmente si imbatte nel discepolo Stefano, il quale dice che Gesù tornerà lì per passarvi il sabato, però avverte che Lui non offre solo pane ma richiede accettazione di sacrifici, persecuzioni e altro, ma la gente non si dà per vinta.

    Gesù torna e conduce tutti alla sinagoga di Giairo, dove afferma che la gente non Lo sta cercando per ascoltarLo, ma per mangiare o malsana curiosità.

    Se Dio ha dato loro del cibo per compassione devono considerarlo un fatto straordinario, mentre ordinariamente l’uomo deve guadagnare il pane con il sudore della sua fronte.

    Piuttosto devono preoccuparsi del cibo per la loro anima che vive in eterno, ciò che si ottiene praticando la Legge di Dio, mentre essi si accontentano solo di conoscerla. E l’opera base che essi dovrebbero fare è anzitutto credere in Colui che Dio ha mandato.

    E’ stato Dio, non Mosè, a dare loro la manna per quarant’anni e ora sarà di nuovo Dio a dare in cibo per la loro anima Gesù stesso, un cibo che – se si nutriranno santamente di esso - li farà risorgere nell’Ultimo Giorno per la vita eterna dopo essere morti come tutti gli uomini.

    Alcuni Gli danno dell’illuso, ma Gesù risponde che la Sua paternità è divina, come risulta dalle profezie, poiché Dio poteva accettare di prendere la natura umana solo da una Vergine, ma solo chi è attratto da Dio – perché ha la buona volontà - potrà credere in Lui.

    Molti discepoli se ne vanno ma Gesù spiega il loro comportamento col fatto che essi in realtà non credevano veramente e stavano con Lui per curiosità o per motivi indegni.



    355 Il nuovo discepolo Nicolai di Antiochia e il secondo annuncio della Passione.



    Gesù sta pensando mestamente. Un bambino se ne accorge e Gli dice di non piangere perché lui e tanti altri bambini gli vogliono bene. Il Maestro promette di non piangere e lo rimanda dalla madre che forse non vedendolo sta preoccupata.

    Poi viene la figlia di Giairo a chiedere a Gesù di parlare Lui alla sinagoga di Cafarnao e Gesù si decide almeno ad andarci, ma poi specialmente i discepoli che il giorno prima Lo hanno abbandonato sono impazienti di andare a Gerusalemme, per sentirne i rabbi e chiedono che si finiscano le preghiere.

    Intanto si è fatto avanti Nicolai di Antiochia che vuole unirsi ai discepoli di Gesù, che però lo avverte che Lui non è un re di questo mondo e che sarà calunniato e ucciso ma poi risorgerà e chi vuole seguirLo deve accettare anche lui un destino simile.



    356 Verso Gadara. Le eresie di Giuda iscariota e le rinunce di Giovanni che vuole solo amare.



    Pietro dice di non avere bisogno delle sorgenti termali, poiché lui il veleno dalle ossa se lo è tratto fuori con le sudate dell’onesto lavoro e d’altra parte non avendo goduto granché, di veleni nel suo corpo ne sono entrati pochi.

    L’Iscariota si offende nel sentirlo.

    Allora Pietro si scusa e aggiunge che il Maestro è già afflitto dagli estranei e ha bisogno di pace, non di discussioni anche tra loro.

    Poi qualcuno riferisce la diceria secondo la quale il puzzo derivante dalle sorgenti termali deriva dall’inferno che ha inghiottito un uomo cattivo.

    Il Maestro risponde che l’inferno non sta sotto terra ma sulla Terra, nel cuore degli uomini, e si completa in seguito.

    Allora, l’Iscariota afferma - come fanno molti, anche Greci e Romani - che l’inferno non esiste poiché è Dio stesso che comanda tutto sulla Terra e vuole che ci sia il bene e il male.

    Aggiunge che nemmeno Satana esiste, visto che lui non lo vede e non ne sente la presenza e domanda al Maestro se dice bene.

    Gesù gli risponde un No secco e aggiunge che non vede né sente Satana perché è tutt’uno con lui.

    Giuda se la ride e bacia Gesù come se lo avesse lodato, mentre gli altri apostoli sono scandalizzati.



    357 Giovanni e le colpe di Giuda iscariota. I farisei e la questione del divorzio.



    Giovanni vorrebbe riferire a Gesù il cattivo comportamento di Giuda iscariota ma si domanda se ciò sia peccato. Gesù gli risponde che lo sarebbe dirlo ai suoi compagni poiché essi possono fare mormorazioni e assalire il peccatore mentre bisogna avere tanta più misericordia quanto più un’anima è debole.

    Allora Giovanni confida che Giuda è dedito all’impurità e anche a rubare denaro dalla borsa comune per poi fingere che è lui stesso a offrirlo per i poveri.

    Su questo Gesù gli dice che, se non ne è sicuro, fa peccato dandolo per certo. Inoltre Giovanni afferma che Giuda frequenta i negromanti per chiedere al demonio il potere di fare i miracoli che non gli riesce più di fare.

    Poi il Maestro si accinge a fare un discorso al popolo ma si avvicinano dei farisei che gli chiedono un parere sul divorzio e Gesù risponde che la donna ha un’anima come l’uomo e che non è giusto trattarla come una bestia e il dominio dell’uomo sulla donna deve avvenire secondo giustizia, non con prepotenza.

    Che si ha il diritto di rimandarla solo quando si è posseduta una donna senza la benedizione divina e non ci si sente di sposarla. Se, però, si sono avuti figli illegittimi da essa si ha il dovere di sposarla, se si è liberi.

    Poi dice che è un adultero anche chi riprende la moglie da lui stesso ripudiata una volta restata vedova del secondo marito. Allora molti, tra cui gli stessi apostoli, dicono che a queste condizioni è meglio non sposarsi.

    Gesù risponde che alcuni nascono eunuchi, altri vengono fatti tali dagli uomini e altri lo diventano per loro libera scelta e sono molto apprezzati da Dio.

    Alcuni apostoli rispondono che essi non lo sapevano e ormai hanno preso moglie, ma vorrebbero non averlo fatto. Gesù risponde che possono acquistare grande merito davanti al Padre praticando la castità pur non separandosi dalla moglie, ma trattandola come una sorella.



    358 A Pella. Il giovinetto Jaia e la madre di Marco di Giosia.



    La popolazione di Pella è indifferente al passaggio della comitiva di Gesù. Ben diversamente fanno i mendicanti. Tra essi c’è un romano disertore che deruba gli altri poveri, tra cui un ragazzo quasi cieco che chiedeva l’elemosina anche per la madre, pure lei cieca.

    Questi vorrebbe essere accompagnato a Gerusalemme per incontrare Gesù nella speranza di essere guarito da Lui, e senza saperlo lo chiede proprio al Maestro, che strada facendo gli tocca gli occhi e gli comanda di tornare a casa.

    Dopo pochi passi, il giovane si accorge di aver recuperato la vista. Allora torna a ringraziare Gesù e a chiedere aiuto anche per la madre. Il Maestro raccoglie dei fiori e gli dice di metterli sugli occhi della madre e che poi parli bene di Lui agli abitanti di Pella.

    Una donna, a sua volta, è disperata perché il figlio che era indemoniato ed era stato guarito da Lui è tornato malvagio e posseduto dal diavolo, e in più ora parla male del suo Salvatore. Teme, perciò, che il figlio si dannerà. Gesù la rassicura poiché il suo dolore espierà per conto del figlio e lui si convertirà.



    359 Nella capanna di Mattia presso Jabes Galaad.



    La popolazione di Jabes-Galaad è ancora piena di odio verso gli Israeliti per il male subito in passato.

    Per questo, Gesù chiede invano alloggio nelle varie case per sé e i Suoi apostoli.

    Gli apostoli sono di malumore poiché, visto che non avevano denaro e che già pioveva, non sarebbero dovuti partire da Pella.

    Poi, Giovanni scopre una capanna nella campagna e vanno tutti insieme verso di essa.

    C’è Mattia, un vecchio solo, un lebbroso guarito da Gesù, che accetta di ospitarli, offre loro del cibo, il proprio letto e acqua calda per lavarsi, e intanto mette ad asciugare i loro mantelli.

    Bussano di nuovo alla porta: sono abitanti di Jabes e di Pella al seguito di Jaia, di sua madre e di quella dell’indemoniato che pregano Gesù di tornare da loro e si dichiarano pentiti di averLo mandato via.

    Gesù risponde che deve andare a Gerusalemme e raccomanda loro di perseverare nella fede, piuttosto che comportarsi da idolatri per i miracoli che hanno visto.

    Allora Lo pregano di accettare almeno i loro doni e un carro in prestito per il viaggio. Il Maestro prende i doni, per aiutare i poveri, ma rifiuta il carro preferendo andare a piedi come i poveri.

    Poi a Mattia dice che ora non andrà più dietro a pecore riottose, che credono davanti ai miracoli ma ridiventano subito torpide e che partirà l’indomani mattina all’albeggiare per evitare che tornino a chiederGli di passare a Jabes-Galad o a Pella.



    360 Il malumore degli apostoli e il riposo in una grotta. L’incontro con Rosa di Gerico.



    La pianura dal lato orientale del Giordano è diventata una laguna e gli apostoli brontolano. Lo Zelote però obietta che ciò era imprevedibile poiché l’anno precedente avevano addirittura sofferto la sete.

    Incontrano un uomo a cavallo di un mulo e gli chiedono informazioni. Risponde che c’è un guado più avanti, ma che conviene loro di salire verso il monte per un buon tratto e che questo tempo brutto è dovuto a un bestemmiatore di Nazareth che non è stato lapidato come avrebbe meritato. Si tratterà di un ladrone. Prima ne aveva sentito dire un gran bene, ma ad opera di quelli della Sua banda.

    Gesù gli risponde che Lui è Gesù di Nazareth e che dunque Lo lapidi, poiché ha la missione di Salvatore, anche di lui.

    Allora quell’uomo fugge via.

    Il Maestro dice agli apostoli di seguire il consiglio di quell’uomo, affinché escano dal pantano. Quanto a Lui, Lo preoccupa di più il pantano delle anime morte. Ed è l’essere rinnegato, tradito e abbandonato che Gli procura dolore.

    Poi trovano una grotta con legna e paglia e vi si fermano per passarvi la notte.

    L’Iscariota brontola, ma Pietro gli fa presente che in confronto alla grotta in cui è nato Gesù, questa è una reggia.

    Il Maestro poi decide di essere Lui a vegliare durante la notte per mantenere acceso il fuoco. E mentre gli apostoli dormono, Lui rimette la paglia calda su di loro, e in particolare sui piedi di Matteo che è raffreddato, quando essa scivola via.

    Al mattino il primo a svegliarsi è lo Zelote che invano invita Gesù ad andare a riposarsi Lui.

    Poi una volta che tutti sono stati svegliati, si rimettono in cammino e per strada trovano una donna che pare morta. Si tratta di una falsa lebbrosa che non mangia da tre giorni, perché nessuno le dà nulla.

    In realtà, era la moglie di un ricco che, invaghito di un’altra donna, ha denunciato la sposa come lebbrosa per poterla ripudiare.

    Gesù le dà pane e formaggio e del vino. La donna comprende che si tratta del Maestro e dei Suoi apostoli, si prostra ad adorarLo e chiede di essere ammessa tra le discepole.

    Gesù le dice di andare dal sacerdote per la purificazione e dà disposizione allo Zelote di accompagnare poi quella donna da Elisa, che è desiderosa di avere una figlia (adottiva).



    361 Due innesti che trasformeranno gli apostoli. Maria di Magdala avverte Gesù di un pericolo. Miracolo sul fiume Giordano in piena.



    La strada è tutta di fango e Gesù e i Suoi hanno le gambe coperte di mota.

    Parecchi apostoli brontolano, ma alla fine Giovanni raggiunge il Maestro il quale gli dice che ha sentito tutti i loro discorsi, ma non se ne meraviglia perché sapeva già al momento di sceglierli come apostoli che essi non erano perfetti e che hanno bisogno di due innesti per diventare tali, il primo del Suo sangue e poi di fuoco, dello Spirito Santo, anche se per uno di loro non basterà neanche tutto ciò e in eterno conoscerà un altro fuoco in cui brucerà eruttando ed inghiottendo sangue perché avrà tradito il Sangue di un Dio.

    Aggiunge che comunque non indaghi, poiché l’indagine presuppone un sospetto che è già mancanza di carità.

    Il Giordano che essi devono attraversare è sempre più in piena. Gesù vede una donna che lo ha attraversato, riconosce Maria di Magdala e la chiama.

    Lei è felice di averLo trovato perché vuole che torni indietro, poiché gli erodiani Lo cercano per toglierLo di mezzo.

    Il Maestro le risponde che non è ancora giunta la Sua ora e comunque tornerà indietro per attraversare il fiume in un altro punto.

    Trovano un barcaiolo con figli e parenti però esitanti per la violenza della corrente del fiume ma Gesù li rassicura poiché chi porta Dio e i suoi messi non deve temere; e Lui stesso entra nella prima delle tre barche.

    Le corde che le trattengono scricchiolano per la violenza della corrente, ma una volta sciolti i canapi, essa diventa tranquilla come in tempi normali e le barche attraversano velocemente il fiume.

    Il barcaiolo esclama: “Maestro, vedo che sei veramente potente, hai sospeso la corrente del fiume, benedici il Tuo servo e ricordati di me peccatore.”

    Gesù lo incarica di predicare fede e santità nel suo paese e promette che andrà nella sua città, poi si ferma a guardarlo finché giunge all’altra sponda.

    A questo punto la corrente ridiventa violenta come era prima.



    362 Missione e destino delle "voci di Dio". L’incontro con la Madre e con le discepole.



    Gesù dice allo Zelote, e a Pietro, che è solo per loro che è tornato indietro, che la futura Chiesa richiede calma, costanza, sforzo, fiducia anziché fretta, stanchezza, sconforto

    e che magari saranno quelli considerati “numeri” a rendere veramente vitale la Chiesa e a mantenerne la fede e dovrà fare di loro dei tormentati da Satana e dagli uomini invidiosi, superbi e increduli che cercheranno di farli apparire menzogneri, folli e ossessi.



    363 A Rama, in casa della sorella di Tommaso. Discorso della porta stretta e apostrofe a Gerusalemme.



    Tommaso ottiene che sia fatta visita a sua sorella da Gesù, che però gli raccomanda di non fare spese esagerate.

    Arrivato in quella casa, viene accolto festosamente da tutti e soprattutto dai bambini.

    Intanto gli abitanti della città escono dalle loro case ma esitano ad avvicinarsi. Allora Gesù li fa invitare a venire da Lui e li benedice tutti.

    Qualcuno domanda se allora essi si salveranno tutti. Gesù gli risponde che non si salveranno per la Sua benedizione, ma per le loro azioni; anzi aggiunge che ben pochi si salveranno se vanno avanti come adesso.

    Uno dei presenti confessa di osservare i comandamenti ma facendo il minimo necessario e domanda se in questo modo si salverà.

    Gesù gli risponde di sì, ma gli chiede perché fare torto alla propria anima salvandola a fatica anziché giungere alla santità, che dà subito eterna pace?

    Un altro chiede se davvero pochi si salveranno.

    Gesù gli risponde che:

    se l’uomo si comportasse con rispetto verso sé stesso e con amore reverenziale verso Dio, tutti si salverebbero. Invece l’uomo, come uno stolto, si trastulla con l’orpello invece di prendere l’oro vero;

    che bisogna essere generosi nel volere il Bene, poiché nel sacrificio sta il merito;

    per passare attraverso la porta del Cielo bisogna che gli uomini siano agili, leggeri, spirituali, altrimenti non potranno attraversarla perché obesi per la loro materialità; allora il Signore chiuderà la porta e dirà di non conoscerli perché si sono saziati di ciò che Dio ha dichiarato impuro;

    che hanno avuto per padre Satana, per madre la Carne, per nutrice la Superbia, per servo l’odio, per tesoro il peccato, per gemme i vizi;

    che sul loro cuore è scritto "Egoismo" e le loro mani sono sporche delle rapine fatte ai loro fratelli.

    A loro volta alcuni farisei fingono di voler aiutare Gesù a guardarsi da Erode e Gli consigliano di non andare a Gerusalemme, ma Egli risponde che deve fare il Suo dovere e che, d’altra parte, anche i farisei hanno la loro parte di colpa.

    Poi conclude mestamente che Gerusalemme ammazza i suoi profeti, ma il vero Padrone se ne andrà e non tornerà finché essa non Lo accoglierà con benedizioni.



 

Nessun commento:

Posta un commento