Sintesi del libro
LA SACRA BIBBIA
di vari autori
pubblicata da Edizioni Paoline
LIBRO DELLA GENESI
In principio la Terra era una massa vuota e informe. Allora Dio creò la luce e la separò dalle tenebre, ossia fece il giorno e la notte. Poi separò la terraferma dal mare e fece coprire la terra da erbe e alberi da frutto, il sole e la luna, i pesci, gli uccelli e gli animali terrestri.
Infine Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza affinché dominasse su tutti gli animali. Gli diede come cibo ogni pianta che fa seme e ogni albero fruttifero, mentre diede l'erba agli uccelli e agli animali della terra. A questo punto benedì tutto il creato (Gn, 1, 1-31).
Il settimo giorno Dio si riposò, lo chiamò sabato, lo benedisse e lo santificò.
Poi piantò un giardino ad Oriente, in Eden, fece germogliare dal suolo ogni genere di alberi piacevoli d'aspetto e buoni da mangiare e al centro l'albero della Vita e l'albero della conoscenza del bene e del male.
Pose l'uomo nel giardino affinché lo coltivasse e custodisse, ma gli proibì di mangiare i frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male, altrimenti sarebbe morto.
Poi Adamo diede un nome a ogni animale, ma non ne trovò nemmeno uno che somigliasse a lui. Allora Dio fece addormentare Adamo, gli sottrasse una costola e con essa costruì la donna. Al vederla l'uomo disse “Questa sì che è ossa delle mie ossa e carne della mia carne” (Gn 2, 1-25).
Poi il serpente, che era il più furbo degli animali, chiese alla donna se era vero che Dio aveva proibito loro di mangiare i frutti di tutti gli alberi del giardino. Eva gli rispose che potevano mangiare i frutti di tutti gli alberi, tranne quello della conoscenza del bene e del male, altrimenti sarebbero morti.
Il serpente le rispose che non era vero che sarebbero morti e che, anzi, sarebbero diventati uguali a Dio grazie alla conoscenza del bene e del male.
Allora la donna vide che il frutto era bello, ne mangiò e ne diede anche all'uomo.
Poi si accorsero che erano nudi e si vergognarono, perciò si costruirono delle cinture con le foglie del fico e si nascosero alla vista del Signore, ma Dio chiamò Adamo e gli domandò se per caso avessero mangiato il frutto proibito. Lui si giustificò rispondendo che glielo aveva dato la donna. La donna a sua volta accusò il serpente di averla ingannata.
Allora Dio maledisse il serpente dicendogli che avrebbe mangiato la polvere tutti i giorni della sua vita;
alla donna promise che le avrebbe moltiplicato le doglie del parto e che il marito avrebbe dominato su di lei,
ad Adamo, che avrebbe dovuto guadagnarsi il pane col sudore della sua fronte, finché non sarebbe tornato polvere come era stato tratto dalla polvere. Poi cacciò entrambi dal paradiso terrestre (Gn 3, 1-24).
Adamo poi si unì ad Eva ed ella concepì Caino.
In seguito ebbe anche Abele che diventò pastore di greggi e offrì al Signore in sacrificio i primogeniti più grassi dei suoi animali. Invece, Caino tentò di fare l'agricoltore e offrì in sacrificio i frutti scadenti, che Dio non gradiva. Per questo, Caino si adirò contro Abele e lo uccise.
Allora il Signore maledisse Caino e la terra, affinché non gli desse più i suoi frutti, ma pose un segno su di lui affinché non venisse ucciso a sua volta. Tra i figli di Caino ci fu Lamec il quale si unì a due donne e disse loro che se Caino sarebbe stato vendicato sette volte, lui stesso sarà vendicato settanta volte sette (Gn 4, 1-26).
In seguito Adamo generò Set dal quale dopo parecchie generazioni venne Noè. Adamo visse 930 anni e generò figli e figlie (Gn 5, 1-32).
I figli di Dio, cioè di Set, cominciarono a scegliere come mogli le figlie degli uomini, ossia di Caino, e la malvagità si diffuse sulla terra.
Allora Dio decise di sterminare l'umanità salvo Noè che camminava con Dio, perciò gli ordinò di costruire un'arca e di far entrare in essa, insieme a lui, la moglie, i figli e le loro mogli oltre che sette coppie di animali puri e una coppia di animali impuri che andarono a lui.
Inoltre accumulò nell'arca ciò che occorreva a tutti di alimento (Gn 6, 1-22).
Poi Dio fece piovere per quaranta giorni e quaranta notti sicché l'acqua coprì le cime delle montagne.
Ogni animale e ogni uomo sulla terra perì. Le acque rimasero alte sulla terra per 150 giorni ((Gn 7, 1-24).
Durante il decimo mese successivo, Noè mandò una colomba fuori dall'arca ma essa tornò da lui.
Su comando di Dio, nel dodicesimo mese Noè fece uscire tutti dall'arca, eresse un altare e offrì a Dio in sacrificio una coppia di animali puri di ogni specie (Gn 8, 1-22).
Dio benedisse Noè e i suoi figli; disse loro di moltiplicarsi e di riempire la terra. diede in loro potere tutti gli animali della terra e del mare e il permesso di utilizzarli come cibo purché non avessero ancora in loro il sangue.
Disse loro che avrebbe punito anche le bestie dell'uccisione dell'uomo e ancora più l'uomo che avesse ucciso un altro uomo, estraneo o parente che fosse.
Promise che mai più l'uomo sarebbe stato sterminato da un altro diluvio e che questa promessa sarebbe stata ricordata loro dalla comparsa dell'arcobaleno in cielo dopo ogni pioggia.
Poi Noè fece l'agricoltore, piantò le viti, fece il vino, si ubriacò e dormì nudo nella sua tenda.
Cam - uno dei tre figli di Noè – lo vide e corse a dirlo ai suoi fratelli Sem e Jafet i quali, invece, si avvicinarono al padre camminando all'indietro e lo coprirono.
Quando Noè si svegliò e venne a sapere come aveva agito Cam, maledisse lui e la sua discendenza e gli profetizzò che essa sarebbe stata serva dei suoi fratelli, mentre benedisse Sem e Jafet (Gn 9, 1-29).
Il capitolo 10 della Genesi elenca i discendenti di Sem. Tra loro ci fu Abramo.
STORIA DI ABRAMO
In tutta la terra si usava il medesimo linguaggio e gli uomini tentarono di costruire una città con una grande torre che arrivasse fino al cielo, come segno di unione, ma Dio confuse i loro linguaggi affinché gli uomini si spargessero in tutta la terra. Perciò quella città fu chiamata Babele.
Tare, padre di Abramo, generò anche Nahor e Aram, ma quest'ultimo morì piuttosto giovane dopo aver generato Lot, Melka e Jesca. La moglie di Abramo si chiamava Sarai.
Tare lasciò la città di Ur insieme al figlio Abramo, a Sarai e a Lot, stabilendosi a Haran (Gn 11, 1-32).
In seguito Dio disse ad Abramo: “Parti da Haran e dal tuo parentato e vai nella terra che ti mostrerò. Farò di te un popolo grande, ti benedirò e benedirò chi ti benedirà e maledirò chi ti maledirà.”
In seguito sopraggiunse una grave carestia e Abramo si trasferì in Egitto insieme alla moglie Sarai, ma essendo lei molto bella fu preso dal timore che qualcuno si invaghisse di lei e lo uccidesse, le chiese di dire che lei era sua sorella (lo era solo per parte di padre, ma non di madre).
Essendo stato informato della bellezza di Sarai, il faraone la fece portare a corte e fece regali ad Abramo, ma la sua famiglia fu colpita da grandi piaghe. Allora fece scortare Abramo e Sarai alla frontiera con tutto quello che aveva (Gn 12, 1-25).
Pertanto, Abramo tornò nel Negeb con Sarai e Lot e tutto quello che possedeva. Nacque una contesa tra i pastori di Abramo e quelli di Lot, poiché entrambi avevano molto bestiame. Allora Abramo si rese conto che occorreva separarsi dal nipote, perciò lo invitò a scegliere se andare a destra o a sinistra e lui avrebbe accettato di andare a sinistra o a destra. Lot scelse di andare verso Sodoma, mentre Abramo restò in Canaan (Gn 13, 1-18).
Poi Dio disse ad Abramo di guardarsi tutt'intorno e gli promise che avrebbe dato in eredità perenne quelle terre alla sua discendenza (Gn 13, 1-18).
Vari re d'oriente si coalizzarono per invadere altri Paesi e catturarono Lot. Abramo ne fu informato, armò 318 servi e piombò sugli invasori, riconquistò il loro bottino e liberò Lot e i suoi familiari. Il re Melchisedec benedisse Abramo e voleva riprendersi solo le persone, ma Abramo gli lasciò anche il bottino, salvo la parte che ne avevano consumato i suoi servi, affinché quel re non potesse dire di averlo arricchito (Gn 14, 1-24).
Dio, poi, promise ad Abramo un figlio e che avrebbe avuto una discendenza numerosa quanto le stelle del cielo. Essa sarebbe stata in Egitto come schiava ed offesa per 400 anni, ma sarebbe tornata con grandi ricchezze (Gn 15, 1-21).
Sarai non poteva avere figli, perciò disse ad Abramo di concepirne uno con la schiava egiziana Agar, ma poi fu disprezzata da questa. Allora Abramo le consentì di farne quello che voleva e così lei la trattò con molta asprezza, al punto che Agar fuggì, ma l'angelo del Signore la invitò a tornare dalla sua padrona umiliandosi davanti a lei e le promise una grande discendenza. Le comandò anche di chiamare Ismaele il figlio che sarebbe nato (Gn 16,1-16).
Il Signore apparve ad Abramo e gli disse:
“Io sono Iddio onnipotente. Cammina alla mia presenza e sii perfetto. Tu diventerai padre di una moltitudine di popoli. Per questo ti chiamerai Abrahamo. Io darò la terra dove abiti a te e ai tuoi discendenti e sarò il loro Dio. Ogni maschio tra voi sia circonciso all'età di 8 giorni anche se forestiero comprato, altrimenti sarà reciso dal tuo popolo.”
(Nota nel libro: La circoncisione toglieva il peccato originale e rimetteva in grazia di Dio, quantunque il paradiso restasse chiuso fino alla crocifissione di Gesù).
La moglie Sarai doveva essere chiamata Sara d'allora in avanti e avrebbe avuto un figlio dopo un anno. Allora Abramo circoncise sé stesso, Ismaele, quelli che aveva comprato con denaro e i loro familiari (Gn 17,1-27).
Il signore apparve di nuovo, insieme a due angeli, ad Abramo. Poi gli confidò che Sara avrebbe avuto un figlio. In seguito si avviò verso Sodoma e Abramo si accompagnò a lui. Il Signore gli confidò che aveva sentito un grande clamore di colpe. Abrama domandò se avrebbe ucciso il giusto insieme al peccatore. Il Signore rispose che se vi avesse trovato cinquanta giusti avrebbe risparmiato tutta la città.
Allora Abramo domandò se l'avrebbe risparmiata se ve ne fossero quarantacinque, poi quaranta, infine se ve ne fossero solo dieci: il Signore rispose che anche in questo caso avrebbe risparmiato la città (Gn 18,1-33).
Quando furono arrivati a Sodoma. Lot li vide e insistette per ospitarli, ma poi vennero i Sodomiti che volevano abusare di loro.
Al posto degli ospiti (che erano considerati sacri in Oriente) Lot offrì in cambio le sue figlie però quelli rifiutarono, ma furono abbacinati e dovettero tornare alle loro case a tentoni.
All'alba del giorno dopo, Lot fu sollecitato ad alzarsi con i suoi e a rifugiarsi sul monte con la sua famiglia ma senza voltarsi indietro, ma poi gli fu concesso di rifugiarsi in una città più vicina, che poi fu chiamata Segor per tale fatto. La moglie, invece, si voltò e fu trasformata in una colonna di sale. In seguito Lot salì sul monte con le due figlie.
La maggiore di queste disse alla minore che il loro padre era vecchio e che nessun uomo sarebbe salito per loro sul monte. Allora suggerì di far ubriacare il padre e di coricarsi lei stessa con lui e la notte successiva lo avrebbe fatto la sorella minore. Entrambe concepirono un figlio maschio. Essi furono chiamati rispettivamente Moab, dal quale discese la tribù dei Moabiti, e Ben-Ammi, dal quale discesero gli Ammoniti (Gn 19,1-38).
Abramo partì con Sara e trovò ospitalità in Gerar, ma diceva che lei era sua sorella, per timore che invaghiti di lei lo uccidessero (lo era soltanto per parte di padre, non di madre). Il re Abimelec, avendo saputo che era molto bella, la fece portare a palazzo con l'intenzione di sposarla, ma il Signore lo avvisò in sogno che Sara era una donna sposata e che se lui se la sposava lo stesso, lui si sarebbe estinto con tutti i suoi. Allora Abimelec rimproverò Abramo di aver nascosto che Sara era sua moglie, ma gli donò pecore e bovi e lo autorizzò a restare sul suo territorio dovunque avesse voluto. Abramo pregò per Abimelec e i suoi - che erano diventati tutti sterili - ed essi riebbero la capacità di avere figli (Gn 20, 1-18).
A cento anni Abramo ebbe il figlio Isacco da Sara, come il Signore aveva promesso. A otto giorni lo fece circoncidere e quando ne fu festeggiato il divezzamento. Ismaele lo schernì. Allora Sara chiese che la serva Agar e suo figlio fossero cacciati via.
Abramo se ne dispiacque molto, ma da Dio gli fu detto di non rattristarsene e che sia Isacco che Ismaele sarebbero diventati due grandi popoli.
Allora caricò un otre pieno di acqua sulle spalle di Ismaele. Agar e il figlio vagarono nel deserto finché l'acqua dell'otre finì e allora la madre si allontanò per non veder morire il figlio, ma il Signore le mostrò un pozzo pieno d'acqua. Subito la donna corse a riempire l'otre e dissetò il figlio. In seguito, gli prese per moglie un'egiziana.
Poi Abimelec chiese ad Abramo di fare alleanza con lui, ma per evitare litigi fra i rispettivi pastori Abramo scavò un pozzo e diede sette agnelle ad Abimelec in testimonianza del giuramento di alleanza che essi avevano fatto e dimorò a lungo nel paese dei Filistei (Gn 21,1-34).
Dio mise alla prova Abramo chiedendogli di sacrificargli il figlio Isacco. Pertanto, Abramo partì di buon mattino col figlio e della legna. Arrivati alla montagna Isacco domandò dove fosse l'agnello per l'olocausto. Il padre gli rispose: “Il Signore provvederà”, ma quando furono giunti a destinazione egli preparò la legna, legò Isacco, lo mise sull'altare sopra la legna e prese il coltello per scannare suo figlio, ma il Signore gli gridò di non toccare Isacco poiché ora sapeva che aveva timore di Dio non avendogli negato nemmeno il proprio figlio. Allora Abramo alzò gli occhi, vide un agnello che era rimasto intricato nella macchia e lo offrì in sacrificio. E Dio gli rinnovò la promessa che la sua discendenza sarebbe stata più numerosa delle stelle del cielo e avrebbe posseduto le città dei suoi nemici (Gn 22, 1-24).
Sara morì a 127 anni. Abramo comprò un sepolcro a Ebron, in Canaan e ve la seppellì (Gn 23, 1-20).
Abramo, ormai molto anziano, chiamò il suo servo più anziano e gli fece giurare che non avrebbe preso una moglie tra i cananei per suo figlio Isacco, ma tra il suo parentado, poiché così gli aveva detto il Signore.
Allora il servo prese con sé dieci cammelli e ogni sorta di beni del suo signore e partì per andare in Haran, la città di Nahor.
Lì si fermò presso un pozzo all'ora in cui le donne vanno a prendere acqua e pregò il Signore: “Fa' che la fanciulla alla quale io chiederò da bere, essa mi risponda: “Bevi, anzi anche ai tuoi cammelli io darò da bere”, sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco.
Presto arrivò Rebecca, la quale gli rispose come lui aveva chiesto al Signore e dopo aver dissetato lui, diede l'acqua anche ai cammelli.
Poi gli disse che era figlia di Batuel - figlio di Nahor e fratello di Abramo - e che a casa sua c'era paglia e fieno in abbondanza e posto per albergare.
Allora il servo benedisse il Signore che non aveva cessato di essere benigno verso il suo signore.
Intanto Rebecca corse a casa e riferì al fratello Labano ciò che le era accaduto e lui andò incontro al servo di Abramo per accoglierlo insieme ai suoi uomini e ai cammelli.
Il servo riferì tutto quello che era successo. Labano e Batuel riconobbero che ciò era opera di Dio e che non potevano far altro che accettare di lasciar andare Rachele in sposa a Isacco benedicendola (Gn 24,1-67).
In seguito Abramo prese come moglie Ketura ed ebbe vari figli anche da lei, ma fece solo delle donazioni alle sue concubine e lasciò tutto il suo avere a Isacco.
Morì a 175 anni e fu sepolto in Ebron, come Sara, da Isacco e Ismaele.
Quest'ultimo ebbe dodici figli che furono capi di altrettanti popoli (Gn 25, 1-18).
STORIA DI ISACCO
Isacco sposò Rebecca, sorella di Labano.
Lei, però, era sterile e allora Isacco pregò per lei, sicché la moglie, dopo vent'anni di matrimonio, ebbe due figli gemelli, uno peloso, perciò chiamato Esaù, e l'altro fu chiamato Giacobbe, che significa soppiantatore.
Un giorno Esaù tornò stanco dal lavoro, mentre Giacobbe si era cucinato delle lenticchie. Il fratello gli chiese di dargliene una parte ma Giacobbe volle che in cambio Esaù gli cedesse la primogenitura con un giuramento.
Esaù giurò, mangiò e se ne andò (Gn 25, 19-34).
In seguito a una nuova carestia Isacco se ne andò a Gerar da Abimelec, re dei Filistei. Anche lui - come Abramo - per timore di essere ucciso, disse che Rebecca era sua sorella, ma il re Abimelec vide che Isacco le faceva delle carezze e capì che lei era la moglie, perciò lo rimproverò e bandì a tutto il popolo l'ordine che chiunque toccasse Isacco o Rebecca fosse ucciso.
Isacco seminò e raccolse il centuplo, tanto il Signore lo benedì.
Presto diventò ricchissimo sicché i Filistei lo invidiarono e turarono con la terra tutti i pozzi che erano stati scavati dai servi di Abramo e Abimelec gli disse di andarsene perché era diventato molto più ricco di loro.
In seguito, però, convinse Isacco a giurarsi vicendevolmente di non farsi del male.
Esaù a sua volta prese due mogli etee, le quali causarono amarezza a Isacco e a Rebecca (Gn 26, 1-35).
Isacco, ormai vecchio e cieco, disse a Esaù di procurargli della cacciagione, di cucinargliela e portargliela, affinché lui gli desse la benedizione.
Rebecca, però, aveva sentito tutto e si fece portare da Giacobbe due capretti, li cucinò e mise le loro pelli sulle mani e sul collo di Giacobbe. Inoltre lo fece vestire coi vestiti di Esaù.
A questo punto, Giacobbe si presentò al padre affermando di essere Esaù.
Isacco, pur sentendo che la voce era quella di Giacobbe, ne tastò i polsi e il collo e li trovò pelosi, sentì anche l'odore dei vestiti di Esaù e gli diede la sua benedizione: “Iddio ti dia la rugiada del cielo e la fertilità della terra.
Ti servano i popoli e si inchinino a te le nazioni. Sia maledetto chi ti maledice e benedetto chi ti benedice”.
Poco dopo che Giacobbe si era allontanato, arrivò Esaù, che presentò al padre le vivande e gli chiese la benedizione.
Isacco ne fu costernato ma non potette dargli la benedizione.
Da allora in poi Esaù prese in odio Giacobbe e decise di ucciderlo una volta che il padre fosse morto, ma Rebecca avvisò il secondogenito e gli raccomandò di rifugiarsi ad Haran, presso il proprio fratello Labano (Gn 27, 1-46).
LA STORIA DI GIACOBBE
Isacco ordinò a Giacobbe: “Non sposare una donna cananea, ma vai ad Haran, da Labano - fratello di tua madre – e scegli una moglie tra le sue figlie. E Iddio onnipotente ti dia la benedizione di Abramo.”
Allora Giacobbe si mise in viaggio verso Haran. La notte ebbe la visione di una scala che arrivava fino al cielo.
Il Signore gli disse che l'avrebbe protetto dovunque andasse.
La mattina dopo Giacobbe, usando la pietra su cui aveva poggiato la testa, fece un cippo sacro a ricordo della visione e chiamò quella città Bet-El (casa di Dio).
Inoltre, Giacobbe fece un voto: se Dio l'avesse fatto tornare a casa sano e salvo, con quelle pietre avrebbe fatto una casa di Dio e dato la decima di tutto quello che gli fosse concesso (Gn 28, 1-22).
Dopo essersi rimesso in cammino, Giacobbe vide un pozzo intorno al quale stavano sdraiati tre branchi di pecore, in attesa che i pastori togliessero la pietra che copriva la buca del pozzo. Chiese a questi ultimi se conoscevano Labano.
Risposero di sì e che la pastora che stava arrivando ne era la figlia Rachele. Lui le corse incontro, la baciò e le disse che lui era Giacobbe, figlio di Isacco.
Rachele corse a dirlo al padre Labano che a sua volta accolse Giacobbe con gioia e ne ascoltò la storia.
Dopo un mese gli domandò quale salario volesse per servirlo. Giacobbe rispose che l'avrebbe servito per sette anni se gli prometteva Rachele per moglie.
Passati i sette anni, fu festeggiato il matrimonio, ma Labano gli portò la figlia maggiore Lia - che era debole di vista e non attraente – e Giacobbe entrò da lei.
La mattina dopo si accorse dell'imbroglio e protestò col suocero. Labano si giustificò dicendo che da loro si usava far sposare prima la figlia maggiore, ma che passasse una settimana con lei e poi le sarebbe stata data Rachele per la quale l'avrebbe dovuto servire altri sette anni. Lia ebbe quattro figli: Ruben, Simeone, Levi e Giuda (Gn 29, 1-35).
Al contrario Rachele non riusciva a concepire, allora diede la sua serva Bala a Giacobbe come moglie e costei partorì due figli, Dan e Neftali. Anche Lia, che aveva cessato di avere figli propri, diede a Giacobbe la sua serva Zelfa ed essa partorì Gad e Aser. Poi Ruben portò alla madre le mandragole, ma Rachele chiese di averle lei e in cambio lasciò che Giacobbe si coricasse con Lia, la quale concepì un maschio che fu chiamato Issacar. In seguito ebbe Zabulon e poi la figlia Dina.
Infine Dio concesse dei figli anche a Rachele, il primo dei quali fu Giuseppe.
Poi Giacobbe fece notare a Labano quanto si fosse accresciuto il suo bestiame grazie alla benedizione di Dio e chiese a Labano il permesso di tornarsene dai suoi, ma dopo si accordò con lo zio di avere, come compenso del proprio servizio, gli agnelli chiazzati e brizzolati delle pecore oltre a quelli neri e tutte le capre brizzolate e macchiate.
In seguito, però, Giacobbe usò lo stratagemma di mettere dei rami verdi di pioppo, di mandorlo e di platano, li sbucciò a strisce bianche vicino ai truogoli e negli abbeveratoi - dove le pecore andavano a bere – sicché esse entravano in caldo e figliavano agnelli striati, brizzolati e chiazzati.
Però, non lo faceva con le pecore deboli che restavano a Labano. In questo modo Giacobbe si arricchì sempre più (Gn 30, 1-43).
In seguito egli sentì i figli di Labano che dicevano:
” Giacobbe si è preso tutto quello che è di nostro padre e si è fatta tutta questa roba.”
A sua volta, in sogno, Dio disse a Giacobbe di tornare alla casa dei suoi genitori. Allora lui mandò a chiamare le sue mogli affinché venissero alla campagna ed esse furono d'accordo con lui di lasciare il padre Labano.
In seguito, mentre il suocero tosava le pecore, Giacobbe caricò sui cammelli le mogli e i figli e condusse via tutto il bestiame e le sostanze che possedeva.
Solo il terzo giorno Labano seppe che Giacobbe era fuggito. Lo inseguì insieme ai suoi e lo raggiunse dopo sette giorni tra i monti del Galaad, ma Dio gli apparve in sogno e lo ammonì a non parlare né in bene né in male a Giacobbe.
Labano rimproverò il genero, di essere fuggito senza permettergli di salutare le sue figlie e i suoi nipoti, ma Giacobbe gli rispose: “Se Dio non fosse stato con me, tu - che mi hai cambiato i patti dieci volte - mi avresti rimandato a mani vuote, pur avendo io sofferto il caldo e il gelo e subìto io il danno delle bestie sbranate o rubate”.
Allora eressero un cippo con l'impegno di non oltrepassarlo per fare del male l'uno all'altro (Gn 31, 1-54).
·A tal punto Labano se ne tornò indietro con i suoi mentre Giacobbe proseguì il viaggio e vide una schiera di angeli.
Poi mandò davanti a sé dei messi ad Esaù per fargli sapere che era stato da Labano e che si era procurato molto bestiame per trovare grazia davanti a lui, ma i messi gli riferirono che Esaù gli stava venendo incontro con quattrocento uomini.
Allora ne fu angustiato e divise uomini e bestiame in due squadre affinché non venissero sterminate entrambe.
Poi pregò Dio di essere liberato dalle mani del fratello. Inoltre prese centinaia di capi di bestiame, li suddivise in parecchi gruppi e li mandò davanti a sé con dei servi affinché li dessero in dono ad Esaù per placarlo e solo dopo presentarsi a lui.
La notte lottò fino all'aurora contro un angelo che gli ordinò di chiamarsi Israele in futuro e lo benedisse (Gn 32, 1-33).
Israele, cioè Giacobbe, vide Esaù che gli veniva incontro con quattrocento uomini. Allora divise i figli tra Rachele, Lia e le due serve.
Mandò avanti le due serve coi loro figli, poi Lia con i figli e infine Rachele con Giuseppe, poi andò avanti per primo e si inchinò sette volte al fratello. Esaù gli corse incontro, l'abbracciò e baciò e piansero.
Israele insistette tanto che Esaù finì con l'accettare i suoi doni e col tornare verso Seir con i suoi uomini, mentre Israele si avviò nella direzione opposta, tornò nella Pianura di Haran, nella città di Sichem, e fabbricò una casa per la sua famiglia e capanne per il bestiame e chiamò quel luogo Succot, cioè Capanne.
Comprò quel posto dai figli di Hemor. Poi eresse un altare (Gn 33, 1-25).·Sichem, figlio di Hemor, vide Dina, la rapì e violentò, ma poi la fece chiedere in sposa a Israele.
I suoi figli finsero di accettarlo, a condizione che i Sichemiti si facessero circoncidere, ma il terzo giorno dopo la circoncisione due dei figli di Israele - Simeone e Levi - entrarono in quella città e uccisero tutti i maschi circoncisi, compreso Hemor e Sichem.
Gli altri figli di Israele piombarono su quella città e la saccheggiarono. Israele ne fu costernato e manifestò il timore che i popoli del luogo si sarebbero uniti contro di loro per sterminare la sua famiglia (Gn 34, 1-31).
Iddio disse a Israele di andare a Bet-El e di costruirgli un altare come quando fuggiva da Esaù. Allora Israele ordinò ai suoi di consegnargli tutti gli dei stranieri e gli anelli che portavano agli orecchi e li sotterrò vicino a una quercia prima di partire.
Un terrore divino si diffuse tra le altre città sicché nessuno inseguì la famiglia di Israele.
Inoltre Dio apparve a Israele, gli ordinò di nuovo di chiamarsi Israele e di moltiplicarsi, gli promise che da lui sarebbero usciti molti popoli e che essi avrebbero posseduto la Terra già promessa ad Abramo e ai suoi figli.
Ruben andò e giacque con Bala, concubina di suo padre.
In seguito Rachele ebbe un altro figlio che - dal padre - fu chiamato Beniamino. In tale occasione Rachele morì (Gn 35, 1-29).
Esaù ebbe tre mogli, due erano cananee e la terza era figlia di Ismaele. Egli, dopo la morte di Isacco, andò a stabilirsi nelle valli dei monti di Seir, lontano dal fratello Israele, perché il suo bestiame era tanto e la terra dove abitavano non era sufficiente per tutto il loro bestiame.
Tra i discendenti di Esaù si costituirono dei regni, mentre non vi era ancora la monarchia tra i figli di Israele (Gn 36, 1-43).
Giuseppe, figlio di Israele e di Rachele, faceva il pastore presso i figli delle serve Zelfa e Bala ed era il prediletto di suo padre. Ciò gli conquistò l'odio dei suoi fratelli.
Un giorno egli raccontò un sogno che aveva avuto: i covoni dei suoi fratelli si inchinavano al covone suo.
In un altro sogno il sole, la luna e undici stelle si inchiavano davanti a lui. Ciò indusse i fratelli di Giuseppe a odiarlo ancora di più.
Israele aveva mandato gli altri figli a pascolare il gregge in Sichem.
Poi incaricò Giuseppe di andare a vedere come stavano e di riferirglielo, ma quelli appena lo videro decisero di farlo morire, ma Ruben, figlio maggiore di Israele, li persuase a gettarlo piuttosto in un pozzo nella speranza di salvarlo.
In seguito, Giuda li dissuase dall'ucciderlo e lo vendettero a una carovana di Ismaeliti, che poi lo condussero in Egitto e lo vendettero a Putifar, capitano delle guardie del faraone.
Poi i fratelli insanguinarono la sua veste e la mostrarono a Israele, così egli fu indotto a pensare che qualche bestia lo avesse sbranato e pianse molto tempo suo figlio (Gn 37, 1-36).
Giuda si separò dai fratelli, sposò una cananea e ne ebbe tre figli, Er, Onan e Sela.
Il primo si sposò con Tamar, ma morì senza figli. Allora, in applicazione dell'usanza che poi diventò la legge del levirato, Giuda disse a Onan di dare lui una discendenza a Er, sposandone la vedova, ma Onan lo impediva spargendo il suo seme per terra quando si univa a Tamar. Morì anche lui.
Giuda temette che sarebbe morto anche Sela e invitò Tamar ad attendere che lui fosse cresciuto. In realtà la vedova si accorse che Sela era cresciuto, senza che la sposasse, perciò si finse una prostituta e si mise lungo la strada che Giuda stava percorrendo per vedere i suoi dipendenti che tosavano le pecore e le chiedesse di potersi accostare a lei, promettendole un capretto.
Ella pretese che gli lasciasse in pegno il sigillo, il cordone e il bastone. Concepì e poi riprese le vesti vedovili.
Dopo tre mesi, si disse a Giuda che Tamar aveva fornicato ed era rimasta incinta.
Pertanto lui decise che fosse bruciata, ma lei mandò a dire al suocero che lei aveva fornicato con l'uomo a cui appartenevano il sigillo, il cordone e il bastone.
Allora Giuda riconobbe che la donna era più giusta di lui (Gn, 38. 1-29).
In Egitto Putifar si avvide che tutto ciò che Giuseppe intraprendeva, prosperava poiché il Signore era con lui. Perciò, gli affidò il governo della sua casa e tutto quello che aveva.
La moglie di Putifar, però, si invaghì di Giuseppe che era formoso e di bell'aspetto. Ma lui la respinse e allora lei lo calunniò accusandolo di aver tentato di abusare di lei. Putifar si adirò con Giuseppe e lo mise nel carcere dove erano rinchiusi i carcerati del re (Gn 39, 1-23).
Il panettiere e il coppiere del re offesero il loro sovrano e furono rinchiusi nel medesimo carcere in cui stava Giuseppe.
Una mattina essi erano mesti, perché avevano avuto un sogno, ma nessuno sapeva spiegarlo loro.
Giuseppe si offrì di spiegare il sogno. Il coppiere aveva sognato una vite con tre tralci, la vite germogliava, produceva uva e dopo averla spremuta il coppiere aveva offerto il vino al re.
La spiegazione era che dopo tre giorni il coppiere sarebbe stato riammesso a servire il re.
Invece il panettiere aveva sognato di portare in testa tre canestri di paste fini e nel canestro più alto vi era ogni sorta di vivande, ma gli uccelli le mangiavano.
La spiegazione fu che dopo tre giorni il panettiere sarebbe stato impiccato (Gn 40, 1-23).
Due anni dopo il faraone sognò alcune vacche di bell'aspetto che uscivano dal Nilo, ma poi sognò sette vacche brutte e magre che divorarono le sette vacche grasse.
Si riaddormentò e sognò di vedere sette spighe belle uscite da un solo stelo, ma poi ne vide altre sette stentate e bruciate dal torrido vento orientale che ingoiarono le sette spighe piene. Nessun indovino o mago seppe spiegare al faraone il significato di suoi sogni.
Allora il coppiere si ricordò di quando era in prigione e di come si erano avverate le spiegazioni che un Ebreo aveva dato del suo sogno e di quello del panettiere.
Pertanto, fu subito chiamato Giuseppe, il quale disse che Dio stesso gli avrebbe fornito la giusta spiegazione per il bene del faraone.
Entrambi i sogni significavano la medesima cosa: le sette vacche grasse significavano sette anni di grande abbondanza in tutto l'Egitto, mentre le sette vacche magre significano sette anni di carestia.
Pertanto il faraone si doveva provvedere di un uomo accorto e saggio e metterlo a capo dell'Egitto a radunare il raccolto degli anni di abbondanza nei granai affinché il paese non fosse decimato dalla fame negli anni di carestia.
Sicché Giuseppe fu messo a capo dell'Egitto.
Nel frattempo Giuseppe si sposò con la figlia di Putifar, sacerdote di On, e ne ebbe due figli, Manasse ed Efraim. Finiti i sette anni di abbondanza, arrivarono i sette anni di carestia, non solo in Egitto ma anche nei paesi vicini e Giuseppe poté sfamare il popolo egiziano e vendere grano anche agli stranieri (Gn 41, 1-57).
Anche Israele mandò i suoi figli ad acquistare grano in Egitto. Dieci fratelli partirono insieme, lasciando solo Beniamino a casa perché il padre temeva che capitasse qualche sciagura anche a lui.
Giuseppe li riconobbe e finse di nulla, anzi li trattò aspramente dicendo che essi erano delle spie venute per scoprire i punti deboli dell'Egitto.
Essi risposero che erano venuti per acquistare grano e che erano dieci dei dodici figli del loro padre, perché uno di loro era morto e un altro era stato trattenuto dal padre per timore che gli venisse a mancare anche lui, ma Giuseppe li trattenne in carcere per tre giorni, poi decise che restasse in carcere uno solo di loro - Simeone - e che gli portassero l'altro fratello, a dimostrazione che essi dicevano la verità.
Essi allora si dicevano che stava capitando loro questa sventura per castigo di aver venduto il loro fratello pur vedendo l'angoscia dell'anima sua e Giuseppe si ritirò in un'altra stanza a piangere.
Tornati, poi, a casa scoprirono che in ogni sacco c'era il sacchetto col denaro. Rimasero impauriti e Israele non volle lasciar partire con loro Beniamino, malgrado che Ruben gli assicurasse che gliel'avrebbe riportato (Gn 42,1-38).
·La fame era grave nel paese e quando ebbero consumato quel grano che avevano portato dall'Egitto, Israele disse loro di andare a comprare altro grano portando indietro anche il denaro dell'acquisto precedente, ma dovette cedere riguardo a Beniamino perché Giuseppe aveva detto chiaramente che non avrebbero visto più la sua faccia se non avessero condotto con loro anche l'ultimo dei fratelli (Gn 43, 1-34).
Ora, essi volevano restituire il denaro con cui avevano pagato per la compera precedente, ma Giuseppe rispose che era stato il loro Dio a metterlo nei loro sacchi.
Questa volta Giuseppe fece mettere nel sacco di Beniamino anche la propria coppa d'argento per bere, poi li fece inseguire accusandoli di averla rubata ed essi risposero che quello di loro nel cui sacco si trovasse la coppa fosse messo a morte, ma Giuseppe disse che sarebbe stato suo schiavo.
Giuda, però, si offrì lui stesso come schiavo al posto di Beniamino (Gn 44, 1-34).
Finalmente Giuseppe disse ai suoi fratelli che lui era quel fratello che essi avevano venduto, ma che non se ne dolessero perché ciò era stato voluto da Dio affinché non morissero di fame.
Li invitò a condurre in Egitto anche il loro padre e promise loro la fertile terra di Gessen per loro e per il loro bestiame. Poi li abbracciò tutti a cominciare da Beniamino. Anche il faraone, saputo tutto ciò, li invitò a trasferirsi in Egitto.
Gli undici fratelli tornarono a Canaan e raccontarono tutto al padre ma egli rimase freddo perché non credeva alle loro parole, fino a quando non vide i carri che Giuseppe aveva mandato per prenderlo.
Allora disse: “Il figlio mio è ancora vivo! Voglio andare a vederlo prima di morire” (Gn 45, 1-28).
Dio parlò in visione di notte a Israele dicendogli di non avere paura e che i suoi discendenti sarebbero diventati un grande popolo.
Essi partirono in settanta per la regione di Gessen in Egitto perché gli Egiziani provavano orrore per i pastori di greggi. Giuseppe andò incontro al padre, gli si gettò al collo e pianse a lungo su di lui.
Israele disse che ora poteva morire contento perché sapeva che il figlio era vivo (Gn 46, 1-34(.
Il faraone accolse volentieri i familiari di Giuseppe lasciando loro la possibilità di allevare bestiame nella regione di Gessen e Giuseppe li provvide del vitto necessario per i bisogni delle loro famiglie.
Intanto la carestia si aggravava anche in Egitto e gli Egiziani ora non avevano più denaro per comprare il pane. Allora venderono a Giuseppe il loro bestiame.
L'anno dopo dovettero vendere a faraone i loro terreni e loro stessi diventando schiavi per poter avere ancora il pane.
Solo i sacerdoti non furono ridotti in schiavitù poiché essi avevano un'assegnazione dal re.
In cambio della vendita delle terre o della servitù ebbero anche il grano per seminarlo con l'obbligo di dare un quinto del raccolto al faraone e il resto rimaneva agli Egiziani, per le loro famiglie ed essi furono grati a Giuseppe di aver salvato loro la vita.
Dopo 17 anni di vita in Egitto Israele sentì che per lui era vicina la fine. Perciò fece giurare a Giuseppe che non l'avrebbe fatto seppellire in Egitto, ma vicino ai suoi genitori in Canaan (Gn 47, 1-31).
Giuseppe seppe che il padre era infermo e andò da lui con i suoi due figli, Manasse ed Efraim.
Israele li benedì, ma mise la mano destra sul secondogenito per intendere che Efraim sarebbe diventato un popolo più grande di quello di Manasse. E disse a Giuseppe che un giorno Dio avrebbe riportato il popolo israelita nella terra dei suoi padri (Gn 48, 1-22).
Poi Israele benedì i suoi figli, riprovando, però, la violenza di Simeone e di Levi e profetizzò il futuro glorioso di Giuda, da cui discenderà il Salvatore e benedisse in modo speciale Giuseppe.
Infine chiese di essere sepolto insieme ai suoi padri nella grotta di Ebron comprata da Abramo e spirò (Gn 49, 1-33).
Giuseppe pianse su di lui, poi lo fece imbalsamare. Passati i giorni del lutto, chiese al faraone il permesso di poter andare in Canaan a seppellire il padre.
Con lui andarono oltre i fratelli anche i servi del faraone e tutti gli anziani d'Egitto.
In seguito i fratelli chiesero a Giuseppe di perdonare il male che gli avevano fatto, ma lui rispose di non temere nulla poiché Dio aveva trasformato il male in un bene per salvare il suo popolo e che un giorno il Signore li avrebbe riportati nella terra promessa ai loro padri.
Infine si fece giurare che avrebbero trasportato via le sue ossa da lì (Gn 50, 1-26).
LIBRO DELL'ESODO
·Le donne ebree erano molto più fertili di quelle egiziane e così il popolo israelita divenne più numeroso e potente di quello egiziano e allora un altro faraone decise di far opprimere il popolo ebreo, ma più esso veniva oppresso e più si moltiplicava.
Allora gli Egiziani lo ridussero in schiavitù. Infine il faraone ordinò alle levatrici di uccidere tutti i bambini ebrei maschi ma esse disubbidirono al re. Si giustificavano dicendo che le donne ebree riuscivano a partorire prima che arrivassero loro.
Allora egli decise che tutti i bimbi ebrei maschi venissero gettati nel Nilo (Es 1, 1-22).
Il padre di uno di tali bambini lo fece cresce un po', poi spalmò una cesta di bitume e di pece, e dopo avervi messo il proprio figlio, la gettò nella giuncaia del Nilo, ma la figlia del faraone la vide e scoperto che v'era un bambino lo fece allattare, lo chiamò Mosè e lo trattò come un figlio suo (Es 2, 1-10).
Una volta diventato grande, Mosè dovette fuggire dall'Egitto e un giorno, sul monte Oreb, vide un roveto che bruciava senza consumarsi.
Il Signore gli apparve e gli disse: “Togliti i sandali dai piedi poiché questa terra è santa. Io sono Iddio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Ho veduto l'afflizione del popolo d'Israele e sono sceso per liberarlo dalle mani degli Egiziani e per dargli una terra che stilla latte e miele” (Es 3, 1-17).
Aggiunse di riferire queste cose agli anziani d'Israele, di presentarsi poi al re d'Egitto e di dirgli che il popolo ebreo è il figlio primogenito del Signore e che se non lo lascerà partire per servire il Signore, Iddio ucciderà il primogenito di Faraone (Es 4, 1-23).
Mosè esitava perché lui non era bravo nel parlare, ma il Signore gli disse di prendere con sé il fratello Aronne e di mostrare dei prodigi a Faraone.
Così Mosè e Aronne si presentarono a Faraone e gli dissero che il Signore voleva che il popolo ebreo gli celebrasse una festa nel deserto,
Tuttavia il re addirittura aggravò il lavoro degli Israeliti, ordinando loro di produrre il medesimo numero di mattoni, senza però dar loro la paglia necessaria per renderli più forti: sicché gli Ebrei dovevano anche andare nei campi a procurarsi le stoppie (Es 5, 1-23).
Poi, Mosè mostrò al re che un bastone si trasformava in un serpente. Anche i maghi d'Egitto vi riuscirono, ma il serpente di Mosè li mangiò.
LE PIAGHE D'EGITTO
Dopo, il Signore ordinò a Mosè di trasformare tutta l'acqua dell'Egitto in sangue per sette giorni, ma Faraone si ostinò a non lasciar partire gl'Israeliti.
Poi, ordinò a Mosè di far uscire le rane dal Nilo, sicché tutto l'Egitto - perfino il letto di Faraone - fu invaso dalle rane per una settimana (Es 7. 1-27).
In seguito fu la piaga delle zanzare, poi quella dei tafani (Es 8, 1-28).
Poi la piaga della mortalità del bestiame, la piaga delle ulcere sul corpo degli Egiziani e dei loro animali.
In seguito fu il turno della grandine, capace di uccidere gli uomini e gli animali che non si fossero messi in salvo (Es 9, 1-35).
L'ottava piaga furono le cavallette che divorarono tutto ciò che non era stato distrutto dalla grandine ed entrarono anche nelle case.
La nona piaga fu costituita dalle tenebre che avvolsero tutto l'Egitto, sicché nessuno poté muoversi per tre giorni, ma Faraone continuò a opporsi alla partenza degli Israeliti con il loro bestiame e anzi minacciò di morte Mosè se si fosse di nuovo presentato a lui (Es 10, 1-29).
Infine il Signore disse che ancora una piaga avrebbe fatto venire sopra Faraone e sull'Egitto, dopo la quale gli Israeliti non solo sarebbero lasciati partire ma addirittura verrebbero cacciati via.
Allora Mosè disse: “Così parla il Signore: sul far della mezzanotte io uscirò in mezzo all'Egitto, ogni primogenito morrà nel paese d'Egitto, dal primogenito di Faraone che siede sul trono al primogenito della schiava che attende alla macina, come pure ogni primogenito degli animali, ma tra i figli d'Israele neppure un cane abbaierà ad anima viva (Es 11, 1-7).
Il Signore parlò ancora a Mosè e ad Aronne e disse che quello sarebbe stato per il popolo d'Israele il primo mese dell'anno.
Nel decimo giorno di questo mese ogni capo famiglia doveva provvedersi di un agnello o di un capretto, senza difetti e di un anno, magari col vicino di casa se il numero dei componenti della famiglia non era sufficiente per consumarlo per intero e alla sera del quattordicesimo giorno doveva immolare, arrostire e mangiare l'agnello, comprese le interiora, in piedi e in fretta, con pani azzimi e lattughe selvatiche.
Col sangue dell'agnello si dovevano bagnare i due stipiti e il frontone della porta. Così i primogeniti di quella casa non sarebbero stati colpiti dalla morte.
Per sette giorni, inoltre dovevano mangiare solo pani azzimi, tutto ciò come legge perpetua.
A questo punto Dio passò verso la mezzanotte e fece morire tutti i primogeniti, salvo quelli che abitavano in case con lo stipite bagnato di sangue dell'agnello.
USCITA DALL'EGITTO E VIAGGIO SINO AL MONTE SINAI
Allora Faraone fece chiamare Mosè e Aronne, in quella stessa notte e disse: “Su levatevi, partite di mezzo al mio popolo, voi e i figli d'Israele; andate, sacrificate al Signore come avete detto; prendete i vostri greggi, i vostri armenti, come avete detto, andate e benedite anche me.”
Anche gli Egiziani sollecitavano il popolo israelita e non vedevano l'ora di mandarlo via dal paese. Ora i figli d'Israele eseguirono tutto secondo le parole di Mosè e avevano chiesto agli Egiziani oggetti d'argento e d'oro e vesti i quali gli avevano prestato ben volentieri quelle cose: e così spogliarono gli Egiziani.
I figli d'Israele partirono da Ramesse in numero di seicentomila uomini adulti a piedi, senza contare donne e bambini, dopo 430 anni. E cossero la pasta che avevano portata dall'Egitto, facendone delle schiacciate senza lievito.
Quella fu una notte di veglia per il Signore… questa medesima notte si dovrà fare veglia per il Signore dai figli d'Israele per tutte le loro generazioni.
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne che nessuno schiavo o straniero potrà partecipare alla Pasqua, salvo che ogni maschio della sua famiglia sia stato circonciso (Es 12, 1-51).
Dio ordinò di consacrargli ogni primogenito sia degli uomini, sia degli animali e di non mangiare nulla di fermentato per sette giorni e di fare festa il settimo giorno in ricordo di quando il Signore li aveva tratti dall'Egitto con potenza irresistibile.
Ordinò pure di riscattare ogni primogenito con un agnello.
Il Signore camminò davanti a loro di giorno in forma di nube e di notte in colonna di fuoco per far loro luce in mezzo al deserto affinché potessero camminare di giorno e di notte. (Gn 13, 1-22).
Faraone vide che i figli d'Israele si erano accampati al confine del deserto, si pentì di averli lasciati partire e pensò di inseguirli con cavalieri e carri.
Gl'Israeliti si spaventarono e gridarono se non c'erano abbastanza sepolcri in Egitto per condurli a morire nel deserto, ma Mosè rispose loro di non avere timore: il Signore avrebbe combattuto per loro e non avrebbero più rivisto quegli Egiziani.
Poi alzò il bastone, divise il mare con un vento potente e invitò gli Ebrei ad attraversarlo sull'asciutto.
Gli Egiziani scesero anche loro nel mare ma la nube di Signore si portò dietro agli Ebrei e fu luce per loro, mentre era buio per gli Egiziani che poterono avanzare a fatica. Inoltre la mattina dopo il Signore frenò le ruote dei loro carri.
Appena gli Ebrei ebbero attraversato il mare, il Signore ordinò a Mosè di stendere la sua mano affinché le acque si rovesciassero sugli Egiziani.
Così nessuno di loro scampò alla morte e il popolo israelita temette il Signore e credette a lui e a Mosè, suo servo (Gn 14, 1-31).
Allora Mosè, con i figli d'Israele, sciolse un cantico al Signore poiché in modo grandioso si era glorificato, travolgendo nel mare cavalli e cavalieri (Gn 15, 1-21).
VIAGGIO NEL DESERTO
Tutta la comunità dei figli d'Israele mormorò contro Mosè e Aronne che li avevano portati a morire nel deserto, mentre in Egitto sedevano davanti alle pentole di carne e mangiavano pane a sazietà.
Allora il Signore promise che avrebbe mandato loro quaglie la sera e manna la mattina, la quale aveva sapore di focaccia fatta col miele. La sera stessa vennero tante quaglie da coprire l'accampamento.
La mattina dopo videro uno strato di rugiada e quando esso si sciolse, rimase sul terreno qualcosa di minuto. Essa cadeva i primi sei giorni della settimana, non il sabato. Però quella del venerdì bastava anche per il sabato.
C'era l'ordine di raccoglierne un gomor a testa, e di non conservarla per il giorno dopo. Infatti chi la conservava la trovava con i vermi e imputridita. Però il venerdì ne dovevano raccogliere due gomor e quella si conservava fino alla mattina seguente.
(I figli d'Israele si cibarono di manna per quarant'anni finché non furono giunti ai confini della terra di Canaan (Gn 16, 1-36)).
In seguito i figli d'Israele si trasferirono a Rafidim eseguendo l'ordine del Signore, un luogo in cui non c'era acqua da bere. Allora essi mormorarono contro Mosè dicendogli: “Perché ci hai condotto fuori dall'Egitto per far morire noi e il nostro bestiame di sete e di fame? “
Allora su ordine di Dio, Mosè percosse la roccia con la verga con cui aveva percosso il Nilo e ne uscì acqua con cui il popolo poté dissetarsi e dissetare anche il suo bestiame. Quel luogo fu chiamato Massa e Meriba perché il popolo aveva detto: “C'è o non c'è o non c'è in mezzo a noi il Signore?”
Gli Amaleciti mossero guerra contro Israele a Rafidim. Mosè, allora, incaricò Giosuè di scegliere uomini preparati al combattimento mentre lui stesso, insieme ad Aronne e a Hur, sarebbe andato sul monte con la verga in mano a pregare Dio.
Quando lui teneva le braccia alzate, vincevano gli Israeliti, mentre quando - per la stanchezza - le abbassava vincevano gli Amaleciti. Pertanto, Aronne e Hur fecero sedere Mosè su un masso e loro gli tenevano le mani alzate.
Così Giosuè poté sconfiggere gli Amaleciti, passandoli a fil di spada. Allora Mosè costruì un altare al quale pose nome: “Jhavè è il mio vessillo.”
Mosè fu visitato da suo suocero Jetro e gli raccontò tutto quello che il Signore aveva fatto per gli Israeliti.
Il giorno dopo Jetro gli consigliò di istituire dei giudici – scegliendo uomini capaci, timorati di Dio, leali e disdegnosi di lucro - affinché non fosse assillato tutto il giorno dal popolo per la decisione delle cause, riservando a sé solo quelle più importanti (Es 18, 1-27).
PROMULGAZIONE DELLA LEGGE E ORGANIZZAZIONE DEL CULTO
Il Signore disse a Mosè di riferire al popolo che se esso ascolterà la sua voce, sarà la sua nazione santa per tutti i secoli; che Lui gli si sarebbe manifestato in nube caliginosa e che il popolo lavasse i propri vestiti e non si accostasse a donna, che nessuno salisse sul monte, altrimenti doveva essere ucciso con le pietre o le saette, salvo il terzo giorno dopo che fosse suonato il corno.
Il terzo giorno sul far del mattino incominciarono tuoni e lampi, una densa nube copriva il monte e si udì un suono di tromba fortissimo. Tutto il popolo tremava. Mosè parlava e Dio gli rispondeva con un tuono (Es 19, 1-25).
I dieci comandamenti, detti Decalogo
Dio pronunziò tutte queste parole dicendo:
“Io sono il Signore Iddio tuo, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù.
Non avrai altro Dio fuori che me. Non ti fare nessuna scultura, né pittura, né immagini delle cose che sono in cielo, sulla terra o sottoterra. Non adorar tali cose, né servir loro.
Non nominare il nome del Signore, Iddio tuo, invano.
Ricordati del giorno di riposo, per santificarlo. … Il settimo giorno non fare alcun lavoro, né tuo figlio, il tuo servo, il tuo bestiame.
Onora tuo padre e tua madre.
Non uccidere.
Non commettere adulterio.
Non rubare.
Non dir falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desiderare la casa del tuo prossimo, né la donna del tuo prossimo, né il suo servo, né il suo bue e nessuna cosa del tuo prossimo.”
E tutto il popolo avvertiva i tuoni e i lampi e il suono della tromba e mirava il monte fumante e a tal vista tremava, né ardiva accostarsi. E disse a Mosè: “Parla tu a noi e noi ti ascolteremo ma non ci parli Iddio, perché non si debba morire.”
Mosè rispose loro: “Non temete. Iddio vuole che il suo timore vi sia sempre davanti agli occhi affinché non pecchiate.” E il popolo se ne stette lontano, mentre Mosè si accostò alla caligine, nella quale era Iddio (Es 20, 1-20).”
Poi Dio disse a Mosè:
“Riferisci ai figli d'Israele. Io vi ho parlato dal cielo. Non fatevi dèi d'argento, né d'oro.”
“Fai un altare di terra, non con pietre scalpellate, sul quale offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici al quale salirai, non per gradini affinché non si scopra la tua nudità. “
Altri comandi per il popolo israelita:
Se compri un servo ebreo, egli ti serva per sei anni, poi se ne andrà libero il settimo anno senza pagare nulla. Se è venuto, solo se ne andrà solo, se con la moglie se ne andrà con la moglie.
Se uno percuote un uomo da farlo morire sia messo a morte, ma se non l'ha fatto apposta, io ti stabilirò un posto dove si possa rifugiare.
Chi rapisce una persona sia messo a morte. Chi percuote un uomo e lo rende invalido, lo indennizzi e lo curi finché non sarà guarito.
Se il ladro di notte era colto nell'atto di scassinare ed era percosso e moriva, non vi era delitto di sangue.
Il ladro doveva indennizzare completamente. Se non aveva di che indennizzare, fosse venduto per il suo furto. Se aveva rubato un animale ed esso gli era trovato vivo in mano, restituisse il doppio.
Se uno danneggiava la vigna di un altro mandandoci le bestie a pascolare, ne risarcisse il danno col meglio della sua vigna. (Ma vi sono molte altre regole, alcune riguardanti le cose materiali, altre no.
Ad esempio, nel caso della seduzione di una fanciulla non fidanzata giacendo con lei, le doveva pagare la dote e sposarsela ma se il padre di lei non voleva dargliela, le doveva pagare la dote.
Si doveva mettere a morte la maliarda, chi giaceva con una bestia o sacrificava ad altri dèi.
Non si dovevano spargere voci false, né testimoniare il falso, nemmeno per seguire i molti o a favore del povero.
Chi incontrava il bove o l'asino del suo nemico, doveva ricondurlo a lui.
Se vedeva l'asino del suo nemico cadere sotto il suo peso, non doveva starsene a guardare ma aiutarlo insieme a lui.
Poi la bibbia parla del Tempio e dei riti sacri.
LIBRO DEL LEVITICO
Il libro del Levitico parla anzitutto del rituale del sacrificio, relativo alle offerte a Dio, dei sacrifici pacifici, dei sacrifici espiatori per il peccato:
a) del gran sacerdote,
b) della comunità d'Israele,
c) d'un capo,
d) d'un uomo del popolo
Parla anche del modo di espiare in alcuni casi speciali (non dicendo ciò che si è visto con giuramento, o si era toccato qualcosa d'impuro), il rito per l'olocausto, l'oblazione dei privati o quella per la consacrazione dei sacerdoti, il sacrificio espiatorio per il peccato, il sacrificio di riparazione, i sacrifici pacifici (fatti per ringraziamento al Signore o per l'investitura dei suoi sacerdoti), come ordinare sacerdoti Aronne e i suoi figli, i loro diritti sulle offerte e i loro doveri.
Nadab e Abiu, due dei quattro figli di Aronne, presero ciascuno il proprio incensiere, ci misero del fuoco e vi gettarono sopra l'incenso; poi presentarono davanti al Signore tale fuoco profano: cosa che Egli non aveva ordinato.
Allora dalla presenza del Signore uscì un fuoco, che li investì e morirono. Poi Mosè comandò ai figli dello zio di Aronne di portare i loro corpi lontano dal campo e disse al loro padre e ai loro fratelli di non scarmigliarsi i capelli e di non stracciarsi le vesti affinché non morissero anche loro e il Signore non si adirasse contro la comunità d'Israele, ma facessero lutto sugli arsi vivi e non si allontanassero dal Tabernacolo di convegno, altrimenti sarebbero morti.
Il Signore disse ad Aronne di non bere vino o liquore inebriante, né lui né i suoi figli, affinché non morissero e sapessero distinguere il sacro dal profano e insegnare al popolo d'Israele tutti i precetti dati loro dal Signore per mezzo di Mosè.
Inoltre dovevano mangiare la parte rimasta dall'oblazione, senza lievito vicino all'altare perché era cosa santissima.
Poi il Signore stabilì quali animali erano da considerare puri e quindi da mangiare: quelli che avevano l'unghia fessa e ruminavano.
Tra i pesci si dovevano considerare puri quelli che avevano le scaglie e le pinne.
Erano da considerare impuri anche molti uccelli, tra cui l'aquila, il gufo, la civetta, quelli che camminano sulle piante dei piedi (cani, gatti, orsi). Tra gl'insetti, potevano essere mangiati acridi e grilli, locuste e cavallette.
Si dovevano considerare impuri gli animali che corrono rasente al suolo o che strisciano sulla terra.
Dopo il parto la donna si doveva considerare impura per quaranta giorni. Non doveva toccare alcun oggetto sacro, né andare al Santuario.
L'uomo era da considerare impuro quando aveva uno scolo nella sua carne, sia che esso uscisse, sia che venisse trattenuto ed era da considerare impuro il letto in cui giaceva o ogni oggetto su cui sedeva.
Anche chi toccava tale letto o l'oggetto su cui si era seduto quell'uomo era da considerare impuro fino alla sera.
Era da considerare impuro l'uomo che giaceva con una donna impura.
Dio comunicò le norme da rispettare per l'immolazione degli animali destinati ai sacrifici.
Erano stabilite norme anche per le persone da considerare lebbrose – quelle con un tumore, una pustola o macchia scura - e quindi impure, finché le macchie non ridiventavano interamente bianche.
Gli animali che si volevano immolare al Signore dovevano essere portati al sacerdote: chi lo faceva da sé, fosse pure uno straniero in mezzo agli Israeliti, doveva essere reciso dal popolo d'Israele, a volte con la morte.
Riguardo al matrimonio Dio stabilì che nessuno si accostasse a una sua prossima parente, ancora meno alla donna del padre o alla sorella o sorellastra o a una nipote o alla zia.
Ammonì che:
·di tali misfatti si erano contaminati i popoli che lui aveva scacciato davanti agli Israeliti;
·ognuno avesse rispetto per suo padre e sua madre,
·osservassero i sabati;
·consumassero entro due giorni le carni offerte in sacrificio pacifico;
·nel raccogliere il grano, non mietessero fino agli estremi del campo e non raccattassero le spighe rimaste dopo la mietitura e non raccogliessero i frutti caduti sul terreno, ma le lasciassero al povero e al forestiero;
·non rubassero, non mentissero e non frodassero, non giurassero il falso in nome di Dio;
·non opprimessero né spogliassero il povero e pagassero la sera stessa l'operaio;
·non ingiuriassero il sordo né ponessero inciampi davanti al cieco;
non commettessero ingiustizie nel giudicare, non avessero preferenze per il ricco e per il grande;
·non diffamassero e non portassero false accuse contro il prossimo; non odiassero in cuor proprio il fratello ma correggessero francamente il prossimo;
·non si vendicassero e non serbassero rancore,
·non maltrattassero il forestiero in mezzo a loro;
·lapidassero chi sacrificava i suoi bambini al dio Moloc; o lapidassero entrambi se uno commetteva adulterio:
·a) con una donna sposata;
·b) o con la madre;
·c) o con la nuora;
·d) o chi giaceva con un uomo come si fa con una donna.
·e) chi prendeva in moglie sia la madre che la figlia (costoro dovevano essere messi nel fuoco); chi si congiungeva con sua sorella o la sorellastra o con la zia.
·f) chi si congiungeva con un animale.
·g) chi si congiungeva con una donna quando aveva i suoi flussi;
·h) faceva l'indovino o praticava la magia o evocava i morti.
·Che mettessero a morte chi malediceva il padre o la madre.
I discendenti di Aronne portatori di difetti fisici (guerci, zoppi, mutilati, portatori di escrescenze, storpi ai piedi o alle mani, gobbi, nani, affetti da albugine, scabbia, erpete, ernia) non dovevano essere ammessi al sacerdozio, però potevano mangiare il pane del loro Dio.
Inoltre essi non dovevano essere affetti da impurità. Se avevano lebbra o scolo non potevano mangiare le cose sacre. Se avevano toccato cose impure erano impuri fino alla sera. Neanche i servi del sacerdote potevano mangiarle.
Gli animali sacrificati non dovevano avere difetti.
Il sabato doveva essere giorno di riposo e di sacra adunanza.
Chi aveva bestemmiato Dio doveva essere lapidato da tutta l'assemblea.
Ogni sette anni la terra doveva essere lasciata a riposo in onore del Signore. Si chiamava anno sabbatico. Ciò che la terra produceva spontaneamente doveva essere di cibo per gli uomini e per gli animali.
Ogni cinquant'anni si doveva festeggiare anche l'anno giubilare. Allora ognuno doveva tornare in possesso delle sue terre senza pagare nulla - poiché la terra era del Signore e ne faceva quello che voleva.
Chi voleva, poteva riscattare il terreno in proporzione agli anni che mancavano al prossimo giubileo.
Allo stesso modo ciascun israelita servo o schiavo poteva ritornare nella sua famiglia, senza pagare nulla, altrimenti poteva riscattarsi o essere riscattato da un altro con un prezzo proporzionale agli anni che mancavano al giubileo.
Il Signore prometteva che quello che precedeva l'anno sabbatico o quello giubilare sarebbe stato molto produttivo così da nutrire la popolazione e gli animali anche negli anni in cui i terreni e le vigne non venivano coltivati, anzi finché non arrivava il nuovo raccolto della semina successiva.
Il Signore stabilì che le terre non si vendessero per sempre, ma fino al prossimo giubileo. In quell'anno esse tornavano al vecchio proprietario.
Invece le case che si trovavano dentro le città cinte da mura, potevano essere vendute per sempre, fosse pure con la possibilità del venditore di riscattarle entro un anno.
Al contrario le case campagna o dentro villaggi si vendevano insieme ai terreni ed erano riscattabili anche dopo il primo anno.
Le case delle città dei leviti erano riscattabili anche dopo il primo anno.
Se un ebreo si indebitava con un altro ebreo ma non aveva i mezzi per pagare il debito, doveva essere accolto come inquilino o ospite.
Non gli si doveva esigere un interesse, né fornirgli il vitto con usura, né imporgli un lavoro da schiavo, ma da domestico o avventizio fino all'anno del giubileo, nel quale aveva il diritto di andarsene con la moglie e i figli e di rientrare in possesso dei suoi beni paterni.
Se era un forestiero – che abitava presso un ebreo – ad avere un debitore che si era venduto a lui, questi aveva il diritto di essere riscattato ad opera di un suo stretto parente o di pagare personalmente un riscatto in proporzione agli anni mancanti al giubileo.
Le sue giornate di lavoro dovevano essere pagate come quelle di un mercenario (Lv capitoli 1-25).
Disse il Signore:
·Se camminerete secondo le mie leggi e osserverete i miei comandamenti e li metterete in pratica, io vi darò le piogge nelle giuste stagioni, la terra produrrà le sue messi e gli alberi dei campi daranno i loro frutti.
·La trebbiatura durerà fino alla vendemmia e la vendemmia fino alla semina; mangerete pane a sazietà e abiterete tranquilli le vostre terre.
Vi sarà pace nel paese e dormirete senza che nessuno vi spaventi; farò sparire le bestie nocive dal paese e spada nemica non passerà per le vostre contrade.
·Inseguirete i vostri nemici e periranno di spada davanti a voi. Cinque di voi ne inseguiranno cento e cento di voi ne metteranno in fuga diecimila…
·Ma se voi non mi obbedite, e non praticate tutti questi miei comandamenti e rompete il mio patto, anch'io farò altrettanto con voi.
·Vi assoggetterò allo spavento, alla tisi e alla febbre. Invano seminerete la vostra semente, perché se la mangeranno i vostri nemici.
·Volgerò la mia faccia contro di voi e sarete sconfitti dai vostri nemici. La vostra forza si consumerà invano perché la vostra terra non darà la messe e gli alberi i loro frutti.
·E se vi ostinerete contro di me, anch'io mi ostinerò contro di voi e vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati…” (Lv 26, 2-28).
Se un Israelita aveva fatto un voto al Signore, riguardante una persona, poteva riscattarla pagando cinquanta sicli se era un uomo dai 20 ai 60 anni e trenta se era una donna, doveva riscattarla con somme inferiori per età inferiori a venti anni o per età superiori.
Se il voto riguardava un animale - salvo i primi nati – o le cose consacrate al Signore si poteva pagare un riscatto secondo la stima fatta dal sacerdote, con l'aggiunta di un quinto. Anche una casa consacrata al Signore poteva essere riscattata allo stesso modo.
Se si consacrava un campo, il sacerdote doveva ridurre la stima tenendo conto degli anni trascorsi dal precedente giubileo.
Se invece si erano votati all'anatema animali o cose, esse erano sacre al Signore e non si potevano riscattare.
Al contrario, se si trattava di persone, esse dovevano essere uccise (Nota: ciò riguardava i nemici di Israele votati allo sterminio, affinché non inducessero gli Israeliti all'idolatria) (Lv 27,1,29).
LIBRO DEI NUMERI
Nel secondo anno della vita nel deserto del Sinai, Dio ordinò a Mosè di fare il computo dei figli d'Israele, casato per casato, contando i figli maschi dai vent'anni in su, cioè tutti quelli che potevano andare alla guerra. Erano 603.550.
Secondo l'ordine del Signore, i Leviti non furono conteggiati. A loro era affidato il compito di curare il Tabernacolo della Testimonianza, i suoi arredi e ciò che lo riguardava, di accamparsi intorno al Tabernacolo, di smontarlo quando il popolo doveva partire e di rimontarlo quando doveva accamparsi.
Se qualche estraneo si avvicinava ad esso doveva essere messo a morte. Al contrario, i figli d'Israele dovevano attendarsi ciascuno nel proprio campo.
Aronne aveva quattro figli. Essi furono unti sacerdoti ma due di loro morirono davanti al Signore per avergli offerto fuoco profano, sicché rimasero solo Eleazaro e Itamar sotto il controllo di Aronne.
Poi il Signore ordinò a Mosè di fare il censimento per casato e famiglia di tutti i leviti maschi a cominciare dall'età di un mese in su. Erano 6.200.
Da allora in poi i leviti dovevano prendere il posto di tutti i primogeniti dei figli d'Israele come sacri al Signore.
LEGGI DIVERSE
In seguito il Signore ordinò:
·che fossero mandati via dal campo tutti i lebbrosi, i malati di gonorrea e i contaminati per contatto con un morto, sia i maschi che le femmine.
·Che qualunque atto d'ingiustizia un uomo o una donna avesse commesso, confessasse la sua colpa e risarcisse il danno causato aggiungendo un quinto al valore e lo desse al danneggiato.
Se non v'era parente prossimo a cui risarcire il danno, l'indennità sarà per il Signore, ossia per il sacerdote, oltre al montone per l'espiazione. Infine, le cose che uno avesse consacrato sarebbe stato del sacerdote.
·che se una donna si fosse sviata dal marito e un altro uomo si fosse giaciuto con lei ma non ci fossero testimoni o un uomo avesse sospetti di gelosia contro la moglie, si conducesse la donna davanti al sacerdote, le si facesse giurare - con giuramento di maledizione - di non essersi sviata dal marito e le si facesse bere un'acqua amara di maledizione.
Se la donna non si fosse sviata quell'acqua non le avrebbe fatto male, altrimenti le si sarebbe avvizzito il sesso, e le si sarebbe gonfiato il ventre.
·chi avesse fatto un voto di nazireato – anche se temporaneo - doveva astenersi dal bere vino e bevande fermentate, aceto, bevande inebrianti, succo d'uva, uva o bucce d'uva. In tutto il tempo del nazireato non doveva passare il rasoio sul suo capo e non doveva andare dove vi fosse un morto, fosse pure suo padre o sua madre.
Alla fine del voto doveva presentare un'offerta al Signore.
Nella benedizione il sacerdote doveva dire:
“Ti benedica il Signore e ti protegga.
Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto e ti dia la pace.
Rivolga il Signore a te la sua faccia e ti dia la pace.”
Poi, Mosè mandò degli esploratori nella terra di Canaan a vedere come era il paese, a osservare se il popolo era forte e numeroso, se le città erano fortificate o degli accampamenti, se il suolo era fertile o arido e per riportarne i frutti.
Essi tornarono dopo quaranta giorni con un enorme grappolo d'uva e con i fichi e riferirono che in esso scorreva latte e miele. Però aggiunsero che il popolo era forte e le città erano fortificate e grandi, vi erano anche i discendenti del gigante Anac e che in confronto a loro si sentivano delle locuste.
Caleb e Giosuè, invece, dissero che il popolo d'Israele li avrebbe senz'altro sconfitti, poiché Dio era con lui.
Tuttavia, gli Israeliti piansero tutta la notte e si proposero di nominare un capo che li riconducesse in Egitto.
Allora il Signore si indignò e disse a Mosè che avrebbe fatto di lui una nazione più grande e avrebbe sterminato il popolo israelita. Mosè, però, intercedé per gli Israeliti e Dio li perdonò ma decretò che nessuno di loro dai vent'anni in su - salvo Caleb e Giosuè - sarebbe entrato nella terra promessa, avrebbero pasturato per quarant'anni nel deserto e sarebbero morti in esso.
Un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato fu portato davanti a Mosè, ad Aronne e a tutta l'assemblea e fu lapidato secondo l'ordine del Signore.
In seguito, Iddio ordinò di mettere dei fiocchi con un cordone violaceo agli angoli dei mantelli per ricordare alle persone i dieci comandamenti.
Core, discendente di Levi, tre discendenti di Ruben e duecento cinquanta Israeliti fra i principali della comunità si adunarono contro Mosè affermando che tutta la comunità era consacrata e il Signore era in mezzo a loro.
Allora Mosè disse che, la mattina dopo, il Signore avrebbe fatto conoscere chi avrà consacrato.
Ordinò a loro e ad Aronne di mettere l'incenso negli incensieri davanti al Tabernacolo di convegno e la gloria del Signore apparve a tutta la moltitudine.
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne dicendo: “State lontani da questa moltitudine ribelle e Io li consumerò in un attimo.”
Infatti, la terra si aprì e inghiottì loro e le loro famiglie e un fuoco consumò i duecento cinquanta uomini che avevano offerto l'incenso.
I loro incensieri furono ridotti in piastre con cui rivestire l'altare e ricordare che nessun laico estraneo alla stirpe di Aronne doveva accostarsi a bruciare l'incenso davanti al Signore per non fare la fine di quei ribelli.
Il giorno dopo, i figli d'Israele accusarono Mosè e Aronne di aver fatto morire una moltitudine di persone, ma apparve di nuovo la gloria del Signore che disse a Mosè di allontanarsi da quella gente e Lui li avrebbe consumati in un attimo.
Ne morirono quattordicimila e settecento. Nel frattempo Aronne portando il turibolo si era interposto tra i morti e i vivi e il castigo cessò.
Poi il Signore ordinò ad Aronne di farsi dare una verga da ogni capo tribù e di scrivere il nome Aronne sulla verga di Levi e di far riporre le dodici verghe da Mosè nel Tabernacolo della Testimonianza.
L'uomo la cui verga sarebbe germogliata avrebbe indicato chi era quello da Lui eletto. Il giorno dopo Mosè scoprì che la verga di Aronne era quella che aveva messo dei fiori e anche maturato delle mandorle e la mostrò a tutto il popolo.
Il Signore comandò che quella verga fosse riportata davanti alla Testimonianza affinché facesse cessare i mormorii degli Israeliti ed essi non morissero.
Poi il Signore stabilì che le cose offerte al Signore in sacrificio o espiazione dagli Israeliti sarebbero appartenute al sacerdote e ai suoi figli maschi e dovevano essere mangiate nel luogo più sacro.
Ciò che veniva prelevato sulle offerte, sui doni e sulle primizie apparteneva anche alle figlie. Potevano essere mangiate da chiunque di loro purché fosse puro.
Al contrario, ai leviti dovevano andare tutte le decime in compenso del loro servizio. Poi essi dovevano offrire al Signore la decima e migliore parte di quello che avevano ricevuto e darla ad Aronne. In tal modo non peccavano e non erano puniti con la morte.
Dio volle che si scannasse e bruciasse una giovenca davanti al Tabernacolo di convegno e con le sue ceneri si dovesse preparare l'acqua lustrale.
Chi avesse toccato un cadavere, era impuro per sette giorni e doveva purificarsi con tale acqua il terzo e il settimo giorno, altrimenti avrebbe contaminato il Tabernacolo del Signore e doveva essere reciso da Israele.
In seguito venne a mancare l'acqua alla comunità e il popolo accusò Mosè e Aronne di averlo portato - insieme al bestiame - a morire nel deserto, dove non c'erano fichi, viti, melagrane e nemmeno l'acqua da bere.
Mosè e Aronne si prostrarono all'ingresso del Tabernacolo e la gloria del Signore apparve loro.
Lui ordinò di prendere la verga, adunare la comunità e dire alla rupe di dare la sua acqua, ma Mosè disse: “Ascoltate o ribelli, vi faremo noi uscire l'acqua da questa rupe?” e la percosse con la verga due volte. E ne uscì tanta acqua da dissetare tutta la comunità e il suo bestiame.
Pertanto, il Signore disse a Mosè e Aronne che, poiché avevano mancato di fede in lui, non sarebbero stati loro a condurre il popolo nella Terra Promessa.
Presto, infatti, Mosè fu incaricato di condurre il fratello Aronne e suo figlio Eleazaro sulla montagna, di spogliare Aronne dei suoi paramenti e di farli indossare ad Eleazaro.
Così Aronne morì sulla montagna. Quelle acque uscite dalla roccia furono chiamate le acque di Meriba, perché gli Israeliti avevano conteso col Signore.
Dopo, Dio ordinò a Mosè di farsi portare una giovenca rossa, perfetta e che non avesse mai portato il giogo, consegnarla a Eleazaro affinché la facesse scannare e poi bruciare.
Con la sua cenere e l'acqua si doveva preparare l'acqua lustrale da usare per le purificazioni.
Chi aveva toccato un morto o era stato nella sua tenda doveva essere considerato impuro per sette giorni e doveva purificarsi con l'acqua lustrale il terzo e il settimo giorno (Cap.19, 10-22).
Chi non l'avesse fatto doveva essere escluso dall'assemblea. E chi toccava l'impuro diventava impuro anche lui fino alla sera.
In seguito gli Israeliti chiesero il permesso di attraversare il territorio di Edom, ma fu loro negato.
Allora dovettero fare un lungo viaggio, si stancarono e mormorarono di nuovo contro Iddio e contro Mosè.
Dio li punì mandando loro dei serpenti che li mordevano e molti morirono. Essi riconobbero il loro peccato e Mosè fu incaricato dal Signore di fare un serpente di bronzo e di collocarlo sopra un'antenna, affinché chi veniva morso potesse guardarlo e restare in vita.
Altri re si opposero al passaggio degli Israeliti e furono sterminati insieme ai loro popoli.
Pertanto, il re di Moab, spaventato, chiese al (falso) profeta Balaam di maledire Israele, ma ciò gli fu impedito dal Signore, anzi dovette benedirlo.
NUOVE DISPOSIZIONI
Gl'Israeliti si stabilirono a Settim a est del Giordano e cominciarono a fornicare con le figlie di Moab, furono invitati ai sacrifici offerti ai loro dei e si prostrarono davanti ad essi.
Dio si adirò e ordinò a Mosè di impiccare i responsabili. Un Israelita stava conducendo una donna madianita ai suoi fratelli, ma Finees, nipote di Aronne lo vide, prese una lancia e uccise lui e la donna.
Ciò placò il Signore che promise il sacerdozio in eterno a Finees. Tuttavia già erano morti 24.000 uomini.
Poi il Signore ordinò a Mosè e ad Eleazaro di fare il censimento di tutta la comunità d'Israele secondo le loro casate, escludendo i leviti, dai venti anni in su che potevano andare alla guerra. Risultarono 601.730, oltre i leviti maschi dall'età di un mese in su che erano 23.000.
Dopo il Signore ordinò di dividere il paese in possesso ereditario in proporzione al numero delle persone, ma tirando a sorte.
Fece contemplare a Mosè dall'alto di un monte la terra destinata ai figli d'Israele e gli disse di prendere Giosuè figlio di Nun, su cui era lo Spirito, e di posare la mano sopra di lui, poi di portarlo davanti al sacerdote Eleazaro e a tutta l'assemblea, affinché tutta la comunità gli obbedisse.
Poi il sacerdote doveva consultare l'oracolo degli Urim davanti al Signore.
Se uno faceva un voto al Signore o si obbligava con giuramento a fare qualche cosa, non venisse meno alla sua parola, ma se una giovane faceva un voto e il padre, venendone a conoscenza, si opponeva il giorno stesso, allora il voto non era più valido.
Allo stesso modo, se la giovane si sposava dopo aver fatto un voto, il marito poteva opporsi e annullarlo entro un giorno dal momento in cui ne veniva a conoscenza, senza che né lui né la donna commettessero peccato.
Lo stesso avveniva se il voto era stato fatto dopo le nozze.
Se invece lo annullava tempo dopo, allora era lui a peccare per la violazione del voto.
Al contrario, se la vedova o la ripudiata facevano un voto, esso rimaneva valido.
Poi il Signore ordinò a Mosè di fare la vendetta dei figli d'Israele contro i Madianiti. Essi uccisero tutti i maschi ma lasciarono in vita le donne e i bambini.
Mosè li rimproverò perché erano state le donne, su suggerimento di Balaam, a sedurre i figli d'Israele.
Pertanto ordinò loro di uccidere anche le donne - salvo le vergini - e i bambini e, poi, di accamparsi per sette giorni e di purificarsi.
In seguito, secondo l'ordine del Signore, Mosè ed Eleazaro divisero il bottino metà ai combattenti e l'altra metà a tutta la comunità.
Sulla parte dei primi fu prelevato l'uno per cinquecento per darlo al sacerdote Eleazaro mentre sulla parte della comunità si prelevò l'uno per cinquanta per darla ai leviti.
A loro volta, i capi di migliaia e i capi di centinaia - di loro iniziativa - offrirono al Signore la loro parte del bottino costituita da oggetti in oro perché non avevano perduto neanche un uomo di quelli loro affidati.
I discendenti di Ruben e di Gad avevano bestiame in grande numero.
Pertanto, chiesero a Mosè di potersi fermare a est del Giordano poiché là v'erano terreni adeguati, ma Mosè ricordò loro che il Signore si era adirato con Israele poiché gli esploratori dopo aver visitato Canaan lo avevano scoraggiato e così fu condannato a restare 40 anni nel deserto, ma i Rubeniti e i Gaditi rassicurarono Mosè che essi avrebbero aiutato le altre tribù a conquistare la terra promessa e solo dopo sarebbero tornati oltre il Giordano.
A queste condizioni Mosè li accontentò.
Poi, il Signore ordinò a Mosè di riferire al popolo che una volta passato il Giordano dovevano cacciare via da Canaan tutti gli abitanti del luogo, distruggere i loro simulacri e le loro statue di getto e abbattere tutti i loro alti luoghi, poi dovevano dividere il territorio a sorte per famiglia dando a quelle più numerose un possesso maggiore, avvertendoli che se non avessero cacciato tutti gli abitanti del luogo essi sarebbero stati loro d'inciampo e Lui stesso li avrebbe trattati come aveva stabilito di trattare i loro nemici (Nm 33, 50-56).
Eleazaro e Giosuè, insieme a un capo di ciascuna tribù d'Israele, dovevano essere gl'incaricati della divisione del territorio conquistato.
Ai leviti dovevano essere date delle città in cui abitare e un chilometro di terra a settentrione, a meridione, a oriente e ad occidente di tali città per il loro bestiame.
Esse dovevano essere quarantotto comprese le sei città di rifugio per chi avesse causato involontariamente la morte di un uomo se non voleva rischiare di essere ucciso dal parente più prossimo del morto.
Egli doveva restare in quella città finché viveva il sommo sacerdote, poi era riammesso nell'assemblea se era riconosciuta la sua innocenza.
Invece chi uccideva un uomo colpendolo con un arnese di ferro o un bastone o una pietra o con le mani e lo faceva morire intenzionalmente, sulla parola di almeno due testimoni, doveva essere ucciso a sua volta.
Non si doveva accettare un riscatto da parte dell'uccisore, ma ucciderlo.
Infine, il Signore comandò che le figlie ereditiere sposassero qualcuno della medesima tribù affinché la loro eredità non passasse dalla loro tribù a quella del marito.
LIBRO DEL DEUTERONOMIO
PRIMO DISCORSO DI MOSÈ
Mosè prese a promulgare la legge di Dio dichiarando che il Signore voleva che gli Israeliti si avvicinassero alla terra promessa ai loro padri Abramo, Isacco e Giacobbe e ai loro discendenti.
Inoltre, li incaricò di scegliere tra loro dei capi saggi prudenti e onorati affinché decidessero giudicassero – correttamente, cioè senza guardare in faccia alle persone fossero fratelli o forestieri, grandi o piccoli - le liti più comuni e lasciassero a lui le cause troppo difficili per loro.
Ricordò agli Israeliti la loro ribellione a Dio perché quasi tutti gli esploratori - mandati a vedere il paese da conquistare - li avevano scoraggiati, malgrado tutti i prodigi fatti per loro dal Signore, il quale si era adirato e li aveva condannati a morire nel deserto, salvo quelli che avevano meno di venti anni.
Al sentire ciò essi si erano pentiti e avevano deciso di affrontare gli abitanti di quel paese, ma il Signore lasciò che venissero sconfitti.
Poi Mosè li esortò: a osservare la legge tale e quale – senza aggiungere né togliere nulla - a insegnarla ai loro figli e nipoti, sicché gli altri popoli riconoscessero la loro saggezza, la giustezza delle loro leggi e che essi avevano il loro Dio così vicino e pronto ad accogliere le loro preghiere.”
·a non scolpirsi nessuna immagine degli astri del cielo, degli uomini o donne, degli animali della terra, degli uccelli del cielo o di quelli che stanno nel mare e a non prostrarsi ad adorarli, poiché il Signore Iddio loro è un fuoco divoratore, un Dio geloso.
Qualora, al contrario, lo facessero, sparirebbero da quella terra.
Iddio aveva parlato loro dal cielo ed essi avevano udito la sua voce, ma avevano avuto paura del Signore e chiesto che solo Mosè parlasse con lui e poi riferisse a loro le sue parole e così sarebbe avvenuto.
SECONDO DISCORSO DI MOSÈ
Se osserveranno i comandamenti del Signore, vivranno a lungo e felici loro e i loro figli e si moltiplicheranno grandemente.
Il Signore aveva diritto a questa obbedienza perché egli li aveva tratti fuori dalla schiavitù degli Egiziani.
Quando il Signore li avrà introdotti nel paese dei Cananei e di altri popoli, li votassero all'anatema, non venissero a patti con loro e non concedessero loro grazia, non si imparentassero con loro - affinché non facessero seguire dèi stranieri ai loro figli - e distruggessero i loro idoli perché erano un popolo sacro al Signore.
Non si ritengano giusti quando il Signore avrà conquistato la terra promessa, poiché lo avrebbe fatto perché i popoli che la occupavano erano malvagi e per mantenere la promessa ai loro padri.
Infatti il Signore voleva distruggerli per le loro numerose ribellioni e fare di me un popolo più grande di loro. Anzi, voleva far morire anche Aronne perché aveva costruito il vitello d'oro, ma lui aveva pregato il Signore ed era stato senza mangiare e senza bere acqua per quaranta giorni e quaranta notti e il Signore aveva rinunciato a sterminarli.
Circoncidessero il loro cuore camminando secondo i comandamenti e le leggi di Dio, per raggiungere la felicità, a riconoscere la potenza e la grandezza del Signore che manderà la pioggia nei loro orti e nei loro campi, invece di doverli annaffiare loro stessi.
Distruggessero tutti i luoghi in cui i Cananei adorano i loro dei e a fare le offerte nell'unico luogo che il Signore avrà scelto.
Non seguissero il profeta che dicesse loro di adorare altri dèi quantunque egli facesse segni o prodigi, poiché allora li starà mettendo alla prova.
Non seguissero, quand'anche fosse un fratello, che li incitasse in segreto a servire dèi stranieri, non dovranno seguirlo ma non aver pietà per lui, dovranno lapidarlo. Ciò si dovrà fare anche se fossero gli abitanti di una città a farlo, dovranno essere passati a fil di spada.
Poi seguono altre prescrizioni contro i funerali paganeggianti in cui si usavano incisioni sulla pelle, a non mangiare animali impuri, le bestie morte da sé, il dare le decime ogni terzo anno al levita, al forestiero, all'orfano e alla vedova, la remissione - nel settimo anno - dei prestiti ad altri Israeliti e la liberazione dei servi e la consacrazione dei primogeniti del bestiame al Signore.
L'osservanza di tre feste annuali: Pasqua, pentecoste e festa dei Tabernacoli.
Istituire dei giudici in ogni città che amministrassero i popoli con rettitudine, senza guardare in faccia alle persone né accettare regali. E non si piantassero né tronchi né alberi vicino agli altari poiché il Signore lo detesta.
Condannare alla lapidazione – su deposizione di almeno due testimoni - chi serviva altri dèi o li adorava. E dovevano essere i testimoni a lanciare la prima pietra
Se si voleva istituire un re si doveva sceglierlo tra gl'Israeliti. Egli non doveva avere un gran numero di cavalli, né di mogli, né grandi quantità d'oro. Si faccia scrivere una copia della Legge e la legga tutti i giorni affinché impari a temere il Signore Dio suo e a mettere in pratica questi statuti. Solo così avrà un lungo regno.
Non ci fossero maghi, indovini, né chi evocasse gli spiriti di morti. Il Signore avrebbe suscitato dei profeti al posto loro. Se non si avverava ciò che il profeta aveva detto, significava che quello non era un profeta del Signore e doveva essere messo a morte.
Non si spostassero i termini di confine.
Dovevano esserci almeno due testimoni per decidere una causa. Se un prepotente accusava falsamente qualcuno, sulla parola di due testimoni doveva essere punito col medesimo male che aveva pensato di fare a un altro.
Quando partiva per la guerra, il sacerdote doveva farsi avanti e dire non doveva avere paura poiché il Signore combatteva per lui.
E sul punto di dare battaglia il sacerdote doveva dire: “Ascolta Israele, siete sul punto di dar battaglia ai vostri nemici ma non spaventatevi davanti a loro perché il Signore Iddio vostro marcia con voi e combatte contro i vostri nemici per assicurarvi la vittoria.”
E i leviti dovevano dire che se qualcuno aveva edificata una casa ma non l'aveva inaugurata, se ne tornasse a casa affinché non l'inaugurasse al posto suo.
Analogamente facesse chi aveva piantato una vigna ma non ne aveva ancora goduto il frutto e chi era fidanzato con una donna ma non l'aveva ancora sposata.
Chi poi si sentiva mancare il coraggio se ne tornasse a casa affinché non venisse a mancare il coraggio anche agli altri.
Prima di attaccare la battaglia dovevano proporle la pace. Se accettava e non attaccava Israele, essa doveva diventare tributaria e soggetta.
Se invece rifiutava e attaccava gli Israeliti, essi dovevano assediarla e passare a fil di spada tutti i maschi e prendere invece le donne, i bambini, il bestiame e tutto ciò che era nella città e portarlo via con loro.
Dovevano invece sterminare i popoli vicini, come i Cananei e altri, affinché non apprendessero da loro le azioni abominevoli.
Come dovevano fare quando:
trovavano un uomo morto senza che si sapesse chi l'aveva ucciso,
si era sposata una straniera,
si avevano due mogli e il primogenito era figlio della donna amata di meno,
si aveva un figlio incorreggibile,
v'erano degli appesi al patibolo,
si era sposata una donna e poi la si accusava di non essere vergine,
·si trovava una bestia smarrita o caduta sotto il suo peso,
·si trovava un nido di uccellini,
·si costruiva una casa, per prevenire infortuni,
·si violentava una donna,
·moriva un uomo sposato senza lasciare figli,
·si raccoglievano le primizie della terra,
·era il terzo anno dopo quello sabbatico (si doveva dare la decima ai leviti, al forestiero, all'orfano e alla vedova).
·un individuo aveva gli organi genitali spezzati o tagliati o era bastardo, o gli Ammoniti e i Moabiti,
·un individuo era edomita o un egiziano.
·si trattava di uno schiavo rifugiato presso Israele,
·si era in un accampamento e impuro,
·quando si trattava della mercede di una prostituta o di un prostituto,
·si faceva un prestito a un altro Israelita,
·si è fatto un voto al Signore,
·si entrava nella vigna o nel campo di grano del prossimo,
·si è presa moglie da poco,
·viene rapita una persona israelita e venduta come schiava,
·si facesse un prestito su pegno,
·si avesse la lebbra,
·quando si è preso qualcuno come mercenario,
·fosse il figlio o il padre ad aver commesso del male,
·si fosse dimenticato un manipolo nel campo di grano, o si fossero bacchiate le olive o vendemmiate le vigne,
·vi fosse una lite (si dia torto a chi ha torto e l'eventuale pena corporale non superi i 40 colpi),
·si vende o compra della merce (un solo peso),
·il Signore li avrà messi al sicuro dai popoli confinanti dovranno sterminare il popolo amalecita, in castigo delle sofferenze che aveva causato agli Israeliti quando uscirono dall'Egitto.
·raccoglieranno le primizie della terra promessa (dovranno portarle al Signore in ringraziamento).
Facendo tali cose e osservando tutti i suoi comandamenti. gl'Israeliti impegnavano il Signore ad essere loro Dio e ad elevarli sopra tutte le nazioni della terra.
TERZO DISCORSO DI MOSÈ
Mosè parla di cosa gli Israeliti dovranno fare una volta attraversato il fiume Giordano, sotto l'aspetto del culto e le maledizioni che dovevano pronunciare contro i violatori della legge (idolatria, disonore al padre e alla madre, spostamento dei termini, fuorviare un cieco, violazione del diritto dello straniero, della vedova, dell'orfano, adulterio con la matrigna, con la sorella o la sorellastra, con la suocera, bestialismo, omicidio in segreto o per denaro).
Le benedizioni a chi rispetta la legge e le maledizioni – con la guerra e l'esilio, malattie gravi e ostinate, la fame, lo spavento continuo - a chi la viola.
QUARTO DISCORSO DI MOSÈ
Voi avete visto che cosa ha fatto per voi in Egitto, ma voi non avete occhi per vedere e orecchie per intendere. In quarant'anni, mentre girovagate nel deserto le vostre vesti non si sono lacerate e i vostri calzari i non si sono logorati.
Abbiamo sconfitto il re Seon e Og e ne abbiamo assegnato il territorio ad alcune nostre tribù. Osservate dunque il patto e mettetele in pratica, affinché prosperiate in tutto ciò che farete.
Voi siete passati in mezzo ad altri popoli e avete visto le loro oscenità, le loro sozzure e i loro idoli.
Non ci sia dunque nessuno che distolga gli occhi dal Signore per andare a servire gli dèi di quelle nazioni, altrimenti l'ira del Signore si infiammerà contro di lui e tutte le maledizioni scritte in questo libro piomberanno su di lui e cancelleranno il suo nome di sotto il cielo.
Se quando vi saranno capitate le sventure, ubbidirete di nuovo al Signore Iddio vostro con tutto il cuore insieme ai vostri figli e lo invocherete, Egli vi libererà dalla schiavitù e vi riporterà nel vostro paese.
LA FINE DI MOSÈ
Poi Mosè rivolse ancora la parola a tutti gli Israeliti dicendo di avere 120 anni, che lui non potrà passare il Giordano, che sarà Giosuè che marcerà alla loro testa e che il Signore distruggerà gli altri popoli davanti a loro.
Ogni settimo anno i sacerdoti dovranno riunire tutto il popolo, uomini, donne fanciulli e anche gli stranieri che stanno dentro le città e far sentire loro la legge affinché la odano e temano il Signore, Iddio loro.
Poi Mosè scrisse un cantico suggerito da Dio stesso per ricordare al popolo le promesse non mantenute a Dio e lo pronunziò davanti a tutti.
In esso si invocano il cielo e la terra a testimoni, poi si elencano i benefici fatti dal Signore ad Israele, dopo si descrivono l'infedeltà e l'ingratitudine d'Israele, poi i castighi divini e infine la salvezza del popolo punito.
Per ultimo, Mosè benedisse i figli d'Israele, in seguito salì sul monte che si eleva davanti a Gerico e lì, - dopo aver guardato la terra promessa da Nord a Sud - morì, il Signore lo seppellì, ma nessuno sa dove sta la sua tomba.
Il popolo lo pianse per trenta giorni. Nessun profeta fu più grande di lui, tra i profeti dell'antico testamento, con cui Dio parlò faccia a faccia e per il numero dei prodigi che operò davanti al popolo d'Israele.
LIBRO DI GIOSUE'
Dopo la morte di Mosè, Dio parlò a Giosuè dicendogli:
” Attraversate il Giordano tu e il tuo popolo ed entrate nella terra che Io dono ai figli d'Israele, dal deserto fino al Libano e dal fiume Eufrate fino al Mediterraneo. Come fui con Mosè, così sarò con te.”
“Solo fatti animo e sii forte, procurando di regolarti secondo la legge di Mosè.”
“Non ti scostare da quella né a destra, né a sinistra se vuoi che riescano le tue imprese.”
“Non temere poiché il Signore, Dio tuo, è con te dovunque tu vada.”
Giosuè ordinò di prepararsi a entrare nella Terra Promessa ai loro padri, tenendo pronte le provviste e mandò segretamente due esploratori a esaminare la regione e particolarmente Gerico.
Essi si fermarono dalla meretrice Rahab e là si riposarono. Presto il re di Gerico fu avvisato del loro arrivo e mandò a dire a Rahab di mettere fuori i due esploratori, ma lei rispose che erano venuti da lei due sconosciuti e che, però, erano andati via prima che fossero chiuse le porte della città e li invitò a inseguirli.
In cambio di questo favore, si fece giurare dagli esploratori che sarebbe stata risparmiata la vita a lei e ai suoi cari una volta che gli Israeliti fossero entrati a Gerico.
Lei disse pure che tutti erano costernati sapendo di come Dio avesse disseccato il Mar Rosso in occasione della loro uscita dall'Egitto.
Fece scendere gli esploratori da una finestra che stava lungo le mura e consigliò loro di andare verso i monti e di nascondersi lì per tre giorni in attesa che gli uomini del re rientrassero.
Al ritorno degli esploratori, Giosuè ordinò al popolo di santificarsi e il giorno dopo fece andare avanti i sacerdoti con l'Arca dell'Alleanza e li fece fermare sulla riva del Giordano.
Esso era in piena ed era il tempo della mietitura.
Appena i sacerdoti ebbero messo i piedi nell'acqua, le acque superiori ristettero elevandosi in un ammasso per una lunga distanza.
I sacerdoti restarono in mezzo al fiume finché non fu passato tutto il popolo d'Israele camminando all'asciutto.
Poi i sacerdoti uscirono dal letto del fiume e le acque tornarono a scorrere normalmente.
Giosuè aveva fatto prendere da dodici uomini, uno per ogni tribù d'Israele, una pietra per poi innalzare un altare al Signore in ricordo del prodigio affinché i loro figli temessero il Signore e tutti i popoli riconoscessero la sua onnipotenza.
Poi, su ordine del Signore, Giosuè fece circoncidere tutti i maschi, poiché nessuno era stato circonciso nel deserto, mentre tutti quelli che erano nati in Egitto erano morti.
Dopo la guarigione dei circoncisi, fu festeggiata la Pasqua mangiando pani azzimi e pane tostato quello stesso giorno, ma appena ebbero mangiato i frutti della terra, la manna cessò.
In seguito Giosuè ebbe la visione di un uomo con la spada sguainata che era il principe dell'esercito del Signore e che gli comandò di togliersi i sandali dai piedi perché quel luogo era santo.
Gerico era sbarrata per timore dei figli d'Israele, ma Giosuè seguì gli ordini del Signore.
Per sei giorni fece girare una sola volta intorno alla città i suoi uomini armati davanti a sette sacerdoti con le trombe seguiti dall'Arca e dal popolo in silenzio.
Il settimo giorno fecero sette volte il giro della città mentre i sacerdoti suonavano le trombe.
Quando suonò a distesa il corno del giubileo, il popolo proruppe in alte grida e le mura della città crollarono fino alle fondamenta.
Dopo che gli esploratori ebbero portato in salvo Rahab e i suoi, il popolo entrò ciascuno dal lato che aveva di fronte e votò al Signore in anatema la città con tutto quello che conteneva, passando a fil di spada uomini e donne, fanciulli e vecchi, pecore, asini e buoi.
Poi diedero fuoco alla città, risparmiando solo l'oro, l'argento, i vasi di rame e di ferro che furono offerti al tesoro della casa del Signore.
Tuttavia Acar, della tribù di Giuda, si impossessò di alcune cose interdette.
Il Signore si accese d'ira contro i figli d'Israele e lasciò che i tremila uomini mandati da Giosuè nella città di Ai venissero sconfitti e messi in fuga da avversari poco numerosi.
Giosuè si lacerò le vesti e si gettò a terra davanti al Signore, il quale, però, gli rispose che Israele aveva peccato impossessandosi di cose che erano state votate all'interdetto e che non sarebbe più stato dalla loro parte finché non avessero tolto l'interdetto di mezzo a loro.
Giosuè allora convocò tutto il popolo, lo fece accostare all'Arca per tribù, poi la tribù designata per famiglia, poi per casato, poi gli uomini.
Risultò colpevole Acar, il quale confessò di aver tenuto per sé un manto di Sennaar, 200 sicli d'argento e un lingotto d'oro e che li aveva nascosti sotterra nella sua tenda o sotto il manto.
Giosuè mandò alcuni dei suoi ed essi constatarono che Acar aveva detto il vero.
Il popolo lo lapidò insieme alla sua famiglia e poi diede loro fuoco.
Così si placò l'ira del Signore. Infatti, Dio ordinò a Giosuè di affrontare la città di Ai e di trattarla come aveva fatto a Gerico, però questa volta poteva prendere il bestiame e le spoglie della città.
Giosuè comandò a una parte dei suoi uomini di nascondersi dietro la città, mentre gli altri facevano finta di assaltarla da davanti, ma poi fuggirono e furono inseguiti dagli abitanti di Ai che così restò indifesa e fu assalita dagli uomini nascosti e data alle fiamme.
Allora gli uomini che erano con Giosuè cessarono di fuggire e gli abitanti di Ai si trovarono presi in mezzo e non ne scampò neanche uno. Anche il re fu preso e ucciso.
Allora Giosuè edificò un altare al Signore sul monte Ebal, con pietre non lavorate.
Sull'altare furono offerti olocausti al Signore e sacrificate vittime pacifiche. Poi Giosuè lesse al popolo tutte le parole della legge di Mosè e le benedizioni e maledizioni come è prescritto nel libro della legge.
Avendo sentito la sorte toccata a Gerico e ad Ai, gli abitanti di Gabaon si presentarono a Giosuè con abiti sdruciti e pani ammuffiti, come se avessero fatto un lungo viaggio, affermando di provenire da un paese molto lontano e si offrirono come servi.
I capi d'Israele – senza consultare l'oracolo del Signore - promisero loro pace con giuramento.
In seguito però scoprirono che quelli abitavano in mezzo a loro. Allora Giosuè li condannò a tagliare legna e a provvedere acqua al popolo d'Israele e per l'altare del Signore.
A questo punto, cinque re si coalizzarono per assediare Gabaon, ma i suoi abitanti chiesero aiuto a Giosuè, che fu incoraggiato da Dio ad attaccare quei nemici.
Infatti il Signore diffuse il terrore tra loro nei confronti degli Israeliti, sicché furono sbaragliati e messi in fuga.
In aggiunta il Signore fece cadere su di loro una fitta grandine di eccezionale grandezza che ne uccise di più della spada.
Quel giorno Giosuè aveva detto: “O sole, fermati su Gabaon, e tu, o luna, sulla valle di Aialon!”
E il sole e la luna ristettero fino a che il popolo d'Israele si fu vendicato dei suoi nemici
(N.d.R.: Nelle note della Bibbia, si dice che verosimilmente non si fermarono il sole e la luna, ma che la loro luce continuò sul campo di battaglia per effetto della rifrazione dei raggi luminosi, magari dovuta alla grandine).
Saputo che i cinque re si erano rifugiati in una caverna di Makkeda, Giosuè ordinò che fossero messe delle pietre all'imbocco di essa e che vi fossero lasciate delle guardie affinché gli altri potessero inseguire i nemici. Poi fece impiccare e seppellire quei re nella medesima caverna.
In seguito Giosuè, secondo l'ordine del Signore attaccò e votò allo sterminio le popolazioni di Makkeda, Lebna, Lachis, Eglon, Dabir, Eglon e Ebron passando a fil di spada ogni essere vivente.
Udito ciò, Jabin re di Asor - del Nord di Canaan – mandò ambasciate ad altri re e si riunirono le loro armate, una quantità sterminata, ma il Signore disse a Giosuè di non temerle e ordinò di tagliare i garretti ai loro cavalli e di dare fuoco ai loro carri. E così fu fatto.
Però restavano ancora dei territori da conquistare. Intanto il Signore ordinò a Giosuè ormai molto anziano di distribuire a sorteggio le terre conquistate alle nove tribù d'Israele e a metà della tribù di Manasse, escludendo i leviti - ai quali erano attributi i sacrifici al Signore - e quelle che avevano già ricevuto l'assegnazione a oriente del Giordano.
LIBRO DEI GIUDICI
'Dopo la morte di Giosuè, gli Israeliti non ebbero più un capo carismatico per un lungo periodo. Quando ciò occorreva, era il Signore a suscitare un condottiero che li liberasse dai nemici. Tale capo si chiamava Giudice, ma si occupava anche di faccende diverse dal giudicare le cause.
Vi furono vari giudici, alcuni più illustri e altri meno. Il Signore voleva che gl'Israeliti scacciassero i Cananei dal loro territorio affinché demolissero i loro altari ma così non avvenne, anzi sposarono le figlie del nemico e adorarono i suoi dèi.
Allora Dio li punì con dei predoni che li spogliarono, li vendettero alle popolazioni dei dintorni e li oppressero.
Gli Israeliti avevano commesso il male di dimenticare il Signore per servire Baal e le Ascere. Allora furono puniti con la sottomissione al re della Siria per otto anni.
Infine gli Israeliti gridarono aiuto al Signore e fu mandato loro Otoniel che sconfisse quel re e il popolo godette di pace per quarant'anni, ma poi tornò al male e il re di Moab li sottomise per diciotto anni. Poi il popolo supplicò il Signore che mandò loro Aod il quale, dopo aver pagato al re il tributo ed essersi allontanato, tornò indietro e fingendo di voler dire una parola in segreto al re lo uccise con un pugnale, poi chiuse la porta a chiave, si mise in salvo e chiamò i suoi uomini che uccisero dieci mila moabiti e Israele ebbe pace per ottant'anni (Gdc 3,7-30).
Di nuovo, gli Israeliti tornarono a compiere il male e caddero nelle mani di un re cananeo e furono oppressi per oltre vent'anni. Essi invocarono di nuovo il Signore.
La profetessa Debora, che era giudice, mandò a chiamare Barac affinché riunisse sul monte Tabor un esercito di diecimila uomini.
Saputo ciò il generale nemico radunò tutti i suoi 900 carri ferrati e il suo esercito ma il Signore gettò il panico tra loro di fronte all'esercito israelita che scendeva contro di loro e li passò tutti a fil di spada (Gdc 4, 1-16).
Gli Israeliti nuovamente si allontanarono dal Signore, caddero nelle mani dei madianiti e furono costretti a scavarsi antri, spelonche e fortezze sui monti.
Appena Israele spargeva le sementi, i loro nemici si accampavano sulle loro terre e gli devastavano ogni prodotto del suolo.
Allora invocarono il Signore, il quale fece rispondere loro da un profeta: “Io vi ho fatto uscire dall'Egitto, vi ho tratti fuori dalla schiavitù… Vi ho detto: non adorate le divinità degli Amorrei… ma voi non avete voluto ascoltare la mia voce.”
Tuttavia il Signore comparve a Gedeone e lo incaricò di liberare il popolo di Israele.
Gedeone si fece dare la prova che era veramente il Signore a parlare con lui e ricevette l'incarico di distruggere l'altare di Baal e il boschetto sacro che gli stava a fianco, poi di erigere un altare a Dio immolando un toro.
La mattina dopo, gli abitanti della città si domandarono chi l'avesse fatto e scoperto che era stato Gedeone, ordinarono al padre di consegnarlo a loro, ma lui rispose che se Baal era dio provvedesse lui stesso a vendicarsi di chi aveva distrutto il suo altare.
A questo punto i nemici di Israele si riunirono nella pianura di Jezrael. Anche Gedeone, però, riunì i suoi familiari e gli uomini di varie tribù d'Israele.
Il Signore però gli disse che aveva riunito troppi uomini, che poi si sarebbero vantati di essere stati loro a ottenere vittoria.
Pertanto gli fece scegliere solo trecento uomini. Gedeone li incaricò di portare con sé un'anfora con dentro una torcia e un corno e di fare quello che avrebbe fatto lui al grido “Per il Signore e per Gedeone.”
Intanto si dovevano mettere di notte tutt'intorno all'accampamento nemico.
Poco dopo il cambio della sentinella fecero squillare il corno e ruppero le anfore tenendo nella sinistra le torce e nella destra i corni squillanti e lanciarono il grido “Per il Signore e per Gedeone”. Svegliatosi di soprassalto, l'esercito nemico prese la fuga e il Signore fece rivolgere le spade degli uni contro gli altri e morirono in 120.000.
SANSONE
I figli d'Israele fecero di nuovo il male e il Signore li diede nelle mani dei Filistei per quarant'anni.
V'era un uomo di nome Manoe che aveva una moglie sterile e senza alcun figlio.
Un giorno le apparve un angelo e le disse che lei avrebbe avuto un figlio, ma lui si sarebbe dovuto guardare dal bere vino o altre bevande inebrianti e che sul suo capo non avrebbe dovuto passare mai il rasoio poiché doveva essere un nazireo fin dalla nascita e cominciare a liberare gli Israeliti dai Filistei.
La donna andò a dirlo al marito. Lui allora pregò il Signore che mandasse loro di nuovo l'angelo per insegnare loro cosa dovevano fare al bambino e il Signore li ascoltò e l'angelo ripeté di nuovo le istruzioni già date alla donna e disse loro il nome che dovevano dare al bambino.
Divenuto grande, Sansone si invaghì di una donna filistea e chiese al padre di prendergliela in sposa, ma i genitori gli domandarono se non ci fossero fanciulle tra gl'Israeliti da dover prendere in moglie una figlia d'incirconcisi. In realtà era il Signore che voleva così affinché ci fosse motivo di contesa con i Filistei.
Mentre andava a prendere la donna desiderata da Sansone comparve un leone, ma lui lo afferrò e lo sbranò come un capretto, ma non disse nulla ai genitori.
Mentre tornava al paese coi genitori vide che nella carcassa del leone si era formato un favo di miele, lo prese in mano e ne diede una parte ai genitori.
In occasione dei festeggiamenti per le nozze diede loro quel miele poi propose loro un indovinello e scommise trenta tuniche e trenta vesti che non sarebbero riusciti a risolverlo prima della fine dei sette giorni di feste.
L'indovinello era “dal divoratore è uscito il cibo, dal forte è uscita la dolcezza.”
I suoi cominciarono a chiedere alla sposa di adescare il marito affinché si facesse svelare il segreto, minacciandola che altrimenti avrebbero dato fuoco a lei e alla casa di suo padre. Allora la donna cominciò ad assillare il marito dicendogli che lui non l'amava visto che non svelava il segreto nemmeno a lei. Alla fine lui glielo svelò, ma lei andò subito a riferirlo ai suoi concittadini e quelli la sera dell'ultimo giorno dissero a Sansone:
“che cosa è più dolce del miele e cosa c'è di più forte del leone?”
E lui rispose che non l'avrebbero scoperto se non avessero arato con la sua giovenca.
Poi, disceso in Ascalona, uccise trenta filistei, li spogliò delle loro vesti e le diede a coloro che avevano sciolto l'enigma e se ne tornò dai suoi genitori, mentre la moglie di Sansone fu data in sposa all'”amico d'onore”.
Quando Sansone tornò dalla sposa, trovò che il padre l'aveva data a un altro.
Sansone allora si adirò, catturò 300 sciacalli, legò le loro code a due a due con una torcia accesa e li mandò nelle messi dei Filistei.
Così bruciò non solo i covoni, ma anche le messi e i vigneti.
I Filistei a loro volta bruciarono la sposa e suo padre, ma Sansone in risposta fece strage di Filistei.
Questi allora andarono nel campo di Giuda e vollero che Sansone fosse legato e consegnato a loro, ma appena arrivato, le sue funi si ruppero come fuscelli e Sansone con una mascella d'asino uccise mille Filistei.
A tal punto sentì un'ardente sete e invocò il Signore che fece uscire dell'acqua e Sansone poté rianimarsi.
In seguito Sansone si innamorò di una donna chiamata Dalila.
I principi dei Filistei andarono da lei affinché scoprisse il segreto della sua forza straordinaria e lo rivelasse loro promettendole ciascuno mille e cento sicli d'argento.
Sansone le disse che bastava legarlo con sette nervi freschi disseccati e una volta che era stato legato, Dalila gli disse: “Sansone, i Filistei ti sono addosso” ma egli spezzò i nervi come un filo di stoppa un filo di stoppa lambito da una fiamma.
Un'altra volta disse alla donna che sarebbe bastato legarlo con delle funi nuove, o legare le sue chiome con un liccio a un chiodo. Ma si trattava ancora di una bugia e Dalila lo accusava di non amarla e di essersi ogni volta burlato di lei.
Infine le disse la verità, cioè che sarebbe bastato tagliargli i capelli.
Infatti questa volta non poté slegarsi poiché il Signore si era ritirato da lui.
Allora i Filistei lo presero, gli cavarono gli occhi, lo condussero a Gaza e lo legarono con catene di bronzo e gli fecero girare la macina in carcere.
I suoi capelli cominciarono a crescere come prima. I principi dei Filistei si erano radunati per offrire un sacrificio al loro dio e dicevano: “Il nostro dio Dagon ci ha dato in mano Sansone, nostro nemico.”
E vollero che fosse portato in mezzo a loro per divertirli, ma Sansone, si fece accompagnare da un ragazzo vicino alle colonne sulle quali si reggeva il palazzo, pregò il Signore affinché gli restituisse la forza per vendicarsi di essersi stato reso cieco.
Poi si appoggiò a quelle colonne e gridando: “Muoia io insieme ai Filistei” spinse con tutta la sua forza e uccise più nemici di quanti ne avesse uccisi fino a quel giorno.
I discendenti di Dan non avevano avuto alcuna terra in eredità. Allora mandarono avanti cinque esploratori per scoprire una zona buona e facile da conquistare.
Infatti trovarono a nord della zona già conquistata da Israele una terra dove viveva un popolo tranquillo, lontano dai Sidonii e senza alcun rapporto con la Siria.
Pertanto partirono seicento uomini ben armati e passarono a fil di spada tutto quel popolo.
Diedero fuoco alla sua città, chiamata Lais, poi la ricostruirono, le diedero il nome di Dan e vi vissero finché la popolazione non venne portata in esilio.
Un altro levita aveva sposato una donna di Betleem di Giuda, la quale disgustata del marito lo lasciò e tornò a casa di suo padre.
Dopo quattro mesi il levita partì con un servo per persuaderla a tornare da lui.
Il suocero lo accolse con gioia e lo trattenne per varie notti, ma alla fine il levita volle partire con la moglie e il servo quantunque ormai il giorno stesse per finire.
Non riuscì a trovare dove passare la notte nella città di Gabaa.
Un buon vecchio si offrì di ospitarlo e di dare da mangiare e da bere anche ai suoi asini.
Più tardi, però, arrivarono degli uomini scellerati che chiesero al vecchio di mettere fuori quel levita per abusarne, ma lui si rifiutò dicendo che era suo ospite, caso mai metteva a loro disposizione la figlia vergine e la moglie del levita. A tal punto il levita lasciò a loro disposizione solo sua moglie.
Egli, la mattina dopo, trovò la sua moglie esanime fuori dalla porta. Allora ne fece dodici pezzi e li mandò alle dodici tribù d'Israele.
Tutti esclamavano che non si era mai vista una simile infamia.
I capi delle varie tribù si riunirono in Masfa con quattrocentomila uomini armati che sotto la guida della tribù di Giuda attaccarono due volte la tribù di Beniamino, ma persero quarantamila uomini.
Allora piansero prostrati davanti al Signore, digiunarono fino alla sera, offrirono sacrifici pacifici e poi fecero interrogare il Signore, che rispose che questa volta avrebbe dato i Beniaminiti nelle loro mani.
Infatti, quelli questa volta fecero finta di fuggire per farli uscire dalla città, affinché altri di loro entrassero in Gabaa, ne uccidessero gli abitanti, dessero fuoco alla città e poi ne uscissero per sorprendere i nemici da tutti i lati.
Quelli che fuggivano a questo punto smisero di fuggire e i Beniaminiti si trovarono circondati e solo seicento di loro sfuggirono alla morte rifugiandosi sulla rupe di Rimmon.
A tal punto le altre undici tribù piansero al pensiero che ora Israele aveva perso una tribù e decisero di sterminare uomini e donne, salvo le vergini, della città Jabes del Galaad che non aveva partecipato alla guerra contro Beniamino.
Disgraziatamente le vergini erano solo quattrocento e, dal momento che gli uomini delle 11 tribù avevano giurato di non dare le loro figlie in mogli ai Beniaminiti, invitarono i rimanenti duecento a rapire ciascuno una ragazza a Silo, in occasione di una festa.
LIBRO DI RUT
Al tempo in cui governavano i Giudici, in seguito a una carestia l'israelita Elimelec emigrò nel paese di Moab con la moglie Noemi e i suoi due figli, che poi si sposarono con due moabite, Orfa e Rut.
Avvenne che Elimelec e i suoi due figli morissero. Così Noemi restò vedova come pure le sue nuore.
Quando poi Noemi seppe che la carestia era terminata nel paese di Israele, decise di ritornare in patria e tentò di convincere le sue nuore a tornare dai loro cari, ma Rut volle restare con lei e scegliere il Dio d'Israele.
Allora partirono e si fermarono a Betleem.
Era il tempo della mietitura e Rut fu lasciata andare dietro ai mietitori a raccogliere le spighe.
La Provvidenza aveva voluto che Rut capitasse nel campo di Booz che era un ricco parente di Elimelec.
Quando Booz seppe che Rut era la nuora di Noemi, le fu grato per le attenzioni che lei aveva dedicate alla suocera e la incoraggiò ad andare dietro ai suoi mietitori e a bere a quelle anfore che i suoi servitori avevano attinto.
Poi quando fu l'ora del pasto la invitò a mangiare il loro cibo, anzi diede l'ordine ai mietitori di lasciar cadere delle spighe per terra affinché lei potesse raccoglierne molte.
Tornata a casa, Rut raccontò alla suocera la fortuna che aveva avuto e ne ricevette il consiglio di avvicinarsi a Booz per chiedergli di riscattarla.
Egli accolse con gioia questa richiesta ma le disse che c'era un parente ancora più stretto.
Se costui avesse rinunciato allora se la sarebbe sposata lui.
Infatti l'altro parente rinunciò quando sentì che oltre ad acquistare la proprietà di Elimelec doveva prendere come moglie Rut, poiché ciò avrebbe danneggiato l'eredità che gli spettava dal proprio casato.
Così Booz sposò Rut la quale ebbe un figlio che fu chiamato Obed e fu il padre di Isai, che a sua volta generò Davide.
PRIMO LIBRO DI SAMUELE
Vi era un uomo di nome Elcana, discendente di Suf di Efraim che aveva due mogli, Anna e Feninna. Quest'ultima aveva avuto parecchi figli e non cessava di amareggiare Anna perché il Signore l'aveva resa sterile, ogni anno e in ogni circostanza in cui si recavano alla casa del Signore, anzi la provocò a tal punto che Anna si mise a piangere e non volle mangiare, ma poi si alzò e andò davanti al Signore e fece un voto: “Signore degli eserciti, se tu ti degnerai di darmi un figlio maschio, io lo darò a Te per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà mai sulla sua testa.”
Infatti, il Signore dopo un anno le diede un figlio e lei lo chiamò Samuele, lo tenne con sé finché non lo ebbe slattato, poi lo portò al Tempio affidandolo al sacerdote Eli.
I figli di Eli si comportavano molto male perché mandavano un servo a prendere la carne offerta al Signore dagli Israeliti ancora cruda, contro le regole stabilite dal Signore.
Il padre Eli li rimproverò accusandoli di allontanare il popolo da Dio, ma essi perseverarono nel loro cattivo comportamento.
Il Signore fece sapere a Eli che avrebbe messo un altro al suo posto per colpa dei suoi due figli Ofni e Finees, che essi sarebbero morti di spada entrambi nello stesso giorno e che chiunque sopravvivrà della sua famiglia dovrà andare a prostrarsi davanti al nuovo sacerdote per avere una monetina d'argento e un pezzo di pane.
Il giovane Samuele serviva il Signore in presenza di Eli e dormiva presso il Tempio.
Una notte si sentì chiamare: “Samuele; Samuele!”. Pensò di essere stato chiamato da Eli e andò da lui e gli disse: ” Eccomi, mi hai chiamato”, ma Eli gli ripose: “Non ti ho chiamato. Torna a dormire”.
Ciò avvenne una seconda volta, poi una terza.
Allora Eli capì e consigliò il ragazzo a rispondere: “Parla, o Signore, ché il tuo servo ti ascolta.” Così il Signore gli annunciò che stava per punire Eli e la sua casa in perpetuo.
La mattina Eli volle sapere la verità su quanto il Signore aveva detto a Samuele.
La fama di Samuele crebbe in tutto il paese poiché tutto quello che egli diceva si avverava.
In quei giorni i Filistei mossero guerra ad Israele e lo sconfissero.
Allora i suoi uomini vollero che l'Arca del Signore venisse portata con loro e insieme ad essa andarono Ofni e Finees.
Il popolo diede in grida di giubilo. I Filistei si spaventarono ma decisero di essere coraggiosi per non essere fatti schiavi e inflissero una disastrosa disfatta agli Israeliti e presero l'Arca.
Caddero uccisi anche Ofni e Finees e quando il loro padre Eli ne fu informato, cadde riverso, si fratturò la nuca e morì.
I Filistei portarono l'Arca dentro il tempio del loro dio Dagon nella città di Azoto, ma la mattina dopo trovarono la statua di Dagon prostrata davanti all'Arca del Signore.
La rimisero al suo posto, ma il giorno dopo la trovarono di nuovo davanti all'Arca, ma le sue mani e la sua testa erano troncate.
Intanto il Signore faceva strage con bubboni dei Filistei di Azoto.
Essi decisero che l'Arca del dio d'Israele doveva essere portata a Gat, ma subito anche gli abitanti di Gat vennero colpiti dai bubboni e vollero mandare l'Arca ad Accaron e pure in questa città la popolazione venne colpita dai bubboni. Pertanto, si decise di rimandare l'Arca dove era ma chiesero ai sacerdoti come fare.
Essi risposero di non rimandare l'Arca a vuoto, ma insieme a cinque bubboni e a cinque topi d'oro come riparazione, di caricarla su un carro tirato da due giovani vacche non ancora aggiogate che avessero da poco partorito, si chiudessero i loro vitelli nella stalla e si lasciassero andare via da sole.
Esse presero la strada verso Bet-Semes muggendo ma senza deviare né di qua né di là.
Gli abitanti del luogo che stavano mietendo accolsero con gioia il ritorno dell'Arca, fecero a pezzi il carro e offrirono le vacche in olocausto al Signore.
I figli di Geconia, però, non si curarono del ritorno dell'Arca e il Signore ne fece morire settanta. Allora gli abitanti di Bet-Semes preferirono chiamare gli abitanti di Carit-Jearim che si portarono via l'Arca.
Venti anni dopo, Samuele disse.al popolo d'Israele che si rivolgeva con gemiti al Signore: “Se davvero ritornate con tutto il vostro cuore al Signore, togliete di mezzo a voi ogni divinità straniera e servite soltanto il Signore, egli vi libererà dall'oppressione dei Filistei” poi li fece riunire a Masfa, dove essi fecero digiuno e confessarono i loro peccati.
I Filistei allora vollero attaccare Israele, ma Samuele pregò il Signore che lo esaudì e tuonò contro i nemici spaventandoli, sicché vennero sconfitti e non penetrarono più nel territorio degli Israeliti per tutto il tempo della vita di Samuele. Anche con gli Amorrei ci fu pace.
Samuele fu giudice per tutta la sua vita facendo il giro delle città e poi tornava a Rama dove abitava, continuava a giudicare e aveva costruito un altare al Signore.
In vecchiaia nominò giudici anche i suoi figli ma essi si allontanarono dagli esempi del padre, per amor di guadagno e accettavano regali violando la giustizia.
Allora gli Israeliti chiesero che fosse nominato un re che li governasse.
Samuele pregò il Signore, il quale gli rispose: “Ascolta pure la voce del tuo popolo, poiché essi non rifiutano te, ma me affinché io non regni più su di loro, ma preavvisali che il re prenderà i loro figli per coltivare i suoi campi e per darli ai suoi ministri e ufficiali, prenderà i migliori dei loro campi, i migliori dei loro bovi e asini ed esigerà le decime,”
Tuttavia il popolo insistette per avere un re.
Vi era un uomo di nome Kis della tribù di Beniamino che aveva un figlio molto alto e bello, chiamato Saul.
Un giorno il padre lo mandò a cercare delle asine che si erano smarrite ma non riuscendo a trovarle voleva tornare indietro per non far stare in pensiero il genitore, ma il suo servo gli consigliò di consultare un uomo di Dio che stava proprio in quella città.
Quando l'ebbero trovato Samuele disse a Saul che le asine erano state ritrovate e di fermarsi a cena e a dormire presso di lui.
La mattina dopo lo unse re, poi riunì i figli d'Israele a Masfa e disse loro da parte del Signore che erano stati liberati da lui dalle mani degli Egiziani e di tutti i regni che li opprimevano, ma ora essi lo rigettavano chiedendo un re.
Poi estrasse a sorte per tribù e famiglie e finì con l'essere estratto Saul. Samuele espose al popolo il diritto del regno, lo scrisse su un libro e lo portò davanti al Signore.
Poco tempo dopo, il re degli Ammoniti si accampò intorno a Jabes nel Galaad. Gli abitanti di questa città proposero trattative ma il re rifiutò, però concesse i sette giorni richiesti dagli anziani per chiedere aiuto alle altre tribù d'Israele, prima di arrendersi.
Quando Saul venne a saperlo, indignato fece a pezzi un paio dei suoi buoi e li mandò in tutto il territorio d'Israele, minacciando che se non fossero andati dietro a lui e a Samuele, anche i loro buoi sarebbero stati fatti a pezzi. Sicché tutti si radunarono come un solo uomo. Erano trecentotrenta mila.
Saul, allora, fece sapere agli abitanti di Jabes che il giorno dopo avrebbero ricevuto l'aiuto. Infatti arrivò con Trecentotrenta mila armati e ben pochi Ammoniti sfuggirono alla morte.
Samuele ricordò agli Israeliti che essi erano stati liberati dal Signore dalle mani degli Egiziani, ma poi essi si erano dimenticati del loro Dio per seguire Baal e le Astarti ed egli li dette in potere dell'esercito di Asor, poi nelle mani dei Filistei e del re di Moab. Ogni volta essi gridavano al Signore dicendo: “Abbiamo peccato perché abbiamo abbandonato il Signore. Liberaci e ti serviremo”.
E il Signore mandò Gedeone, poi Barac, o Jefte o Samuele a liberarvi. Ora avete voluto un re al posto del Signore. Tuttavia, se voi rispetterete i suoi comandamenti, vivrete voi e il vostro re, altrimenti perirete.
A tal punto Gionata, figlio di Saul, uccise il capo del presidio filisteo a Geba. Allora i Filistei si radunarono numerosissimi con carri e cavalli per muovere guerra agli Israeliti, i quali spaventati si nascosero nelle caverne e nelle grotte tra le rocce e abbandonarono Saul.
Questi decise di fare un sacrifico pacifico al Signore senza attendere Samuele come era stato pattuito, che arrivò poco dopo e lo rimproverò avvisandolo che il Signore gli avrebbe tolto il regno e lo avrebbe dato a un uomo più ubbidiente.
I Filistei avevano imposto agli Israeliti di non avere alcun fabbro ferraio affinché non si potessero fabbricare armi, anzi li avevano ridotti ad andare da loro a farsi aguzzare vomeri, zappe, scuri e falci, sicché solo Saul e Gionata avevano una spada e una lancia.
Senza dire nulla al padre, Gionata andò col suo scudiero verso il dei Filistei e disse allo scudiero: “se i nemici ci dicono di fermarci, noi resteremo al nostro posto. Se invece ci dicono di salire da loro, vuol dire che il Signore li dà nelle nostre mani e saliremo da loro.”
Infatti questo avvenne. Gionata li atterrava e lo scudiero li finiva. Allora i Filistei cominciarono a fuggire ma furono seguiti e uccisi dagli Israeliti che si erano nascosti nelle caverne. Saul, vedendo la confusione nel campo dei Filistei fece giurare ai suoi che nessuno avrebbe toccato cibo finché non si fossero vendicati dei loro nemici, ma Gionata senza sapere di tale giuramento mangiò del miele e si riebbe dalla sua stanchezza.
Poi anche il popolo si gettò sul bestiame e lo mangiò col sangue, ma Saul disse loro che avevano peccato e comandò di portare bovi e pecore e che fossero scannati e mangiati come voleva il Signore.
Poi voleva andare all'assalto dei Filistei per sterminarli, ma il sacerdote disse di avvicinarsi al Signore e allora si chiese se quelli sarebbero messi nelle loro mani, ma non ricevettero risposta e Saul giurò che il responsabile sarebbe stato messo a morte, si trattasse pure di suo figlio.
Pertanto, si gettò la sorte per scoprire chi era stato causa di ciò e risultò che era stato Gionata, il quale confessò di aver mangiato del miele, ma il popolo non permise che fosse ucciso, anzi riconobbe che era stato proprio lui a liberare Israele.
Allora Saul si ritirò senza inseguire il nemico e Il popolo tornò alle proprie case.
Saul condusse poi molte guerre vittoriose contro i nemici di Israele: Moabiti, Ammoniti, i re di Soba e i Filistei.
I figli di Saul erano Gionata, Jessui e Melchisua, mentre le figlie erano Merab e Mical (1Sam 14, 1-52).
Poi Samuele disse a Saul che il Signore gli aveva ordinato di consacrarlo re d'Israele e aveva deciso di punire Amalec - per ciò che aveva fatto opponendosi ad Israele quando uscì dall'Egitto - votandolo allo sterminio senza risparmiare nessuno, uomini e donne, bimbi e lattanti, bovi e pecore, cammelli e asini.
Saul, allora, radunò i suoi uomini e fece raccomandare ai Keniti di allontanarsi affinché non fossero sterminati anche loro.
Poi mise in atto l'ordine di Samuele, ma risparmiò il re Agag e il popolo risparmiò le pecore più belle, i bovi più grassi e gli agnelli.
Pertanto, Samuele disse a Saul che il Signore lo aveva rigettato poiché preferiva l'obbedienza piuttosto che i sacrifici. Poi fece a pezzi lui stesso il re Agag.
Il Signore domandò a Samuele fino a quando avrebbe continuato a piangere su Saul, visto che Lui lo aveva rigettato, e gli comandò di andare da Isai di Betlem con una vitella per fare un sacrificio senza destare sospetti nel re.
Giunto lì, fece il sacrificio, poi passò in rassegna i sette figli presenti di Isai, ma nessuno di loro era gradito a Dio e allora fece chiamare il più giovane, Davide, che stava pascolando il gregge e lo unse re d'Israele.
Da allora lo spirito del Signore si ritirò da Saul che fu spesso in possesso del diavolo. I servi consigliarono al re di chiamare un esperto nel cantare e suonare la cetra per procurargli sollievo.
Fu, così, chiamato Davide a corte.
In seguito, i Filistei si prepararono alla guerra contro Israele. Da loro uscì un gigante chiamato Golia che era alto circa tre metri. Egli usciva ogni mattina e ogni sera a lanciare una sfida agli Israeliti a mandare uno qualsiasi di loro a duellare on lui.
Se avesse vinto l'Israelita, i Filistei sarebbero stati servi e sudditi degli Israeliti, mentre nel caso opposto sarebbero stati gli Israeliti a diventare servi e sudditi dei Filistei., ma Saul e tutti i figli d'Israele rimasero spaventati.
Tuttavia il re aveva promesso di ricompensare con ricchezze e dare in moglie la propria figlia a chi avesse ucciso Golia.
Davide venne a saperlo e si presentò a Saul per offrirsi lui a uccidere il gigante filisteo, affermando che quando un leone o un orso avevano rapito una pecora, egli gliel'aveva tolta dalle zanne e se l'animale si rivoltava contro di lui lo prendeva per il folto pelame della mandibola e lo uccideva.
Aggiunse che come il Signore lo aveva liberato dal leone e dall'orso così lo avrebbe salvato dal filisteo che osava sfidare con disprezzo le schiere del Dio vivente.
Allora il re gli disse:” Va pure e Il Signore sia con te.” Poi gli fece indossare la divisa militare, l'elmo e la corazza e gli diede una spada, ma Davide vide che così non poteva camminare, allora depose le armi, prese il suo bastone, scelse in un torrente cinque pietre ben lisce e con a fionda in mano si fece incontro al Filisteo.
Golia lo maledisse, ma Davide gli rispose che il Signore avrebbe dato lui e i Filistei nelle mani del popolo israelita e i loro cadaveri sarebbero stati mangiati dagli uccelli del cielo e dalle bestie della campagna.
Allora Golia si fece avanti ma Davide mise una pietra nella fionda e la scagliò nella fronte del gigante che stramazzò per terra.
Allora Davide gli prese la spada e con essa gli staccò la testa.
I Filistei fuggirono ma gli Israeliti e i Giudei li inseguirono e ne uccisero molti.
Da quel giorno Saul tenne Davide con sé e lo fece capo dell'esercito poiché in qualunque spedizione riportava sempre successo. Quando Davide rientrò a Gerusalemme, nelle danze le donne cantarono “Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila.”
Allora il re divenne geloso di lui e gli diede l'incarico di combattere le guerre nella speranza che così venisse ucciso dai Filistei.
Quando giunse il tempo di dargli in moglie Merab, la fece sposare a un altro, ma Mical, un'altra figlia del re, si innamorò di Davide e lui la chiese in sposa promettendo – invece di una dote, che avrebbe dato al re cento prepuzi di Filistei, anzi poi gliene portò duecento e così ebbe Mical in sposa.
In seguito Saul fece vari tentativi per uccidere Davide, ma egli fu avvertito da Gionata o dalla moglie Mical e poté fuggire in tempo.
Achimelec, un sacerdote di Nob, aveva soccorso Davide affamato e i suoi uomini, dando loro il pane sacro, riservato ai sacerdoti, in mancanza di altro.
Venuto a saperlo, Saul lo mandò a chiamare e lo accusò di aver tramato contro di lui insieme a Davide.
Il sacerdote gli rispose che non aveva tramato affatto contro di lui e che non sapeva nulla, ma Saul ordinò che venisse ucciso e, poiché le sue guardie si rifiutavano, si rivolse all'idumeo Doeg, capo dei pastori del re, che uccise 85 uomini che portavano l'efod di lino.
Solo il sacerdote Abiatar si salvò rifugiandosi presso Davide che aveva costituito una banda armata (1Sam 22, 1-23).
Davide fu informato che i Filistei avevano assalito Keila e saccheggiavano le aie. Pertanto consultò il Signore se avrebbe sconfitto i Filistei.
La risposta fu positiva. Allora andò e liberò la città e vi si stabilì, ma Saul venne a saperlo e preparò una spedizione per assediare quella città e farsi consegnare Davide che però fuggì nel deserto di Zif, ma gli Zifei ne informarono Saul e si dissero pronti a consegnarglielo.
Mentre il re lo stava inseguendo, gli fu comunicato che i Filistei avevano occupato il paese, allora abbandonò la caccia a Davide e tornò indietro (1Sam 23, 11-28).
Davide andò coi suoi uomini a rifugiarsi tra gli impervi dirupi intorno a Engaddi. Saul, dopo aver respinto i Filistei, tornò a inseguire Davide con tremila uomini e per fare un bisogno entrò in una caverna.
Ma in essa stavano nascosti Davide e i suoi uomini e questi lo incoraggiarono a disfarsi di Saul, ma lui si limitò a staccargli un lembo del mantello e uscito dalla caverna si rivolse al re gridandogli che avrebbe potuto ucciderlo e che ora gli aveva dimostrato di non voler fargli del male. Saul lo riconobbe e si fece giurare che una volta morto lui, i suoi figli non sarebbero stati cancellati dalla faccia della terra (1Sam 24, 1-23).
Samuele morì e fu sepolto a Rama. A sua volta Davide mandò alcuni suoi uomini a chiedere qualcosa a un ricco ma rozzo pastore, di nome Nabal ricordandogli che lui non aveva mai molestato i suoi pastori mentre erano nel deserto, ma costui non volle dargli nulla.
Allora Davide partì con quattrocento dei suoi seicento uomini con l'intento di vendicarsi. Intanto però la moglie Abigail fu avvisata di quel rifiuto. Allora prese parecchie masserizie e dopo averle caricate sugli asini partì incontro a Davide. Incontratolo, lo pregò di non portare a termine la sua vendetta contro lo stolto Nadal.
Davide ringraziò Dio di avergli risparmiato di spargere del sangue e rassicurò la donna. Questa, tornata a casa, trovò il marito a banchettare e completamente ubriaco.
Allora aspettò che fosse passata la notte prima di riferirgli i propositi di Davide: lui ebbe un malore e dopo dieci giorni morì.
Poi Davide mandò a dire ad Abigail che voleva prenderla per moglie. Egli aveva già preso per moglie pure Achinoam di Jezrael. Saul allora diede Mical in sposa a Falti (1Sam 25, 1-44) Davide per timore di essere ucciso da Saul, nonostante che gli avesse risparmiato la vita due volte si rifugiò tra i Filistei da Achis, re di Gat, che gli concesse di dimorare nella città di Siclag.
Davide faceva razzie il giorno contro i Gesuriti, i Gerziti o gli Amaleciti uccidendo tutti, uomini e donne, affinché non raccontassero ad Achis quello che lui faceva contro quei nemici di Israele, anziché dei Filistei (1Sam 27,1-12).
I Filistei avevano accentrato le loro truppe per muovere guerra contro Israele e Achis convocò Davide in suo aiuto. Saul visto lo schieramento dei Filistei ebbe paura e consultò il Signore ma non ebbe alcuna risposta.
Allora andò in cerca di un negromante per farsi evocare Samuele. Questi lo rimproverò di averlo evocato e gli disse che il Signore gli avrebbe strappato di mano il Regno e lo avrebbe consegnato al suo rivale e che, il giorno dopo, lui e i suoi figli sarebbero morti (1Sam 28, 1-25).
I capi dei Filistei temevano che Davide in battaglia si rivoltasse contro di loro, perciò insisterono con Achis che fosse fatto tornare al luogo a lui destinato e il re a malincuore li accontentò (1Sam 29, 1-11).
Tre giorni dopo, Davide tornò con i suoi a Siclag e trovò che la città era stata incendiata dagli Amaleciti e le loro donne con i bambini erano stati portati via.
Dopo qualche tempo di disperazione, Davide si fece dare l'efod da Achimelec e consultò il Signore per sapere se il tentativo di riprendere i loro cari sarebbe riuscito.
La risposta fu positiva. Allora fu deciso di raggiungere i predoni, ma giunti al torrente Besor, duecento uomini erano talmente stanchi che non se la sentirono di guadare e si fermarono. Gli altri quattrocento continuarono e, con l'aiuto di uno schiavo egiziano di un Amalecita, abbandonato perché si era ammalato, trovarono i predoni che stavano banchettando.
Li uccisero tutti, salvo quattrocento servi che fuggirono. Così Davide e i suoi rientrarono in possesso dei loro cari e dei loro armenti. Tuttavia i quattrocento uomini non volevano che il bottino fosse diviso con i duecento he erano restati al torrente.
Davide, però, volle che si facessero parti uguali perché era stato il Signore a consegnare i predoni nelle loro mani. Da allora si fanno parti uguali a chi va alla battaglia e a chi resta a custodire i bagagli. Poi Davide mandò regali agli anziani di Giuda e ad altri (1Sam 30, 1-31).I Filistei attaccarono battaglia. Alcuni Israeliti fuggirono, altri furono uccisi. Anche i figli di Saul furono uccisi. Allora Saul – ad evitare che i Filistei facessero scempio del suo corpo - chiese invano al suo scudiero di ucciderlo.
Pertanto si uccise da solo gettandosi sulla sua spada, imitato dal suo scudiero. Allora i Filistei entrarono nelle città della valle del Giordano e vi si stabilirono (1Sam 31, 1-13).
SECONDO LIBRO DI SAMUELE
Un Amalecita andò a raccontare a Davide l'accaduto, tra l'altro che aveva visto Saul ancora vivo, ricurvo sulla spada e che il re gli aveva chiesto di finirlo e lui gli aveva obbedito.
Poi aveva preso la benda regale e il monile e li aveva portati a lui, ma Davide lo fece uccidere perché aveva ucciso l'unto del Signore (2Sam 1, 1-18).
DAVIDE RE DI GIUDA
Davide consultò il Signore per sapere se doveva salire nelle città di Giuda e in quale. La risposta fu “Sì, in Ebron.” Allora Davide vi portò le sue due mogli e i suoi uomini con le loro famiglie.
Poi Davide ringraziò gli abitanti di Jabes del Galaad perché avevano seppellito Saul e disse loro che ora restava lui come loro sovrano, unto dal Signore. Però Abner figlio di Ner, capo dell'esercito di Saul, nominò re Isbaal, un figlio di Saul e restò re per due anni, mentre solo la tribù di Giuda restò unita a Davide.
Ci fu una lotta tra gli uomini di Isbaal e quelli di Davide, prima uno scontro tra dodici uomini di una parte e dell'altra che vide vincitori tutti gli uomini di Davide, poi tra i due eserciti. Quello di Davide inseguì l'altro finché Abner non gridò al nemico se la sua spada non avrebbe smesso di versare sangue fratello fino allo sterminio (2Sam 2, 1-32).
In seguito, tuttavia, continuò la guerra tra la casa di Saul e quella di Davide. Infine, in seguito a un dissapore con Isbaal, Abner passò dalla parte di Davide che, però, gli chiese anche di riportargli Micol, figlia di Saul, in aggiunta al popolo di Israele. Tuttavia, Gioab si manifestò in disaccordo con Davide sostenendo che Abner voleva ingannarlo per spiarlo. Tese un tranello ad Abner e lo uccise. Davide se ne dispiacque molto, pianse su di lui con tutto il suo popolo e maledisse Gioab (2Sam 3, 1-39).
Saputo ciò Isbaal, figlio di Saul e re d'Israele, e tutto il suo popolo cadde nella costernazione. Il re aveva due capi banda, che approfittando del suo riposo e del sonno della portinaia entrarono, lo decapitarono e si portarono via la testa, la presentarono a Davide, che però li fece uccidere.
In seguito tutte le tribù di Israele si presentarono a Davide e lo proclamarono re d'Israele. Poi Davide conquistò Gerusalemme con tutti i suoi abitanti, che lo avevano schernito dicendo che sarebbero bastati i ciechi e gli zoppi a respingerlo, visto che avevano fortificato molto bene la città.
I Filistei, saputo che Davide era stato unto re sopra l'intero popolo d'Israele, salirono per dargli la caccia, ma lui consultò il Signore che lo incoraggiò ad attaccarli assicurandogli la vittoria.
In seguito i Filistei si prepararono di nuovo ad attaccare Israele e il Signore questa volta raccomandò di aggirali alle spalle. Infatti furono sconfitti (2Sam 5, 1-25).
Davide pensò di portare via l'Arca di Dio da Baala di Giuda, ma nel percorso Oza che camminava a fianco all'arca vacillò e si appoggiò ad essa. Il Signore lo fece morire all'istante per questa mancanza di rispetto e allora Davide ebbe paura di farla portare a Gerusalemme e la fece portare a Gat nella casa di Obed-Edom, ma dopo tre mesi scoprì che il Signore l'aveva benedetta e allora fece portare l'Arca a Gerusalemme mentre lui danzava festoso. Mical lo disprezzò in cuor suo e glielo manifestò, ma restò senza figli fino al giorno della sua morte (2Sam 6, 1-23).
Davide disse al profeta Natan che lui abitava in una casa di cedro mentre l'Arca di Dio stava sotto una tenda, ma il Signore disse a Natan che avrebbe reso forte il regno di Davide e dei suoi discendenti e che sarebbe stato un suo erede a edificargli un tempio. Il re allora ringraziò Dio di tutti i doni che gli aveva fatto e di quello che prometteva ai suoi discendenti (2Sam 7, 1-29).
In seguito Davide sottomise i Filistei. Colpì anche i Moabiti. Li fece stendere per terra. Quelli di due misure dovevano essere uccisi e quelli di una misura lasciati in vita. Poi colpì il re di Soba e gli Aramei che erano corsi in suo aiuto. Il re di Tou ringraziò Davide per aver sconfitto il re di Soba, suo nemico, e portò doni d'oro. Davide sottomise anche gl'Idumei (2Sam 8, 1-18).
Davide domandò se era ancora in vita qualche figlio di Saul e così scoprì da Siba, un servo della famiglia di Saul, che era vivente Merib-Baal, storpio ad entrambi i piedi e figlio di Gionata. Allora lo mandò a prendere e da allora in poi lo fece mangiare alla sua mensa. Inoltre gli restituì tutti i beni che appartenevano a Saul e alla sua famiglia e ordinò a Siba, alla sua famiglia e ai suoi servi di lavorare i terreni ora assegnati a Merib-Baal (2Sam 9, 1-13).
Quando morì il figlio del re degli Ammoniti, Davide pensò di usare benevolenza a suo figlio Anun in ricordo della benevolenza che aveva ricevuto dal padre, e gli mandò un'ambasciata. Ma i principi degli Ammoniti indussero alla diffidenza il loro re sicché egli rimandò indietro i servi mezzi sbarbati e seminudi. Quando lo seppe, Davide li fece trattenere a Gerico finché non fosse loro ricresciuta la barba – che era considerata in grande onore in oriente. Quando lo seppero gli Ammoniti, assoldarono ventimila Aramei. Saputa la cosa Davide mandò tutto l'esercito dei combattenti agli ordini di Gioab, ma i nemici si divisero in due gruppi a difesa di diverse città. Allora anche l'esercito israeliano fu diviso in due col patto che l'uno sarebbe accorso in aiuto dell'altro in caso di necessità. Gli assoldati fuggirono. Quando lo seppero, anche gli Ammoniti fuggirono e rientrarono nella loro città. Allora Gioab tornò a Gerusalemme con tutto l'esercito. Poi gli Aramei unirono le forze con quelle di Adadezer, si prepararono e attaccarono Israele che però li mise in fuga e uccise quarantamila uomini e settecento pariglie di cavalli (2Sam 10, 1-19).
All'inizio del nuovo anno, Davide mandò i suoi uomini a saccheggiare i figli di Ammon, ma lui se ne restò a Gerusalemme e alzandosi dopo il riposo pomeridiano vide una donna molto bella che stava facendo il bagno.
Era Betsabea, moglie di Uria. Allora mandò dei messi a prenderla e si coricò con lei, che in seguito gli fece sapere di essere incinta.
Poi Davide convocò Uria e gli disse di tornarsene a casa sua a riposarsi, ma lui si rifiutò dicendo che l'Arca di Dio, Israele e Giuda bivaccavano sotto le tende.
A tal punto il re incaricò Gioab di mandare Uria in prima linea affinché fosse ucciso. E così avvenne. Quando Betsabea lo seppe, fece il rituale lutto di sette giorni, poi fu chiamata alla corte del re (2Sam 11, 1-27).
Il Signore mandò il profeta Natan a dire a Davide che c'era un ricco che aveva pecore e buoi in grande quantità, un povero aveva invece una piccola agnella.
Un giorno capitò un ospite nella casa del ricco che, per offrire un pranzo, mandò a prendere l'agnella del povero e la fece cucinare.
Davide, sdegnato, disse che quell'uomo meritava la morte e che doveva restituire il quadruplo del valore dell'agnella.
A questo punto Natan gli rispose: “Sei tu quel ricco” e aggiunse che aveva ricevuto tanti doni da Dio: era stato unto re, salvato dalle trame di Saul, ricevuto le sue mogli e avrebbe ricevuto anche dell'altro, ma poiché aveva disprezzato Dio facendo morire Uria, gli avrebbe fatto sorgere un rivale nella sua stessa casa che gli avrebbe portato via le mogli.
Davide riconobbe di avere peccato, ma Natan lo rassicurò che comunque non sarebbe morto, ma il bambino nato da Betsabea sì.
Poi Davide si unì di nuovo a Betsabea ed ella ebbe un altro figlio, Salomone.
Intanto Gioab che assediava Rabba, chiamò il re a prendere lui stesso possesso della città. Così avvenne e oltre a prendersi un ricco bottino, condannò gli Ammoniti ai lavori pesanti (2Sam 12, 1-31).
ASSALONNE
Il primogenito di Davide, Amnon, si innamorò di una sorellastra, che era sorella di Assalonne, e finì col violentarla ma poi non volle sapere più nulla di lei, nemmeno di ottenere dal padre il permesso di sposarla.
Assalonne qualche tempo dopo organizzò un banchetto per il re e per tutti i suoi figli, ma solo questi ultimi vi andarono.
A un certo punto i servi uccisero Amnon su ordine di Assalonne che poi fuggì altrove per tre anni, durante i quali Davide fece lutto ma alla fine depose ogni sdegno contro il figlio (2Sam 13, 1-39).
Gioab mandò dal re una donna di Gesur molto accorta dicendole di fingersi in lutto e di temere per l'uccisione del suo unico figlio rimastole dopo che lui aveva ucciso il fratello.
Altri infatti volevano ucciderlo. Con questa storia ottenne che Davide richiamasse Assalonne, ma poi non lo volle alla corte per due anni.
A questo punto Assalonne chiese ripetutamente a Gioab di andare a chiedere a Davide di riceverlo, ma visto il rifiuto ripetuto di Gioab, gli fece bruciare le messi.
Allora Gioab lo accontentò e Assalonne fu richiamato a corte (2Sam 14, 1-33).
In seguito Assalonne cercava di ingraziarsi il popolo dicendo a chi chiedeva giustizia che lui gliel'avrebbe fatta, affinché volessero farlo giudice d'Israele.
In realtà poi si fece proclamare re di Ebron. Davide, informato delle simpatie che Assalonne si era conquistato, decise con i suoi di fuggire da Gerusalemme affinché la città non fosse messa a fil di spada.
Inoltre, per sventare i piani di Assalonne, incaricò i sacerdoti Sadoc e Abiatar di restare nella città con l'Arca di Dio, ed Etai di Gat di far sapere a loro quello che udiva in città affinché un altro l'ascoltasse e riferisse a lui che avrebbe atteso notizie stando vicino ai guadi del Cedron (2Sam 15, 1-37).
Un uomo del parentado di Saul insultò il re Davide accusandolo di aver usurpato il regno di Saul e aggiunse che il Signore aveva dato il regno ad Assalonne.
Tuttavia il re non permise che quell'uomo venisse ucciso, attribuendo quel comportamento alla volontà di Dio.
Poi Assalonne, su consiglio di Achitofel che si era dichiarato pronto a servire il nuovo re come aveva servito Davide, entrò dalle concubine di Davide (2Sam 16, 1-23).
Achitofel promise ad Assalonne di andare a scoraggiare il re Davide per farlo abbandonare dalla sua gente e di colpire lui solo per riunire tutto il popolo sotto Assalonne stesso, ma Cusai consigliò di riunire prima il popolo e di attaccare poi Davide, ma poi lo fece avvertire affinché si allontanasse.
A questo punto due uomini pensarono a sfamare Davide e i suoi uomini (2Sam 17, 1-29).
Davide preparò i suoi uomini alla battaglia contro Assalonne dividendoli in tre corpi guidati da Gioab, Abisai ed Etai, ma accettò il loro consiglio di restare indietro per intervenire in caso di necessità, poiché gli Israeliti volevano prendere solo lui.
Però raccomandò ai capi di risparmiare la vita ad Assalonne. Gli Israeliti furono distrutti, più dalla selva che dalla spada.
Assalonne stesso rimase appeso coi capelli ai rami di una quercia perché il mulo che lui cavalcava se ne andò.
Un soldato avvisò di questo fatto Gioab, il quale andò lui stesso a uccidere Assalonne che poi fu coperto da un gran mucchio di pietre.
Quando l'ebbe saputo, Davide pianse disperatamente, ma Gioab lo minacciò che se non si fosse presentato a rassicurare i soldati, nessuno di loro sarebbe restato con lui (2Sam 19, 1-9).
ULTIME GESTA DI DAVIDE
Morto Assalonne, le tribù d'Israele decisero di accettare di nuovo Davide come loro re. Davide allora prese Amasa, capo dell'esercito nemico, al posto di Gioab.
Semei, che in precedenza aveva insultato Davide, chiese perdono e promise la sua sottomissione. Abisai affermò che tale ribelle meritava la morte, ma Davide rispose che non si doveva uccidere nessuno il giorno in cui lui ridiventava re di Israele.
Anche Merib-Baal, il figlio storpio di Saul, chiese al re di fare di lui quello che voleva, ma Davide gli promise che avrebbe assegnato a lui e a Siba le terre del re precedente.
Anche Barzillai preferì restare a morire nella sua città e che al posto suo fosse beneficato Kimbam (2Sam 19, 10-44).
Seba, un uomo malvagio figlio di Bicri della tribù di Beniamino, istigò il popolo d'Israele ad abbandonare Davide.
Allora Davide incaricò Amasa di radunare gli uomini di Giuda entro tre giorni, ma egli tardò ad arrivare e l'incarico fu dato ad Abisai.
Poi Gioab uccise Amasa a tradimento colpendolo al ventre e col fratello si mise a inseguire Seba. Uno degli uomini di Gioab incoraggiava chi stava dalla parte del re, a seguire Gioab, ma tutti si fermavano ad osservare l'ucciso.
Allora quell'uomo lo trascinò nei campi e gli gettò sopra una coperta così nessuno si fermò più. Raggiunta la sua città la cinsero d'assedio. Una donna assennata propose a Gioab che lasciasse in pace la città in cambio della consegna della testa di Seba e lo ottenne (2Sam 20, 1-26).
Vi fu una carestia che durò tre anni. Allora Davide fece consultare l'oracolo del Signore. La risposta fu che il sangue dei Gabaoniti versato da Saul - un resto di Amorrei nei confronti dei quali gli Israeliti si erano impegnati con giuramento - pesava su Saul e sulla sua famiglia. Costoro non chiesero oro né argento, ma che fossero consegnati loro sette discendenti di Saul per poterli impiccare. In seguito la madre di due degli impiccati coprì i loro cadaveri con una coperta. Allora Davide li fece seppellire insieme ai resti di Saul e Gionata nel sepolcro del loro padre. A questo punto Dio si placò verso il Paese (2Sam 21, 1-14).
Scoppiò di nuovo guerra tra i Filistei e Israele. Un nemico stava per uccidere Davide, che però fu salvato da Abisai. Da quel momento il re fu fatto restare indietro affinché non si spegnesse la luce d'Israele. Altri eroi israeliti uccisero dei prodi Filistei (2Sam 21, 15-22).
Cantico di Davide (non sintetizzato: 2Sam 22, 1-57).
L'ira del Signore si eccitò di nuovo contro Israele suggerendo a Davide di fare il censimento. Gioab e gli altri capi dell'esercito tentarono di dissuaderlo, ma l'ordine del re prevalse. Risultarono 800.000 uomini atti alle armi in Israele e 500.000 in Giuda.
A questo punto Davide si pentì di aver fatto eseguire il censimento ma il profeta Gad gli chiese di scegliere tra tre castighi: una carestia di tre anni, tre mesi di fuga davanti ai nemici o tre giorni di peste.
Il re scelse quest'ultima ritenendo migliore cadere nelle mani del Signore che in quella degli uomini.
La peste imperversò per tre giorni e settantamila persone morirono. Il profeta aveva invitato Davide a erigere un altare al Signore nell'aia di Ornan il Gebuseo. Costui offrì gratis al re la sua aia e anche i buoi per il sacrificio, ma questi volle pagargli tutto. A questo punto il Signore si placò verso il paese (2Sam 24, 1- 25).
PRIMO LIBRO DEI RE
Quando Davide era ormai molto vecchio, non riusciva più a riscaldarsi malgrado gli venissero posti sopra molti indumenti. Allora trovarono una bellissima vergine di nome Abisag affinché lo assistesse e dormisse con lui, ma Davide non ebbe mai rapporti coniugali con lei. Adonia che era uno dei figli del re, forte dell'appoggio di Gioab e del sacerdote Abiatar, cominciò a dire che lui avrebbe regnato. Egli invitò tutti i suoi fratelli, salvo Salomone, ma non invitò il sacerdote Sadoc il profeta Natan e Banaia, né i prodi.
Allora Natan consigliò Betsabea di ricordare a Davide la promessa di lasciare il regno a Salomone e di dirgli che Adonia già si era proclamato re.
Fu così che Davide incaricò il sacerdote Sadoc e il profeta Natan di ungere Salomone re d'Israele e di suonare il corno.
Gli invitati di Adonia, informati della decisone di Davide e della proclamazione a re di Salomone, se ne andarono dal convito. Rimasto solo, Adonia chiese a Salomone di aver salva la vita e Salomone glielo promise a patto che fosse restato leale, altrimenti sarebbe stato ucciso.
A sua volta, Davide sentendosi vicino alla propria fine raccomandò a Salomone di restare fedele al Dio d'Israele e di osservare i suoi comandamenti, poiché così facendo il suo trono sarebbe stato saldo nelle mani dei suoi discendenti.
Lo incaricò anche di dimostrare gratitudine verso i figli di Barzillai - che lo aveva aiutato - e di punire Gioab - che aveva versato sangue innocente - e Semei, che lo aveva maledetto.
Dopo la morte di Davide, Adonia andò da Betsabea e le chiese di intercedere presso Salomone affinché gli fosse data in moglie Abisag, ma il re capì che questo era un tranello per ottenere il trono e fece uccidere Adonia il giorno stesso.
In seguito il Signore apparve in sogno a Salomone promettendo di dargli quello che avesse chiesto. Salomone chiese la sapienza per ben governare il popolo e ottenne di avere un'intelligenza e una saggezza come nessun altro al mondo nel passato e nel futuro.
Il popolo d'Israele ebbe pace, felicità e tutti mangiavano e bevevano trascorrendo giorni felici.
I popoli vicini pagavano tributi al re d'Israele e tutti i re della terra andavano da lui a sentirne la sapienza.
Poi Salomone si accordò col re di Tiro per avere i cedri e fece estrarre pietre scelte con cui costruire il Tempio del Signore, lungo circa trenta metri, largo dieci e alto quindici. Nel fondo di esso era il Santuario, il Santo dei Santi, lungo circa dieci metri, rivestito d'oro purissimo. In esso fu collocata l'Arca dell'Alleanza. Sulle tavole di cedro che rivestivano il Tempio erano scolpite cucurbite e ghirlande di fiori.
Il Signore rivolse la parola a Salomone e gli disse: “Per questo Tempio che mi stai costruendo, se vivrai secondo le mie leggi, custodirai tutti i miei comandamenti e li metterai in pratica, abiterò in mezzo ai figli d'Israele e non li abbandonerò mai.”
Salomone, invece, oltre ad aver sposato la figlia del Faraone sposò molte altre donne straniere - di quei paesi di cui il Signore aveva proibito di prendere per mogli e di dare loro le proprie figlie, affinché non inducessero il popolo d'Israele alla perversione e all'idolatria - e costruì altari ai loro dèi.
Allora Dio si sdegnò contro Salomone e gli preannunciò uno scisma, non subito ma sotto il regno di suo figlio, al quale sarebbe rimasta fedele solo una delle dodici tribù d'Israele.
Il principale nemico del regno d'Israele fu Geroboamo al quale toccarono dieci tribù israelite, ma il profeta Ahia lo avvertì che se non avrà osservato i comandamenti del Signore neanche il suo regno sarebbe stato stabile. Salomone cercò di uccidere Geroboamo, ma costui fuggì in Egitto.
Quando Salomone morì, dopo quarant'anni di regno, gli successe il figlio Roboamo. Il popolo israelita gli chiese di alleggerire le servitù loro imposte promettendo che così gli sarebbe stato fedele.
Lo stesso gli fu consigliato dagli anziani, ma i giovani suoi amici gli consigliarono di promettere di fare peggio del padre Salomone.
Allora dieci tribù d'Israele, dopo aver saputo che Geroboamo era tornato dall'Egitto, lo costituirono loro re.
Costui, però, per timore che - andando al tempio di Gerusalemme per offrire sacrifici - gli Israeliti tornassero da Roboamo, costruì due vitelli d'oro, li collocò a Bet-El e a Dan e disse al suo popolo che erano stati tali vitelli a liberarlo dalla schiavitù in Egitto e di adorarli e di smettere di andare a Gerusalemme.
Inoltre, Geroboamo costituì anche dei sacerdoti che non erano figli di Levi.
Un giorno mentre Geroboamo stava all'altare per offrire un sacrificio, un profeta disse:” Altare, altare! Un giorno il re Giosia sacrificherà sopra di te i sacerdoti che oggi bruciano su di te i loro profumi. Come prova che è stato il Signore a parlare, fra poco l'altare si spezzerà e la cenere che vi è sopra sarà dispersa.” Geroboamo stese la sua mano e disse gridando: “Prendetelo”, ma la mano restò secca ed egli non poté ritirarla, l'altare si spezzò e la cenere andò dispersa.
Allora, il re pregò il profeta di supplicare il Signore affinché gli fosse restituita la mano e così avvenne. Geroboamo invitò da lui l'uomo di Dio a ristorarsi, ma questi si rifiutò perché il Signore gli aveva proibito di mangiare e di bere acqua in quel luogo. Poi però un vecchio profeta gli disse che un angelo gli aveva detto di condurlo presso di lui e di farlo mangiare e bere a casa sua.
L'uomo di Dio si lasciò convincere. Mentre stavano a tavola, il vecchio profeta disse: “Così dice il Signore: perché sei stato disobbediente alla parola del Signore, il tuo cadavere non avrà sepoltura con i tuoi padri.”
Infatti, un leone lo assalì per strada e lo uccise. Quando il vecchio profeta lo seppe, andò a prendere il suo cadavere e lo seppellì nel proprio sepolcro.
Nonostante tutto ciò, Geroboamo non si convertì dalla sua pessima via e continuò a costituire sacerdote chiunque lo chiedesse e per questo motivo fu distrutta la sua famiglia, come aveva preannunciato un profeta: quelli che morivano in città erano mangiati dai cani e quelli che morivano in campagna erano mangiati dagli uccelli.
Roboamo, invece. regnò per diciassette anni a Gerusalemme, che Dio aveva eletto come sua città per stabilirvi il suo nome, ma anche quelli di Giuda fecero ciò che è male agli occhi del Signore: eressero alti luoghi, cippi e luoghi sacri sopra ogni collina elevata e si ebbero anche dei prostituti sacri imitando tutte le abominazioni delle genti che il Signore aveva distrutte davanti ai figli d'Israele.
Il quinto anno del regno di Roboamo, Sesac re d'Egitto salì a Gerusalemme e si fece dare i tesori del Tempio e del re e gli scudi d'oro preparati da Salomone.
Inoltre, Roboamo e Geroboamo si fecero guerra per tutto il tempo.
Poi fu Abia a salire sul trono di Giuda, ma neanche lui fu integralmente per il Signore.
Anche lui fu in lotta con Geroboamo.
Gli succedette dopo tre anni il figlio Asa - che regnò per 41 anni e fu più fedele al Signore, anche se non fece sparire gli alti luoghi.
Asa mandò doni al re dell'Aram affinché rompesse l'alleanza con Baasa, re d'Israele, sicché poté portargli via il materiale con cui stava fortificando Rama e con esso fortificò due città di Giuda.
In seguito Nadab divenne re d'Israele ma Baasa, figlio di Ahia, lo uccise in una congiura e sterminò i discendenti di Geroboamo.
Tuttavia anche Baasa fece il male agli occhi del Signore, sicché il profeta Jeu, di Giuda, preannunciò lo sterminio della famiglia di Baasa. Gli successe Ela che fu ucciso da un ufficiale.
Allora Israele proclamò re Omri, capo dell'esercito ma anch'egli peccò anche più dei suoi predecessori, costruì la città di Samaria e regnò per sette anni.
Gli successe suo figlio Acab che si comportò ancora peggio, sposando la figlia del re dei Sidonii e mettendosi a servire Baal al punto di adorarlo.
(In quel tempo, l'efraimita Jel ricostruì Gerico e seppellì vivo il suo primogenito nell'iniziare le mura e l'ultimogenito nell'ultimarle, secondo la maledizione di Giosuè (Gs 6,26)).
Allora il profeta Elia fu mandato a dire ad Acab: “Come è vero che vive il Signore, in questi anni non cadrà né pioggia, né rugiada finché non lo dirò io”.
Poi su ordine divino, andò a rifugiarsi presso il torrente Carit. La mattina i corvi gli portavano il pane e la sera la carne, come aveva promesso il Signore e, quando il torrente si seccò per mancanza di piogge, fu mandato a una vedova di Sarepta affinché fosse nutrito da lei. Le era rimasto solo un pugno di farina e un'oncia di olio ma il profeta le assicurò che la farina e l'olio sarebbero durati fino a che non fosse tornata la pioggia sulla terra.
In quel tempo avvenne che il figlio della vedova si ammalasse e morisse.
Elia lo portò nella camera in cui alloggiava e pregò il Signore affinché l'anima di quel giovane ritornasse nel suo corpo. Così poté riconsegnare vivo a sua madre quel giovane che poi visse a lungo.
Passati tre anni senza piogge, Elia fu mandato da Acab che subito gli disse: “Sei tu che conturba Israele?”
Il profeta gli rispose: “No, sei tu e la casa di tuo padre, perché avete abbandonato i Comandamenti del Signore per andare dietro ai Baal. Or dunque ordina che si raduni davanti a me, sul monte Carmelo tutto Israele insieme ai quattrocentocinquanta profeti di Baal e ai quattrocentocinquanta profeti di Ascera.”
Quando ciò fu fatto, Elia disse: “Fino a quando zoppicherete da due parti? Se il vero Dio è il Signore, seguitelo; se invece è Baal seguite solo lui. Dateci due giovenchi, i profeti di Baal ne scelgano uno per loro, lo facciano a pezzi e lo dispongano sopra la legna, senza mettervi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio, io invocherò il nome del Signore. Il Dio che risponderà mandando il fuoco, quello sia il vero Dio.”
Invano i profeti di Baal pregarono il loro dio dalla mattina a mezzogiorno. Allora Elia, cominciò a prendersi gioco di loro invitandoli a gridare più forte perché forse Baal stava dormendo, o altro, ma non venne nessuna risposta.
Pertanto, fece restaurare un altare per il Signore e fece scavare un piccolo fossato intorno ad essa, tagliò a pezzi il giovenco e li mise sulla legna, fece versare acqua sull'olocausto e sulla legna tre volte al punto che l'acqua riempì il fossato. Poi pregò dicendo: “Signore, Dio d'Abramo, Isacco e Israele, rispondimi affinché questo popolo riconosca che sei tu il vero Dio.”
Subito il fuoco del Signore discese e divorò l'olocausto, le pietre, la legna e perfino la polvere, assorbendo l'acqua che era nel piccolo fossato. A quel punto il popolo si prostrò per terra, esclamando: “È il Signore il vero Dio!”
Allora Elia ordinò: “Prendete i profeti di Baal. Non ne scampi nemmeno uno.” Li fece scendere nel torrente Cison e li sgozzò uno ad uno.
Poi Elia disse ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi perché non ti sorprenda una pioggia torrenziale.” A un tratto il cielo si oscurò, si scatenò il vento e cadde giù una pioggia dirotta.
Acab poi raccontò a Gezabele tutto quello che Elia aveva fatto. Allora la regina mandò a dire al profeta che avrebbe senza indugio fatto a lui quello che lui aveva fatto ai suoi profeti.
Elia ebbe paura e si inoltrò nel deserto per un giorno di viaggio e invocò la morte, poi si addormentò ma un angelo lo svegliò e gli fece mangiare due pani. Fortificato con essi, ripartì e camminò per quaranta giorni fino al monte di Dio, l'Oreb, ma il Signore lo incaricò di andare a Damasco a ungere Azael come re dell'Aram, poi Jeu, nipote di Namsi, quale re d'Israele e, infine, Eliseo quale profeta al posto suo.
In quel tempo Ben-Adad, re dell'Aram, salì contro Samaria e l'assediò, intanto mandò dei messaggeri ad Acab intimandogli di consegnargli tutto l'oro e l'argento, ma non le mogli e i figli. Acab accettò, ma Ben-Adad gli ordinò di consegnargli anche mogli e figli. Acab, dopo essersi consultato con gli anziani, rispose che non poteva accettare.
Un profeta gli assicurò, da parte del Signore, che gli avrebbe concesso la vittoria, nonostante la moltitudine dei nemici, mediante i duecento trentadue servi dei capi delle province, seguiti dal resto dell'esercito di settemila uomini, affinché lo riconoscesse come Dio e così avvenne: lo stesso Ben-Adad si salvò fuggendo a cavallo.
Gli Aramei allora dissero al loro re che erano stato sconfitti perché il Dio d'Israele era un Dio delle montagne e gli consigliarono di fargli guerra nella pianura. Un anno dopo si accamparono in Afec.
Gli Israeliti sembravano due piccoli branchi di capre in confronto ai loro nemici.
Il profeta rassicurò Acab che Dio gli avrebbe assicurato la vittoria per dimostrargli di nuovo che era lui il Signore. Infatti, in un solo giorno furono uccisi centomila Aramei. I ventisettemila scampati si rifugiarono dentro Afec vicino alle mura ma esse crollarono su di loro.
Dietro consiglio dei suoi, Ben-Adad si disse amico e sottomesso ad Acab e ottenne che gli fosse risparmiata la vita, ma allora un profeta preannunciò al re israelita che avrebbe pagato con la vita sua – e anche il suo popolo - l'aver lasciato in vita il re nemico votato da Dio all'anatema.
In seguito Acab desiderò di comprare la vigna di Nabot, ma costui non volle privarsi dell'eredità dei suoi padri. Il re ne restò molto dispiaciuto, si gettò sul suo letto, voltò la sua faccia verso il muro e non volle mangiare più.
La moglie Gezabele gli promise che gliel'avrebbe procurata lei. Infatti, trovò due falsi testimoni i quali giurarono che avevano sentito Nabot maledire Dio e il re. Così Nabot fu ucciso insieme ai suoi figli, sicché la vigna fu confiscata da Acab, secondo le usanze del tempo.
Allora, Elia si presentò al re - che era sceso nella vigna per prenderne possesso - e gli profetizzò che il Signore avrebbe fatto scendere la sventura sulla sua famiglia come aveva fatto con Geroboamo e Baasa e che la moglie Gezabele sarebbe stata mangiata dai cani nella vigna di Nabot.
Acab si umiliò davanti al Signore, si vestì di cilicio, digiunò, dormì in un sacco e camminò a testa bassa. Allora il Signore cambiò la sentenza contro di lui: la sventura avrebbe colpito suo figlio.
Tre anni dopo, per riconquistare Ramot, Acab chiese aiuto a Giosafat, re di Giuda. Costui gli rispose di sì ma gli raccomandò di consultare la parola del Signore. Acab fece radunare i quattrocento profeti ligi a lui e chiese il loro parere e tutti gli preannunciarono la vittoria, ma Giosafat volle che si chiedesse anche il consiglio di un profeta del Signore. Michea promise anche lui la vittoria. Allora Acab gli disse: “Quante volte ti devo scongiurare di non annunziarmi che la pura verità?”
Michea rispose: “Ho visto tutto Israele disperso per le montagne come pecore senza pastore e il Signore sul suo trono che domandava: “Chi andrà ad ingannare Acab affinché salga a Ramot e vi muoia?”
Uno degli spiriti rispose che lui stesso sarebbe stato menzogna sulla bocca dei suoi profeti.
Acab andò travestito in guerra con Giosafat contro gli Aramei, ma questi avevano ricevuto l'ordine di colpire solo Acab e di lasciar stare gli altri.
Vedendo solo Giosafat con i vestiti regali, pensarono che fosse Acab e si diressero contro di lui ma Giosafat gridò e così capirono che non era lui il re d'Israele e lo lasciarono stare.
Intanto un uomo scoccò una freccia che ferì Acab, il quale però non potette allontanarsi - perché la battaglia infuriò tutto il giorno - e la sera morì. Il suo cocchio fu lavato e il sangue di Acab fu lambito dai cani.
Giosafat, re di Giuda, aveva cominciato a regnare nel quarto anno del re Acab. Egli imitò suo padre Asa, fece ciò che era giusto agli occhi del Signore e fece sparire i prostituti sacri, ma non fece sparire gli alti luoghi sui quali il popolo continuava a sacrificare e a bruciare incenso.
SECONDO LIBRO DEI RE
Il re di Israele, Ocozia, successe al padre Acab. Un giorno cadde dal davanzale della sua altana e sentendosi molto male, mandò dei messi a consultare Baalzebub se poteva riaversi da quella disgrazia, ma l'Angelo del Signore ordinò ad Elia di andare incontro a loro per domandare se non ci fosse un Dio in Israele per andare a consultare il dio di Accaron e che per questo fatto Ocozia sarebbe sicuramente morto.
Pertanto i messi tornarono dal re a riferirgli quanto era accaduto. Allora il re mandò al profeta un capo di cinquanta uomini il quale disse: “Uomo di Dio, il re ordina così, fa presto a scendere.”
Elia gli rispose:
“Se sono un uomo di Dio, discenda un fuoco dal cielo e divori te e i tuoi cinquanta uomini”. E il fuoco discese dal cielo e divorò lui e i suoi cinquanta.
Il re mandò un altro capo di cinquanta che si comportò allo stesso modo e altrettanto fece Elia.
Allora il re mandò un altro capo di cinquanta, ma questi supplicò Elia di avere pietà di lui e dei suoi cinquanta sicché il Signore disse ad Elia di andare con loro dal re ad annunciargli la morte. E infatti Ocozia morì e gli successe il fratello Joram.
Poi Elia si mise in cammino insieme ad Eliseo e gli disse più volte di allontanarsi da lui perché doveva essere portato via, ma Eliseo si rifiutò sempre.
Arrivati al fiume Giordano, Elia avvolse il mantello e con esso percosse le acque, che si separarono ed entrambi poterono passare per l'asciutto. Infine arrivò un carro di fuoco, trainato da cavalli pure di fuoco, che li separò ed Elia salì al cielo in un turbine.
Eliseo stracciò le proprie vesti e raccolse il mantello di Elia e tornato indietro percosse con esso il Giordano e le acque si separarono in due e attraversò il fiume per l'asciutto.
Allora altri discepoli capirono che lo spirito di Elia era passato sopra Eliseo.
I cittadini di Gerico poi dissero ad Eliseo che il soggiorno di quella città era ottimo, ma l'acqua era pessima e la terra era sterile.
Il profeta si fece portare una scodella nuova con del sale dentro, lo gettò nella sorgente e disse: “Così parla il Signore: Io renderò sane queste acque ed esse non causeranno più morte né sterilità.” E quelle acque diventarono sane per sempre.
Mentre saliva verso Bet-El, Eliseo s'imbatté in un gruppo di ragazzetti, usciti dalla città, che lo sbeffeggiavano dicendo: “Vieni su, testa pelata.” Egli li maledisse nel nome del Signore. Allora comparvero dal bosco due orse che ne sbranarono quarantadue.
Mesa, re di Moab, smise di pagare il tributo al re d'Israele dopo la morte di Acab.
Pertanto, Joram re d'Israele chiese aiuto a Giosafat - re di Giuda - e a quello di Edom, ma dopo sette giorni di viaggio venne a mancare l'acqua. Allora fu chiamato Eliseo, il quale solo per riguardo a Giosafat, ordinò di fare molte fosse nella valle e assicurò che senza che essi sentissero vento e vedessero pioggia, le fosse si sarebbero riempite e che anzi il Signore avrebbe dato Moab nelle loro mani ed essi dovranno distruggere le città fortificate e otturare tutte le sorgenti. E così avvenne.
In seguito una donna, moglie di un discepolo di Eliseo, disse al profeta che suo marito era morto e un suo creditore era andato da lei per prendere i suoi figli e farli suoi schiavi.
Eliseo le disse di mandare i figli a chiedere in prestito ai vicini tutti i recipienti vuoti che trovavano, per poi riempirli col suo olio e poi venderlo e pagare il debito e vivere con l'olio restante.
Poi fu trattenuto a mangiare da una donna ricca ma che non aveva figli. Lei gli fece preparare una stanza affinché passando di lì potesse riposarvisi insieme al suo servo.
Per ricompensarla, Eliseo, dopo aver saputo che non aveva figli e che suo marito era vecchio, le promise che l'anno dopo avrebbe avuto un bambino e così avvenne.
Parecchi anni dopo, però, il bambino era diventato un giovanetto, si sentì male e morì.
La madre si affrettò ad andare dal profeta, che però mandò il suo servo, ma la donna non si mosse finché Eliseo non andò di persona, si chiuse nella camera, pregò il Signore, poi si coricò sul fanciullo finché non l'ebbe riscaldato e lo restituì vivo alla madre.
Eliseo ottenne anche numerosi altri miracoli, come:
·la sanificazione di ortaggi velenosi,
·la moltiplicazione dei pani ricevuti in dono,
·la guarigione del lebbroso siro Naaman,
·il recupero del ferro – caduto nell'acqua - di un'accetta ricevuta in prestito,
·di poter svelare a Israele i disegni del re di Siria, contro il quale stava in guerra.
Allora il re di assiro domandò ai suoi servi chi riferiva a Israele i suoi piani.
Un servo gli rispose: “Nessuno, o re, ma è il profeta Eliseo che fa sapere al suo re tutte le parole che tu dici nella tua camera da letto.”
Allora il re domandò dove stava il profeta per poter mandare a prenderlo. Gli risposero che stava in Dotan. Così fu mandato un esercito ad assediare quella città ma Eliseo pregò il Signore affinché colpisse i nemici con la cecità ed essi furono allucinati.
Poi disse loro che non era quella la città in cui stava il profeta e li guidò in Samaria, poi pregò il Signore affinché restituisse loro la vista ed essi si accorsero di stare in Samaria. Il re domandò ad Eliseo se doveva ucciderli, ma Eliseo rispose di dar loro da mangiare e da bere e poi lasciarli tornare nel loro paese.
Dopo di ciò il re dell'Aram mandò tutto il suo esercito ad assediare Samaria e vi fu una terribile fame in città. Una donna gridò al re – che stava passando sopra le mura - che un'altra le aveva detto di darle il suo bambino per mangiarlo insieme, e che il giorno dopo avrebbero mangiato il bambino suo, ma poi non aveva mantenuto la promessa.
Allora il re d'Israele si stracciò le vesti e si lanciò delle maledizioni se Eliseo fosse restato con la testa quel giorno e mandò avanti un sicario a decapitarlo, ma il profeta disse agli anziani che stavano con lui di chiudere la porta. Il re gli domandò che cosa doveva aspettarsi ancora da Dio e lui gli annunciò che l'indomani la farina e l'orzo sarebbero costati pochissimo.
L'ufficiale che sorreggeva il re rispose che ciò non sarebbe avvenuto nemmeno se il Signore avesse aperto le finestre del cielo.
Eliseo gli oppose: “Lo vedrai coi tuoi occhi ma non ne mangerai.”
Presso la porta della città vi erano quattro lebbrosi i quali pensarono di andare nel campo degli Aramei, sperando che costoro dessero loro da mangiare, a rischio di essere uccisi tanto sarebbero comunque morti per fame restando fuori dalla città. Così trovarono l'accampamento abbandonato, poiché il Signore aveva fatto sentire rumore di cavalli e carri come lo strepito di una grande armata.
Allora mangiarono a sazietà, poi presero vesti e oggetti preziosi nelle tende ma dopo decisero di farlo sapere al re il quale, però, pensò che fosse un tranello per farli uscire dalla città e ucciderli, ma un ufficiale lo convinse a mandare due cavalieri a vedere e questi gli riferirono che veramente gli Aramei erano fuggiti.
Allora tutto il popolo uscì a saccheggiare il campo degli Aramei e il giorno dopo veramente farina e orzo costavano pochissimo.
L'ufficiale - menzionato sopra - morì schiacciato alla porta della città dalla veemenza della folla che accorreva a comprare il cibo.
Eliseo poi disse alla donna di cui aveva risuscitato il figlio di trasferirsi con la famiglia presso i Filistei poiché il Signore stava per mandare nel paese una carestia di sette anni.
Al suo ritorno nel paese d'Israele la donna ottenne la restituzione delle terre e delle loro entrate.
Joram, figlio di Josafat, regnò dopo il padre e seguì le vie perverse del re di Israele, come la casa di Acab del quale aveva sposato una figlia, ma il Signore non volle sterminare il popolo di Giuda per amore di Davide, però permise che Edom si ribellasse a Giuda e si eleggesse un suo re.
Joram lo attaccò ma fu sconfitto. Anche Lebna si ribellò. A Joram, re di Giuda, successe poi Ocozia che regnò solo un anno. A quel punto Eliseo mandò un suo giovane discepolo a Ramot nel Galaad a ungere re di Israele il generale Jeu e a dirgli che il Signore lo mandava a percuotere la casa di Acab.
Intanto Joram, re d'Israele, mandò un suo messo a domandare a Jeu se andava tutto bene. Jeu rispose: “Che t'importa se va tutto bene? Vieni dietro a me.”
Joram mandò un altro messo a fare la medesima domanda e Jeu gli diede la medesima risposta, ma la sentinella disse al sovrano che doveva trattarsi di Jeu, poiché guidava i cavalli come un pazzo.
Allora Joram fece attaccare i cavalli e andò di persona insieme a Ocozia a domandare se andava tutto bene.
Jeu gli rispose: “ Com'è possibile che vada tutto bene finché dura il culto idolatrico di tua madre Gezabel e le sue numerose stregonerie?” A questo punto Joram gridò a Ocozia: “Tradimento, Ocozia”. Jeu aveva già teso l'arco e lo colpì al cuore, ne fece gettare il cadavere nel campo di Nabot, poi si mise a inseguire Ocozia e fece uccidere anche lui.
Tornato a Jezrael ordinò agli eunuchi di gettare Gezabel dalla finestra e il suo sangue schizzò sui muri e sui cavalli che calpestarono il suo cadavere.
Jeu – dopo aver mangiato e bevuto - ordinò che quel cadavere fosse sepolto nel podere di Jezrael ma non trovarono che il cranio, le mani e i piedi perché il resto era stato divorato dai cani, come aveva profetizzato Elia.
In seguito Jeu mandò una lettera ai comandanti di Samaria, che tenevano in custodia i 71 figli di Acab ordinando (ironicamente) loro di scegliere il migliore e di nominarlo re di Israele, ma quelli capirono di non poter resistere al generale, perciò gli risposero che erano suoi servi e che facesse sapere loro cosa dovevano fare.
Jeu rispose che gli portassero il giorno dopo quei 71, ma essi li fecero decapitare e gli mandarono le loro teste.
In seguito fece uccidere anche i parenti di Ocozia in numero di quarantadue.
Poi radunò tutto il popolo e proclamò: “Acab ha onorato poco Baal! Io l'onorerò molto di più. Fate dunque venire da me tutti i profeti di Baal, tutti i suoi adoratori e i suoi sacerdoti. Nessuno manchi perché io voglio offrire un grande sacrificio a Baal.
Quando essi si furono riuniti, il tempio ne era pieno.
Jeu mise 80 armati con la minaccia che chi ne avesse lasciato uno vivo avrebbe pagato con la propria vita, poi ordinò agli ufficiali e ai soldati di entrare nel tempio e di passare a fil di spada tutti i presenti.
Dopo distrussero le statue di Baal, le bruciarono e ridussero il tempio a un luogo immondo.
Tuttavia Jeu non si allontanò dal peccato di Geroboamo, perché non distrusse i vitelli d'oro. Pertanto il Signore cominciò a restringere il regno d'Israele per mezzo di Azael, re della Siria, e a percuotere tutto il regno d'Israele.
A Jeu successe il figlio Joacaz, quale re d'Israele. Quando Atalia, madre di Ocozia, seppe che suo figlio era morto, decise di sterminare la stirpe reale e regnò sul paese di Giuda. Però la sorella di Ocozia ne aveva fatto trafugare il figlio Gioas insieme alla nutrice. Passati sei anni il sommo sacerdote Joiada unse re Gioas e fece uccidere Atalia dalle guardie.
Allora Joiada conchiuse tra il Signore, il re e il popolo un patto con cui Israele si impegnava ad essere il popolo di Dio, come pure un patto tra il re e il popolo.
Così il popolo distrusse il tempio di Baal e ne uccise il sacerdote.
Gioas per tutto il tempo che fu guidato da Joiada fece quello che era giusto agli occhi del Signore, ma non tolse gli alti luoghi e il popolo continuò a offrire sacrifici e a bruciare incenso sulle alture. Egli ordinò che il denaro raccolto per offerte al Tempio fosse destinato ai restauri del Tempio e ciò in seguito fu fatto, ma quando Azael, re dell'Aram, dopo aver preso Gat, si dispose per salire contro Gerusalemme, Gioas gli diede ciò che i re precedenti avevano raccolto per il Signore e Azael si allontanò.
Dopo Jeu, suo figlio Joacaz regnò diciassette anni su Israele ma fece ciò che è male imitando Geroboamo e allora il Signore dette gli Israeliti nelle mani di Azael e poi di suo figlio Ben-Adad.
Infine Joacaz supplicò il Signore il quale lo esaudì mandando agli Israeliti un liberatore e per un po' di tempo essi vissero in pace, ma continuarono nei loro peccati e al re d'Israele restarono solo cinquanta cavalieri, dieci carri e diecimila armati.
Nel regno di Giuda, a Gioas successe Amasia il quale fece ciò che è giusto agli occhi del Signore, però non tolse il culto degli alti luoghi. Egli fece giustizia degli ufficiali che avevano ammazzato suo padre, ma senza toccare i loro figli perché così aveva ordinato il Signore: “I padri non morranno per i figli e i figli non morranno per i padri, ma ognuno per i suoi peccati.”
Dopo di ciò, Amasia sconfisse diecimila edomiti e sfidò il re d'Israele ad uno scontro.
Gioas gli consigliò di accontentarsi di quello che aveva, ma Amasia attaccò ugualmente Israele e fu sconfitto, anzi fu addirittura fatto prigioniero e il re d'Israele si portò via tutto l'oro, l'argento e gli oggetti che erano nella casa del Signore e si fece anche consegnare degli ostaggi.
In seguito Amasia fu vittima di una congiura e suo figlio Ozia – detto pure Azaria - fu fatto re di Giuda.
Egli fece ciò che è buono, ma non tolse gli alti luoghi e il popolo continuò a offrire sacrifici e incenso su di essi. Allora il Signore colpì il re con la lebbra fino al giorno della sua morte. Gli successe Jotam, suo figlio.
Nel frattempo Geroboamo II era stato eletto re d'Israele, ma anche lui fece ciò che è male agli occhi del Signore. Gli successe Zaccaria, che si comportò anche lui male agli occhi del Signore e regnò solo sei mesi.
Fu ucciso da Sallum che regnò solo un mese perché fu ucciso da Menahem, figlio di Jabes, che prese il suo posto.
Egli regnò dieci anni, ma fu attaccato dal re degli Assiri e dovette dargli 1.000 talenti d'argento per essere aiutato a consolidare il suo regno.
Poi fu suo figlio Facela a regnare al suo posto e a fare ciò che è male.
Fu ucciso anche lui dal suo ufficiale Facee che regnò al suo posto per venti anni. Anche lui fece il male.
Durante il suo regno, venne il re di Assur e conquistò diverse parti del regno d'Israele e deportò i loro abitanti in Assiria.
Anche Facee fu ucciso da Osea, figlio di Ela, che regnò per nove anni facendo il male anche se meno dei suoi predecessori.
A quel tempo Jotam successe al padre nel regno di Giuda e si comportò abbastanza bene come suo padre.
Il Signore cominciò a mandare contro di lui Rasin II, re dell'Aram, e Facee.
Poi Jotam morì e gli successe il figlio ventenne Acaz che regnò per sedici anni.
Egli si comportò male, arrivando perfino a immolare suo figlio bruciandolo poi col fuoco. Per liberarsi dell'assedio - da parte del re dell'Aram e di Facee - chiamò il re dell'Assiria dandogli argento e oro del Tempio del Signore.
Intanto Osea, re d'Israele, diventò vassallo del re dell'Assiria e fu costretto a pagargli il tributo, ma intanto tentò di allearsi con l'Egitto.
Allora Salmanassar, re dell'Assiria, lo fece legare, mettere in prigione e tre anni dopo deportò gli Israeliti in Assiria. Così finì il regno d'Israele per la sua ribellione al Signore.
Il re d'Assiria fece trasferire alcuni abitanti di Babilonia e di altre città nelle città della Samaria in luogo dei figli d'Israele, ma essi vi abitarono senza onorare il Signore, il quale mandò contro di loro dei leoni che li divoravano.
Allora il re mandò loro uno dei sacerdoti israeliti deportati affinché insegnasse loro a onorare il Dio di quella regione, ma essi si fabbricarono pure ciascuna i propri dèi.
In quel tempo Ezechia divenne re di Giuda, ma il re d'Assiria assediò Samaria e dopo tre anni la città cadde e i suoi abitanti furono deportati in varie città poiché anch'essi avevano disobbedito al Signore.
ULTIMI AVVENIMENTI DEL REGNO DI GIUDA
L'anno quattordicesimo del re Ezechia, Sennacherib - re d'Assiria - salì contro le città fortificate di Giuda e le occupò, ma Ezechia diede gli diede trecento talenti d'argento e trenta talenti d'oro e Sennacherib si ritirò.
In seguito, però, mandò al re Ezechia il capo degli eunuchi con una forte armata a dire al popolo di Giuda che non si facesse illudere dal loro re che l'avrebbe aiutato il Signore, poiché gli dèi di altri popoli non erano stati capaci di salvarli dal grande re dell'Assiria e pertanto si arrendessero.
Il popolo non rispose, come gli era stato ordinato dal re Ezechia.
Il profeta Isaia incoraggiò Ezechia alla resistenza e questi portò la lettera mandata da Sennacherib nel Tempio davanti al Signore e lo pregò di salvarli dal nemico, poiché gli dèi degli altri popoli erano fabbricati dall'uomo ma Lui solo era il Dio vivente.
A sua volta Isaia profetizzò a Ezechia che per quest'anno si mangerà il frutto del seme caduto da sé e l'anno prossimo il frutto spontaneo della campagna ma il terzo anno si seminerà e pianterà vigne e se ne mangeranno i frutti.
Il re nemico non entrerà nella città e se ne tornerà per la strada dalla quale è venuto.
Quella notte stessa l'Angelo del Signore venne nel campo degli Assiri e uccise centottanta cinquemila uomini. Sennacherib se ne tornò a Ninive e mentre stava nel tempio ad adorare il suo dio Nesroc, fu ucciso da due dei suoi figli che poi fuggirono e gli successe il figlio Assaraddon (II RE 19, 29-37).
Il re Ezechia fu colpito da una malattia mortale e Isaia gli consigliò di mettere in ordine quanto riguardava la casa poiché sarebbe morto. Il re scoppiò a piangere affermando che lui aveva sempre ubbidito alla voce del Signore, il quale allora gli fece sapere dal profeta che sarebbe vissuto altri quindici anni.
Saputo della malattia di Ezechia, il re di Babilonia gli mandò una lettera e dei doni ed Ezechia mostrò agli ambasciatori babilonesi i tesori del regno.
Isaia lo rimproverò dicendo che tutto quello che aveva mostrato un giorno sarebbe stato portato a Babilonia, perfino i suoi figli, che sarebbero stati resi eunuchi al servizio del re.
Quando Ezechia morì, gli successe suo figlio Manasse che regnò cinquantacinque anni ma si comportò molto male, ricostruendo gli alti luoghi distrutti da suo padre, eresse un altare a Baal e adorò tutti gli astri del cielo e immolò suo figlio, poi lo bruciò, si dette alla magia e alla divinazione.
Il Signore si sdegnò contro di lui e promise che avrebbe abbondonato il suo popolo nelle mani dei loro nemici.
Quando Manasse morì, gli successe suo figlio Amon, imitò suo padre, regnò due anni poi i suoi ufficiali lo uccisero, ma la popolazione li uccise e nominò re Giosia, figlio di Amon.
Giosia divenne re a 8 anni e regnò per trentuno. Egli si comportò bene e fece restaurare il Tempio. Durante i lavori si ritrovò il libro della legge e fu fatto leggere davanti al re.
Egli fu costernato al sentirne le parole e mandò a consultare il Signore per lui. Gli fu risposto che il Signore avrebbe mandato molti mali su quel luogo e sui suoi abitanti, ma dopo la sua morte.
Allora il re fece chiamare tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo, lesse il libro dell'alleanza e fece rinnovare il patto davanti al Signore.
Inoltre fece gettare fuori dal Tempio tutti gli oggetti che servivano al culto di Baal, di Ascera e degli astri del cielo, li fece bruciare e portarne le ceneri a Bet-El, fece scacciare i sacerdoti di Baal e quelli che bruciavano incenso agli astri e fece rendere inservibile tutto ciò che serviva al culto idolatrico, affinché nessuno potesse più immolare i propri figli a Moloc.
Immolò sugli altari degli idoli i loro sacerdoti e fece festeggiare di nuovo una Pasqua mai così solenne.
Il Signore, però, ormai aveva deciso di rigettare anche Gerusalemme.
Alla morte di Giosia, gli successe suo figlio Joacaz che fece il male come i suoi antenati e regnò solo tre mesi in Gerusalemme, poi fu condotto in Egitto dal faraone e messo in carcere dove morì.
Al suo posto il Faraone nominò re Eliachim, figlio di Joacaz, dopo averlo chiamato Joiachim.
Costui fu costretto a dare l'argento e l'oro al Faraone e a tassare il suo popolo. Regnò undici anni a Gerusalemme e si comportò male anche lui.
Nabucodonosor, re di Babilonia, assediò Gerusalemme. Joiachim si consegnò all'invasore insieme alla madre, ai suoi servi, ai suoi principi e ai suoi eunuchi e furono fatti prigionieri. Insieme a loro furono deportati i più influenti in numero complessivo di diecimila, oltre a tutti i fabbri ferrai e magnani (II RE 24, 14).
Nabucodonosor portò via anche tutti i tesori del Tempio del Signore, inoltre in luogo di Joiachim costituì re suo zio Mattania mutandogli il nome in Sedecia.
Anche lui si comportò male di fronte al Signore e si ribellò al re di Babilonia.
Allora costui assediò Gerusalemme, fece uccidere i figli di Sedecia e accecare lui prima di portarlo a Babilonia e tutto il popolo – salvo la povera gente come vignaioli e agricoltori - fu portato in esilio, il Tempio del Signore, la casa reale e tutte le case importanti furono distrutte col fuoco.
Godolia fu lasciato come governatore nel paese di Giuda: egli assicurò agli abitanti che sarebbero stati lasciati tranquilli, purché stessero sottomessi al re di Babilonia, ma dopo sette mesi fu ucciso. Allora tutto il popolo fuggì in Egitto per paura dei Caldei.
Poi Joiachim fu rimesso in libertà e ammesso a mangiare alla mensa del re finché visse.
LIBRO DI ESDRA
PRIMO RIMPATRIO
Per compiere la promessa fatta per bocca di Geremia, il Signore mosse lo spirito di Ciro - re di Persia - a emettere un editto in cui diceva che Dio gli aveva ordinato di costruirgli un tempio in Gerusalemme.
Perciò invitava tutti coloro che appartenevano a quel popolo a tornare al loro paese e a costruire il Tempio.
Al tempo stesso invitava gli altri a fare donare oro e argento e anche bestiame per il viaggio Esd 1, 1-11).
·Sono elencati gli individui che tornarono per casta e il loro numero: 42.360 e 7.337 tra servi e serve (Esd 2, 1-70).
·Fu così ricostituito l'altare da Giosuè e Zorobabele. Si celebrò anche la festa dei tabernacoli (Esd 3, 1-13).
·Tuttavia i Samaritani volevano essere ammessi a partecipare anche loro alla ricostruzione del Tempio. Ma Giosuè e Zorobabele si opposero. Allora i Samaritani corruppero dei funzionari del re per mandare a monte la ricostruzione attraverso relazioni ostili in cui si accusavano i Giudei di stare rifacendo le fondamenta delle mura per non pagare più i tributi al re di Persia. Così fu dato ordine di impedire la ricostruzione, fino al secondo anno del re Dario (Esd 4, 1-24).
·In tal momento i profeti Aggeo e Zaccaria incoraggiarono di nuovo la costruzione del Tempio. Il governatore del territorio a occidente dell'Eufrate domandò chi avesse dato l'ordine di ricostruire il Tempio. Gli risposero che l'aveva dato Ciro e che da allora la ricostruzione era proceduta lentamente e che venisse ricercato tale ordine negli archivi del re (Esd 5, 1-17).
·In esecuzione di esso, il re Dario diede ordine che il Tempio fosse ricostruito senza indugio utilizzando le entrate erariali provenienti dal governatorato, che si fornissero anche i materiali per le offerte al Signore e che chi si fosse opposto venisse impiccato (Esd 6, 1-12).
·Il Tempio fu ultimato e si celebrò con allegrezza la dedicazione circa 5 anni dopo, nel 515. I sacerdoti e i leviti furono ristabiliti nelle loro funzioni di servizio del Signore (Esd 6, 13-18).
RITORNO E RIFORME DI ESDRA
Esdra era un sacerdote stimato dal re e gli fu concesso tutto ciò che desiderava. Pertanto, gli fu permesso di tornare a Gerusalemme con tutti gli altri.
• Circa 1.500 uomini oltre i leviti tornarono con Esdra. Questi, invece di chiedere la protezione dei soldati, fece fare ai suoi un digiuno invocando l'aiuto di Dio, pesò l'oro e l'argento e lo consegnò ad alcuni dei loro sacerdoti e leviti con l'incarico di custodirlo con cura e di consegnarlo – dopo averlo pesato - ai sacerdoti e leviti del Tempio. Arrivati a destinazione, senza subire violenze da nemici e predoni, offrirono olocausti al Dio d'Israele e presentarono gli editti del re ai satrapi – governatori dei paesi a occidente dell'Eufrate - che vennero in aiuto del popolo e del Tempio di Dio (Esd 8, 1-36).
• Alcuni capi del popolo Israelita andarono da Esdra e gli riferirono che molti reduci dall'esilio non si erano separati dalle abominazioni degli abitanti del luogo e ne avevano preso le figlie per mogli, a cominciare dai capi e dai magistrati, non esclusi i sacerdoti e i leviti.
Esdra ne fu costernato e pregò Dio riconoscendo le colpe degli Israeliti. Molti dei reduci si radunarono davanti a lui, ammisero la loro colpa e proposero un patto col Signore, di rimandare le mogli straniere affinché non potessero educare i loro figli al male. Solo alcuni si rifiutarono (Esd 10, 17-44).
LIBRO DI NEEMIA
Uno dei parenti di Neemia arrivando dalla Giudea gli riferì che i reduci dall'esilio si trovavano in grandi ristrettezze e che le mura della loro città erano in rovina. Allora Neemia ne pianse per parecchi giorni e pregò il Signore affinché fosse accolta la sua preghiera (Neem 1, 1-11).
• Poi si recò dal re Artaserse e fu autorizzato a tornare a Gerusalemme a ricostruire la città, a ottenere il legname e i lasciapassare per attraversare i vari Paesi. Alcuni si opposero – tra cui Sanaballat l'oronita, governatore della Samaria e altri - e cominciarono a schernirli, ma Neemia rispose che essi non avevano ricordi in Gerusalemme e che il Dio del cielo li avrebbe fatti riuscire (Neem 2, 1-20).
• Neemia riuscì a ricostruire le mura in 52 giorni, con l'aiuto del sommo sacerdote e dei sacerdoti suoi parenti e pure di altri (Neem 3, 1-32).
• Allora Sanaballat e gli altri proposero di attaccare Gerusalemme e di causare tutto il danno possibile, ma i Giudei che vivevano presso di loro avvisarono dieci volte i costruttori e allora la metà degli uomini fu armata e messa a guardia dei punti scoperti mentre gli altri, armati anch'essi, di spada, riparavano le mura. La notte poi dormivano vestiti e con un'arma al fianco (Neem 4, 1-17).
• Furono riferite gravi accuse di usura contro i grandi e i notabili a Neemia. Allora egli li radunò e gli disse che quello che essi facevano non stava bene e che erano stati riscattati Israeliti venduti ai nemici e ora ci si trovava a doverli riscattare da loro che erano dei fratelli e ordinò loro di rimettere i debiti. E li fece giurare davanti ai sacerdoti di adempiere quest'ordine. A sua volta Neemia non mangiava le provvisioni dovute ai governatori, a differenza di quanto facevano i suoi predecessori (Neem 5, 1-19).
• Quando Sanaballat e gli altri seppero che le mura di Gerusalemme erano state riedificate, invitarono Neemia a incontrarsi con loro ben quattro volte, ma lui intuendo che volevano fargli del male fece rispondere che aveva un gran lavoro da fare che non sarebbe andato avanti in sua assenza. Allora lo minacciarono di far sapere al re che i Giudei intendevano ribellarsi e lui voleva essere il loro re ma lui rispose che si trattava di una diceria inventata da loro.
• Un altro gli consigliò di rifugiarsi nel tempio, per sfuggire a un attentato, cosa consentita solo ai sacerdoti, ma lui rifiutò comprendendo che cercavano una scusa per poter disonorarlo (Neem 6, 1-19).
• Quando la costruzione delle mura fu terminata, Neemia mise i battenti alle porte e incaricò portieri, cantori e leviti di sorvegliare le porte, di aprirle solo quando era sorto il sole e di farle chiudere dalle sentinelle al tramonto. Poi fece il computo delle persone che abitavano in Gerusalemme e nelle altre città della Giudea. Complessivamente erano soltanto 42.360 oltre a 7.337 servi e serve (Neem 7, 1-72).
OPERA DI ESDRA
• Poi il settimo mese il popolo si riunì e chiese a Esdra di leggere il libro della legge di Mosè e che ne spiegasse il senso. Ciò fu fatto dalla mattina fino a mezzogiorno. Allora fu detto al popolo di non piangere ma di fare festa mangiando e bevendo, facendone parte agli indigenti. Fu poi fatta con entusiasmo per sette giorni la festa delle capanne, realizzate con rami di ulivo, festa entrata in disuso dopo Giosuè (Neem 8-1,18).
L'ottavo giorno gli Israeliti si riunirono per un digiuno, si separarono dagli stranieri e confessarono i propri peccati e le colpe dei loro padri. In seguito salirono vari leviti che rievocarono il passato di Israele da Abramo in poi, l'afflizione in Egitto, la loro liberazione ad opera di Dio, i suoi comandamenti e l'ingratitudine del popolo che uccideva i suoi profeti e allora Dio li aveva dati nelle mani dei loro nemici (Neem 9, 1-37).
Fu allora stipulato un nuovo patto col Signore con giuramento di non dare più le loro figlie agli stranieri né di prendere per mogli delle straniere, di non comprare nulla il sabato, di pagare un tributo per i sacerdoti e i leviti affinché fosse assicurato il servizio al Signore e i loro capi lo sottoscrissero (Neem 10, 1-40).
APPENDICE
Fu tirata a sorte una persona su dieci dagli abitanti delle altre città per ripopolare Gerusalemme (Neem 11, 1-35).
Vennero elencati i sacerdoti e i leviti che ritornarono insieme a Zorobabele e Giosuè. Si fece una festa per dedicare le mura di Gerusalemme. Furono chiamati i leviti di ogni città affinché fosse celebrata con canti di ringraziamento e si immolarono numerose vittime. Si scelsero degli uomini affinché sovrintendessero alle stanze destinate alle provvisioni, i prelevamenti, le primizie e le decime e radunassero quanto era necessario ai sacerdoti e ai leviti (Neem 12, 1-47).
Fu stabilito che gli Ammoniti e i Moabiti non potessero entrare nel popolo d'Israele perché non lo avevano soccorso con pane e acqua, anzi avevano prezzolato Balaam affinché lo maledisse.
In seguito non furono più pagate le decime e, allora i sacerdoti e i leviti dovettero tornare ai loro poderi. Inoltre, mercanti di ogni genere venivano a Gerusalemme in giorno di sabato e gli Israeliti acquistavano le loro merci.
Inoltre, metà degli Israeliti erano tornati a sposare donne straniere e i loro figli parlavano le loro lingue, anziché l'ebraico.
Allora Neemia nominò uomini fidati alla raccolta delle decime per i sacerdoti e i leviti.
Ordinò che le porte della città fossero chiuse dal tramonto del giorno prima fino al levare del sole al giorno dopo il sabato.
Maledisse gli uomini che avevano sposato donne straniere e li obbligò a giurare che non avrebbero dato più le figlie agli stranieri né preso mogli straniere (Neem 13, 1-31).
LIBRO DI TOBIA
Tobit era un discendente della tribù di Neftali. Fu fatto prigioniero e deportato a Tebe. Testimoniava di aver fatto ogni giorno delle opere buone per mezzo di elemosine ai fratelli deportati anch'essi.
Mentre altri offrivano sacrifici al vitello, lui li faceva al Tempio di Gerusalemme, dava la prima decima ai sacerdoti, un'altra ai fratelli, un'altra a orfani, vedove e proseliti forestieri e dell'altro ancora.
Per aver seppellito i cadaveri di uomini uccisi da Sennacherib dovette fuggire per non essere ucciso lui stesso (Tb 1, 1-22).
Rientrato in Assiria - grazie all'intercessione di suo nipote Ahicar che era coppiere di Sennacherib e tale era restato dopo l'assassinio di quel re – poté riavere sua moglie e suo figlio Tobia, ma diventò cieco a causa degli escrementi delle rondini caduti sui suoi occhi una volta che aveva dormito all'aperto.
Per due anni provvide Ahicar a mantenerlo, poi lo fece la moglie con i suoi lavori da donna. Una volta le donarono un capretto ma lui pensò che lo avesse rubato e le ordinò di restituirlo ai suoi padroni e lei inveì contro di lui (Tb 2, 1-14).
Allora lui chiese al Signore di farlo morire. Al tempo stesso Sara, figlia di Raguel, pregava anche lei di morire perché aveva preso sette mariti ma tutti erano stati uccisi da un demone prima di unirsi a lei (Tb 3,1-17).
Tobit diede molte raccomandazioni a suo figlio: di comportarsi secondo i comandamenti di Dio e di essere caritatevole secondo le sue possibilità. Gli diede poi l'incarico di andare a Rages nella Media a ritirare una somma depositata nelle mani di Gabael (Tb 4, 1-21).
Trovarono un uomo, che in realtà era l'angelo Rafael, in grado di accompagnarlo a Rages e di riportarlo a casa sano e salvo. Tobia abbracciò il padre prima di congedarsi da lui, ma la madre piangeva per timore che a suo figlio succedesse qualcosa ((Tb 5 1-23).
Durante il viaggio Tobit volle lavarsi i piedi in un fiume, ma un pesce lo aggredì, però l'angelo lo indusse ad acciuffarlo.
Poi l'angelo disse a Tobia che Sara, figlia di Raguel, era una brava donna e che a lui non sarebbe successo niente di male se avesse bruciato il cuore e il fegato del pesce che avrebbe scacciato via il demonio, mentre il fiele sarebbe servito a liberare il padre Tobit dalla cecità (Tb 6, 1-19).
Appena arrivato a Ecbatana, Tobia chiese di essere condotto da Raguel che lo accolse con benevolenza e diede il suo consenso alla richiesta di sposare la figlia Sara che – secondo la legge mosaica - gli spettava di diritto essendo la sua parente più stretta (Tb 7,1-17).
Tobia mise in atto il consiglio di Rafael e il demonio fuggì in Egitto dove fu raggiunto e incatenato. Tobia e Sara poi pregarono insieme il Signore affinché concedesse loro misericordia e protezione, però Raguel - per non essere oggetto ancora una volta di derisione - fece scavare una fossa e mandò una serva a scoprire se Tobia era vivo. Saputo che così era avvenuto, ne ringraziò Dio, fece restare a casa sua il giovane sposo insieme a Sara per due settimane, poi gli diede la metà del suo patrimonio e gli promise l'altra metà quando lui e la moglie fossero morti (Tb 8, 1-21).
Allora Tobia incaricò Rafael di andare al posto suo a Rages per ritirare il denaro da Gabael e invitarlo alle nozze (Tb 9, 1-6).
Intanto i genitori di Tobia erano in ansia per lui perché tardava a tornare. Tobit era fiducioso, ma la moglie Anna non faceva che piangere e guardava sempre per strada nella speranza di veder tornare suo figlio.
Raguel voleva ancora trattenere Tobia, ma questi non cedette e allora Raguel gli dette la metà del suo patrimonio e lo lasciò partire con Sara, con la benedizione propria e della moglie (Tb 10, 1-14).
Raggiunta Ninive l'angelo disse a Tobia di spalmare il fiele del pesce sugli occhi del padre e infatti le croste si staccarono e Tobit riebbe la vista e andò da solo incontro a Sara benedicendo Dio e lei. Le nozze furono festeggiate per sette giorni anche con tutti i Giudei di Ninive (Tb 11, 1-20).
A questo punto Tobit disse a Tobia di dare a Rafael la metà di quanto aveva riportato dal suo viaggio, ma Rafael li prese in disparte, raccomandò loro di benedire Dio e di rivelare agli uomini le opere che Dio aveva fatto per loro e di fare il bene. Disse che è meglio la preghiera col digiuno e l'elemosina, che la ricchezza con l'iniquità.
Infine, rivelò loro che lui era uno dei sette angeli che stanno davanti alla gloria del Signore e che aveva fatto tutto ciò per eseguire la volontà di Dio. Poi sparì (Tb 12, 1-22).
Tobia innalzò un canto di lode a Dio affermando che Egli ci percuote per le nostre iniquità, pur avendo compassione di noi e ci radunerà da tutte le nazioni fra le quali ci ha disperso. Se ritorneremo a Lui, con tutto il cuore e con tutta l'anima, non ci nasconderà più la sua faccia (Tb 13, 1-18).
Tobit morì all'età di 112 anni e fu sepolto a Ninive. Dopo aver recuperato la vista visse nell'abbondanza, fece elemosine e benedisse Dio.
Prima di morire raccomandò a Tobia di partire - dopo la morte della madre - per la Media con i suoi figli, poiché sarebbe stato più facile salvarsi in essa piuttosto che in Assiria o in Babilonia come avevano detto i profeti e che anche la Samaria e Gerusalemme sarebbero diventate un deserto.
Gli raccomandò anche di fare quello che è gradito a Dio, di agire con giustizia, fare l'elemosina e benedire Dio.
Morta anche la madre, Tobia partì con la moglie e i figli e si rifugiò a Ecbatana presso i suoi suoceri (Tb 14, 1-15).
LIBRO DI ESTER
(Questo libro salta avanti e indietro coi numeri dei capitoli. Pertanto, riporterò i fatti in ordine cronologico)
Mardocheo era un Giudeo e un personaggio importante alla corte del re Serse I e aveva adottato un'orfana chiamata Ester. Egli sognò un terremoto spaventoso e che tutte le genti si mossero a combattere contro il popolo dei giusti, ma esso si rivolse al Signore e trionfò.
Un giorno Mardocheo sentì che due eunuchi stavano tramando contro la vita del re e lo avvisò.
Gli eunuchi confessarono e furono giustiziati. Questo fatto fu annotato nel registro negli Annali
ESTER DIVENTA REGINA
Il regno di Serse si estendeva dall'India all'Etiopia. Il re organizzò un grandioso convito per i principi e i ministri, i capi dell'esercito, ecc. per esaltare la gloria dell'impero. Anche la regina Vasti fece preparare un grande convito alle donne nel palazzo. Serse la fece chiamare per mostrarne la bellezza, ma la regina rifiutò di presentarsi (Est 1, 1-18).
Allora al re fu consigliato di privare Vasti della dignità di regina affinché non si diffondesse tra le donne il rifiuto di ubbidire ai mariti.
Pertanto fu emesso un editto affinché ogni marito fosse padrone assoluto in casa sua.
Poi fu cercata una fanciulla vergine e bella in tutto il regno affinché fosse nominata regina. Fu scelta Ester, figlia adottiva di Mardocheo, il quale, però, le proibì di parlare delle sue origini.
In seguito Aman, principe di Agag, fu nominato primo ministro e ai portieri fu ordinato di inginocchiarsi al suo passaggio, ma Mardocheo si rifiutava di farlo perché voleva riservare l'adorazione al Dio dei Cieli.
Aman faceva finta di nulla, ma in cuor suo bramò di vendicarsi, anzi di fare altrettanto contro tutti i Giudei.
Perciò, disse al re che costoro avevano usanze proprie e causavano gravi danni al regno. Il re si persuase a emanare un editto in cui si stabiliva che il giorno 13 di undici mesi dopo si dovessero uccidere tutti i Giudei.
Questi ne furono costernati. Mardocheo si vestì di sacco e fece penitenze invocando aiuto al Signore. Disse che lui avrebbe baciato anche le orme dei piedi di Aman per la salvezza del proprio popolo. Se non si era inginocchiato davanti a lui era perché voleva riservare a Dio tale onore.
Poi pregò la regina di parlare al re affinché fosse ritirato quell'editto, ma Ester gli fece sapere che nessuno poteva presentarsi senza che fosse stato il re stesso a richiederlo, sotto pena di morte.
In seguito, però decise di rischiare la propria vita per il bene del suo popolo.
Vedendola, il re arse di sdegno e la regina svenne. A tal punto il re si commosse e la rassicurò.
Lei organizzò poi dei conviti ai quali invitò, oltre al re, anche Aman. Questi si sentì più che mai onorato e se ne vantò davanti alla moglie e ai suoi amici, ma aggiunse che tutto ciò sarebbe stato nulla finché avrebbe visto Mardocheo davanti alla porta reale. Allora gli fu suggerito di alzare un patibolo alto 25 metri e di chiedere al re di impiccarci l'Israelita.
Quella notte il re, non potendo prendere sonno, ordinò che gli fossero letti gli Annali. In essi si trovò che Mardocheo aveva scoperto la congiura degli eunuchi contro il re e li aveva denunciati. Serse domandò quale ricompensa fosse stata concessa a Mardocheo. “Nessuna” gli fu risposto.
La seconda volta, lei dichiarò al re i motivi di tali conviti: che fosse concessa la vita a lei e al suo popolo, condannato allo sterminio e dichiarò che il nemico era quel malvagio di Aman. Il re indignato lo fece impiccare sul patibolo che era stato preparato per Mardocheo, che fu nominato primo ministro al suo posto.
Inoltre, emanò un nuovo decreto col quale autorizzava i Giudei a organizzarsi per difendersi e invitava tutti ad aiutare i Giudei a sterminare i loro nemici.
Così avvenne e Mardocheo ordinò che i Giudei celebrassero in avvenire la festa delle Sorti o Purim il giorno 14 o 15 dell'ultimo mese dell'anno, a ricordo della sconfitta dei nemici dei Giudei.
Allora Mardocheo ricordò un sogno che aveva fatto molto tempo prima:
·un piccolo fonte che era diventato un grande fiume rappresentava Ester che era diventata regina,
·e due dragoni che rappresentavano lui e Aman.
Le genti rappresentavano quelli che si erano alleati per sterminare i Giudei, il popolo di Dio, il quale però lo aveva liberato.
LIBRO DI GIUDITTA
Nabucodonosor regnava nella città di Ninive sugli Assiri da dodici anni e mandò messaggi a tutti gli abitanti della Persia, della Cilicia, di Damasco e di altre compresa, la Samaria.
Molte popolazioni si erano alleate con i Medi su cui governava Arfa ad e non presero in considerazione il messaggio di Nabucodonosor anzi vilipesero i suoi ambasciatori.
Ciò fece adirare Nabucodonosor che anzitutto distrusse Ecbatana e uccise Arfa ad.
Poi si rivolse contro le nazioni occidentali affidando a Oloferne un esercito di 120.000 fanti e 12.000 cavalieri con l'ordine di far arrendere tutte quelle popolazioni o di fare stragi e saccheggi, di distruggere i loro luoghi di culto e i boschi sacri, affinché tutti adorassero Nabucodonosor come loro Dio.
Molte popolazioni, per lo spavento, mandarono ambasciatori per sottomettersi.
Anche i Giudei si allarmarono ma si prepararono a difendersi. Inoltre chiesero aiuto al Signore con preghiere, digiuni e cingendosi di cilizio.
I sacerdoti offrivano l'olocausto perpetuo e offerte spontanee del popolo, avevano i turbanti coperti di cenere e gridavano al Signore affinché vegliasse benigno su tutto il popolo d'Israele.
Oloferne chiese informazioni sugli Israeliti ed Achior – condottiero degli Ammoniti – gli riferì come il Signore li aveva aiutati quando si comportavano bene e li aveva lasciati sconfiggere quando facevano il male. Tuttavia gli altri presenti mormorarono contro Achior (Gdt, 5, 1-24).
Lo stesso Oloferne gli rispose che solo Nabucodonosor era dio e anzi consegnò Achior agli Israeliti che lo accolsero con benevolenza (Gdt 6, 1-21).
Oloferne assediò Betulia e si proponeva di attaccarla. Gli abitanti di Betulia ne furono spaventati ma presero le armi. Intanto Oloferne spiegò tutta la sua cavalleria, esplorò tutti gli accessi alla città, fece una ricognizione di tutte le sorgenti di acqua e vi mise delle guardie. A questo punto, vari capi consigliarono il generale di non mettere a rischio la vita dei suoi uomini per la difficoltà di arrampicarsi su quelle montagne e lo convinsero, invece, a impedire agli abitanti della città di rifornirsi di acqua così da indurli ad arrendersi o altrimenti a morire di sete. Ozia, però, trattenne il popolo dall'arrendersi, invitandoli a resistere ancora cinque giorni, sperando che il Signore mandasse loro un aiuto (Gdt 7, 1-32).
Infatti, si presentò Giuditta, una vedova timorata di Dio, discendente della tribù di Simeone, la quale digiunava cinque giorni la settimana. Essa parlò ai capi d'Israele, li rimproverò di porre dei termini all'intervento di Dio, disse loro che il popolo non serviva dèi stranieri, a differenza di quanto aveva fatto in passato e allora era caduto nella schiavitù.
Perciò lei si propose di attuare un suo piano che doveva rimanere segreto finché non l'avesse compiuto. Così fu autorizzata a uscire dalla città di notte insieme a una sua serva (Gdt 8, 1-36).
Giuditta pregò Dio riconoscendo che Lui spezza la tracotanza di chi confida nei propri cavalli e nei propri guerrieri per proteggere invece chi confida in Lui e chiedendo di dare forza di seduzione alle sue parole (Gdt 9, 1-14).
Poi Giuditta, smessi gli abiti del lutto, si lavò e profumò, si vestì magnificamente da festa, si adornò di tutti i suoi gioielli e uscì dalla città. Catturata dalle guardie assire, affermò di essere un'ebrea che voleva salvarsi la vita fuggendo e aggiunse che voleva indicare a Oloferne un modo sicuro per impadronirsi di tutta la montagna senza perdere un uomo (Gdt 10, 1-23).
Lasciata entrare dal capo assiro, si prostrò davanti a lui che la rassicurò per la sua vita. Giuditta, allora, gli consigliò di lasciarla uscire la notte insieme alla sua serva per pregare il Signore e sapere il momento in cui il popolo ebreo avrà peccato consumando gli alimenti che dovrebbero essere mangiati solo dai sacerdoti. A tal punto l'esercito assiro lo avrebbe sconfitto senza perdere un solo uomo (Gdt 11, 1-19).
Però, non accettò di consumare il cibo che le veniva offerto per timore di cadere in colpa di fronte al Signore e chiese di poter uscire per la preghiera, perciò Oloferne ordinò alle guardie di permetterglielo.
Il quarto giorno, il generale fece un banchetto riservato solo a quelli del suo seguito e ordinò al suo sovrintendente di andare a persuadere Giuditta a parteciparvi. L'ebrea si abbellì delle sue vesti e dei suoi ornamenti femminili e si sedé sul pavimento davanti a Oloferne che ne fu preso, non vedeva l'ora di poterla avere e bevve una grande quantità di vino (Gdt 12, 1-20).
VITTORIA
Quando si fece buio i servi si affrettarono a ritirarsi, il sovrintendente fece uscire tutti i convitati e chiuse la tenda all'esterno, sicché Oloferne, disteso sul letto e immerso nel sonno, restò solo con Giuditta.
Lei allora pregò il Signore di guidare le sue mani e di darle la forza per frantumare i nemici che si erano levati contro il popolo ebreo, prese la scimitarra da sopra il letto, con due colpi staccò la testa di Oloferne e rotolò il suo corpo per terra.
Poi uscì, consegnò la testa alla sua serva e tornò a Betulia insieme a lei. Tutto il popolo si inginocchiò davanti a Dio ringraziandolo di aver annientato i nemici di Israele (Gdt 13, 1-20).
Giuditta consigliò di appendere la testa di Oloferne davanti alle mura e di fingere di voler attaccare gli Assiri. Questi andarono a svegliare i loro capi che si sarebbero spaventati e sarebbero fuggiti e solo allora gli Israeliti dovevano inseguirli e ucciderli. Achior, a sua volta, riconobbe che si trattava veramente della testa di Oloferne, si fece circoncidere e si unì per sempre al popolo israelita (Gdt 14, 1-19).
Anche gli abitanti di Gerusalemme e di altre città si unirono a quelli di Betulia per sbaragliare gli Assiri, ne fecero strage e si procurarono un grande bottino. Giuditta ebbe gli oggetti di argento, il vasellame e tutte le suppellettili di Oloferne (GDT 15, 1-14).
A questo punto Giuditta intonò un cantico a Dio. A Gerusalemme tutti si prostrarono davanti al Signore. Dopo essersi purificati offrirono olocausti, oblazioni e doni. Per tre mesi fecero festa. Poi Giuditta se ne tornò alla sua dimora. Molti la chiesero in sposa, ma lei rifiutò, affrancò la sua serva e invecchiò morendo a 105 anni. Nessuno spaventò più i figli di Israele finché visse Giuditta e anche parecchi anni dopo la sua morte (Gdt 16, 1-25).
PRIMO LIBRO DEI MACCABEI
L'ELLENISMO IN ISRAELE
Alessandro il Macedone, figlio di Filippo, sconfisse Dario, re dei Persiani e dei Medi. Poi espugnò molte città fortificate e uccise i loro re. Si spinse fino agli estremi della terra e prese le spoglie di una moltitudine di popoli, ma s'inorgoglì e si levò in superbia, cadde malato e rendendosi conto che doveva morire chiamò intorno a sé i generali del suo esercito e i nobili e divise tra loro il regno.
Tra loro ci fu Antioco Epifane, figlio del re Antioco, una radice peccaminosa che riempì di mali la terra.
Individui israeliti iniqui si allearono con lui, costruirono una palestra a Gerusalemme, trascurarono la circoncisione e il Testamento santo.
Intanto Antioco sottomise l'Egitto, poi assaltò Gerusalemme, entrò insolentemente nel Tempio e portò via l'altare d'oro e altro.
In Israele vi fu un gran lutto in ogni luogo.
Due anni dopo il re mandò il Misarca nelle città di Giuda con grandi forze.
Egli tenne loro lusinghevoli discorsi ed essi gli tennero fede, ma poi si gettò sulla capitale e uccise molti del popolo israelita.
Le mura di Gerusalemme furono distrutte. Donne e fanciulli furono fatti prigionieri e derubati dei loro beni.
Il Tempio fu profanato ed altro ancora.
Antioco prescrisse ai suoi sudditi di diventare un unico popolo e di accettare i costumi degli altri popoli, di abbandonare i sacrifici e gli olocausti, contaminare il Tempio, abbandonare la circoncisione, la legge e tutte le sue prescrizioni, erigere templi agli idoli, sotto la pena di morte. Mandava ispettori a controllare che si rispettassero tali ordini e chi non li eseguiva veniva ucciso. I bambini delle donne che li avevano circoncisi erano impiccati al collo delle madri.
INSURREZIONE DEI GIUDEI
Mattatia, discendente di un sacerdote, si disse che era meglio morire che vivere ancora e fuggì a Modin con i suoi cinque figli, ma vennero uomini da parte del re per costringere a sacrificare agli idoli i rifugiati di Modin.
Allora Mattatia si avventò contro un Giudeo che si accingeva a sacrificare e lo uccise, poi uccise anche l'inviato del re e fuggì sui monti insieme ai figli, invitando gli altri a seguirlo, sicché molti andarono nel deserto con le loro mogli, i loro figli e il bestiame.
Il re mandò contro di loro i suoi soldati per assalirli in giorno di sabato e fece promettere loro che avrebbero avuto salva la vita se fossero usciti, ma essi preferirono la morte e furono uccisi tutti. Erano circa in mille.
Gli altri, tra cui Mattatia, decisero allora di combattere anche in giorno di sabato, per non essere sterminati. Altri si unirono a loro e formarono un piccolo esercito che colpì quegli empi.
Giunto il tempo di morire, Mattatia incoraggiò i suoi figli a lottare per le tradizioni e per la legge.
Gli successe il figlio Giuda, chiamato Maccabeo.
Apollonio mise insieme Gentili e Samaritani per combattere Israele.
Giuda gli mosse contro, lo batté e uccise, molti caddero per le ferite e i rimasti fuggirono.
Allora Seron, capo dell'esercito della Siria con un forte esercito mosse contro Giuda pensando di coprirsi di gloria.
Gli uomini di Giuda vedendo quel numeroso esercito dissero che non potevano vincere quel numeroso esercito, tanto più che erano sfiniti perché non avevano mangiato niente quel giorno, ma il Maccabeo rispose loro che la forza veniva dal cielo e che esso avrebbe abbattuto gli insolenti ed iniqui e si gettò contro di loro.
Seicento nemici furono abbattuti e gli altri fuggirono.
Il re Antioco affidò allora a Lisia la guerra contro i Giudei, gli consegnò la metà delle sue truppe mentre lui stesso mosse guerra contro i Persiani per riscuotere i tributi e risollevare le condizioni delle casse del regno, a causa della sua prodigalità.
Ordinò a Lisia di distruggere Israele e di assegnarne a sorte il territorio alle genti di altre nazioni.
Lisia scelse Tolomeo, Nicanore e Gorgia e li mise a capo di 40.000 fanti e 7.000 cavalieri affinché andassero nella terra di Giuda e la devastassero.
Giuda e i suoi fratelli videro che la situazione si aggravava, riunirono tutto il loro popolo e pregarono Dio radunandosi a Masfa, digiunarono, si vestirono di sacco, si cosparsero il capo di cenere e si strapparono le vesti, pregando ad alta voce: “Le cose tue sante sono state profanate e i pagani sono convenuti contro di noi per distruggerci.
Come potremo resistere di fronte a loro se tu non ci aiuti?”
Poi Giuda invitò i suoi uomini a cingere le armi e a essere forti, aggiunse che era meglio per loro morire in battaglia - piuttosto che vedere tante calamità sul loro popolo e sul loro Santuario - e che avvenisse ciò che il cielo voleva.
Gorgia si mosse di note con 5.000 uomini e 1.000 cavalieri scelti e si mosse di notte per attaccare gli Israeliti all'improvviso, ma anche Giuda si mosse per assalire l'esercito regio però parecchi di loro non avevano le spade o lo scudo.
Giuda li incoraggiò lo stesso ricordando loro come il Signore avesse aiutato i loro progenitori nel Mar Rosso contro il faraone e il suo esercito, li invitò ad alzare le grida al cielo affinché abbattesse i nemici davanti a loro.
I pagani furono sconfitti, fuggirono verso la pianura, mentre gli ultimi perirono di spada, ma Giuda disse ai suoi di non gettarsi a far bottino perché la battaglia non era ancora finita.
Infatti Gorgia stava pronto sulle colline per attaccare gli Israeliti, ma vedendo che i suoi erano stati messi in fuga, fuggì a sua volta presso i Filistei.
Allora Giuda e i suoi seguaci poterono saccheggiare l'accampamento nemico prendendo molto oro, argento, stoffe di porpora e gran quantità di oggetti preziosi e tornarono cantando e ringraziando il Cielo con l'inno “Perché Dio è buono, perché la sua misericordia è eterna.”
Lisia fu costernato per quanto era successo e l'anno successivo mise insieme un esercito di sessantamila uomini e cinquemila cavalieri e si accampò vicino a Bet-Sur.
Giuda andò loro incontro con diecimila uomini e vedendo un così formidabile esercito pregò dicendo: “Sii benedetto tu, o Salvatore d'Israele, che abbattesti un gigante per mezzo di Davide tuo servo, dà questo esercito in mano al tuo popolo Israele. Fa piombare su di essi lo spavento, togli loro l'ardire e la forza e siano travolti nella loro sconfitta.” Poi ingaggiò battaglia. Cinquemila nemici perirono. Allora, Lisia dopo aver visto la fuga dei suoi e l'ardire dei Giudei se ne tornò ad Antiochia a reclutare altri soldati per tornare in Giudea con forze maggiori.
A sua volta Giuda volle purificare e consacrare il Tempio, distrusse l'altare degli olocausti che era stato profanato dai pagani e ne fece costruire un altro con delle pietre grezze, secondo la legge, e compirono tutto quanto era da farsi.
Poi eresse mura e torri poderose intorno al monte Sion e fortificò anche Bet-Sur, contro l'Idumea.
Le popolazioni circonvicine ne furono molto irritate e decisero di sterminare i discendenti di Giacobbe, ma Giuda li attaccò, li sconfisse e si impadronì delle loro spoglie.
Poi si ricordò dei figli di Bean che tendevano insidie al suo popolo, li rinserrò nelle loro torri e diede fuoco ad esse.
In seguito attaccò anche i figli di Ammon e ne fece strage.
Intanto i Gentili del Galaad settentrionale si unirono contro gli Israeliti del loro territorio per sterminarli. Questi mandarono una lettera a Giuda per chiedere aiuto. Anche dalla Galilea arrivò una richiesta di aiuto. Allora Giuda incaricò Simone di prendere degli uomini e andare a soccorrere i Galilei, ordinò a Giuseppe figlio di Zaccaria e Azaria, capo del popolo, di restare a proteggere la Giudea ma senza attaccare guerra fino al suo ritorno.
Simone dette molte battaglie a quei pagani che fuggirono davanti a lui, altri tremila furono uccisi. Allora prese con sé gli ebrei che erano rimasti e li portò in Giudea.
Intanto Giuda Maccabeo e suo fratello Gionata passarono il Giordano e attraversarono il deserto. Vennero loro incontro i Nabatei come amici a informarli che molti Ebrei erano tenuti prigionieri in varie città e che i loro nemici volevano sterminarli. Allora Giuda li attaccò suonando le trombe e gridando preghiere a gran voce, ne uccise molti, a volte anche bruciando le loro città.
Poi Timoteo mise insieme un esercito ancora più potente del precedente, lo fece accampare al di là di un torrente e disse ai suoi che avrebbero attato Giuda se si accampava dall'altro lato del torrente, senza aggredirli, ma il Maccabeo li attaccò ed essi gettarono le armi e fuggirono, ma Giuda diede fuoco alle loro città, poi radunò tutti gli ebrei che si trovavano nella regione e li avviò verso la Giudea.
Giunti ad Efron non potevano proseguire passando di qua o di là, perciò dovevano attraversarla, ma gli abitanti non accettarono di lasciarli passare in pace, si chiusero dentro e misero pietre davanti alle porte.
Allora Maccabeo li attaccò, fece passare a fil di spada tutti i maschi, distrusse la città e ne portò via le spoglie.
Giunti al monte Sion, offersero olocausti per essere ritornati in pace senza la perdita di alcuno di essi.
Nel frattempo Giuseppe e Azaria si dissero tra loro: “Facciamoci anche noi un nome, andando a combattere contro i pagani” ma Gorgia con la sua gente uscì contro di loro, li mise in fuga e uccise duemila uomini.
Invece Giuda coi suoi fratelli scacciò i figli d'Esaù dalla Giudea meridionale, poi si mise in viaggio verso la terra dei Filistei, abbatté i loro altari, diede alle fiamme le statue dei loro dèi e prese le spoglie della città di Azoto, poi se ne tornò in Giudea.
Intanto il re Antioco pensò di appropriarsi dell'oro e dell'argento di un tempio della Persia ma gli abitanti della città gli sorsero contro e lo misero in fuga.
Poi seppe pure che i Giudei avevano sconfitto Lisia e si erano rinforzati con le armi del suo esercito e ne fu costernato al punto di ammalarsi e di sentirsi vicino alla morte e punito per aver , commesso mali contro Gerusalemme. Incaricò l'amico Filippo di preparare suo figlio a regnare, il quale poi fu nominato re col nome di Antioco V Eupatore.
Costui fu sollecitato da Israeliti apostati ad attaccare i Giudei, ma questi nonostante che avessero scarsità di viveri a causa del gran numero di fratelli riportati in Giudea, resistettero all'assedio. Allora Lisia decise di lasciare in pace i Giudei e se ne tornò ad Antiochia.
Intanto Demetrio fuggì da Roma giunse in una città marittima, si proclamò re, fece uccidere Lisia e Antioco e si sedette sul trono.
Poi alcuni Israeliti rinnegatori guidati da Alcimo - che voleva diventare sommo sacerdote - calunniarono Giuda presso Demetrio e lo indussero a mandare Bacchide a fare vendette contro Israele. Egli promise pace a Giuda ma lui non si fidò vedendo che era arrivato con un numeroso esercito, invece gli Asidei si fidarono e ne furono uccisi parecchi. Poi Alcimo fu lasciato con delle truppe a dominare Israele e commise molte scelleratezze.
Allora Giuda prese le vendette contro quegli apostati e impedì loro di scorrazzare per la regione. Alcimo se ne tornò dal re e calunniò di nuovo il Maccabeo, sicché fu mandato Nicanore, uno dei più validi generali, a sterminare gli Israeliti, ma neanche lui riuscì a ingannare Giuda, perse 500 uomini e il resto fuggì.
Adirato, Nicanore minacciò i sacerdoti del Tempio che se non gli avessero consegnato Giuda col suo esercito avrebbe dato fuoco al Tempio, ma essi pregarono Dio di castigare lui e il suo esercito.
Anche Giuda pregò il Signore di mandare di nuovo il suo angelo a uccidere 185.000 assiri dopo le bestemmie dei nunzi del re.
Il primo ad essere ucciso fu proprio Nicanore. Le sue truppe fuggirono. I Giudei le inseguirono suonando le trombe, sicché la gente usciva dai villaggi e circondava i fuggiaschi che cominciarono a uccidersi tra loro e non ne restò vivo neanche uno.
I vincitori presero le loro spoglie, troncarono a Nicanore la testa e la mano destra che egli aveva alzata con tanta superbia e le appesero alla vista di tutti in Gerusalemme.
Il popolo passò quel giorno in grande allegria e fu deciso di ricordare ogni anno quella portentosa vittoria.
Finalmente la terra di Giuda ebbe pace per parecchi anni.
I Giudei vennero a sapere che i Romani avevano sconfitto molti re che si erano mossi contro di loro e che erano amici di quei popoli che li onoravano della loro fiducia.
Pertanto, i Giudei si allearono con Roma per essere liberati dai Greci di Demetrio.
Intanto Demetrio mandò un potente esercito guidato da Bacchide e Alcimo contro i Giudei, e gran parte di questi fuggirono e da tremila che erano ne restarono solo ottocento.
Questi tentarono di dissuadere Giuda dall'affrontare i nemici senza aver prima riportato con loro gli altri, ma Maccabeo li invitò alla guerra per non gettare una macchia sulla loro gloria. La battaglia durò fino alla sera e l'ala destra del nemico fu sconfitta, ma l'ala sinistra aggredì i Giudei alle spalle e vi fu un gran numero di morti da entrambe le parti e Giuda stesso fu ucciso. Allora Gionata e Simone presero il suo cadavere e lo seppellirono nella città di Modin.
A questo punto Bacchide scelse Ebrei apostati della legge e li mandò a scoprire gli amici di Giuda affinché glieli portassero, per punirli e deriderli. Così ci fu grande sofferenza in Israele.
Allora tutti gli amici di Giuda scelsero Gionata come loro capo contro i nemici.
Bacchide cercò di farlo uccidere, ma lui e i suoi fuggirono nel deserto. Poi Gionata mandò suo fratello Giovanni a pregare i suoi amici Nabatei per affidare loro i bagagli che erano molti, ma i figli di Jambri presero Giovanni con tutto quello che aveva e se ne andarono. Qualche tempo dopo fu riferito a Gionata e Simone che i figli di Jambri festeggiavano delle nozze solenni.
Pertanto, si nascosero dietro un riparo del monte e quando comparve il corteo nuziale lo assalirono, uccisero parecchi di loro, ne ferirono altri e altri ancora fuggirono.
Così le nozze si trasformarono in lutto e le musiche in lamentazioni.
A sua volta Alcimo tentò di atterrare il muro del cortile anteriore del Tempio, ma la sua bocca si chiuse, non poté dare più ordini e spirò in mezzo a grandi tormenti.
Intanto i Giudei apostati avvisarono Bacchide che Gionata se ne stava tranquillo coi suoi e gli consigliarono di venire e prenderli tutti in una sola notte.
Bacchide si mise in marcia con numerose truppe e intanto incoraggiò i Giudei a impadronirsi di Gionata, ma costoro non ci riuscirono, anzi Gionata fece massacrare una cinquantina dei loro capi.
Poi attaccò Bacchide il quale, sconfitto, cadde in una profonda tristezza e fece uccidere molti di quei malvagi che l'avevano consigliato a venire e fece ritorno nel suo paese.
Allora Gionata gli mandò alcuni ambasciatori promettendogli la pace in cambio dei prigionieri e Bacchide glieli restituì giurando di non fargli più del male per tutto il resto della sua vita.
Gionata poté finalmente riposarsi, fissò la sua dimora a Macmas, amministrò la giustizia e fece sparire gli empi da Israele.
L'anno 160, Alessandro Epifane, figlio di Antioco, andò per mare a occupare Tolemaide, dove fu ben accolto e proclamato re.
Allora, Demetrio, figlio di Demetrio, radunò un forte esercito e avanzò contro di lui per combatterlo.
In tale occasione Demetrio mandò a Gionata un messaggio con cui gli prometteva amicizia, lo autorizzava a mettere insieme un esercito, a fabbricarsi armi e restituì gli ostaggi che erano detenuti nella cittadella.
Gionata accettò e restituì i parenti alle loro famiglie.
A sua volta, il re Alessandro decise anche lui di mandare un messaggio a Gionata per farselo amico, lo costituì sommo sacerdote di Gerusalemme e gli diede il titolo di amico del re, donandogli la porpora e la corona d'oro.
Demetrio, venuto a saperlo, ne restò addolorato e mandò un nuovo messaggio a Gionata col quale lo liberava dai tributi gravosi – la terza parte delle granaglie e la metà dei frutti delle piante -, gli restituiva la cittadella di Gerusalemme e molte altre cose ancora.
Quando Gionata lesse questo messaggio al suo popolo, nessuno credette alle promesse, tanto era vivo il ricordo del male subito da Demetrio e si decise in favore di Alessandro perché era stato il primo a fare proposte di pace.
Il re Alessandro sconfisse Demetrio e si reimpossessò del suo regno.
Poi scrisse al re d'Egitto proponendogli di sposarne la figlia Cleopatra. Gionata partecipò alle nozze e fece doni ai due re in oro e argento e si acquistò il loro favore, ma degli uomini iniqui lo accusarono davanti al re.
Tuttavia egli non credette loro e gli accusatori fuggirono. A sua volta, Demetrio figlio di Demetrio, sfidò Gionata ad affrontarlo col suo esercito in pianura, dove non ci sono luoghi in cui nascondersi.
Gionata mise insieme 10.000 uomini e partì da Gerusalemme, con Simone pronto a soccorrerlo. Apollonio tentò di attaccarlo alle spalle con la cavalleria che lanciò dardi per tutto il giorno, ma gli uomini di Gionata restarono fermi e i cavalli si spossarono.
A questo punto Simone attaccò la falange nemica, la travolse e mise in fuga. Essa si rifugiò nel tempio in Azoto e nel tempio di Dagon, ma Gionata attaccò Azoto e i villaggi circostanti e bruciò il tempio, spogliò la città e tornò a Gerusalemme con i suoi, carichi di bottino.
Il re d'Egitto Tolomeo volle conquistare con inganno il regno di Alessandro accusandolo presso Demetrio II aver tentato di ucciderlo e promise di dare a lui la figlia Cleopatra. Poi sconfisse Alessandro e gli prese il regno, ma poco dopo morì.
Demetrio II fu informato che Gionata stava assediando a cittadella di Gerusalemme e gli ordinò di desistere, ma Gionata ordinò ai suoi di proseguire e andò da Demetrio con doni e se lo fece amico, anzi ottenne l'immunità per la Giudea e fu anche confermato nel sommo pontificato.
Poi il re Demetrio visto che tutto era tranquillo, congedò l'intero suo esercito, salvo le truppe straniere assoldate in Grecia. In questo modo fu odiato dalle milizie e dovette chiamare Gionata in suo soccorso ottenendo tremila uomini tra i più valorosi che liberarono il re e ritornarono carichi di bottino a Gerusalemme.
A questo punto Demetrio II - visto che ora il suo popolo era tranquillo - venne meno a tutte le sue promesse e angariò Gionata in tutti i modi ma Trifone fece proclamare re il fanciullo Antioco e attaccò Demetrio II, lo sconfisse con l'aiuto delle truppe che erano state licenziate, confermò Gionata sommo sacerdote e lo stabilì governatore dei quattro distretti, oltre a costituire suo fratello Simone stratega dai confini di Tiro fino all'Egitto.
Gionata sottomise tutta la zona ad ovest dell'Eufrate, ad Ascalona fu accolto con onore, ma a Gaza gli chiusero le porte ed egli l'assediò, i suoi abitanti gli chiesero pietà e lui concesse loro la pace a condizione che gli consegnassero i loro capi che furono mandati come ostaggi a Gerusalemme.
Poi l'esercito di Demetrio attaccò quello di Gionata, che però fuggì vedendo che un altro gruppo lo stava per colpire alle spalle. Gionata si stracciò le vesti, si gettò della terra sul capo e pregò. Poi tornò contro i nemici, li attaccò e li mise in fuga. A questo punto i suoi uomini tornarono a lui e sconfissero gli stranieri.
Gionata, approfittando delle circostanze favorevoli inviò messaggi ai Romani e agli Spartani per confermare l'amicizia con tali popoli pur ammettendo di aver avuto tribolazioni e guerre, ma che le avevano vinte con l'aiuto di Dio, pertanto non li avevano disturbati con richieste di aiuto.
Poi Gionata venne a sapere che i partigiani di Demetrio II si preparava ad attaccare i Giudei, si tenne pronto e quelli fuggirono, poi ricostruì le mura di Gerusalemme.
Intanto Trifone pensò di conquistare il potere nell'Asia, ma che Gionata non glielo avrebbe permesso, decise di ucciderlo, ma Gionata lo prevenne e gli andò incontro con quarantamila uomini. Allora Trifone finse di essergli amico, lo convinse a rimandare a casa gran parte dei suoi uomini, poi lo fece catturare insieme ai suoi accompagnatori e li sterminò tutti.
I nemici dei Giudei allora decisero di sterminarli, ma essi nominarono Simone loro capo,
Egli si riavvicinò al re Demetrio e ottenne l'immunità e l'esenzione dalle imposte per tutto il paese.
Poi si mosse contro Gazer, l'assediò e i suoi abitanti chiesero la pace. Egli la concesse loro, ma li cacciò via e purificata la città dove erano stati gli idoli, la fece abitare da persone osservanti delle leggi.
Lo stese fece con la cittadella in cui erano acquartierati i Siri. Poi nominò suo figlio Giovanni, ormai maturo, capo di tutto l'esercito.
Intanto il re Demetrio tentò di invadere la Media per radunare altre truppe e combattere Trifone, ma fu respinto e catturato.
Saputo della morte di Gionata, i Romani e gli Spartani se ne dolsero e confermarono a Simone la loro amicizia con i Giudei.
Antioco VII, figlio del re Demetrio comunicò a Simone che aveva intenzione di recuperare il suo regno e di riportarlo alla prosperità confermando ai Giudei l'immunità, l'esenzione dalle imposte già dovute e in aggiunte permise che coniassero delle monete che avessero corso legale nel paese.
Poi sbarcò nello stato dei suoi padri e le truppe di Trifone si unirono a lui.
Intanto i Romani scrissero al re Tolomeo che i popoli non facessero del male ai Giudei, né si unissero ai loro nemici.
Il re Antioco VII, invece, non volle mantenere le concessioni fatte ai Giudei e chiese la restituzione delle città occupate dai Giudei e mille talenti d'argento in riparazione, altrimenti avrebbe mosso guerra contro di loro.
Simone gli rispose di non aver occupato terre straniere, ma soltanto di aver recuperato l'eredità dei loro padri, ingiustamente goduta dai nemici per qualche tempo, salvo Gazer e Joppe per le quali avrebbe dato cento talenti, ma il re mandò un esercito al comando di Cendebeo con l'incarico di molestare il popolo e fare scorrerie.
Simone, ormai vecchio, incaricò i suoi figli Giuda e Giovanni a proseguire il lavoro di difendere i Giudei dai loro nemici, augurò che il cielo fosse con loro e scelse ventimila uomini valorosi e dei cavalieri
Giovanni, vedendo, che i suoi non avevano il coraggio di attraversare il fiume per timore dei Siri che stavano dall'altro lato, mise i cavalieri in mezzo alle altre truppe poiché aveva una cavalleria molto meno numerosa e passò per primo,
I suoi si lanciarono dietro a lui e misero in fuga i nemici.
Tolomeo, comandava la regione di Gerico e figlio del sommo sacerdote Abub voleva impadronirsi del paese.
Quando Simone andò a visitare Gerico per vedere se la giustizia era amministrata bene, fu attirato da Tolomeo con inganno in una fortezza e ucciso con i figli Mattatia e Giuda.
Poi Tolomeo impartì l'ordine di uccidere anche Giovanni, ma egli fu informato in tempo che suo padre e due suoi fratelli erano stati uccisi e che erano stati mandati dei sicari per uccidere anche lui e li fece uccidere.
SECONDO LIBRO DEI MACCABEI
INTRODUZIONE
I Giudei di Gerusalemme scrissero ai Giudei dell'Egitto augurando loro felicità e invitandoli a celebrare con loro la Festa delle Tende.
Con un'altra lettera ringraziarono Dio di aver lasciato uccidere il re Antioco IV Epifane, loro malfattore, dai sacerdoti per mezzo di un tranello. Vi si riferiva anche del fuoco del Tempio che era stato nascosto al tempo di Neemia, in vista della deportazione dei Giudei in Persia. Esso era stato ritrovato, quantunque sembrasse solo un liquido denso, ma messo sulla legna si accese un gran fuoco tra l'ammirazione dei presenti e alla presenza di Gionata.“
Mentre il sacrificio si consumava, i sacerdoti e tutti gli altri pregavano dicendo:
“Signore Iddio, creatore di tutte le cose, terribile, forte, misericordioso, l'unico vero re, il solo buono, il solo benefattore, giusto e buono, onnipotente ed eterno, che liberi Israele da ogni male, accetta questo sacrificio per tutto il tuo popolo, custodisci la tua eredità e santificala, riunisci quelli che sono schiavi tra i pagani e sono divenuti oggetto di derisone e abominio, affinché i pagani conoscano che tu sei il nostro Dio.”
Quando il re di Persia venne a sapere questi fatti, fece recingere quel luogo e lo dichiarò sacro, poi, in segno del suo favore, mandò doni ai sacerdoti ed essi ne mandarono a lui.
A sua volta, il profeta Geremia ordinò ai deportati di prendere un po' di quel fuoco e consegnò loro anche la legge affinché non dimenticassero i Comandamenti e non traviassero alla vista degli idoli. Poi ricevuto un divino responso, fece portare dietro a lui il Tabernacolo e l'Arca, li nascose in una grotta e ne coprì l'ingresso con delle pietre. Altri che erano andati con Geremia in quel luogo, in seguito, non riuscirono a ritrovarlo e si dice che Dio lo rivelerà il giorno in cui Israele verrà di nuovo riunito per misericordia divina (2Mc 1, 1-7) pagina 547.
PERSECUZIONE DI ANTIOCO
Quando era pontefice Onia, la città godeva di pace perché lui faceva rispettare tutte le leggi, sicché perfino dei re stranieri facevano doni per il Tempio ma Simone, che ne era un sovrintendente, si mise in contrasto col sommo sacerdote, ma non potendo spuntarla, andò a trovare Apollonio di Tarso – governatore della Celesiria e della Fenicia - e gli disse che il tesoro di Gerusalemme era colmo di immense ricchezze ed era facile far passare tutto nelle mani del re.
Allora, messo al corrente, il re mandò Eliodoro ad appropriarsi di quei beni i quali, però, secondo Onia in gran parte dovevano essere destinati al sostentamento degli orfani e delle vedove, ma Eliodoro non volle dargli ascolto.
Tutti caddero in grande angoscia e supplicarono Dio affinché non permettesse quella profanazione. Chi avesse osservato Onia si sarebbe sentito trafiggere il cuore tanto era il pallore che ne manifestava l'angoscia.
Mentre Eliodoro stava per appropriarsi del tesoro, vi fu una manifestazione della potenza del Signore: apparve loro un cavallo montato da un terribile cavaliere e riccamente bardato che si lanciò contro Eliodoro e lo colpì violentemente con gli zoccoli anteriori.
Apparvero anche due giovani sfavillanti di bellezza che flagellarono Eliodoro con molte nerbate.
Alcuni dei suoi compagni pregarono Onia si supplicare l'Altissimo di voler ridare la vita a Eliodoro.
Allora, Onia – per timore che il re sospettasse gli Israeliti di ribellione - fece un sacrificio al Signore.
I due giovani si accostarono a Eliodoro e gli dissero di ringraziare il sommo sacerdote e che solo per riguardo a lui il Signore gli ridonava la vita e sparirono.
Fatto ciò, Eliodoro si convertì e testimoniò a tutti le grandi opere di Dio.
Il re gli domandò chi sarebbe stato più adatto a ritentare di appropriarsi dei tesori del Tempio, ma Eliodoro gli consigliò di mandarci qualche nemico del suo regno affinché tornasse conciato per le feste se pur gli riuscisse di scamparla, poiché una forza divina proteggeva quel Tempio e percuoteva quelli che ci fossero andati per farvi del male (Ml 3)
Simone, intanto, continuava a diffondere calunnie contro Onia come se fosse un nemico dello Stato e del re. Allora il sommo sacerdote andò a parlare col re Seleuco VI, che però fu presto avvelenato da Eliodoro, sicché al re succedette Antioco detto Epifane.
Giasone, fratello di Onia, usurpò il pontificato e introdusse le usanze greche in Israele fondando palestre e partecipando ai giochi che si tenevano ogni cinque anni. In questo modo perfino i sacerdoti perdettero l'amore del ministero dell'altare preferendo gli esercizi proibiti dalla legge, ma poi si trovarono coinvolti in calamitose vicende.
Antioco Epifane fu accolto in Gerusalemme con grandiose dimostrazioni volute da Giasone. In seguito quest'ultimo mandò Menelao, fratello di Simone, a portare denari al re ma costui, adulandolo, ottenne di diventare lui stesso il sommo pontefice.
Menelao esercitava il potere ma non pagava il denaro promesso al re. Allora lasciò il suo pontificato a suo fratello Lisimaco, poi rubò oggetti d'oro dal Tempio, li donò ad Andronico, sostituto del re, e lo istigò a uccidere Onia. Venutolo a sapere Antioco ne fu molto rattristato e fece uccidere Andronico.
Anche Lisimaco compì furti sacrileghi nel Tempio. Ciò indusse il popolo a sollevarsi contro di lui e rimase ucciso Lisimaco stesso, nonostante che avesse armato tremila uomini.
Si fece un processo contro Menelao, che fu condannato, ma egli diede denaro a Tolomeo che riuscì a far cambiare sentenza di condanna in assoluzione e furono condannati a morte i tre testimoni innocenti. Menelao conservò l'autorità e crebbe nella malvagità a danno dei suoi concittadini (2Mc 4, 1-50).
In quell'epoca, per quaranta giorni si ebbero delle visioni di cavalieri che si slanciavano nell'aria, coperti di vestiti ricamati d'oro, assalti da una parte e dall'altra. Tutti pregavano che tali apparizioni fossero di buon auspicio.
Giasone attaccò Gerusalemme e la straziò ma non riuscì a prendere il potere e dovette fuggire di luogo in luogo, esecrato come carnefice della sua patria.
Allora, il re Antioco, che stava eseguendo una seconda spedizione contro l'Egitto, venuto a sapere questi fatti pensò che i Giudei si fossero ribellati e partì per Gerusalemme, ordinò ai suoi soldati di uccidere tutti quelli che incontravano per strada e anche quelli che si rifugiavano nelle loro case. In quarantamila furono uccisi - vecchi e giovani, donne e lattanti - e altrettanti furono venduti schiavi.
Giuda Maccabeo e circa altri dodici uomini si erano rifugiati nel deserto e sulle montagne tra le fiere e si nutrivano solo di erbe per evitare contaminazioni (2Mc 5, 1-27).
Poi Antioco entrò nel Tempio e ne rubò gli oggetti sacri, donati da altri re per il decoro del Tempio stesso. Ciò avvenne per castigo dei peccati del popolo, altrimenti il Signore non lo avrebbe permesso.
In seguito gli Israeliti subirono molte altre persecuzioni, furono obbligati a seguire le usanze dei Greci e a non rispettare il sabato. In caso contrario venivano uccisi. Lo scrittore afferma che Dio puniva il popolo israelita prima che colmasse la misura, per non dovergli ritirare la propria misericordia, a differenza di quanto faceva con gli altri popoli.
Eleazaro era uno dei primi dottori della legge e di età molto avanzata. Lo volevano costringere a mangiare la carne di porco, ma egli la sputò. Altri gli offrirono in disparte altre carni ma egli le rifiutò poiché non voleva lasciare ai giovani l'idea di essere passato alle usanze dei Greci e preferì la morte per bastonatura (2 Mc 6, 1-31).
Furono arrestati sette fratelli e la loro madre. Il re voleva far mangiare loro la carne di porco con frustate e nerbate, ma uno di loro - anche a nome degli altri - disse: “Che cerchi e che vuoi sapere da noi ? Noi siamo pronti a morire, piuttosto che trasgredire le leggi dei nostri padri.”:
Il re sdegnato fece mettere sul fuoco le padelle e in esse fece abbrustolire la lingua del giovane che aveva parlato, poi gli fece strappare la pelle del capo e troncare le membra davanti ai fratelli e alla madre, che si incoraggiavano a vicenda. Poi lo fece arrostire nella padella. Dopo fu fatto altrettanto agli altri fratelli, uno alla volta, fino al penultimo dei giovani. A questo punto il re cercò di convincere la madre a persuadere l'ultimo figlio a mangiare le carni di porco. Ella promise di farlo ma poi parlando in aramaico disse al figlio di essere coraggioso come i suoi fratelli affinché potesse riavere anche lui lassù.
A questo punto il giovane disse al re che non avrebbe ubbidito a lui, ma alla legge dei suoi padri. Indignato, il re fece soffrire anche lui, anzi più degli altri fratelli e, infine, fece uccidere anche la madre (2Mc 7, 1 - 41).
VITTORIA DEL GIUDAISMO
Intanto Giuda Maccabeo e i suoi compagni giravano per i villaggi per trovare gli abitanti fedeli al giudaismo e misero insieme 6.000 uomini. Essi pregavano il Signore a volger lo sguardo al popolo calpestato da tutti, alle stragi dei suoi innocenti e al suo Tempio profanato dagli empi.
Così colpivano di notte città e villaggi dei nemici e li davano alle fiamme.
Allora Filippo scrisse a Tolomeo il quale mandò Nicanore con 20.000 armati di diverse nazioni ordinandogli di sterminare tutta la razza dei Giudei. Nicanore promise in anticipo di vendere 100 Giudei schiavi in cambio di un talento.
Giuda, avvertito dell'arrivo di Nicanore, preparò i suoi 6.000 uomini alla battaglia e a confidare nell'aiuto del Signore, come era successo contro Sennacherib in cui 8.000 uomini uccisero 120.000 nemici.
Divise i suoi uomini in quattro corpi affidandone il comando ai suoi tre fratelli.
Con la parola d'ordine “Aiuto d'Iddio” Giuda stesso attaccò i nemici con i suoi uomini e l'Onnipotente venne in loro aiuto. Massacrarono 9.000 nemici, ferirono o mutilarono gran parte degli altri, si appropriarono del denaro che era stato preparato per comprare gli schiavi e misero in fuga i nemici, poi tornarono indietro perché stava per iniziare il sabato, celebrandolo e benedicendo il Signore che li aveva liberati.
Passato il sabato, fecero parte delle spoglie ai danneggiati dalla persecuzione, agli orfani e alle vedove e divisero il resto tra quelli andati a combattere e ai loro figli.
In un altro scontro contro Tolomeo e Bacchide uccisero altri 20.000 uomini e si impadronirono di alcune fortezze sulle alture, divisero di nuovo il bottino con perseguitati, orfani, vedove e vecchi.
Inoltre, raccolsero le armi dei nemici e le misero in luoghi sicuri.
Nicanore ritornò ad Antiochia senza seguito e confessò che ora i Giudei avevano un difensore che li rendeva invulnerabili, perché obbedivano di nuovo alle leggi da lui stabilite (2Mc 8, 1-36).
Intanto Antioco era entrato in Persepoli per impossessarsi dei tesori del tempio, ma il popolo si sollevò e prese le armi, costringendo il suo esercito alla fuga.
Allora il re decise di sfogarsi sui Giudei facendo di Gerusalemme il loro sepolcro e ordinò al suo cocchiere di andare sempre avanti senza fermarsi, ma appena ebbe pronunciato simili parole fu colpito da inauditi tormenti al ventre.
Tuttavia continuò a far accelerare la corsa, ma fu sbalzato a terra e si contuse tutte le membra. Dai suoi occhi cominciarono a uscire dei vermi e le sue carni cadevano in brandelli.
Allora cominciò a riconoscere di non poter essere pari alla divinità e scrisse ai Giudei promettendo di renderli liberi e uguali agli Ateniesi e di ornare con ricchissimi doni il Tempio santo. Inoltre nominò suo figlio Antioco come proprio successore in caso di sua morte. Infatti, morì tra atroci dolori in terra straniera (2Mc 9, 1 – 29).
Maccabeo e i suoi, col favore del Signore, ripresero la città, distrussero gli altari eretti dai pagani e i recinti sacri del culto idolatrico.
Poi purificarono il Tempio, costruirono un altro altare e ricominciarono a offrire sacrifici e altro. Festeggiarono per otto giorni ricordando che poco tempo prima avevano dovuto passare sulle montagne e nelle caverne il giorno della festa dei Tabernacoli.
Morto Antioco Epifane, gli successe il figlio, soprannominato Antioco Eupatore.
Gorgia, intanto, arruolava milizie straniere per fare guerra ai Giudei del nord e anche gl'Idumei molestavano i Giudei, che avevano scacciato altri Giudei apostati.
Maccabeo e i suoi, dopo aver elevato pubbliche preghiere al Signore affinché fosse il loro alleato, attaccarono con grande energia le fortezze degli Idumei e se ne impadronirono uccidendo oltre 20.000 uomini, ma altri 9.000 si rifugiarono in due posizioni fortificate. Maccabeo lasciò una parte delle forze a Simone, Giuseppe e a Zaccheo ad assediarle ma alcuni dei loro uomini si lasciarono corrompere e lasciarono fuggire alcuni rifugiati. Maccabeo fece uccidere i traditori e uccise altri 20.000 uomini.
Poi Timoteo mise insieme un potente esercito accompagnato da un forte contingente di cavalleria e tentò di impadronirsi della Giudea.
Maccabeo e i suoi pregarono il Signore vestiti di cilizio e la testa cosparsa di polvere, poi andarono ad accamparsi davanti al nemico. Nel punto culminante della battaglia, ai loro nemici apparvero dal cielo cinque uomini splendidi, che messo Maccabeo in mezzo a loro lo coprivano con le loro armi rendendolo invulnerabile mentre scagliavano dardi e fulmini contro i nemici, che, accecati, confusi e pieni di spavento, cadevano. Furono uccisi 20.500 uomini di fanteria e 600 cavalieri.
Timoteo fuggì a Gazer, una fortezza. Maccabeo l'assediò per quattro giorni. I nemici, credendo di essere al sicuro, proferivano grandi bestemmie e ingiuriavano con parole nefande. Ma venti giovani giudei, stanchi di quel comportamento si lanciarono contro le mura e con un ardore travolgente vi salirono sopra e massacrarono chiunque si parasse loro davanti, mentre altri salirono da un punto opposto presero i nemici alle spalle, accesero dei roghi e vi bruciarono quei bestemmiatori. Altri ancora abbatterono le porte, occuparono la città e trovato Timoteo lo uccisero insieme a suo fratello e ad Apollofane.
Compiuta felicemente questa impresa, benedissero il Signore che aveva data ad essi la vittoria (2Mc 10, 1-38).
Lisia, però, non sopportò l'umiliante esito degli ultimi avvenimenti, perciò mise insieme un esercito di ottantamila uomini e tutta la cavalleria e marciò contro i Giudei col proposito di prendere Gerusalemme e darla ad abitare ai pagani, di fare del Tempio un cespite di guadagni come in altri paesi e di vendere ogni anno il sacerdozio e cominciò espugnando Betsur, poi assediò altre fortezze.
Appena Maccabeo lo seppe, con sospiri e lacrime insieme a tutto il popolo supplicò il Signore affinché mandasse loro l'Angelo buono affinché liberasse Israele. Appena furono partiti, con animo risoluto a soccorrere i fratelli, apparve loro un cavaliere vestito di bianco che brandiva armi d'oro. Allora benedissero Iddio delle misericordie e si sentirono pronti ad assalire anche le bestie feroci, abbatterono 11.000 fanti, 1.600 cavalieri e misero in fuga tutti gli altri.
Lisia, allora, convinse il re ad offrire la pace ai Giudei, a diventare loro amico e a lasciarli liberi di vivere secondo le loro consuetudini.
Poi, anche i Romani promisero lo stesso ai Giudei (2Mc 11, 1-38).
Conclusi questi patti, Lisia se ne tornò dal re e i Giudei tornarono ai loro campi, ma i comandanti della regione – Timoteo, Apollonio, Girolamo e Demofonte – ai quali si aggiunse poi Nicanore, non li lasciavano vivere in pace.
Gli abitanti di Joppe commisero questo gravissimo delitto: invitarono i Giudei a salire con le mogli e figli su barche preparate ad arte, ma quando questi furono al largo li lasciarono affondare in numero di circa duecento.
Quando Giuda venne a saperlo, impartì i suoi ordini e, invocato Dio giusto giudice, marciò contro gli uccisori, dette alle fiamme il porto, bruciò le barche e passò a fil di spada quelli che erano scampati al fuoco.
Venuto poi a sapere che anche gli abitanti di Jamnia pensavano di agire allo stesso modo contro i Giudei residenti in mezzo a loro, piombò di notte sulla città marittima, incendiò il porto e le navi.
Poi si mosse contro Timoteo - che era partito lasciando in una fortezza una numerosissima guarnigione di 120.000 fanti e 2.500 cavalieri - ma all'apparire della prima coorte di Giuda, presi da spavento per la presenza di Colui che tutto vede, si dettero alla fuga, si ferivano tra di loro e si uccidevano a vicenda. Giuda intanto li inseguiva e ne uccise 30.000.
Lo stesso Timoteo, caduto nelle loro mani, con astute suppliche si raccomandava di aver salva la vita, dando ad intendere di avere in suo potere parenti e fratelli di molti Giudei i quali, se fosse messo a morte, sarebbero uccisi per rappresaglia, altrimenti, promise solennemente, li avrebbe restituiti sani e salvi. Pertanto fu rilasciato.
In seguito Maccabeo marciò contro Scitopoli, ma i Giudei che vi abitavano testimoniarono di essere trattati benignamente e con moderazione dagli abitanti del luogo. Pertanto, li invitò a proseguire nelle loro disposizioni verso la nazione giudaica e proseguì verso Gerusalemme.
Poi attaccò gli uomini di Gorgia e il giudeo Dositeo riuscì ad afferrarlo ma un avversario gli tagliò il braccio e Gorgia poté fuggire. Gli uomini di Giuda erano stanchi, ma lui invocò il Signore e i suoi misero in fuga i nemici.
Alcuni si presentarono a Giuda per raccogliere i giudei morti in battaglia per poterli seppellire. Su di essi furono trovati gli idoli di Jamnia, cose che la legge proibisce ai Giudei e tutti capirono che era stata questa la causa della loro morte.
Maccabeo allora fece una colletta e la mandò a Gerusalemme affinché fosse offerto un sacrificio espiatorio affinché quei morti fossero purificati dal loro peccato (2Mc 12, 1-45).
Giuda seppe che Antioco V o Eupatore e Lisia venivano con un forte esercito contro i Giudei. Ad essi si unì Menelao tentando di circuire Antioco con la segreta speranza di essere riconfermato sommo sacerdote, ma il Re dei re suscitò lo sdegno in Antioco ad opera di Lisia il quale gli mostrò che era proprio Menelao la causa di tutti quei mali.
A Berea vi era una torre che era piena di cenere e lì fu gettato Menelao e fatto morire così. Poi, .Antioco proseguì la sua marcia contro i Giudei.
Allora Maccabeo ordinò al popolo di invocare il Signore - anche con lacrime e digiuni - giorno e notte affinché li aiutasse ancora come aveva sempre fatto, Poi esortò il suo popolo a combattere virilmente fino alla morte per le leggi, il Tempio, la città, la patria e i cittadini e si accampò vicino a Modim.
Scelse la parola d'ordine “Vittoria di Dio” e dei giovan fortissimi. Con loro, di notte, tentò di raggiungere la tenda del re, massacrando circa 2.000 uomini e gettando. lo scompiglio negli accampamenti nemici, poi si ritirò.
Antioco, allora, tentò di impadronirsi di Bet-Sur, ma fu respinto, poi attaccò Giuda ma fu vinto. A questo punto venne a patti coi Giudei e nominò il Maccabeo governatore e stratega da Tolemaide fino a Gerar (2Mc 13, 1-26).
LIBRO DI GIOBBE
Nella terra di Hus vi era un uomo chiamato Giobbe: uomo perfetto, timorato di Dio e lontano dal male.
Gli erano nati sette figli e tre figlie e aveva un gregge di settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine ed era il più grande tra i figli d'Oriente.
Ogni giorno i suoi figli facevano banchetti e invitavano le loro sorelle.
Giobbe offriva olocausti al Signore pensando che potessero avere peccato.
Un giorno però Satana disse al Signore che la bontà di Giobbe era dovuta ai molti beni che aveva.
Dio gli permise di togliergli tutto, senza però toccare la sua persona.
Presto arrivò un messaggero che portò una triste notizia: i buoi e le asine erano stati predati e i loro guardiani passati a fil di spada, salvo lui.
Subito ne arrivò un altro il quale annunciò che un fuoco dal cielo aveva bruciato le pecore e i loro guardiani salvo lui.
Immediatamente un altro disse che i Caldei avevano preso i cammelli e passato a fil di spada i guardiani salvo lui.
Subito arrivò un quarto uomo annunciando che un forte vento del deserto aveva fatto crollare la casa in cui stavano banchettando i figli e le figlie che erano morti tutti.
Allora Giobbe si alzò, si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra, adorò e disse:
“Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore”.
Allora Satana disse che l'uomo è pronto a dare tutto per la sua pelle, ma se lo tocchi nella sua carne…
Il Signore lo mise nelle mani di Satana, purché gli risparmiasse la vita.
Giobbe fu allora colpito da una piaga maligna dai piedi fino alla testa.
Si prese un coccio per grattarsi e sedeva in mezzo alla cenere.
La moglie lo invitò a imprecare a Dio e a morire, ma Giobbe le rispose che come si accetta il bene da Dio, così si deve accettare il male.
Tre amici – Elifaz, Baldad e Sofar - andarono a consolarlo.
Si misero a piangere vedendolo, si stracciarono le vesti e si sparsero della polvere sul capo.
Poi si sedettero per terra con lui e non gli parlarono per sette giorni perché vedevano quanto era grande il suo dolore.
Poi Giobbe maledisse il giorno in cui era nato e si domandò perché non era morto fin dal seno materno (a quei tempi non si conosceva ancora il valore della sofferenza, secondo la nota della Sacra Scrittura).
Elifaz invita Giobbe a rifugiarsi in Dio.
Allora parlò Elifaz domandando quale innocente era perito e invita Giobbe a rimettersi a Dio, il quale manda le acque sulle campagne, pone gli umiliati in alto ed eleva gli afflitti.
Beato l'uomo che vien corretto da Dio e non disprezza la correzione dell'Onnipotente, poiché egli ferisce e medica.
Nella fame ti scamperà da morte e in guerra dal potere della spada.
Giobbe si giustifica rispondendo:
“Oh! Se si mettesse a peso il mio abbattimento, ma insieme sulla bilancia si mettesse la mia sciagura, che ora pesa più dell'arena del mare. Per questo le mie parole sono sconnesse.
Allo scoraggiato si deve pietà dall'amico quand'anche abbandonasse il timore dell'Onnipotente. Invece riceve arsura. Perfino sull'orfano voi vi gettereste e scavereste una fossa all'amico vostro.
C'è forse falsità nella mia lingua? O forse il mio palato non distingue il male?
Se mi corico io esclamo: “Quando sarà giorno, per alzarmi” e poi “Quando sarà sera?” e mi sazio d'insonnia.
Se ho peccato, che cosa ho fatto a te, pastore di uomini, sì che io sia di peso a me stesso?
Allora Baldad prese la parola
domandando fino a quando Giobbe avrebbe proferito tali cose come un vento impetuoso.
Se i suoi figli hanno peccato contro l'Onnipotente, egli li ha sacrificati per il loro delitto, ma se lui è puro e probo il Signore veglierà su di lui, piccola sarà la sua fortuna di prima in confronto a quella che avrà in avvenire.
Si rivolga dunque all'esperienza dei padri. Ancora colmerà di sorriso la sua bocca e le sue labbra di giubilo.
In verità - risponde Giobbe che-lui sa che è così, ma Dio tribola anche l'innocente, non solo il reo.
Mi lasci il Signore affinché mi rassereni un poco, prima di partire per non più ritornare.
Sofar afferma che Dio è sapiente
Tu non puoi conoscere i segreti della sapienza divina e che Dio dimentica parte del tuo delitto.
Egli vede l'iniquità senza che uno se ne accorga.
Se tu dirigerai il tuo cuore verso Dio e allontanerai l'iniquità che è nelle tue mani, né albergherai l'iniquità nella tua tenda, allora sì, alzerai il tuo volto senza macchia, sarai ben saldo e non avrai da temere, dimenticherai il dolore come acqua passata, l'oscurità splenderà come il mattino, sarai fiducioso e ti coricherai tranquillo.
Giobbe gli risponde che anche lui conosce la sapienza e che è facile disprezzare la sventura, quando si è felici.
Tacciano. I loro argomenti sono prove di cenere. Le loro difese sono d'argilla.
Secondo discorso di Elifaz
Stai distruggendo anche la pietà e annientando il tuo ossequio verso Dio.
Hai tu forse assistito al Consiglio di Dio?
I sapienti narrano che l'empio è atterrito per tutti i suoi giorni poiché ha steso contro il Signore la sua mano e ha fatto mostra di forza. Per questo abiterà in città diroccate. Egli non arricchirà e la sua fortuna nemmeno si manterrà.
Giobbe risponde che anche lui avrebbe potuto parlare come loro, consolatori molesti, se essi fossero stati al suo posto.
Adesso Dio l'ha scrollato, l'ha consegnato nelle mani dei malvagi e l'ha drizzato come suo bersaglio. Già fin d'ora Egli gli è testimonio.
Secondo discorso di Baldad
Quando porrai fine alle tue parole?
Il lume dell'empio si spegnerà e saranno accorciati i suoi passi sicuri, i suoi piedi cadranno nella rete poiché egli cammina sul tranello.
Diventa carestia la sua agiatezza e la calamità gli sta a fianco.
Un morbo divorerà la sua pelle, il primogenito della morte divorerà le sue membra.
Il suo ricordo perirà nel paese, non avrà discendenti nel popolo, né chi sopravvivrà nelle sue abitazioni.
Giobbe rispose: “Fino a quando tormenterete l'anima mia?
Sappiate che è Dio che mi ha oppresso. Ha sradicato la mia speranza, ha acceso la sua collera contro di me.
Se voi esclamate:
“Come lo perseguitiamo noi, se la colpa delle sue disgrazie è in lui?”.
Temete per voi stessi la spada poiché essa è la punitrice delle colpe, affinché sappiate che alla fine c'è giustizia.
Sofar gli replicò
“Non sai tu che fin dal tempo antico il trionfo degli empi è breve?”
Tossico d'aspide ha succhiato, la lingua della vipera lo uccide.
Non vedrà più scorrere ruscelli d'olio, né fiumi di miele e di latte.
Non gioirà delle ricchezze del suo traffico.
Non potrà salvare le cose più care poiché oppresse e abbandonò i miseri, usurpò una casa che non aveva edificata e non conobbe riposo il suo ventre.
Risposta di Giobbe: molti empi vivono e prosperano
Perché mai gli empi vivono, invecchiano, sono molto vigorosi?
La loro stirpe prospera intorno a loro e i loro rampolli sono sotto i loro occhi: le loro case sono in pace, senza timori e il bastone di Dio non li raggiunge.
Il loro toro è sempre fecondo e la loro vacca figlia e non abortisce. Lasciano liberi i loro ragazzi e i loro fanciulli saltellano festosi.
Cantano al suono del timpano e della cetra.
Trascorrono felici i loro giorni fino a quando vanno nell'aldilà, quantunque essi non abbiano voluto conoscere le vie del Signore.
(A chi non vuole saperne di essere giusto in questo mondo, Dio consente di essere felice in questa vita poiché dovrà soffrire moltissimo e in eterno nell'altra. Pertanto, non si deve considerare ingiusto Dio quando permette che i malvagi siano fortunati in questo mondo.
D'altra parte, molti vogliono l'autonomia da Dio – come le abortiste che dicevano: “Il ventre è mio e ne faccio quello che mi pare” – e poi lo accusano di permettere che sia fatto del male a bambini innocenti.
Infatti, in tali occasioni i soliti contestatori della religione, domandano: “Dio si era forse distratto?”)
Di nuovo prese la parola Elifa affermando che Dio tratta secondo le opere. Senza motivo, hai angariato i tuoi fratelli e all'affamato hai negato il pane.
Le vedove hai rimandato a mani vuote e hai spezzato le braccia degli orfani.
Riconciliati con lui e starai in pace.
Allora nell'Onnipotente troverai le tue delizie, lo pregherai ed Egli ti ascolterà.
Giobbe rispose che avrebbe voluto discutere con Dio, per sentire che cosa gli avrebbe risposto, ma il Signore non si è fatto trovare.
I malvagi spostano i confini, guidano al pascolo il gregge rubato, portano via l'asino degli orfani.
Dalla città i morenti gemono ma Dio non bada alle loro suppliche.
Vi sono altri che non vogliono conoscere le sue vie.
Innanzi giorno sorge l'omicida, uccide il misero e il poverello e il ladro va d'attorno. nella notte
Baldad fa il terzo discorso
Come può essere giusto l'uomo presso Dio? Perfino la luna è senza chiarore e le stelle non sono terse agli occhi suoi.
Poi intervenne Eliu
che aveva taciuto finora perché gli altri erano più anziani di lui. Egli era indignato contro Giobbe perché si riteneva giusto agli occhi propri, ma anche contro gli altri tre amici perché non avevano trovato alcuna risposta.
Allora, rivolto a Giobbe, gli domanda: “Dio è più grande dell'uomo. Perché mai vuoi contendere con Lui se alle tue parole Egli non risponde?”
Dio apre l'udito dell'uomo per rimuoverlo dal mal fare e dalla tracotanza quando il sonno scende sugli uomini affinché salvi l'anima sua dalla tomba e dalla spada.
Oppure lo corregge nel suo letto con l'agitazione incessante delle sue membra o quando sente disgusto del cibo più squisito.
Aggiunse che Giobbe stava bestemmiando come un empio affermando “A che cosa giova l'amicizia con Dio?” Lungi da Dio il commettere empietà e iniquità. Egli mostra agli uomini i loro falli d'orgoglio.
Se ascoltano e si sottomettono finiranno i loro giorni nella felicità e i loro anni nelle delizie.”
Entra in scena Dio stesso e confonde Giobbe
“Chi è costui che ottenebra il mio consiglio con parole prive di cognizione? Dài forse tu la pioggia alla terra e il cibo agli animali, la vigoria al cavallo e adorni tu la sua criniera?“ “L'avversario dell'Onnipotente vuole ancora contendere?”
Allora Giobbe rispose: “Io sono meschino. Ho parlato due volte, ma non ricomincerò, mi metterò la mano sulla bocca.”
Dio riconosce Giobbe innocente
Poi Dio si accese d'ira contro Elifaz, Baldad e Sofar perché non avevano detto di Dio la verità di Lui come Giobbe e ordinò loro di prendere da Giobbe sette vitelli e sette montoni e di offrirli in olocausto per loro stessi e che Giobbe facesse orazione per loro .
Allora il Signore ristabilì Giobbe nello stato di prima, anzi aumentò più del doppio quello che possedeva prima, gli diede quattordici figli e tre figlie, quattordicimila pecore, seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine.
In tutta la terra non c'erano figlie così belle come quelle di Giobbe, il quale visse altri 140 anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni, morì vecchio e stanco di anni.
I PROFETI
LIBRO DI ISAIA
Farò uscire da Giacobbe una posterità e da Giuda un erede delle mie montagne,
La pianura di Saron diventerà pascolo dei greggi e la valle di Acor pastura dei buoi, per il mio popolo che mi avrà cercato.
Ma voi che abbandonaste il Signore e dimenticaste e preparaste cibi e bevande agli idoli sarete tutti destinati alla spada e soccomberete tutti alla strage perché quando vi chiamavo non rispondevate e quando io parlavo non davate ascolto e facevate ciò che io detesto.
I miei servi mangeranno e berranno, mentre voi patirete la fame e la sete.
I miei fedeli godranno e voi sarete nella vergogna (Is 65, 9-13).
Il vero culto è quello sincero e spirituale
Dice il Signore: “L'universo è stato fatto dalla mia mano e tutto mi appartiene.
Il mio sguardo si posa sull'umile e sul contrito di cuore che teme la mia parola.
Ma su coloro che si compiacciono di venerare un idolo e amano le loro abominazioni farò piombare i mali che temono perché io li ho chiamati ma essi non hanno risposto e hanno scelto quello che io detesto.”
LIBRO DI GEREMIA
Geremia - figlio di Elkia, della famiglia di sacerdoti – fu incaricato dal Signore di parlare al popolo d'Israele.
Il Signore mi disse: “Prima di formarti nel seno di tua madre ti stabilii profeta presso le genti”.
Gli risposi. “Io sono un fanciullo. Non so parlare”. Ma il Signore mi rispose che avrebbe messo lui stesso le parole sulla mia bocca. E mi fece vedere una caldaia che veniva dal settentrione, poi mi spiegò che avrebbe chiamato le famiglie dal settentrione ed esse avrebbero diffuso i mali sopra tutti gli abitanti della terra.
Avrebbero stabilito il loro trono davanti alle porte di Gerusalemme e lui pronuncerà un decreto contro le città di Giuda perché l'hanno rinnegato per seguire divinità straniere, malgrado non avesse fatto loro niente di male, anzi li aveva liberati dall'Egitto e li aveva condotti in un paradiso per mangiarvi dei frutti squisiti.
E i sacerdoti hanno detto: “Dov'è il Signore?” I depositari della legge si sono rivoltati contro di Lui e i profeti hanno parlato in nome di Baal.
Gli altri popoli non hanno cambiato i loro idoli impotenti, a differenza del popolo di Giuda e d'Israele che invece hanno abbandonato la loro gloria.
Dicono al legno: “Tu sei mio padre” e alla pietra: “Tu mi hai generato.”
Mi voltano le spalle, ma quando sono nell'afflizione gridano: “Aiutaci, salvaci.”. Si rivolgano ai loro dèi.
Anche dall'Egitto saranno ingannati e torneranno confusi come da Assur.
Ragionerai come la donna perduta che si domanda se il Signore sarà per sempre adirato con lei, ma intanto continua a commettere il male.
Ritornate, figli ribelli, e io vi darò dei pastori secondo il mio cuore ed essi vi pasceranno con intelligenza e saggezza e quando vi sarete moltiplicati sulla terra ritornerete da settentrione.
Se tu vuoi togliere le tue abominazioni dal mio cospetto non dovrai più andare errando qua e là lontano da me, se giurerai perla vita del Signore, con sincerità, rettitudine e giustizia, le nazioni si feliciteranno in lui, in lui si glorificheranno.
Dissodatevi un campo nuovo, non semine in mezzo alle spine, circoncidetevi per il Signore e togliete quanto non piace a Dio dal vostro cuore, affinché non divampi come fuoco il mio sdegno e divori senza spegnersi inestinguibile per la malvagità delle vostre azioni.
Ecco le cause per cui Dio ha punito i Giudei.
Non si trova un uomo che pratichi la giustizia e anche coloro che conoscono la legge giurano “Per il Dio vivente” giurando il falso.
E pure quando sono percossi non vogliono accettare la lezione e rifiutano di convertirsi.
Perché dovrei perdonarli? Come stalloni ben pasciuti e vogliosi, ciascuno nitrisce presso la moglie del suo vicino.
Essi hanno rinnegato il Signore dicendo: Egli non esiste, non ci può accadere niente di male, non vedremo né la spada né la carestia e la parola dei profeti non viene dal Signore.
Al contrario Egli farà venire contro di loro una nazione invincibile di cui non capiscono la lingua, che mangerà le loro messi e il loro pane, i loro figli e le loro figlie, i loro montoni e i loro buoi, le loro vigne e i loro fichi, demoliranno le loro città fortificate nelle quali ripongono tanta fiducia.
E a chi domanderà al profeta perché sono accadute tali cose egli dovrà rispondere loro che è successo perché essi hanno abbandonato il loro Dio per servire divinità straniere - così saranno schiavi in terra straniera – e non difendono i diritti degli orfani e le cause dei poveri (Ger 1-5).
Pertanto, il profeta invita il popolo di Gerusalemme a fuggire perché il Signore farà arrivare dal settentrione un popolo che la distruggerà (Ger. 6,.1-30
Il profeta è incaricato di mettersi sulla porta del Tempio a invitare il popolo a non lasciarsi illudere da coloro che affermano che lì sta il Tempio del Signore,
Solo se essi migliorano la loro condotta e i loro costumi, se ameranno la giustizia col prossimo e non opprimeranno l'orfano, la vedova e lo straniero, se non versano sangue innocente e se non vanno dietro a divinità straniere, allora li farà dimorare in questo paese.
Quando Dio portò il popolo fuori dall'Egitto non chiese olocausti e sacrifici ma di obbedire alla Sua voce, lo stesso chiede oggi, altrimenti la sua collera si scatenerà su questo paese, farà cessare i canti gioia nelle città di Giuda e distruggerà il suo Tempio nel quale essi pongono anche i loro idoli, ai quali bruciano i loro figli in sacrificio (Ger 7, 1-34).
Le ossa dei re di Giuda, dei principi, dei sacerdoti e degli abitanti di Gerusalemme non saranno nemmeno raccolte né seppellite, ma serviranno come concime della terra. E la morte apparirà preferibile alla vita per tutti i rimasti di questa stirpe malvagia (8, 1-23)
Sono un popolo di adulteri e di traditori, il fratello tende tranelli e l'amico sparge calunnie. Pertanto il Signore darà loro dell'assenzio e darà loro a bere acqua avvelenata.
Ah che disastro per noi, quale vergogna! Dover abbandonare le nostre dimore. Insegnate alle vostre figlie queste lamentazioni, alle vostre compagne questo canto di lutto: La morte è penetrata nei nostri palazzi, ha mietuto i bambini nelle vie e i giovani sulle piazze. I cadaveri degli uomini giacciono nelle campagne come letame che nessuno raccoglie.
Il savio non si glori della sua saggezza, il forte della sua forza, il ricco della sua fortuna, ma di avere spirito d'intelligenza di conoscere il Signore che pratica la misericordia, il diritto e la giustizia.
Egli un giorno punirà coloro che sono circoncisi nella carne ma non nel cuore (Ger 9, 1-23).
Non vogliate seguire le vie dei gentili; non abbiate timore dei segni del cielo come i pagani, poiché i loro dèi non sono capaci di nuocervi ma nemmeno di farvi del bene.
Solo il Signore è il vero Dio e le nazioni non possono sostenere la sua collera.
Egli esilierà i popoli di questa terra affinché lo cerchino. I pastori sono stati stolti perché non hanno cercato il Signore e il loro gregge fu disperso.
Geremia prega che lui li castighi con misura affinché non siano distrutti completamente (Ger 10. 1-25), ma Dio non lo ascolterà perché essi sono andati dietro ai falsi dèi per seguire i desideri del proprio cuore malvagio. Anzi lo invita a non profetizzare in suo nome per non essere ucciso poiché il Signore odia il suo popolo che ruggisce come un leone contro di lui (Ger 11, 12).
Poi il Signore ordinò a Geremia di comprare una cintura di lino e di metterla ai fianchi, ma di non metterla mai nell’acqua. In seguito gli ordinò di andare verso l’Eufrate e di nasconderla nella roccia.
Tempo dopo il Signore lo mandò a riprendere la cintura ed essa era marcita e non serviva più a nulla.
"Allo stesso modo - disse il Signore – io annienterò il grande orgoglio di Giuda e di Gerusalemme.” poiché lui voleva che tutta la casa d’Israele e quella di Giuda aderisse a lui per essere il suo popolo, la sua fama e la sua gloria (Ger 13)
Annienterà questo popolo con la spada, la carestia e la peste.
Anche se digiuneranno non ascolterà le loro preghiere e pure i profeti che annunziano pace e prosperità - senza essere ispirati da lui - morranno di spada e di fame e non ci sarà chi seppellirà i loro corpi, che saranno divorati dagli uccelli e dalle bestie.
Tutto ciò avverrà perché hanno abbandonato la legge del Signore - peggio ancora dei loro padri – per andare dietro ad altri dèi.
Tuttavia verrà il tempo in cui ritorneranno dai paesi in cui saranno stati dispersi, ma solo quando avranno pagato al doppio le loro iniquità e i loro peccati riempiendo delle loro abominazioni l’eredità del Signore (Ger 14, 15, 16).
Per il peccato di idolatria, i beni e i tesori di Giuda e Israele e gli alti luoghi saranno dati al saccheggio e il popolo dovrà abbandonare il paese che il Signore gli aveva dato e diventerà schiavo.
Beato l’uomo che confida nel Signore e in Lui ripone tutta la sua speranza. è come un albero che affonda la sua radice lungo la corrente e produce frutti anche in un anno di siccità.
Non faccia entrare - o uscire - pesi nella propria casa nel giorno di sabato e entrare nelle porte di Gerusalemme, e santifichi il giorno di festa.
Allora la città sarà abitata in eterno. In caso contrario il Signore farà appiccare il fuoco alle sue porte in eterno (Ger 17).
Il Signore fa minacciare il popolo, ma se questo desiste dalla sua cattiva condotta e si converte, anche il Signore desiste dal castigo che voleva infliggergli (Ger 18).
Poi incarica Geremia di prendere una brocca d’argilla e condurre con sé alcuni anziani del popolo e dei sacerdoti e di scendere nella valle di Ben-Hinnon alla porta dei cocci e di riferire al popolo
che questa valle verrà chiamata Valle della Strage perché vi hanno edificato gli alti luoghi di Baal per bruciare i loro bambini in olocausto
e il Signore farà cadere il popolo sotto la spada
e lo ridurrà a mangiare le carni dei suoi figli e dei suoi vicini, tanta sarà la penuria.
Allora Geremia dovrà spezzare il vaso di argilla e dire che così verranno spezzati questo popolo e questa città (Ger 19).
Il sacerdote Fasur, sovrintendente del Tempio, percosse Geremia e lo fece mettere in prigione, ma Geremia gli profetizzò che tutti i beni di Gerusalemme e tutti i suoi oggetti preziosi finiranno in mano dei loro nemici e.che Gerusalemme sarà consumata dal fuoco, chi uscirà dalla città e si arrenderà ai Caldei vivrà, chi rimarrà nella città morrà di spada, o di fame o di peste o nella schiavitù.
La casa reale di Giuda renda giustizia fin dal mattino e liberi l'oppresso da chi l'opprime, non contristi lo straniero, l'orfano e la vedova, non versi sangue innocente.
Se gli eredi del trono di Davide praticheranno la giustizia sinceramente, entreranno e usciranno dalla porta di questa casa, altrimenti lo sdegno divino farà divampare un fuoco nella foresta e divorerà ogni cosa all'interno (Ger 20, 21, 22)
Guai ai pastori che non guidano anzi disperdono il gregge del Signore. Perfino i sacerdoti e i profeti sono divenuti prevaricatori.
Essi sono tutti come Sodoma e i suoi abitanti come Gomorra perché traviano con le loro menzogne dicendo "Peso del Signore" nonostante sia stato loro proibito di usare tali parole.(Ger 23)
Sul cominciare del regno di Sedecia, Geremia è incaricato di dire ai re di Edom, Moab, Ammon, Tiro e Sidone che - finché non arriverà l'ora (del castigo) di Babilonia - il Signore ha consegnato al suo servo Nabucodonosor perfino le bestie dei campi affinché servano lui, i suoi figli e i figli dei suoi figli.
La nazione che si sottometterà vivrà in pace nel suo territorio. Quella che non si sottometterà sarà castigata con la spada, la fame o la peste insieme ai falsi profeti.(Ger 27).
Anania dice a Geremia, davanti a tutto il popolo, che il Signore spezzerà entro due anni il giogo di Babilonia e farà ritornare a Gerusalemme il re Geconia e tutti gli oggetti sacri del Tempio del Signore, poi spezza il giogo di legno che Geremia si era messo al collo, ma Geremia gli rispose che su quei popoli il Signore sostituirà il giogo di legno con un giogo di ferro e che lui morirà l'anno stesso perché ha predicato contro il Signore (Ger 28).
Il Signore invita i figli d'Israele a costruire case e ad abitarvi, a sposarsi e ad avere figli affinché non siano un piccolo numero e per tornare in patria una volta finiti i settant'anni di schiavitù a procurare il bene della città in cui state poiché esso sarà il bene vostro.
Li invita pure a non dare retta ai falsi profeti che stanno in mezzo a loro poiché il Signore non li ha incaricati di profetizzare.
Anzi il Signore li punirà con la spada, la fame e la peste e li farà diventare oggetto di ludibrio (Ger 29).
Il Signore spezzerà il giogo d'Israele e riporterà il suo popolo nella terra promessa ai suoi padri. I suoi nemici andranno in esilio, tutti i suoi saccheggiatori saranno saccheggiati.
Glorificherà il suo popolo invece di umiliarlo, là risuoneranno canti di gioia. i piantatori di vigne saranno i primi a goderne i frutti poiché il popolo sviato si è pentito (Ger 30, 31).
Poi Dio ordinò a Geremia di comprare il terreno di Anatot che gli sarà offerto da Anameel, a significare che ci sarà ancora chi acquisterà terreni, anche se ora il Signore farò cadere la città sotto i Caldei per punire la ribellione di figli d'Israele per poi dare loro un cuore nuovo e fare con loro un'alleanza eterna (Ger 32, 33).
Intanto Geremia annuncia a Sedecia, re di Giuda, che sarà portato prigioniero a Babilonia, ma morirà in pace e sarà onorato come i suoi predecessori. Tutto questo avverrà perch&ieacute; i principi avevano giurato - passando tra i due pezzi di un vitello - che avrebbero affrancato i loro schiavi, ma poi - quando l'esercito caldeo si era momentaneamente ritirato per combattere contro l'Egitto - se li erano ripresi (Ger 34).
Ai tempi di Joiachim, re di Giuda, il Signore ordinò a Geremia di portare i Recabiti nel Tempio e di dare loro del vino, ma essi risposero che non l'avrebbero bevuto perch&ieacute; Joanadab figlio di Recab aveva detto loro di non bere vino, di non avere terreni e case e di vivere nelle tende per vivere a lungo nel paese in cui dovevano stare da stranieri.
Allora Geremia rispose loro da parte del Signore che i figli di Recab avrebbero avuto sempre tra loro alcuni che sarebbero stati davanti al Signore (servendolo come cantori e suonatori) (Ger 35).
Il Signore ordinò a Geremia di scrivere tutte le parole che aveva detto contro Israele, Giuda e tutte le nazioni sperando che si convertissero e fossero risparmiati loro i mali minacciati.
Geremia, essendo prigioniero, chiamò Baruc affinch&ieacute; scrivesse le profezie in un libro e poi andasse al Tempio a leggerlo.
Quando i principi ascoltarono le parole del libro dissero a Baruc di andare a nascondersi insieme a Geremia e poi mandarono il libro al re Joiachim, il quale ne gettò le pagine nel fuoco che ardeva nel braciere man mano che venivano lette, quantunque alcuni servi si fosssero opposti, ma nessuno si stracciò le vesti.
Poi il re ordinò di arrestare Baruc e Geremia, ma essi erano stati nascosti dal Signore.
Allora il Signore ordinò a Geremia di far scrivere le medesime parole e aggiunge pure dell'altro in un nuovo libro.
Poi fece sapere al re che, dal momento che aveva fatto bruciare quel libro, presto questa terra sarebbe stata devastata e non ci sarebbero stati più uomini n&ieacute; bestiame e quanto al re nessuno dei suoi discendenti sarebbe stato sul trono di Davide, il suo cadavere resterà al calore e al freddo e tutti i mali minacciati verranno sui suoi servi (Ger 36).
p880 a 1/6Sedecia governò al posto di Giosia, figlio di Joiachim. Egli mandò a consultare Geremia, ma il Signore disse di rispondergli che l'esercito egiziano che era uscito per soccorrerli, stava tornando indietro e che quand'anche il popolo avesse sconfitto i Caldei, sarebbero bastati i loro feriti a dare fuoco a Gerusalemme.
LIBRO DI BARUC
Il profeta Baruc lesse le parole di questo libro davanti a Geconia, figlio di Joiachim re di Giuda, e ai Giudei deportati in Babilonia.
Essi piangevano, facevano digiuni e pregavano alla presenza del Signore.
Raccolsero poi del denaro e lo mandarono al sacerdote Joachim, agli altri sacerdoti e al popolo di Gerusalemme affinché offrissero olocausti e sacrifici d'espiazione al Signore e pregassero per loro perché sapessero vivere all'ombra di Nabucodonosor – re di Babilonia - e trovassero grazia ai suoi occhi.
Essi invitarono inoltre i loro fratelli a confessare pubblicamente che la giustizia è del Signore e invece appartiene a loro la confusione per non aver obbedito alla voce del loro Dio e essersi allontanati da Lui per seguire le inclinazioni del loro cuore malvagio e servire gli dèi stranieri.
Erano arrivati al punto di mangiare le carni dei loro figli. Il Signore aveva minacciato tutti questi mali che ora li hanno colpiti ma essi non si erano convertiti dai loro cattivi propositi.
Era stato detto loro di piegare le loro spalle al re di Babilonia e avrebbero continuato ad abitare la terra dei loro padri e che qualora avessero rifiutato di obbedire, il Signore avrebbe fatto sparire dalla città di Giuda il canto della gioia dello sposo e della sposa e avrebbe reso il loro paese un deserto, avrebbe fatto togliere dalle tombe le ossa dei loro padri, mentre il popolo sarebbe morto di freddo, di fame, di spada e di peste (Baruc 2, 21-24).
Ora invochino il Signore, che liberò il suo popolo con segni e prodigi, affinché allontani da loro il suo sdegno.
Dio li ricondurrà nella terra da Lui promessa ai figli d'Israele, ma se essi non daranno ascolto alla voce del Signore questa grande moltitudine sarà ridotta a un piccolo numero e sarà dispersa tra le nazioni e solo quando si convertiranno dalle loro azioni perverse ritorneranno nel paese a loro destinato.
Preghiera per ottenere dal Signore il perdono
O Signore onnipotente, Dio d'Israele ascolta e volgiti a pietà perché abbiamo peccato davanti a Te.
Non ricordarti dell'iniquità dei nostri padri e dei loro figli, ma della tua potenza e del tuo nome:
Tu sei il nostro Dio e vogliamo lodarti nel nostro esilio, poiché il nostro cuore si è distaccato dalla malizia dei nostri padri.
AVVERTIMENTI E PROMESSE
Ascolta, o Israele, i precetti di vita e porgi le orecchie per imparare la sapienza. Impara dov'è la prudenza, la forza e l'intelligenza, per sapere anche dove sta la lunghezza dei giorni, il brillare degli occhi e la pace.
Dove sono i principi delle nazioni e i dominatori delle bestie della terra, quelli che ammassavano argento e oro, quelli che erano giganti? Erano spariti, discesi negli abissi e altri erano venuti al posto loro.
Solo Dio conosce la sapienza e nessuno può gareggiare con lui, che la insegnò a Giacobbe suo servo.
La sapienza è il libro dei dieci Comandamenti, la legge che dura in eterno. Tutti quelli che si attengono ad essa giungono alla vita, ma quelli che l'abbandonano cadono nella morte.
Fatti coraggio popolo d'Israele, voi siete stati consegnati nelle mani dei vostri nemici, perché provocaste a sdegno Dio offrendo sacrifici ai demoni ed essere poi annientati - anziché a Dio osservando i suoi comandamenti.
Gridate al Signore ed egli vi libererà dalle mani dei vostri nemici. Sopportate con pazienza l'ira che vi è piombata addosso. Ben presto vedrete la rovina dei vostri nemici e metterete i vostri piedi sul loro collo.
Come Babilonia si è rallegrata della vostra rovina, altrettanto sarà straziata nella propria devastazione.
Deponi, o Gerusalemme, le vesti del lutto e rivesti per sempre l'ornamento di gloria che ti viene da Dio. Mira i tuoi figli che erano stati trascinati a piedi dai nemici, ora radunati alla parola del Santo, lieti del ricordo del loro Dio e ricondotti con onore come su un trono regale. Anche le piante di grato odore faranno ombra a Israele. Dio ricondurrà il suo popolo con gioia facendolo scortare dalla sua misericordia e giustizia.
LETTERA DI GEREMIA AGLI ESULI D'ISRAELE
Voi sarete condotti a Babilonia dove resterete schiavi per lungo tempo fino a sette generazioni per i peccati che avete commessi, poi il Signore vi farà tornare in pace.
Quando vedrete degli dèi d'oro, d'argento e di legno portati a spalla non imitate quegli stranieri, non lasciatevi incutere timore e non prostratevi davanti ad essi, ma pensate che si deve adorare Dio solo.
E l'angelo del Signore sarà con voi e si prenderà cura della vostra vita.
Quegli dèi sono divorati dai tarli come i loro vestiti.
Se cadono per terra non si possono rialzare e l'oro di cui sono rivestiti non brillerebbe se non vi fosse chi li ripulisce.
Non possono salvarsi dai nemici, né fare opere di bene all'orfano e alla vedova.
Se brucia il loro tempio, i sacerdoti fuggono e gli dèi bruciano. Non temeteli, dunque.
LIBRO DI EZECHIELE
Ezechiele ebbe una visione di fuoco con uno splendore tutt'intorno, simile allo splendore dell'arcobaleno che appare nelle nubi in un giorno di pioggia ed era come l'immagine della gloria del Signore.
Cadde bocconi e udì le sue parole:” Figlio d'uomo, alzati, voglio parlarti. Io ti mando ai deportati dei figli d'Israele, a un popolo di ribelli che si son rivoltati contro di me fino a questo giorno, sono figli dalla faccia di bronzo e dal cuore indurito.
Sia che ascoltino o no, ma essi sapranno che in mezzo a loro c'è un profeta. Non aver paura delle loro parole e delle loro facce.
Gli diede un libro e gli disse di nutrirsene.
Gli disse pure che se lui non ammonirà l'empio sarà punito anche lui.
Se invece l'avrà ammonito sarà punito solo l'empio.
Dio preannuncia a Ezechiele che gli Israeliti lo legheranno dentro la sua casa per non ascoltarlo, ma quando Dio gli parlerà egli dovrà parlare, che essi ascoltino o no.
Poi dovrà stendersi sul lato sinistro del corpo per portare su di sé le iniquità di Israele, per 190 giorni, un giorno per ogni anno, poi stendersi dovrà per 40 giorni sul lato destro per portare le iniquità di Giuda e in tali giorni dovrà nutrirsi di circa 300 grammi di cibo costituito da frumento, orzo, fave, lenticchie, miglio e spelta. Il cibo dovrà essere cotto in forma di gallette con un fuoco su rifiuti umani sotto i loro occhi. Alle proteste di Ezechiele, il Signore gli permetterà di utilizzare i rifiuti dei bovini.
Anche l'acqua dovrà essere limitata a circa un litro il giorno.
Poi il Signore manifesta a Ezechiele cosa dovrà dire agli Israeliti, precisamente che Gerusalemme era stata collocata da Lui al centro delle genti e dei loro territori, ma ella si era ribellata alle leggi di Dio più dei popoli confinanti e perfino ai loro usi.
Allora il Signore si rivolterà contro Gerusalemme. Così i padri mangeranno i loro figli; e i figli mangeranno i loro padri. Un terzo degli abitanti morirà di peste e si consumerà di fame, un terzo morirà di spada e i restanti saranno dispersi dovunque. Manderà anche le bestie feroci contro i loro figli e metterà i loro morti davanti ai loro idoli.
E i dispersi o i deportati vedranno che è lui il Signore e avranno orrore di sé stessi per le iniquità commesse.
L'oro non gioverà a salvarli dalla fame perché se ne erano serviti per costruire i loro idoli, per il peccato.
Farà venire i popoli più feroci che possederanno le loro case. Umilierà la superbia dei potenti., essi cercheranno pace ma non l'avranno.
Verrà sventura su sventura, una notizia paurosa seguirà l'altra.
Il re sarà in dolore e il principe invaso da profonda tristezza, mentre al popolo tremeranno le mani.
Poi Ezechiele ebbe un'altra visione: Forando una parete, secondo il comando del Signore, figure di ogni specie di rettili, gli idoli della casa d'Israele e di altri animali ripugnanti disegnati tutt'intorno sulle pareti e settanta uomini degli Anziani della casa d'Israele tra cui Jezania, figlio di Safan, col turibolo in mano a incensare quegli animali e a dire: “Il Signore non ci vede, Dio ha abbandonato il paese.” Altri uomini, con le spalle al Tempio, adorano il sole e hanno pure riempito il paese di violenze.
Il Signore dice che gli rintroneranno le orecchie, ma lui non li ascolterà nemmeno.
Poi chiama i sei uomini incaricati di uccidere vecchi, giovani, vergini, bambini e donne fino allo sterminio, a cominciare dal Tempio - non toccando però quelli che portano la croce in fronte - e di contaminare il santuario riempiendone il cortile con gli uccisi.
I capi, a loro volta, si sentivano sicuri dentro le mura di Gerusalemme e pensavano che gli esiliati fossero esclusi per sempre dal popolo eletto.
Al contrario, il Signore dice a Ezechiele saranno gettati fuori dalla città e morranno di spada, invece gli esuli protetti dal Signore ritorneranno e faranno sparire tutti gli idoli e tutte le abominazioni.
Ezechiele dovrà preparare il bagaglio da deportati in pieno giorno e dire che ciò è un annuncio al re – il cui presidio sarà disperso – e per la popolazione di Gerusalemme, che sarà tutta deportata e solo alcuni saranno preservati dalla spada, dalla fame e dalla peste affinché raccontino tutte le loro scelleratezze alle genti tra le quali saranno disperse e allora sapranno chi è il Signore.
Anzi, al contrario di quanto essi vanno dicendo, cioè che queste visioni riguardano tempi lontani, esse si avvereranno presto.
Poi parla ai falsi profeti che assicurano la pace al popolo.
Farà crollare le mura delle città ed essi cadranno sotto di esse.
Libererà il popolo dalle loro menzogne che contristano il giusto e mantengono il popolo nell'iniquità.
Ormai neppure la preghiera eviterà la rovina. Solo i giusti otterranno di scampare alla fame, alla peste, alla spada e alle belve, nemmeno i loro figli saranno risparmiati.
Tuttavia il Signore lascerà dei superstiti che potranno salvare anche i loro figli affinché gli altri popoli possano conoscere dalla loro condotta perché li avrà castigati e poi li distruggerà e il loro paese resterà deserto perché essi sono stati infedeli al Signore.
Poi il Signore dice a Ezechiele che il popolo di Gerusalemme è paragonabile a una donna nuda che il Signore coprì col proprio mantello, lavandola e purificandola, abbigliandola con vesti ricamate e bende di bisso, calzandola con scarpe di tasso, ornandola con argento e oro, con braccialetti, orecchini e una splendida corona sulla testa.
Ma essa ha approfittato della sua bellezza per fornicare con i passanti acquistando gli idoli dei paesi vicini con l'oro ricevuto dal Signore.
Anzi Gerusalemme è stata peggiore delle meretrici, poiché queste ricevono denaro, pur disprezzandolo, mentre essa distribuiva regali.
Sodoma aveva peccato insuperbendo, per sovrabbondato di cibo e pigrizia e non aveva aiutato il povero e l'indigente ma aveva commesso meno peccati di Gerusalemme,
Tuttavia il Signore si ricorderà del suo patto con lei e lo rinnoverà.
La responsabilità personale.
Il popolo dice che “i padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati.”
Il Signore afferma che non si dovrà più ripetere questo proverbio in Israele.
Se un uomo è giusto e osserva la rettitudine e la giustizia, se non banchetta sui monti in onore degli dèi, né alza gli occhi agli idoli del popolo d'Israele, se non pecca con la moglie del suo prossimo, né si accosta a donna durante la sua impurità, se non opprime nessuno, rende il pegno al debitore, non commette rapine, dà il suo pane all'affamato e copre di vesti l'ignudo, se non presta ad usura, né prende l'interesse, se ritrae dall'iniquità la sua mano e fa giudizio veritiero tra un uomo e l'altro, se osserva le leggi divine, operando con fedeltà, egli vivrà, dice il Signore.
Se un padre genera un figlio violento che fa tali cose, senza che le abbia fatte lui, il padre vivrà e il figlio non vivrà.
Se invece è il padre che fa tali nefandezze e il figlio invece se ne astiene, il figlio vivrà a differenza del padre.
Ma se uno si ritrae dall'iniquità e passa al comportamento giusto, allora egli vivrà e le colpe commesse in passato saranno dimenticate.
Se il giusto si ritrae dalla giustizia e commette l'iniquità, le opere giuste da lui compiute saranno dimenticate ed egli morrà.
Convertitevi e vivrete (Ez 1-18).
Degli anziani vanno a consultare il Signore ma Egli fa dire a Ezechiele che non si farà consultare e ricorda loro le infedeltà commesse dai loro padri rifiutandosi di osservare i comandamenti tra cui il rispetto del sabato - come un segno tra loro e il Signore - e di non farsi degli idoli.
Tuttavia Egli non distrusse il suo popolo ad evitare che le genti non dicessero che era stato incapace di portarlo nella terra promessa. Perciò non li fece entrare nella fertilissima Terra promessa, ci fece entrare solo i loro figli ammonendoli di non imitare i loro padri.
Ma anche costoro irritarono Dio andando dietro ai loro idoli, offrendo loro doni e facendo passare i loro figli nel fuoco per ingraziarsi gli idoli.
Pertanto il Signore non si lascerà consultare da loro. Li disperderà tra gli altri popoli e, quando gli daranno ascolto, li libererà, li riporterà in Israele e gradirà di nuovo le loro offerte. E questo avverrà per riguardo al nome del Signore, non per le loro opere.
Allora si ricorderanno delle loro scelleratezze, di tutti i misfatti di cui si sono macchiati.
Poi fa profetizzare Ezechiele che il Signore farà bruciare gli alberi della foresta del Negeb fino al Nord e che a Gerusalemme farà perire di spada il giusto e il malvagio.
Ezechiele dovrà gemere e battersi l'anca in loro presenza.
Sarà il re di Babilonia a fare tali cose: saranno inefficaci i giuramenti solenni, poiché Dio ricorda la loro iniquità.
Infatti, Gerusalemme sparge sangue tra i suoi cittadini e si è condannata con gli idoli, disprezza il padre e la madre, tratta male i forestieri, opprime l'orfano e la vedova, disprezza il sacro Tempio, profana i sabati, ha rapporti con la donna del padre o con la nuora, o con la donna nel momento della sua impurità, calunnia per spargere il sangue, violenta la sorella e uccide per denaro. Oltre a chiedere interessi nei prestiti, pratica perfino l'usura.
Invano il Signore ha cercato qualcuno che riparasse il foro nel muro per difendere il paese.
Colpe di Samaria e di Gerusalemme
V'erano due sorelle - Ohola e Oholiba - nate in Egitto che persero la verginità in gioventù e rappresentano la Samaria e Gerusalemme. Ohola impazzì per gli Assiri suoi vicini – dalle vesti di porpora, giovani e di bell'aspetto - e si innamorò dei loro idoli immondi, così fu infedele e Dio.
Allora il Signore la diede in mano ai suoi alleati che presero le figlie e i figli e uccisero lei di spada.
Lo stesso e anche di più fece Oholiba, cioè Gerusalemme che disegnò, sul muro col minio, figure di Babilonesi – di origine caldea - che apparivano grandi signori e inviò loro dei messaggeri ed essi vennero a lei e le fecero accettare anche i loro idoli. Essa arse di desiderio verso tali dissoluti e rinnovò l'infamia della sua giovinezza in Egitto, dove sacrificava agli dèi i suoi stessi figli facendoli passare per il fuoco e lo stesso giorno contaminavano il Santuario.
Allora il Signore susciterà contro di lei i suoi alleati che, insieme agli Assiri, la tratteranno con furore, la spoglieranno delle sue ricchezze, le taglieranno il naso e le orecchie – mutilazione utilizzata contro gli adulteri – condurranno via i suoi figli e le sue figlie e ciò che rimarrà di lei sarà preda del fuoco.
Saranno svelate le sue turpitudini e anche lei sarà oggetto di risa e di scherno.
Il Signore ordina a Ezechiele di annotare la data del giorno poiché il re di Babilonia si è gettato su Gerusalemme, città sanguinaria che versa il sangue non sulla terra dove potrebbe coprirlo ma sulla roccia esponendola alla vista per aumentare l'indignazione di Dio.
Poi annuncia a Ezechiele che quella stessa sera gli morirà la consorte e che lui non dovrà lamentarsi né piangere ma sospirare in silenzio e il giorno dopo dovrà comunicare alla gente che il Signore profanerà il Santuario e i loro figli moriranno di spada e che essi non dovranno fare lutto ma consumarsi a causa della loro iniquità.
Il Signore gli annuncia pure che un fuggitivo verrà da lui a comunicarglielo e che a quel punto lui riacquisterà la voce, da muto quale era diventato.
Dovrà profetizzare anche agli Ammoniti – i quali avevano riso della profanazione del suo Santuario – che saranno dati nelle mani dei figli dell'Oriente (Arabi e beduini) e verranno sterminati di tra i popoli.
Lo stesso succederà ai Moabiti.
Analoga sorte toccherà all'Idumea – per la sua vendetta alla casa di Giuda.
Pure i Filistei saranno oggetto di vendetta da parte del Signore perché hanno sterminato sotto l'impulso di un'inimicizia di secoli, affinché sappiano che è lui il Signore.
Anche contro Tiro – che ha schernito Gerusalemme – farà salite popoli numerosi che distruggeranno le sue mura e le sue torri, saccheggeranno le sue ricchezze, uccideranno i suoi abitanti e quelli delle città dipendenti, distruggeranno le sue magnifiche abitazioni e getteranno in mare anche le pietre.
Ezechiele è incaricato di fare profezie anche contro Sidone e l'Egitto.
Poi annuncia anche che radunerà la casa d'Israele e dimoreranno senza timori nelle terre che Lui aveva promesso al suo servo Giacobbe, una volta che avrà eseguito i giudizi su tutte le genti dei dintorni che disprezzano Israele e conosceranno che Lui è il Signore.
Il Signore dice ad Ezechiele che:
deve essere la sentinella del popolo. Se essa lo avverte con la tromba, chi perisce di spada morrà per colpa propria e la sentinella avrà la vita salva, ma se non l'avverte, del suo sangue chiederà conto alla sentinella.
I nostri peccati pesano su di noi, ma il Signore vuole che ci convertiamo e viviamo.
Se il giusto si perverte non si salverà: le sue opere giuste non saranno più ricordate, egli morrà.
Se l'iniquo si converte compiendo ciò che è retto e giusto – cioè rende il pegno, restituisce ciò che è giusto, senza commettere più il male, egli vivrà e i peccati commessi non gli saranno più imputati.
Poi il Signore dice al profeta che i superstiti alla distruzione di Gerusalemme vanno affermando che Abramo era solo quando ebbe in possesso in paese, mentre noi siamo in molti: a noi è stato dato in eredità, ma essi si appoggiano sulle loro spade, compiono cose nefande e contaminano la donna del prossimo, perciò – come è vero che Lui vive - quelli che dimorano tra le rovine periranno di spada, quelli che sono per la campagna saranno dati in cibo alle belve e quelli che vivono nelle caverne moriranno di peste, la loro terra diverrà una solitudine desolata e i loro monti saranno ridotti a deserti.
Il popolo va ad ascoltare Ezechiele però poi non mette in pratica le sue parole perché ha nella bocca la menzogna e nel cuore il disonesto guadagno - ma quando tutto ciò avverrà - saprà che in mezzo ad esso c'è un profeta (Ez 33,33).
Guai ai pastori d'Israele, che van pascendo sé stessi! Si nutrono di latte e si vestono di lana, uccidono le pecore grasse, non pascolano le pecore, non rinvigoriscono le deboli, non curano quelle inferme e quelle ferite, non vanno in cerca di quelle sbandate.
Il Signore strapperà le pecore dalle loro mani - così non pascoleranno più nemmeno sé stessi - e le affiderà a un pastore fedele - come il suo servo Davide – il quale le pascolerà, cercherà le pecore smarrite, curerà quelle inferme e medicherà quelle ferite ed esse riposeranno tranquille e il Signore sarà il loro Dio.
Poi ordina a Ezechiele di profetizzare contro il monte di Seir, l'Idumea che ha oltraggiato i monti d'Israele e ha detto che i due territori e i due popoli sono suoi - il Signore annienterà tutto Edom (N. d. R.: altro nome di Esaù, fratello di Giacobbe, rinominato Israele).
Inoltre, fa profetizzare che i popoli circonvicini che hanno esposto all'obbrobrio il territorio d'Israele, ora saranno oggetto essi stessi del medesimo obbrobrio.
E ordina agli alberi di gettare rami e produrre di nuovo frutti per il suo popolo che si moltiplicherà come un tempo e sarà di nuovo il popolo di Dio.
Tuttavia farà queste cose per santificare il Suo nome, dando al suo popolo un cuore nuovo, non per meriti di quello - che anzi ha disonorato fra le genti il nome di Dio - e lo invita a vergognarsi della sua condotta.
Visione delle ossa aride, figura della risurrezione
Il Signore rapì in estasi Ezechiele che ebbe la visione di una valle piena di ossa, che poi si riunirono e ripresero lo spirito e si alzarono in piedi ed erano in un numero sterminato, per essere ricondotte nella terra di Israele, che a sua volta sarà riunita alla terra di Giuda e Davide sarà loro principe in perpetuo.
In seguito a Ezechiele fu dato ordine di profetare contro Gog, che avrà molti popoli armati a sua disposizione, che un giorno avrà cattivi pensieri, di andare in una terra aperta, a depredare e saccheggiare contro gente che vive tranquilla senza difese, e invaderà Israele, ma il Signore provocherà un grande sconvolgimento, tutti gli esseri - anche gli uomini – tremeranno.
Le truppe di Gog rivolgeranno la spada le une contro le altre e sarà fatta giustizia con la peste e col sangue, cadrà una pioggia torrenziale, grandine, fuoco e zolfo contro di lui e le sue schiere e vedranno chi è il Signore.
Nell'anno venticinquesimo dalla deportazione, Ezechiele ebbe la visione di un monte in Israele e di un edificio che doveva essere un nuovo Tempio (e le relative dimensioni) il quale – secondo le note - rappresentava la futura Chiesa. Il profeta aveva l'incarico di ascoltare e vedere bene per riferire tale visione alla casa d'Israele.
Sopra la sommità del monte, tutto lo spazio intorno al monte sarà santo.
Tra la soglia del Tempio e quella della reggia dei re non doveva esserci solo un muro, affinché non profanassero più il Tempio del Signore, come invece è avvenuto in passato con la loro cattiva condotta.
Ezechiele ha la visione della gloria del Signore che rientra nel cortile interno del Tempio e ascolta una voce la quale dice che il Signore dimorerà in eterno tra i figli d'Israele e che questi non profaneranno più il Suo santo nome insieme al suo re.
Il profeta dovrà dare un giovane toro in sacrificio per il peccato ai sacerdoti leviti della discendenza di Sadoc che si avvicineranno per servire il Signore. Col sangue si dovranno spalmare i quattro corni dell'altare, i quattro angoli del margine e l'orlo tutt'intorno e poi bruciare il toro nel luogo designato del Tempio.
Un altro giorno dovrà sacrificare un capro.
Poi per sette giorni dovrà sacrificare un giovane toro e un ariete del gregge senza difetti.
Solo dopo, i sacerdoti potranno immolare sull'altare i sacrifici e il Signore sarà loro propizio.
I leviti che si allontanarono dal Signore per andare dietro agli idoli saranno puniti: non si potranno più avvicinare al Signore per servirlo nelle mansioni sacerdotali.
Essi potranno solo custodire il Tempio e immolare le vittime per gli olocausti.
Al contrario, i sacerdoti leviti discendenti di Sadoc che furono fedeli al Signore si avvicineranno a Lui per servirlo.
Essi non prenderanno come spose le vedove, né le donne ripudiate, ma solo le giovani vergini della casa d'Israele o la vedova di un sacerdote. Non si raderanno il capo, né porteranno una capigliatura incolta, ma i capelli corti. Si toglieranno le vesti di quando officiavano prima di lasciare le camere del Santuario.
Essi istruiranno il popolo a distinguere ciò che è santo e ciò che è profano, ciò che è immondo e ciò che è puro.
Saranno giudici tra il popolo secondo il diritto divino, Osserveranno le sue leggi nei giorni festivi e santificheranno tutti i suoi sabati.
Non avranno eredità. La loro eredità sarà il Signore: tutte le primizie e tutte le oblazioni saranno dei sacerdoti, affinché la benedizione del Signore sia sulle loro case.
Si proceda a una nuova divisione del territorio, tirandola in sorte, riservando una parte per il Signore pari a una superficie di 25.000 cubiti per 20.000.
In mezzo ad essa una superficie di 500 per 500 cubiti doveva essere riservata al Tempio. Intorno ad essa una superficie di 25.000 per 10.000 cubiti doveva essere riservata ai sacerdoti per costruiranno le loro case e pascolare i loro greggi.
Un'identica superficie doveva andare ai Leviti.
Anche il principe doveva avere una parte del territorio lungo la porzione sacra, ma doveva smettere le violenze, le rapine, le confische e usare misura giuste.
Il portico del cortile interno del Tempio sarà aperto solo il sabato e il giorno di luna nuova per offrire olocausti, vittime pacifiche e adorare il Signore.
Ezechiele ha la visione di acqua che sgorga dal lato orientale del Tempio. Dovunque passerà tale acqua ogni essere vivente vivrà, secondo le note del libro, ed essa rappresenta la grazia portata da Cristo nel mondo.
LIBRO DI DANIELE
IDDIO MANIFESTA LA SUA POTENZA
Nel terzo anno del regno di Joiachim in Giuda, Nabucodonosor assediò Gerusalemme, ne deportò gli abitanti nella terra di Sennaar, portò via anche una parte dei tesori del Tempio di Dio e li depose nel tesoro dei suoi dèi.
Poi ordinò al capo dei suoi eunuchi di scegliere i quattro giovani di più bell'aspetto e intelligenza tra i figli d'Israele di stirpe reale o nobile, di prepararli in tre anni a ricoprire incarichi del re, anche dando loro i cibi reali.
Furono scelti Daniele, Anania, Misaele, e Azaria.
Daniele, però, chiese di poter mangiare legumi e propose di fare una prova per dieci giorni. Infatti, quei quattro furono, poi, trovati più belli e prosperosi di quelli che avevano mangiato e bevuto come il re.
Alla fine del periodo di addestramento quei quattro si dimostrarono di gran lunga superiori a tutti i maghi e indovini del regno.
Daniele fu anche capace di interpretare i sogni.
CINQUE EPISODI STORICI
Nabucodonosor ebbe un sogno ma voleva che i suoi maghi indovinassero che cosa aveva sognato per dimostrargli che erano capaci di darne l'interpretazione, altrimenti li avrebbe fatti a pezzi.
Daniele domandò al capitano delle guardie – già pronto a sterminare i sapienti di Babilonia - il perché di tanta fretta e implorò il re affinché concedesse un termine entro cui far conoscere l'interpretazione.
Intanto egli pregò i suoi compagni di supplicare Dio onnipotente.
L'arcano fu svelato a Daniele in una visione notturna ed egli disse:
“Benedetto sia il nome di Dio di secolo in secolo, perché sue sono la sapienza e la potenza. È lui che svela misteri e segreti, conosce ciò che le tenebre velano e presso di lui ha sede la luce. “
Daniele parlò al capitano delle guardie e gli chiese di essere condotto dal re per potergli dire quale era il sogno che aveva avuto e spiegargliene il significato.
Si trattava di ciò che sarebbe avvenuto in futuro, e precisamente che il regno di Nabucodonosor sarebbe stato seguito via via da regni più deboli, ma vi sarebbe stato poi un regno (quello di Dio) che sarebbe durato in eterno.
Allora Nabucodonosor fece ricchi doni a Daniele, lo costituì comandante della provincia di Babilonia e capo di tutti i sapienti babilonesi.
Poi Nabucodonosor fece erigere una statua d'oro, alta più di trenta metri, nella piana di Dura vicino Babilonia. Poi ordinò a tutti coloro che erano rivestiti di autorità tra i suoi sudditi di adorare la statua quando avessero sentito un segnale di tromba o di altri strumenti. Chi non l'avesse fatto sarebbe stato gettato in una fornace ardente.
Qualcuno riferì al re, che I tre compagni di Daniele, cioè Sidrac, Misac e Abdenago non avevano ubbidito a tal ordine.
Il re minacciò quei tre di gettarli nella fornace ardente se non avessero adorato la statua, ma essi risposero che il loro Dio sarebbe stato capace di liberarli dal fuoco, o comunque essi non avrebbero adorato la statua.
Allora Nabucodonosor si adirò contro di loro, fece accendere la fornace sette volte di più e li fece legare e lanciare nella fornace con tutti i loro vestiti, ma la fiamma uscì fuori e bruciò gli uomini che li avevano lanciati.
Invece i tre passeggiavano dentro la fornace lodando Dio e benedicendolo, poiché Il Signore aveva mandato dentro la fornace un angelo che spinse fuori il fuoco e fece spirare dentro un vento fresco e rugiadoso.
Allora Nabucodonosor li fece uscire e, insieme alle autorità, constatò che neanche un capello di era stato bruciato.
Pertanto ordinò che chiunque proferisse parola irriverente contro il Dio degli Ebrei, sarebbe stato fatto a pezzi e la sua casa fosse rasa al suolo.
In seguito Nabucodonosor ebbe un sogno che lo spaventò: un albero che saliva fino al cielo, ma poi fu tagliato, pur lasciandone il ceppo e le radici ma nessuno dei suoi sapienti e maghi seppe spiegarglielo.
Invece, Daniele gli disse che un giorno sarebbe stato cacciato dal suo regno e mandato a vivere per sette anni in mezzo alle bestie e a mangiare l'erba finché non avesse riconosciuto che l'Altissimo ha ogni potere sul regno degli uomini e lo può dare a chi vuole.
Poi gli consigliò di riscattare i suoi peccati con la giustizia e le sue iniquità con la misericordia verso gli infelici e forse un giorno ciò renderà durevole la sua prosperità.
Invece, il re si disse che era stato il suo immenso potere a rendere gloriosa la sua maestà, ma subito dal cielo venne una voce che disse: “A te mi rivolgo, o re Nabucodonosor. Tu sei scacciato dal consorzio umano, avrai soggiorno fra le bestie dei campi, ti nutrirai di erba per sette anni finché non riconoscerai che l'Altissimo ha potere sul regno degli uomini e lo può dare a chi vuole.”
E subito Nabucodonosor fu cacciato dalla società e cominciò a mangiare l'erba, i suoi capelli crebbero come le penne delle aquile e le unghie come gli artigli degli uccelli.
Passato quel tempo Nabucodonosor riacquistò la ragione, benedisse l'Altissimo, ne riconobbe l'eternità del dominio e che lui stesso era un nulla. Allora gli fu resa la maestà e il regno.
Dopo di lui vari re si succedettero e l'ultimo di loro fu Nabonide, che associò al trono suo figlio Baldassarre. Questi imbandì un grande convito per i suoi alti dignitari e fece portare le coppe d'oro e d'argento - che Nabucodonosor aveva tolto al Tempio di Gerusalemme – e vi bevvero lui stesso, i suoi dignitari e le sue mogli e concubine glorificando i loro dèi d'oro, d'argento, di rame, di ferro, di legno e di pietra.
Allora comparve la mano di un uomo che scrisse sul muro tre parole: “mane, tecel, fares”. Il re cambiò di colore, e cominciò a tremare.
Ordinò subito a gran voce che si facessero venire i maghi, gl'indovini e gli astrologi promettendo loro una collana d'oro e il terzo posto nel regno, ma nessuno di loro seppe spiegare il significato di quelle parole. Intervenne la regina madre a consigliare di chiamare Daniele, a interpretarle.
“Mane” significava che Dio aveva computato il suo regno e gli aveva posto fine; “tecel” che era stato pesato sulla bilancia e trovato leggero; “fares” che il suo regno era stato diviso tra i Medi e i Persiani.
Precisò che come Nabucodonosor quando si era inorgoglito davanti a Dio fu umiliato, così succederà al re che ha osato bere nelle coppe del Tempio d'Israele e aveva lodato gli dèi d'oro e di pietra che non sentono e non vedono.
Mantenendo la sua promessa, il re fece rivestire di porpora Daniele, mettere una collana d'oro al collo e assegnò il terzo posto nel suo regno, ma quella stessa notte lui stesso fu ucciso.
Dario, ricevuto il regno, scelse tre ministri, tra cui Daniele, a governarlo.
Allora i satrapi, per gelosia, cercarono accuse contro di lui, ma non ne trovarono poiché era fedelissimo al re. Pertanto, indussero il re a emanare un decreto, a firmarlo e a pubblicarlo (affinché non potesse essere revocato) col quale si stabiliva che chiunque rivolgesse una preghiera a qualsiasi dio o uomo entro trenta giorni, fuorché al re, fosse gettato nella fossa dei leoni.
Essi, infatti, sapevano, che Daniele pregava Dio tre volte ii girono con la finestra aperta verso Gerusalemme e si misero a spiarlo e poi riferirono al re che gli aveva mancato di rispetto.
Il re ne fu costernato ma disse a Daniele che non poteva fare nulla poiché il decreto era irrevocabile e gli augurò che il suo dio lo salvasse dai leoni.
La notte non riuscì a dormire digiunò. La mattina poi si alzò all'aurora e gridò: “Daniele, il tuo Dio che servi con tanta fedeltà, ha potuto liberarti dai leoni?” e Daniele gli rispose: “O re, vivi in eterno! Il mio Dio ha mandato il suo angelo, che ha chiuso la bocca dei leon, ed essi non mi hanno fatto alcun male, poiché davanti a lui io sono innocente, ma anche davanti a te, o re, io non ho fatto del male”. Il re si rallegrò grandemente e ordinò di trarre fuori Daniele dalla fossa, poi ordinò che fossero gettati in essa quelli che avevano diffamato Daniele con le loro mogli e i loro figli. Non avevano toccato il fondo della fossa che già i leoni li avevano stritolati.
Dario allora scrisse a tutte le nazioni della terra decretando che tutti tremassero davanti al Dio di Daniele poiché è il Dio vivo che sussiste in eterno. Egli salva e libera, fa portenti e prodigi. Ha salvato Daniele dalla ferocia dei leoni.
VISIONI PROFETICHE
Daniele ebbe un sogno: i quattro venti sconvolgevano il mare e quattro bestie enormi, diverse una dall'altra, salivano s u dal mare.
La prima era simile a un leone con ali d'aquila che poi le furono tolte e fu fatta rizzare sui piedi come un uomo e le fu dato un cuore umano.
Poi vide una bestia simile a un orso che aveva tre costole nella gola tra i denti e le si diceva:” Su mangia molta carne.”
In seguito vide una bestia simile a una pantera con quattro ali d'uccello sul dorso e le fu dato il potere.
Infine vide una quarta bestia spaventosa, straordinariamente forte, con dieci corna. Infine vide un montone e un capro.
Poi l'Arcangelo Gabriele spiegò a Daniele il loro significato che in buona parte riguardava il popolo ebraico nei tempi successivi.
APPENDICE STORICA
Susanna e i due perfidi anziani
A Babilonia dimorava un ebreo di nome Joachim che aveva sposato una donna molto bella e timorata di Dio chiamata Susanna.
Due anziani giudici frequentavano la casa di Ioachim e si invaghirono di Susanna. Un giorno decisero di attenderla nascosti nel giardino mentre Susanna senza sapere nulla di loro faceva il bagno nel cortile dopo aver incaricato le fanciulle di portarle gli unguenti e i profumi e di chiudere la porta del cortile. Allora i due anziani uscirono fuori e le confessarono di desiderarla e che qualora non si fosse data a loro l'avrebbero accusata di essere stata con un giovane che poi era fuggito.
Susanna rispose che, se acconsentiva, per lei ci sarebbe stata la morte. Se rifiutava era nelle mani dei giudici, ma preferiva essere condannata piuttosto che commettere peccato.
Poi Susanna gridò, ma gridarono anche i due anziani accusandola di averla sorpresa con un giovane e uno di loro corse ad aprire la porta del cortile.
Quando arrivarono, i servi arrossirono al sentire quelle accuse a Susanna e, il giorno dopo, i familiari suoi piangevano.
Gli anziani ripeterono le loro accuse e condannarono a morte la donna.
Susanna, rivolta al cielo disse:” Dio eterno, tu sai che la loro testimonianza è falsa ed ecco che io muoio senza che aver fatto niente di male.”
Mentre era condotta a venir lapidata, Dio suscitò il santo spirito di un giovanetto di nome Daniele, che si mise a gridare:” Io sono innocente del sangue di costei!”
Allora tutti si volsero a lui e gli domandarono che cosa voleva dire. Daniele rispose che avevano condannato a morte una figlia d'Israele senza un'inchiesta e una sicura conoscenza delle cose e li fece tornare sul luogo dei fatti, fece tenere i due anziani lontani uno dall'altro e poi domandò al primo di loro sotto quale pianta li avesse visti insieme. La risposta fu: “sotto un lentisco.” Poi interrogò l'altro che rispose: “sotto un rovere”, sicché i due anziani giudici furono condannati a morte, secondo la legge mosaica, mentre i genitori, il marito di Susanna e gli altri parenti ringraziarono Dio. E Daniele da quel giorno divenne grande agli occhi del popolo.
Daniele smaschera i sacerdoti di Bel
Ai tempi del re persiano Ciro, i Babilonesi avevano un idolo chiamato Bel, per il quale si sacrificavano ogni giorno oltre sei ettolitri di fior di farina, quaranta pecore e più di due ettolitri di vino.
Anche il re andava ogni giorno ad adorare Bel e un giorno domandò a Daniele perché non lo facesse anche lui.
Daniele gli rispose che lui adorava il Dio vivo, creatore del cielo e della terra e signore di ogni vivente.
Il re gli rispose che anche Bel era vivo giacché mangiava molto.
Daniele gli rispose che Bel era di argilla dentro e di bronzo fuori e non aveva mai mangiato. Il re chiamò i sacerdoti e li minacciò di ucciderli se non gli dicevano chi era a mangiare le offerte. Se invece gli dimostravano che era Bel a mangiarle allora sarebbe stato ucciso Daniele. Essi accettarono: che il re facesse pure portare le offerte e poi chiudere la porta col suo sigillo ma se le offerte venivano mangiate allora doveva morire Daniele.
Stavano tranquilli poiché avevano realizzato un'apertura segreta sotto la mensa per la quale entravano regolarmente e consumavano le offerte insieme alle mogli e ai figli.
Ma Daniele alla presenza del re fece spargere della cenere sul pavimento del tempio.
La mattina dopo il re andò con Daniele a vedere. Non vedendo cibi sulla mensa, glorificò Bel, ma Daniele lo invitò a guardare sul pavimento e allora si accorse delle orme di uomini, donne e bambini.
I sacerdoti ammisero di aver realizzato la porta segreta sotto la mensa. Il re li fece uccidere tutti quanti e consegnò Bel a Daniele che lo distrusse.
Daniele fa morire il serpente
I Babilonesi veneravano anche un serpente. Il re disse a Daniele che esso indubitabilmente mangiava e beveva.
Daniele rispose che lo avrebbe ucciso senza usare spada né bastone, se gliene dava il permesso. Il re glielo accordò. Allora Daniele fece cuocere insieme pece, grasso e peli per realizzare delle polpette, poi le gettò nella bocca del serpente, che a tal punto morì.
Alcuni Babilonesi andarono a protestare contro il re minacciando di ucciderlo se non avesse consegnato loro Daniele,
Essi lo gettarono per sei giorni dentro la fossa in cui stavano sette leoni, ai quali venivano dati ogni giorno i cadaveri di due schiavi e due pecore, ma in quel periodo non fu dato loro il cibo affinché mangiassero Daniele.
A quei tempi il profeta Abacuc viveva in Giudea ed era incaricato di portare del cibo ai mietitori, ma un angelo gli ordinò di portarlo a Daniele a Babilonia e ve lo trasportò in un attimo. Daniele esclamò: “O Dio, ti sei ricordato di me e non hai abbandonato coloro che ti amano.”
Il re, dopo sette giorni venne a piangere Daniele, si accostò alla fossa ma lo vide seduto. Allora esclamò: “Grande sei tu, o Signore, Dio di Daniele, e non vi è altro Dio all'infuori di te.”
E ordinò subito di tirar fuori Daniele dalla fossa e di gettarvi dentro quelli che l'avevano voluto morto, i quali furono divorati in un momento alla sua presenza.
LIBRO DI OSEA
Al tempo di vari re di Giuda, da Ozia fino a Ezechia, il Signore rivolse la parola a Osea ordinandogli di prendere per sposa una donna portata all'infedeltà e di avere dei figli da essa poiché il paese non avrebbe fatto che fornicare lontano dal Signore.
Il primo figlio fu chiamato Jezrael per indicare che il Signore avrebbe presto fatto finire il regno d'Israele. poi ebbe una figlia che fu chiamata Non-Amata perché il Signore non avrebbe più amato la casa d'Israele, mentre avrebbe ancora amato la casa di Giuda e l'avrebbe difesa con la propria potenza. Il terzo figlio fu chiamato Non-Mio-Popolo perché Israele non era più il popolo del Signore.
Gli Israeliti avevano usato l'oro e l'argento che Dio aveva procurato loro, per farci dei Baal. Per questo motivo il Signore avrebbe fatto cessare l'allegrezza e le feste.
Un giorno, però, i figli d'Israele torneranno a cercare il loro Dio e i suoi beni (Os 1, 1-9: 3, 1-5)
Non c'è più fedeltà e compassione, né conoscenza di Dio in questo popolo, ma ovunque spergiuri, menzogne, omicidi e latrocini, adulteri, violenza e sangue che provoca sangue.
Ecco perché il paese è in lutto e chi vi abita deperisce; perfino le bestie dei campi, gli uccelli del cielo e i pesci del mare scompaiono.
I rimproveri del Signore vanno al sacerdote che ha dimenticato la Legge di Dio e fa perire il popolo per mancanza d'istruzione, ma Egli farà scontare l'iniquità tanto al sacerdote quanto al popolo (Os 4, 1-19).
Non gioveranno l'alleanza d'Israele con l'Assiria e quella di Giuda con il gran re. Dio stesso sarà come un leone contro di loro, fino a quando non avranno espiato ed invocato la sua faccia (Os 5).
Ma occorrerà la conoscenza di Dio piuttosto che fare olocausti, occorrerà l'amore più che i sacrifici.
Gli scellerati corrompono i capi presi dai fumi del vino.
Invece di ricorrere al Signore, gl'Israeliti preferiscono trescare con i vicini, una volta chiamano l'Egitto, un'altra l'Assiria, ma mentre essi vanno, il Signore li farà cadere nella rete, perché si preoccupano del frumento e del vino e intanto si ribellano contro di Lui.
I loro principi cadranno di spada e in terra d'Egitto rideranno di loro (Os 7).
Essi possono pure gridare a me: “Mio Dio! Noi, Israele, ti conosciamo!”
Ma Israele ha ripudiato il bene: dunque lo perseguita il nemico, ha stabilito dei sovrani ma senza la mia approvazione.
Col proprio argento e con l'oro si è fatto degli idoli per la sua rovina.
Israele sarà disperso fra le genti come un rifiuto perché ha cercato l'amicizia degli Assiri (Os 8).
Non ti abbandonare alla gioia e all'allegrezza, Israele, come le genti pagane, perché tu hai lasciato il tuo Dio per adorare gli idoli. Non rimarrai più nella terra d'Israele, l'Egitto ti accoglierà e sarai seppellito a Menfi. Dice che il profeta è uno stolto perché la tua iniquità è grande e la sua rivolta è indomabile, è corrotto come ai giorni di Gabaa.
Tutti i suoi capi sono ribelli.
Non vi saranno più bambini, ma quand'anche ve ne fossero, li toglierò prima che diventino uomini (Os 9).
Poiché hai risposto la tua fiducia nei tuoi carri e nella moltitudine dei tuoi guerrieri, sorgerà la confusione nel tuo popolo, tutte le tue fortezze saranno devastate. Ecco cosa Dio farà fatto a Israele a causa della sua perversità senza limiti (Os 10).
Quando Israele era fanciullo, Dio l'amava e lo richiamò dall'Egitto, ma più lo amava e più egli adorava i Baal. Allora Dio farà strage nelle strade e sterminerà i loro figli che riceveranno la mercede della loro condotta, ma senza distruggerli del tutto e allora ritorneranno dall'Egitto e abiteranno nelle loro case (Os 11).
Gli israeliti sono fedeli a quanti li ingannano e ribelli al Signore e moltiplicano violenza e menzogna ma saranno ripagati secondo le loro opere. Osservino la bontà e la giustizia e sperino nel Signore. Efraim incuteva paura, ma poi si rese infedele con Baal, parlò ai propri idoli, fece loro sacrifici umani, mandò baci a dei vitelli e diventò orgoglioso dopo essere stato pasciuto dal Signore e si allontanò da Lui (Os 12-13).
Samaria sarà punita perché si è ribellata al suo Dio, i suoi figli periranno di spada e le donne gestanti saranno sventrate.
Parlino sinceramente pentiti, tornino al Signore e confidino in Lui anziché nei propri eserciti e in Assur (Os14).
LIBRO DI GIOELE
Oracolo del Signore rivolto a Gioele:
“Ascoltate voi anziani e abitanti tutti del paese.
Si era mai vista qualcosa di simile?
Raccontatelo ai vostri figli e questi alle generazioni future.
Un popolo potente e senza numero avanza contro la mia terra.
Essa è in lutto perché il grano è rovinato, il vino è venuto a mancare ed è fallito l'olio dell'ulivo. Le piante si sono seccate e anche le bestie selvagge languiscono davanti a te, perché sono inariditi i corsi d'acqua.
Cingete il sacco e fate lamenti, o sacerdoti, ordinate un digiuno e gridate al Signore poiché è vicino il suo giorno. Prima del suo passaggio la terra è un Eden, poi una squallida landa.
L'esercito del Signore è innumerevole e nessuno lo potrà sopportare.
Egli ci invita a pentirci e a tornare a Lui, con digiuni, pianti e lamenti. a lacerare i nostri cuori, non i nostri vestiti, poiché è misericordioso e compassionevole e gli dispiace colpire con castighi.
I sacerdoti piangano e dicano: “Perdona, o Signore, il popolo tuo affinché i pagani non dicano: 'Dov'è il loro Dio?' ”
IL GIORNO DEL SIGNORE
Il perdono del Signore
Il Signore ebbe pietà del suo popolo e mandò il frumento, il vino e l'olio e non fece più del suo popolo il ludibrio dei pagani e allontanò il flagello.
Lui diffonderà il suo Spirito su di noi.
Parà apparire segni prodigiosi in cielo e in terra, sangue, fuoco e colonne di fumo, il so
Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, ma chi invocherà il nome del Signore sarà salvo.
Il cielo e la terra ne tremano ma il Signore sarà un rifugio e una sicura fortezza per il popolo suo e stabilirà in Sion la sua dimora.
LIBRO DI AMOS
Visioni di Amos due anni prima del terremoto.
Oracoli contro i popoli circostanti.
Contro Damasco perché hanno stritolato il Galaad.
Il Signore farà sentire la sua voce da Gerusalemme, appiccando il fuoco alla casa di Azael e sterminerà il popolo di Ben Adad e chi lo governa.
Contro Gaza e i Filistei
che hanno deportato tutta la gente per consegnarla agli Idumei. Egli metterà il fuoco alle mura di Gaza e ridurrà in cenere i suoi palazzi, sterminerà gli abitanti di Azoto, di Ascalona e di Accaron e il resto dei Filistei.
Contro Tiro e la Palestina.
Anche contro di esse appiccherà il fuoco perché hanno consegnata agli Idumei tutta la gente fatta schiava.
Contro l'Idumea
perché ha perseguitato suo fratello soffocando la propria compassione e hanno conservato fino all'ultimo la sua indignazione.
Contro Ammon
perché hanno sventrato le donne gestanti del Galaad per allungare i loro confini e il loro re e i loro principi saranno resi schiavi.
Contro Moab
perché ha bruciato le ossa del re d'Idumea fino alla calcinazione.
Contro Giuda
perché ha rigettato la legge del Signore per andare dietro agli idoli. Il fuoco divorerà i palazzi di Gerusalemme.
Contro Israele
Perché hanno venduto il giusto e il povero, fanno deviare gi umili e il padre e il figlio vanno dalla medesima fanciulla per profanare il mio santo nome e perché hanno ordinato al profeta di non profetare e altro ancora.
Allora, io che li avevo resi vincitori contro i giganti Amorrei, non permetterò al veloce di fuggire, il vigoroso non potrà servirsi della sua forza, il robusto non potrà salvarsi la vita e il più coraggioso tra loro fuggirà nudo in quel giorno.
IL CASTIGO VERRÀ
Nel giorno in cui punirò Israele farò giustizia degli altari di Bet-El (vitello sacro), distruggerò a casa d'inverno e d'estate (dei re e dei grandi), andranno in rovina le abitazioni d'avorio e molte case saranno abbattute. (Am 1.3).
Contro le donne di Samaria
(donne voluttuose che il Signore chiama vacche) che opprimono i deboli, maltrattano i poveri e dicono ai mariti: “porta e beviamo”, saranno trascinate con uncini e ciò che resterà di loro sarà portato via con ramponi.
Impenitenza d'Israele
Fate pure bruciare i vostri azzimi, in sacrifici di lode, annunziate le vostre oblazioni volontarie, ostentatele pure.
Per questo io non vi detti nulla da mettere sotto i denti e feci mancare le piogge tre mesi prima della mietitura. Siete andati vacillanti in altre città per bere acqua ma non poteste dissetarvi, vi colpii con la ruggine e l'arsura, con la peste e feci morir di spada la vostra gioventù, ma voi non siete tornati a me (Am 4).
Lamentazioni su Israele
È caduta e non si rialzerà più la vergine d'Israele. Usciva con mille uomini e ritornerà in cento.
Poiché voi spogliate il povero e gli estorcete gravosi tributi sul grano, non abiterete le case che avete costruito con pietre squadrate, né berrete il vino delle vigne che avete piantato
Essi odiano il difensore del diritto e detestano chi parla loro con rettitudine.
Voi mutate il diritto in assenzio e gettate a terra la giustizia.
Dio muta le tenebre in aurora e cambia in tenebre il giorno. Fa venire la sventura sulle fortezze e abbandona al saccheggio la cittadella.
“Cercatemi e vivrete, non recatevi a Galgala perché andrà in schiavitù o a Bet-El perché sarà annientata.
Io odio le vostre feste. Se mi offrite olocausti e oblazioni io non le gradisco (Am 5).
Guai ai ricchi chiusi nel loro egoismo
Essi mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli dell'armento, dormono su letti d'avorio, si muovono al suono dell'arpa e non si preoccupano della rovina d'Israele, ma saranno in prima fila tra i deportati e sparirà la società dei dissoluti.
Non rimarrà che un piccolo numero di salvati per portare via le ossa dalle case, poiché dite che avete conquistato Carnaim per la vostra forza (Am 6).
VISIONI PROFETICHE
Il Signore fece vedere un'invasione di cavallette al profeta ma egli pregò e ottenne che tale flagello fosse risparmiato alla città.
La seconda visione riguardava la siccità, ma una nuova preghiera del profeta ottenne che anche tale flagello fosse risparmiato alla città.
La terza visione fu quella di una livella: il Signore spiegò che non avrebbe perdonato più a lungo gli alti luoghi d'Isacco, Egli li atterrerà, desolerà i santuari d'Israele e farà morire di spada i discendenti di Geroboamo.
Amasia, sacerdote di Bet-El, avvertì il re che Amos stava profetizzando contro di lui e contro Israele e che il popolo non ne poteva più e ordinò al profeta di andarsene a profetizzare altrove.
Amos gli rispose che era stato il Signore a ordinargli di profetizzare a Israele e gli preannunciò che la moglie di Amasia stesso sarebbe stata disonorata in mezzo alla città, i suoi figli sarebbero morti di spada, lui sarebbe morto in terra pagana e Israele condotto in esilio e schiavitù (Am 7).
Un'altra visione fu quella di una cesta di frutti maturi, con i quali il Signore intendeva che non avrebbe perdonato più Israele e che i canti dei palazzi si sarebbero trasformati in urla e vi sarebbero stati tanti morti gettati in qualunque luogo senza riguardi e si sarebbero avuti anche dei terremoti terribili.
La ragione di ciò stava nel falsare le bilance del grano da vendere e quelle per pesare l'argento in pagamento, nel giurare per il simulacro di Samaria e augurare vita al dio di Dan e all'idolo di Bersabea.
Ma un giorno ci sarà la restaurazione del regno d'Israele (Am 8-9).
LIBRO DI ABDIA
Visione di Abdia: dal Signore abbiamo avuto un messaggio all'Idumea.
La superbia del tuo cuore ti ha ingannato, tu che abiti tra i crepacci delle rocce e risiedi in alto, pensi che nessuno potrà farti crollare a terra, ma io ti farò scendere da lassù. Se fossero venuti da te dei ladri, degli assassini durante la notte, non ti avrebbero derubato e devastato?
Per le uccisioni, per le ingiustizie commesse contro tuo fratello Giacobbe, tu sarai coperto di confusione e perirai per sempre.
In quel giorno, quando tu stavi contro di lui, quando i nemici facevano prigioniero il suo esercito e gettavano le sorti su Gerusalemme, anche tu eri uno di loro.
Quello che tu hai fatto, così sarà fatto a te, ricadrà sul tuo capo il peso delle tue azioni.
LIBRO DI GIONA
Il Signore parlò a Giona, figlio di Amittai, per ordinargli di andare a Ninive e di annunziarle che la sua malvagità era giunta fino a Lui, ma il profeta fuggì a Tarsis per imbarcarsi e allontanarsi.
Il Signore, allora, scatenò sul mare un vento così forte che la nave minacciava di sfasciarsi.
I marinai si misero a invocare i loro dèi, poi gettarono in mare il carico per alleggerire il peso. Intanto Giona dormiva profondamente.
Il comandante lo svegliò e gli ordinò di pregare il suo dio affinché li salvasse.
Intanto i marinai gettarono le sorti per scoprire chi era il colpevole di quella sciagura e la sorte cadde su Giona.
Gli chiesero, perciò, cosa dovevano fargli per far cessare la tempesta. Lui rispose che dovevano gettarlo in mare. Essi lo fecero e il mare si calmò.
Il Signore fece inghiottire Giona da un grande pesce per tre giorni e tre notti e Giona lodò Dio.
Poi il Signore comandò di nuovo a Giona di andare a predicare che quaranta giorni dopo Ninive sarebbe stata distrutta.
I Niniviti credettero a Dio, ordinarono il digiuno e si vestirono di sacco dal più grande al più piccolo nella speranza di essere risparmiati.
Il Signore, visto quanto facevano e come si erano convertiti dalla loro cattiva condotta, ne ebbe compassione e non fece più il male che aveva loro minacciato.
Giona, però, se ne afflisse molto e chiese al Signore di farlo morire, ma il Signore gli domandò se Lui non avrebbe dovuto avere compassione di una città che contava centoventimila bambini.
LIBRO DI MICHEA
PRIMO DISCORSO
Contro Israele e Giuda
Dio preavvisa che uscirà dal suo Santo Tempio e farà di Samaria un mucchio di pietre, spezzerà le sue statue e brucerà le sue abominevoli rendite, i suoi figli saranno resi schiavi, a causa degli alti luoghi di Israele e perché meditano cose inique quando stanno a letto e la mattina le usurpano, bramano i campi e se ne appropriano perché ne hanno la forza, fanno violenza all'uomo e alla sua casa, al padrone e al suo possesso, camminano altezzosi ma Lui spezzerà il loro collo.
Ma un giorno Egli radunerà tutto Giacobbe e restaurerà il regno d'Israele, il Signore camminerà davanti a loro e saranno sicuri, lontani da ogni timore.
SECONDO DISCORSO
I falsi profeti
Ascoltate o principi e magistrati d'Israele. Voi odiate il bene e amate il male, voi con violenza strappate la pelle alla vostra gente. Poi oserete rivolgervi con grida al Signore ma io non vi esaudirò.
Quando avete qualcosa da masticare fra i denti, annunziate la pace, ma a chi non vi mette niente in bocca dichiarate guerra.
Per questo avrete le tenebre anziché le divinazioni. Voi sarete svergognati e vi coprirete la faccia per mancanza di un responso da Dio.
Preannunzio della rovina di Gerusalemme
Ascoltate dunque le mie parole, o principi o giudici, che avete in orrore la giustizia e pervertite tutto ciò che è retto, che edificate Sion col sangue e Gerusalemme con l'iniquità.
I tuoi principi giudicano perché ricevono regali, i tuoi sacerdoti insegnano perché hanno una paga, i tuoi profeti profetizzano per sete di denaro e poi si appellano a Dio affermando: “Non è forse il Signore in mezzo a noi? Non potrà dunque colpirci alcun male.”
Ecco, per colpa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diverrà un cumulo di pietre, e il monte del Tempio un colle ricoperto di piante.
Restaurazione e pace dopo l'esilio
Avverrà in futuro che il monte del Tempio di Dio sarà stabilito sulla vetta dei monti e ad esso accorreranno molte nazioni e diranno: “ Venite, ascendiamo al monte del Signore, egli ci insegnerà la sua via e noi seguiremo i suoi sentieri. Egli correggerà popoli potenti ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci. Non impareranno più a far la guerra.
Soffri, o figlia di Sion, arriverai fino a Babilonia. Numerose nazioni spereranno nella tua rovina, ma il Signore ti riscatterà dai tuoi nemici.
Michea profetizza la nascita del Cristo a Betlem
E tu Betleen di Efrata sei piccola tra le città di Giuda, ma da te uscirà Colui che deve regnare in Israele. egli si leverà e pascerà il gregge con la fortezza del Signore, con la maestà del nome del Signore, Dio suo. Abiteranno sicuri ed Egli sarà la pace.
Compito degli Ebrei sparsi tra le genti
Il Signore susciterà principi che governeranno l'Assiria con la spada e il resto di Giacobbe sarà come rugiada che viene dal Signore in mezzo alla moltitudine dei popoli e tutti i tuoi nemici saranno sterminati.
Ciò che farà il Signore
In quel giorno il Signore toglierà di mezzo i tuoi cavalli, i tuoi cocchi, atterrerà le tue fortezze, farà sparire le tue statue, i tuoi idoli.
Si vendicherà di tutte le nazioni che non l'avranno ascoltato.
TERZO DISCORSO
Il popolo sarà castigato per le sue ingiustizie, per il possesso di bilance false, delle ingiustizie dei ricchi, del dire falsità.
La fame sarà in mezzo al popolo, metterà da parte ma non salverà nulla, seminerà ma non mieterà, pigerà l'uva ma non berrà il vino.
Tu hai seguito l'esempio di Amri e di Acab perché io ti abbandonassi alla distruzione e i tuoi abitanti agli scherni.
Il profeta lamenta la depravazione universale
Oh me sventurato! Sono diventato come uno spigolatore d'estate. Non c'è un grappolo da mangiare.
I fedeli sono spariti dal paese, non si trova più un giusto tra gli uomini. Tutti stanno in agguato per versare il sangue. Il principe sollecita, il giudice è intento ai donativi, il più giusto è una siepe di spine.
Il giorno del tuo castigo è giunto perché il figlio fa oltraggio al padre, la figlia insorge contro sua madre.
Ma io volgo lo sguardo al Signore, spero nella mia salvezza. Io sopporterò l'ira del Signore perché ho peccato contro di lui e il paese nemico diventerà un deserto per colpa dei suoi abitanti.
LIBRO DI NAHUM
Causa della rovina di Ninive
Guai a te, città sanguinaria, tutta piena di menzogne, di strage e d'incessante rapina.
Getterò sopra di te le abominazioni, ti ricoprirò d'infamia e t'esporrò al ludibrio.
Allora chiunque ti vedrà, fuggirà lontano da te, come da Tebe la cui difesa erano le acque del Nilo.
Eppure anch'essa fu portata in esilio e in schiavitù, i suoi pargoletti furono sfracellati agli angoli di tutte le vie, sopra i suoi nobili furono gettate le sorti e tutti i suoi grandi furono messi in ceppi.
LIBRO DI ABACUC
Parola del Signore rivolta a Abacuc:
Il profeta Abacuc si lamenta:
“Fino a quando, Signore, invocherò aiuto, senza essere da te esaudito? Griderò a te: “Violenza! e non sarò da te liberato?
Dio risponde al profeta
Il Signore mi disse: “Scrivi la visione, scrivila su tavolette sicché si possa leggere con facilità, c'è una visione per un tempo stabilito, apparirà a suo tempo e non mentirà, se tarda aspettala, perché verrà certamente.”
Soccombe chi non ha l'anima retta ma il giusto avrà la vita per la sua fedeltà.
Il superbo non sarà mai soddisfatto e vorrà avere tutti i popoli sotto di lui, ma quelli che resteranno spoglieranno chi ha accumulato cose non sue. Invece di gloria avrà ignominia.
Guai a chi fabbrica idoli. Il Signore è nel suo Tempio santo. Taccia davanti a lui in tutta la terra.
Preghiera di Abacuc
Signore, io ho conosciuto al tua fama e son preso da timore per l'opera tua.
Deh, ripeti quei prodigi ai nostri giorni e nella collera tua ricordati di aver pietà.
Con furore tu calpesti la terra, con ira tu atterri le nazioni.
Tranquillo aspetterò il giorno d'angoscia che deve piombare sul popolo che ci assale.
Il Signore mio Dio la mia forza, egli mi dà piedi veloci e sulla vetta condurrà i miei passi.
LIBRO DI SOFONIA
Parola del Signore rivolta a Sofonia.
Stenderò la mia mano sopra Giuda e sopra tutti gli abitanti di Gerusalemme, sterminerò gli avanzi di Baal, distruggerò quelli che sui tetti adorano le stelle del cielo, verrò a castigare tutti quelli che indossano abiti stranieri, che riempiono di violenza e di frode il palazzo del loro signore. Castigherò gli uomini che dicono: “Il Signore non ci farà né bene, né male.”
Né l'argento né l'oro che possiedono potranno liberarli.
Cercate il Signore voi tutti, o mansueti della terra, che avete messi in pratica i miei precetti.
Cercate la giustizia e la mansuetudine, forse potrete mettervi al sicuro nel giorno della collera del Signore.
Gaza sarà abbandonata, Ascalon sarà ridotta a un deserto, Accaron sarà sradicata, la regione del mare sarà ridotta a pascoli e apparterrà al resto della casa di Giuda perché il Signore li farà tornare dal loro esilio.
Ho sentito gli oltraggi di Moab e di Ammon contro il mio popolo , essi saranno come Sodoma e Gomorra e saranno saccheggiati e dominati dal resto del mio popolo.
E anche voi Etiopi cadrete sotto la spada. Assur e Ninive saranno sterminate.
Guai a te, Gerusalemme ribelle, tiranna.
I tuoi principi sono come leoni ruggenti, i tuoi giudici sono come lupi, i tuoi profeti sono vanagloriosi e impostori e i tuoi sacerdoti profanano le cose sante e violano la legge.
Neanch'essa ha rispettato gli avvertimenti.
Io lascerò in mezzo a te un popolo povero e bisognoso ma esso spererà nel Signore, non commetterà iniquità, non dirà menzogne.
Sopprimerò i tuoi oppressori, toglierò l'ignominia che pesa sopra di te.
LIBRO DI AGGEO
Il Signore rivolse la parola ad Aggeo: “La mia casa è ancora rovinata, mentre tutti avete gran fretta di sistemare l'abitazione vostra… Vi aspettavate l'abbondanza, ma il raccolto fu scarso, lo portaste a casa ma lo feci sparire in un soffio.
Sono io che ho fatto venire la siccità sulla terra. Andate sul monte e portate il legno, riedificate il Tempio: metterò in esso la mia compiacenza e vi troverò la mia gloria.
Zorobabele, figlio di Salatiel, il Sommo Sacerdote Giosuè e tutto il popolo ascoltarono la voce del Signore e andarono a lavorare al Tempio.
Per mezzo di Aggeo, il Signore fece sapere di essere con loro, come si era impegnato a fare quando li aveva fatti uscire dall'Egitto.
LIBRO DI ZACCARIA
Il profeta Zaccaria fu incaricato di dire al popolo che il Signore era indignato contro di loro per la loro condotta perversa e li invitava a convertirsi, altrimenti avrebbe mantenuto le sue minacce come le aveva mantenute in passato.
Poi Zaccaria ebbe una visione di cavalieri che rappresentavano angeli i quali assicuravano di aver percorso la terra e che essa era in pace e tranquilla.
L'angelo domandò al Signore quando avrà pietà di Gerusalemme, visto che erano passati settant'anni e il Signore rispondeva che era troppo sdegnato ma che le sue città avrebbero abbondato nuovamente di beni.
Un'altra visione mostrava quattro corna - che rappresentavano le potenze che avevano disperso Giuda, Israele e Gerusalemme -e quattro fabbri – che avevano il compito di abbatterle.
La terza visione era un uomo che portava una corda per misurare Gerusalemme. Tale città avrebbe contenuto una moltitudine di abitanti e di animali e sarebbe stata senza mura poiché sarebbe stato il Signore a proteggerla. Presto essa avrebbe spogliato quelle nazioni che l'avevano spogliata e sarebbe stata nuovamente l'eletta del Signore.
Nella quarta visione si vedeva il sommo sacerdote Giosuè il quale doveva essere rivestito con abiti nuovi al posto di quelli sudici, poiché il Signore avrebbe tolto da lui il peccato.
Il Signore in un giorno avrebbe rinnovato l'intero paese.
Nella quinta visione Zaccaria vide un candelabro tutto d'oro con sette lucerne e sette beccucci per esse. Esso significava che non con l'esercito, né con la violenza ma con lo spirito del Signore sarebbero state fatte le cose promesse.
In un'altra visione Zaccaria vide un libro volante il quale rappresentava la maledizione che si diffonde su tutta la faccia del paese e ne avrebbe scacciato chiunque commetteva furto e pronunciava spergiuri.
Nella visione successiva si vide una donna racchiusa nell'anfora. Essa rappresentava l'iniquità e sarebbe stata portata, con l'aiuto di una seconda donna, nella terra di Sennaar per costruirle un tempio.
Poi a Zaccaria fu dato l'incarico d raccogliere oro e argento dai ritornati dall'esilio per fare una corona da porre sul capo del sommo sacerdote Giosuè. Egli sarebbe stato alla destra del nuovo sovrano Giosia, il quale avrebbe riedificato il Tempio del Signore.
ESORTAZIONI E PROMESSE
Al digiuno si uniscano le opere buone.
Quelli di Bet-El avevano mandato un ufficiale del re a supplicare Dio e a interrogare i sacerdoti del Tempio. Zaccaria fu incaricato di rispondere loro che essi non avevano digiunato per il Signore, come non avevano mangiato per Lui e che dovevano praticare la giustizia e la fedeltà, esercitare la pietà e la misericordia, ciascuno col suo prossimo, non opprimere la vedova né l'orfano, né il pellegrino, né il povero e che nessuno meditasse in cuor suo del male a danno del proprio fratello.
Anche i loro predecessori avrebbero dovuto fare tali cose, ma si erano rifiutati di ascoltare i profeti. Pertanto, il Signore si era acceso di sdegno e non li aveva ascoltati quando avevano gridato a Lui.
Il Signore prometteva che anziani e anziane sederanno di nuovo nelle piazze di Gerusalemme e anche frotte di fanciulli e fanciulle si sarebbero divertiti ancora nelle piazze delle città.
Prima di tale giorno non era pagata la mercede per il lavoro e la tribolazione non concedeva tregua a chi voleva attendere alle proprie occupazioni senza la presenza del nemico, poiché il Signore stesso aveva scagliato gli uomini l'un contro l'altro.
D'ora in poi Lui avrebbe fatto prosperare ogni cosa e Gerusalemme sarebbe divenuta la benedizione degli altri popoli, però si doveva parlare con sincerità, i giudizi dovevano essere veraci e portatori di pace, non si doveva tramare il male, né giurare il falso.
Allora i popoli del mondo sarebbero venuti a Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare la sua maestà. E dieci uomini di tutte le nazioni si attaccheranno al lembo della veste di un giudeo per andare con lui poiché avrebbero capito che con i giudei vi era Dio (Zc 8, 16-23).
IL GIUDIZIO DI DIO
Il Signore degli eserciti pronunciò una sentenza contro il paese di Adrac, contro Damasco, Amat, Tiro e Sidone.
Tiro sarebbe stata divorata dalle fiamme. Altre città ne sarebbero state costernate, Ascalona sarebbe stata disabitata e in Azoto si sarebbe stabilita gente bastarda.
Così sarebbe stato strappato l'orgoglio dei Filistei dei quali sarebbe rimasto solo un piccolo resto.
Ma intorno al suo paese il Signore si sarebbe messo di guardia affinché l'oppressore non vi mettesse più piede.
A Gerusalemme sarebbe venuto il suo re, giusto e vittorioso a cavallo di un asinello. Egli avrebbe annunziato la pace alle genti e il suo regno si sarebbe esteso dall'uno all'altro mare fino ai confini della terra, avrebbe liberato i prigionieri.
Il Signore avrebbe teso Giuda come arco, preso Efraim come saetta, reso Sion come la spada di un eroe e comparso sopra i Greci e come folgore avrebbero guizzato le sue saette.
Il frumento avrebbe dato vigore ai giovani e il vino dolce alle fanciulle.
Il Signore avrebbe strappato dal paese perfino il nome degli idoli e fatto sparire anche i falsi profeti insieme allo spirito immondo.
Due terzi degli abitanti sarebbero periti e un terzo sarebbe stato conservato e purificato passando nel fuoco come l'oro e l'argento. Avrebbe invocato il nome del Signore e sarebbe stato esaudito.
LIBRO DI MALACHIA
PROLOGO
L'amore del Signore verso Israele
Oracolo del Signore a Israele per mezzo di Malachia.
Io vi ho amati come ho amato Giacobbe anziché Esaù, anzi ho ridotto il suo territorio a una solitudine e abbandonato i suoi beni agli sciacalli del deserto. E se l'Idumea ricostruirà, io la demolirò di nuovo e Israele riconoscerà che il Signore è grande anche in altri paesi.
IL SACRIFICIO NUOVO
Contro quelli che profanano il servizio di Dio.
Il figlio onora il padre e il servo onora il padrone.
Dio è padre, ma i sacerdoti non lo onorano perché gli offrono pane contaminato, gli offrono in sacrificio bestie cieche, zoppe o inferme.
Poi si lamentano se il Signore non ha pietà di loro. Le offrano al loro governatore e vedranno se sarà loro riconoscente.
Maledetto il frodatore che ha un montone vigoroso - promesso da lui in voto - e ne offre al Signore uno che ha difetti! (Ml 1, 1-14).
Minacce ai sacerdoti.
Se i sacerdoti non si daranno premura di glorificare il Signore, Lui maledirà le loro benedizioni, arresterà il loro braccio, spanderà lordure sulla loro faccia e sulle loro solennità e li porterà via con quelle, così riconosceranno che è stato Lui a dare loro questo ammonimento.
Sulla bocca dei sacerdoti deve esserci la vera dottrina e la fedeltà, come avveniva con Levi, non l'ingiustizia nel giudicare per la quale sono diventati spregevoli e abietti agli occhi del popolo.
BIASIMI E PROMESSE
Misfatti del popolo
È stata perpetrata un'abominazione in Gerusalemme sposando le figlie di un dio straniero o ripudiando la donna della sua giovinezza. Dio odia il ripudio e chi lo commette.
Il popolo poi stanca il Signore dicendo che Lui mette la sua compiacenza in chi fa il male o dicendo: “Dov'è il Signore che fa giustizia?” (Ml 2, 1-17).
L'Angelo dell'alleanza
Presto verrà il messaggero a preparare la via davanti all'Angelo del Signore che i Giudei sospirano.
Egli purificherà i figli di Levi affinché possano offrire al Signore un'oblazione secondo giustizia.
E allora Dio gradirà il sacrifico di Giuda e testimonierà contro gli incantatori, gli adulteri e gli spergiuri, contro chi defrauda la mercede all'operaio, contro chi opprime la vedova, l'orfano e fa violenza al pellegrino, senza timore del Signore.
Si torni al Signore – non defraudandolo delle decime e delle primizie per il Tempio - e il Signore tornerà a loro, aprendo le cateratte del cielo e spandendo le sue benedizioni in abbondanza.
E allora tutte le genti li proclameranno beati perché appariranno la terra prediletta.
Verrà un giorno in cui il Signore brucerà come paglia i superbi e tutti quelli che commettono ingiustizia mentre sorgerà il Sole di giustizia con la salvezza nei suoi benefici raggi e i giusti salteranno liberi come vitelli ingrassati che escono dalla stalla.
EPILOGO
Si tenga a mente la legge del Signore data al popolo tramite Mosè. Egli invierà il profeta Elia a convertire i cuori dei padri verso i figli e dei figli verso i padri affinché non debba distruggere tutti alla fine del mondo (Ml 3, 1-24)
ALCUNI PASSI DEL VANGELO
La parabola dei talenti
Lo Stato non punisce i suoi cittadini che sperperano i beni ricevuti in eredità.
Al contrario, Dio esige che facciamo buon uso della nostra fortuna.
Ciò vale anche se essa deriva dal buon andamento degli affari, poiché tutti pensano che l'attività a cui intendono dedicarsi andrà bene, ma poi solo qualcuno avrà successo, perché gli è capitato di iniziare nel luogo e nel momento giusto.
La parabola degli operai mandati nella vigna (Mt 20, 1-16)
Potrebbe essere commentata così:
Anche chi comincia in tarda età a comportarsi bene, perché ha avuto solo tardi la conoscenza del vangelo, non deve scoraggiarsi, poiché avrà la medesima ricompensa di chi è entrato fin da giovane nel cristianesimo.
Quest'ultimo non deve insuperbire e pretendere di più per il fatto di aver praticato il cristianesimo fin dalla giovane età poiché non è merito suo se ha ricevuto un'educazione cristiana.
Se qualcuno ti vuol rubare il mantello, cedigli anche la tunica
Probabilmente è un consiglio evangelico di fare eroicamente, per amor di pace, più di quanto un altro richiede,
Ma, implicitamente, ordina di riconoscere spontaneamente quello che è giusto, mantenendo la parola data, di essere leale col prossimo, di trattarlo come vorremmo essere trattati, di non approfittare dell'altrui mancanza di prove valide legalmente o dell'ignoranza dell'altro.
Se gli Stati si comportassero così, ci sarebbero molto guerre in meno.
Ad esempio, l'Ucraina - con gli accordi di Minsk - si era impegnata a fare un referendum riguardo alla regione chiamata Donpass per sapere se gli abitanti di essa preferissero di stare con la Russia anziché con l'Ucraina.
Perché questa non ha fatto svolgere il referendum? ...forse perché sapeva che la maggioranza avrebbe scelto la Russia?
Avrebbe evitato la guerra e lo sterminio di gran parte del suo popolo.
Non è serio dire che non si può mettere l'aggressore sullo stesso piano dell'aggredito, quando l'aggredito non ha rispettato gli impegni coi quali era cessata una precedente guerra.
Inoltre, la Sacra Scrittura mostra che Dio non sta a guardare.
A volte ordinò di sterminare alcuni popoli, quando avevano colmato la misura, oppure voleva punire il popolo ebraico con l'obbligo di diventare tributario di altri paesi, magari pagani ma migliori e se non accettava questo castigo, lo puniva ancora più severamente con la deportazione e la schiavitù o con lo sterminio (vedere il profeta Ezechiele o anche il profeta Baruc nel capitolo 5 con la lettera di Geremia).
I profeti devono parlare che la gente ascolti o non ascolti, così - (N.d.R.: …almeno a cose avvenute) - potrà capire che in mezzo ad essa c'è un profeta (Ez 2, 5) e, forse, sarà più pronto a rimettersi sulla buona strada.
Il giudizio universale
Ecco cosa dice il vangelo di San Matteo al capitolo 25, paragrafi da 41 a 46:
"Andate lontano da me, voi maledetti, nel fuoco eterno preparato pel diavolo e per gli angeli suoi perché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere, ero nudo e non mi rivestiste, pellegrino e non mi ospitaste, malato o carcerato e non veniste a trovarmi."
"Quando non lo faceste a questi piccoli miei fratelli, non lo faceste a me."
"E costoro andranno all'eterno supplizio. I giusti invece alla vita eterna."
(N. d. R.: Non è sufficiente, dunque, non aver ammazzato né derubato nessuno per salvarsi dalla dannazione eterna. È sufficiente morire in peccato mortale violando gravemente uno qualsiasi degli altri otto comandamenti.
Anzi, è sufficiente l'aver pensato solo a godersi la vita mentre altri morivano di fame o avevano qualche altro grave bisogno.
Un'altra considerazione:
Vanno in giro dei cosiddetti teologi - ad esempio Vito Mancuso - che affermano che il diavolo è una personificazione del male - ossia che non esiste realmente - e che l'inferno è un concetto inconsistente e immorale.
Nel capitolo 25 del vangelo di San Matteo si vede chiaramente che:
l'inferno esiste ed è eterno, a meno di pensare che fossero fossero eretici San Matteo, san Marco e san Luca o Gesù Cristo stesso.
e che esistono anche i demoni e se il signor Vito Mancuso non ne ravvisa l'esistenza è perché c'è gente come lui che fa il lavoro del diavolo, lavoro che consiste nel distruggere il timore di un terribile castigo divino per il male commesso nella vita terrena.
Sembra che la Chiesa oggi vada a scuola da tali teologi, invece di scomunicarli, al punto di sentir qualificare l'epilettico guarito "un povero malato debole di mente."
Essa ha scomunicato l'arcivescovo tradizionalista Viganò, ma dovrebbe piuttosto scomunicare parecchi ecclesiastici.
Infatti, nell'elenco analitico della bibbia menzionata all'inizio di questa sintesi, alla voce INFERNO sono indicati i passi seguenti:
Mt 8, 11:13
"Or vi dico che molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e si assideranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori ove sarà pianto e stridore di denti."
Mt 13,41:42
Il Figlio dell'uomo manderà i suoi Angeli che toglieranno dal suo regno tutti gli scandali e quelli che hanno commesso l'iniquità, e li getteranno nella fornace ardente, ove sarà pianto e stridore di denti."
Mt 18, 8ss
"Se la tua mano o il tuo piede ti è di scandalo, tagliali e gettali via da te: è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi, ed essere gettato nel fuoco eterno."
Mt 25,31ss
"Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua maestà, con tutti gli Angeli, si assiderà sul trono della sua gloria.
E tutte le nazioni saranno radunate davanti a lui, ma egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sino dalla creazione del mondo. perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi albergaste; ero nudo e mi rivestiste; infermo o carcerato e veniste a trovarmi".
Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando mai ti vedemmo affamato e ti demmo ristoro; assetato e ti demmo da bere? Quando ti vedemmo pellegrino e ti alloggiammo o nudo e ti rivestimmo? Quando ti vedemmo infermo o carcerato e venimmo a trovarti?"
E il re risponderà loro: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli l'avete fatta a me."
Infine dirà anche a quelli che saranno alla sua sinistra: "Andate lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato pel diavolo e per gli angeli suoi, perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui pellegrino e non mi albergaste; nudo e non mi rivestiste; infermo o carcerato e non mi visitaste."
Allora anche questi gli risponderanno: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato, o assetato, o pellegrino, o nudo, o infermo o carcerato e non ti abbiamo assistito?"
Ma egli risponderà loro: "In verità vi dico: qualunque cosa non avete fatto ad uno di questi più piccoli, non l'avete fatto a me."
E costoro andranno all'eterno supplizio, i giusti invece alla vita eterna."
Mr 9,42
Ma chi scandalizzerà uno di questi piccoli che credono in me, è meglio che gli sia legata al collo una macina d'asino e lo si getti nel mare.
.
Lc 16, 19: 26
Il ricco Epulone
Vi era un uomo ricco che vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno faceva splendidi conviti.
Vi era pure un povero mendico, chiamato Lazzaro, il quale, ricoperto di piaghe, se ne stava alla porta del ricco, bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla sua tavola, ma venivano anche i cani a leccargli le piaghe.
Or, avvenne che il povero morì e fu portato dagli Angeli nel seno di Abramo.
Morì anche il ricco e gli fu data sepoltura.
Or, trovandosi nell'inferno, alzò gli occhi, e mentre era in preda ai tormenti vide da lontano Abramo e Lazzaro nel suo seno, ed esclamò: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro, che intinga la punta del suo dito nell'acqua, per refrigerarmi la lingua, perché spasimo dal dolore in questa fiamma."
Abramo rispose: "Figliolo, ricorda che tu durante la tua vita hai ricevuto la tua parte di beni e Lazzaro la sua parte di mali, durante la propria. Ora egli è qui consolato, mentre tu sei tormentato.
E per di più fra noi e voi è fissato un grande abisso, di modo che quelli i quali volessero passare a voi, non possono e neppure quelli, che di costì volessero venire a noi."
Allora soggiunse: "Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa del padre mio, perché ho cinque fratelli, per attestare loro il mio stato affinché non vengano anch'essi in questo luogo di tormenti."
Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti: li ascoltino!"
Ma egli insisté: "No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà a loro, faranno penitenza."
"Se non ascoltano Mosè né i Profeti - gli oppose Abramo - non crederanno nemmeno se uno risuscitasse dai morti."
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