volume-03


Sintesi di

L'EVANGELO COME MI E' STATO RIVELATO

    di

    MARIA VALTORTA


    VOLUME 3°

Ultima modifica: 14/6/2020

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INDICE

160 Incontro con Gamaliele sulla strada da Neftali a Giscala.

161 Guarigione del nipote del fariseo Eli di Cafarnao.

162 Le conversioni umane del fariseo Eli e di Simone d’Alfeo.

163 A mensa in casa del fariseo Eli di Cafarnao.

164 Il ritiro sul monte per l’elezione apostolica.

165 L’elezione dei dodici ad apostoli.

166 I miracoli dopo l’elezione apostolica. Prima predica di Simone Zelote e di Giovanni.

167 L’incontro con le romane nel giardino di Giovanna di Cusa.

168 Aglae in casa di Maria a Nazareth.

169 Primo discorso della Montagna: la missione degli apostoli e dei discepoli.

170 Secondo. discorso della Montagna: il dono della Grazia e le beatitudini.

171 Terzo discorso della Montagna: i consigli evangelici che perfezionano la Legge.

172 Quarto discorso della Montagna: il giuramento, la preghiera, il digiuno. Il vecchio Ismaele e Sara.

173 Quinto discorso della Montagna: l’uso delle ricchezze, l’elemosina, la fiducia in Dio.

174 Sesto discorso della Montagna: la scelta tra Bene e Male, l’adulterio, il divorzio. L’arrivo importuno di Maria di Magdala.

175 Il lebbroso guarito ai piedi del Monte. Generosità dello scriba Giovanni.

176 Nella sosta del sabato l’ultimo discorso della Montagna: amare la volontà di Dio.

177 Guarigione del servo del centurione.

178 Tre uomini che vogliono seguire Gesù.

179 La parabola del seminatore. A Corozim con il nuovo discepolo Elìa.

180 Disputa nella cucina di Pietro a Betsaida. Spiegazione della parabola del seminatore. La notizia della seconda cattura del Battista.

181 La parabola del grano e del loglio.

182 Discorso ad alcuni pastori con il piccolo orfano Zaccaria.

183 La guarigione di un uomo ferito in casa di Maria di Magdala.

184 Il piccolo Beniamino di Magdala e due parabole sul regno dei Cieli.

185 La tempesta sedata. Un insegnamento nell’antefatto.

186 I due indemoniati della regione dei Geraseni.

187 Verso Gerusalemme per la Pasqua. Da Tarichea al monte Tabor.

188 A Endor. La spelonca della maga e l’incontro con Felice chiamato poi Giovanni.

189 A Naim. Resurrezione del figlio di una vedova.

190 L’arrivo nella piana di Esdrelon al tramonto del venerdì.

191 Il sabato a Esdrelon. Il piccolo Jabé e la parabola del ricco Epulone.

192 Una predizione a Giacomo d’Alfeo. L’arrivo ad Engannim dopo una sosta a Mageddo.

193 L’arrivo a Sichem dopo due giorni di cammino.

194 La rivelazione al piccolo Jabé durante il cammino da Sichem a Berot.

195 Una lezione di Giovanni di Endor all’Iscariota e l’arrivo a Gerusalemme.

196 Il sabato al Getsemani. Gesù parla della Madre e degli amori di diverse potenze.

197 Nel Tempio con Giuseppe d’Arimatea. L’ora dell’incenso.

198 L’incontro con la Madre a Betania. Jabé cambia il suo nome in Margziam.

199 Dai lebbrosi di Siloan e di Ben Hinnom. Pietro ottiene Margziam per mezzo di Maria.

200 Aglae a colloquio con il Salvatore.

201 L’esame della maggiore età di Margziam.

202 Un rimprovero a Giuda Iscariota e l’arrivo dei contadini di Giocana.

203 La preghiera del "Padre nostro".

204 La fede e l’anima spiegate ai pagani con la parabola dei templi.

205 La parabola del figlio prodigo.

206 Con due parabole sul regno dei Cieli termina la sosta a Betania.

207 Alla grotta di Betlemme la Madre rievoca la nascita di Gesù.

208 Maria Ss. rivede il pastore Elìa e con Gesù va da Elisa a Betsur.

209 La fecondata del dolore nel discorso di Gesù presso la casa di Elisa a Betsur.

210 Le inquietudini di Giuda Iscariota durante il cammino verso Ebron.

211 Ritorno ad Ebron, patria del Battista.

212 Un’onda di amore per Gesù, che a Jutta parla dalla casetta di Isacco.

213 A Keriot una profezia di Gesù e l’inizio della predicazione apostolica.

214 La madre di Giuda si confida con la Madre di Gesù, giunta a Keriot con Simone Zelote.

215 L’albergatore di Betginna e la sua figlia lunatica.

216 Le infedeltà dei discepoli nella parabola del soffione.

217 Le spighe colte nel giorno di sabato.

218 L’arrivo ad Ascalona città filistea.

219 I diversi frutti della predicazione degli apostoli nella città di Ascalona.

220 Gli idolatri di Magdalgad e il miracolo sulla partoriente.

221 Le prevenzioni degli apostoli verso i pagani e la parabola del figlio deforme.

222 Un segreto dell’apostolo Giovanni.

223 Una carovana nuziale evita l’assalto dei predoni dopo un discorso di Gesù.

224 Nell’apostolo Giovanni opera l’Amore. L’arrivo a Bètér.

225 Il paralitico della piscina di Betsaida e la disputa sulle opere del Figlio di Dio.


FINE INDICE



    160 Incontro con Gamaliele sulla strada da Neftali a Giscala.


    Gamaliele - accompagnato da tutti i suoi servi che stanno arrostendo un agnello - vedendo passare il Maestro, invita a pranzo Lui e i Suoi discepoli.

    Poi Gli dice che, peregrinando, Lui disorienta coloro che vogliono ascoltarLo.

    Gesù risponde che costoro riescono a trovarLo lo stesso. Sono piuttosto i Suoi avversari che vengono disorientati. D’altra parte, visto che non tutti possono andare da Lui, è Lui che va da loro.

    Gamaliele ammette di aver difficoltà a capire ciò che Gesù dice, poiché le Sue parole si fermano nella sua mente, ma non gli arrivano allo spirito.

    Gesù gli risponde che in una località coperta dalle rovine di Hatzor non possono crescere che ortiche, mentre tutt’intorno sono presenti frutteti, campi e boschi.

    Invita, perciò, Gamaliele a cercare di togliere le pietre dal suo animo, altrimenti potrebbe arrivare a credere in Gesù Messia troppo tardi e a rimpiangere di non aver creduto prima. E potrebbe non essere sufficiente nemmeno il segno delle "pietre che fremono" alle ultime parole del Messia a farlo credere in Lui.

    Poi Gesù accetta di andare a pregare anche Lui sulla tomba del vecchio Hillel e invita Gamaliele a lasciarsi guidare anche lui dal detto che l’uomo è grande quando si umilia.



    161 Guarigione del nipote del fariseo Eli di Cafarnao.


    Arrivati in barca a Cafarnao, Gesù e gli apostoli vanno verso la fonte per bere. Pietro, invece, era andato a casa a portare il pesce e ora comunica che il nipote di Eli fariseo è stato morso da una serpe e sta morendo, ma aggiunge che non avendo trovato il serpente, è stata morsa la serpicina.

    Comunque il Maestro e i Suoi vanno verso il paese, ma sono raggiunti da un mucchio di gente urlante e piangente.

    Pietro suggerisce di tornare indietro, ma Gesù gli fa notare che quel vecchio soffre, però Pietro gli fa notare che Eli Lo odia.

    Gesù risponde che Lui è la Misericordia.

    Eli crolla ai Suoi piedi invocando pietà e perdono e chiedendo che non si vendichi - della sua durezza, della sua ingiustizia e delle sue menzogne - su quell’innocente di suo nipote che è l’unico figlio maschio di suo figlio morto.

    Poi corre avanti e prega Gesù di affrettarsi più che può.

    Pietro osserva che sarà un miracolo sprecato e che se si lascia morire quella serpicina, morirà anche il vecchio di crepacuore e Gesù avrà un nemico di meno sulla Sua strada.

    Gesù, però, gli risponde: "Ma Simone! In verità, ora la serpe sei tu."

    Arrivato alla casa, vede venire avanti una donna che tra le braccia ha un bimbo morente con una mano penzolante col segno del morso alla radice del pollice.

    Il Maestro succhia la ferita, poi alita sul viso del bambino ed egli si riprende.

    Poi lascia quella famiglia invitandola a volersi bene e a voler bene anche a Lui, se può.

    Agli apostoli poi dice che il miracolo porta alla fede quelli che già sono su quella via. Coloro che, invece, sono superbi, sono indotti piuttosto alla bestemmia.



    162 Le conversioni umane del fariseo Eli e di Simone d’Alfeo.


    Gesù è tornato a casa da Giscali e trova le donne che stanno cucinando.

    Poco dopo arriva Eli, a ringraziarLo della guarigione del piccolo Eliseo e a portare dei doni.

    Il Maestro gli dice che non doveva farlo e che il dono veramente gradito sarebbe stato quello del suo cuore.

    Eli assicura che quello è già Suo e che Glielo consacra, ma Gesù sorride e spiega che lo ha commosso soprattutto la morte di Doras più che la miracolosa guarigione del nipotino, ma che non deve temere Dio se ha realmente compreso e se veramente vuole esserGli amico d’ora in avanti.

    Il vecchio fariseo ammette che è così e comunque vuole invitarLo a pranzo a casa sua per l’indomani.

    Gesù accetta di rinviare di un giorno un Suo viaggio affinché il Suo rifiuto non sia preso per disprezzo.

    Quando Eli è andato via, Pietro ride della sua "conversione."

    A sua volta, Simone di Alfeo, il cugino di Gesù ora dice di voler seguire Gesù, però non come gli apostoli, ma aiutando le donne discepole.

    Gesù accetta, ma poi confidandosi con Matteo, dice che queste "conversioni" dovute a considerazioni umane non lo fanno felice, anzi Lo rattristano. E gli chiede di confortarLo lui, con l’essere diventato l’uomo giusto sognato da Dio.



    163 A mensa in casa del fariseo Eli di Cafarnao.


    Gesù è in casa di Eli con l’Iscariota. Eli dice che intendeva invitare tutti gli apostoli e teme che ora essi si siano offesi.

    Il Maestro lo rassicura e dice che essi sono in giro, non conoscono suscettibilità orgogliose e verranno la sera.

    Poi si mettono a tavola e il discorso finisce sui Romani che intendono entrare nelle sinagoghe, perché vogliono conoscere il reddito dei ricchi.

    Eli chiede l’opinione di Gesù il quale si dichiara disgustato come Israelita, ma non come uomo, poiché sarebbe giusto che i ricchi pagassero loro le tasse, invece di farle gravare sui poveri che non hanno di che nutrirsi.

    Se essi sono sotto il giogo di Roma è perché ricchi e poveri sono divisi dall’astio, a causa dell’ingiustizia nella distribuzione delle ricchezze.

    Qualche fariseo afferma che è presente il Messia e che toccherebbe a Lui organizzare la rivolta contro i Romani, ma Gesù risponde che si è capita male la Scrittura: il Regno che Lui dovrà inaugurare è eterno e riguarda lo spirito, non le cose umane.

    Poi Gesù li lascia per avere il tempo, prima di andare via, di incontrare i poverelli malati di carne e di cuore venuti da ogni dove e non vuole deluderli.



    164 Il ritiro sul monte per l’elezione apostolica.


    Gesù porta gli apostoli su per la montagna in luogo appartato dal mondo per sette giorni da passare in isolamento. Li invita a deporre le borse con le cibarie e a gettare a valle il peso della loro umanità.

    Ora dovranno formarsi con la preghiera, la quale, come dice loro, deve essere colloquio di figli col Padre, aperto, caldo, confidente, raccolto, schietto con cui confessare, conoscere loro stessi, promettere a loro stessi e a Dio, richiedere a Dio. Dovranno diventare autosufficienti, non più semplici uomini ma Suoi ministri; ognuno di loro dovrà stare in una grotta diversa e rivolgersi a Lui solo in caso di vera necessità.

    Le cibarie saranno sufficienti ma solo per sopravvivere, poiché il ventre troppo satollo appesantisce lo spirito.



    165 L’elezione dei dodici ad apostoli.


    Alcuni uccelli si avvicinano alle grotte per cercare del cibo. Gesù li attrae imitando il loro verso dopo aver sbriciolato del pane per loro.

    Poi scende verso le altre caverne e va a chiamare e, se occorre, a svegliare gli apostoli. Giovanni che sta dormendo sodo, dice fra le labbra: "Sì, mamma. Vengo subito". Ma poi si gira di là.

    Una volta sveglio, Gli dice di avere capito, nella caverna, che Lui è l’Amore eterno della SS. Trinità, la sua vera Essenza.

    Dopo, Gesù va a vedere gli altri apostoli. Essi hanno ora un aspetto più venerabile.

    Il Maestro dice loro che quella settimana li ha maturati, ha fatto conoscere loro Dio e cosa è l’amore perfetto, specialmente ai vergini poiché Dio si fa conoscere più volentieri da loro anche per compensarli di quanto si negano per amore suo.

    Aggiunge che li tratterrebbe lì a lungo, per fare di loro dei grandi santi sollecitamente, se non fosse per la missione da compiere, cioè perché il mondo profanato e profanatore ha bisogno di maestri e di redentori.

    D’ora in avanti essi non saranno semplici discepoli ma apostoli e al di sotto di loro ci saranno i discepoli che sono rimasti ai piedi del monte o in giro.

    Ciò non significa che essi siano necessariamente migliori dei discepoli, ma gli apostoli avranno la dignità più alta sulla Terra: praticare il culto, abbattere le idolatrie, purificare i cuori e predicare il Signore e la sua Parola.

    Guai all’apostolo che cade, poiché trascina con sé molti discepoli e questi trascinano molti fedeli.

    Dovranno difendersi da loro stessi e dal mondo che cercherà di spegnere le luci nei loro cuori.

    Al loro io inferiore, quando piagnucola, rispondano che in cambio esso avrà il banchetto di estasi eterna.



    166 I miracoli dopo l’elezione apostolica. Prima predica di Simone Zelote e di Giovanni.


    Scendendo verso il piano, Gesù e i Suoi trovano oltre ai discepoli molte persone venute per il bisogno di miracoli o semplicemente per ascoltare.

     - Miracoli palesi come quello di un ragazzo che era stato estratto da un fienile in fiamme e che poi corse dalla madre senza segni di ustioni;

     - e miracoli nascosti come quello concesso a uno che non osa gridare: "Abbi pietà!", al quale Gesù dice "Sia come tu chiedi, perché tu sappia che io sono la Misericordia." E lo invita, però, ad avere generosità e a strappare ogni legame col passato.

    Poi Gesù dice ai presenti che quelli sono i Suoi apostoli e che a loro potranno rivolgersi con fiducia per tutto ciò che occorre per le loro anime e si allontana con loro.

    Pietro però è spaventato dall’incarico ricevuto dicendo che in lui non è rimasto quasi nulla degli insegnamenti ricevuti, ma Gesù lo rassicura dicendogli che quando il cibo non è più nello stomaco, sta ormai nel sangue e nutre l’organismo. Lo stesso succede con gli insegnamenti che sembrano ormai dimenticati.

    A questo punto Gesù va via e lascia gli apostoli a discutere tra loro. Matteo propone di pregare il Signore per ottenere la Sapienza. Poi uno del pubblico chiede come fare a superare l’insegnamento religioso vecchio.

    Simone Zelote risponde che bisogna provare le istruzioni ricevute con i comandamenti di Dio. Giovanni aggiunge che bisogna fare come Gesù che si sacrifica per gli uomini, ossia percorrere la strada dell’amore. Bisogna seguire tale strada con l’umiltà, la sincerità e l’amore dei bambini.



    167 L’incontro con le romane nel giardino di Giovanna di Cusa.


    Gesù arriva in casa di Giovanna di Cusa, dove è atteso anche da tre pagane amiche di lei: Plautina, Valeria e Lidia.

    Valeria è la madre di una bambina guarita da Gesù e si sente rallegrata al sentire che sua figlia - a differenza dei fiori e degli animali inferiori - ha un’anima che comunque sarebbe sopravvissuta alla morte e le sarebbe stata vicina con amore.

    Plautina afferma che a Roma si amano le dottrine filosofiche, ma i filosofi attuali non hanno una dottrina soddisfacente.

    Gesù le risponde che i filosofi attuali sono sostanzialmente atei, a differenza dei filosofi antichi che parlavano di un dio ignoto e che nelle scelte della vita pensavano a ciò che era bene per la collettività e sceglievano il Bene a qualunque costo.

    Invece nell’Olimpo attuale si immaginano dei che hanno le stesse passioni degli esseri umani, lussurie, delitti, odi, guerre, furti, crapule, tranelli, vendette. E gli uomini, per festeggiare gli dei, fanno le orge.

    Il vero Dio è eterno, unico e spirituale. Esso è colui che dal Nulla ha fatto il Tutto.

    Poi a Lidia che domanda perché i loro maestri non possono avere una vita buona giacché sono atei, Gesù risponde che la loro anima rispecchia inevitabilmente l’idea che essi hanno dei loro dei e che quando il popolo crederà nel vero Dio, i vecchi dei non faranno nulla, poiché essi non esistono e spariranno, come la nebbia si dirada quando compare il sole.



    168 Aglae in casa di Maria a Nazareth.


    Una donna bussa di notte alla casa di Nazareth di Maria. Chiede pietà in nome di Gesù, è velata e piange, dice di essere il Vizio, che ha abbandonato la madre che poi è morta di dispiacere, mentre il padre l’ha rinnegata e dice di non avere più una figlia.

    Racconta che le piaceva diventare una mima, ammirando da un’altura i giovani mimi di una scuola di Siracusa.

    Poi fu incoraggiata a danzare piuttosto svestita e fu vista da un patrizio romano che la invitò ad andare a Roma dove sarebbe stata considerata una dea e così diventò – piuttosto - senso e sesso, fango e sterco. Poi fu portata in Palestina a rallegrare gli ozi di Erode.

    Dopo, fu condotta a Ebron, da Sciammai, nella casa che era stata cara ai parenti di Gesù. In seguito fuggì ma, nonostante il velo, fu riconosciuta, schernita, maledetta perché voleva essere onesta e aveva deluso coloro che volevano usarla per accusare Gesù.

    Maria piange, per la malvagità del mondo, non per le colpe di Aglae, e le assicura che lei non è la prima peccatrice redenta, né sarà l’ultima.

    Le promette che sarà perdonata da Gesù, che l’indomani la invierà presso una famiglia onesta e che le darà una veste nuova, da ebrea, affinché non sia più riconosciuta.



    169 Primo discorso della Montagna la missione degli apostoli e dei discepoli.


    Gesù, agli apostoli andati a predicare, dice: "So che tutto è andato bene". "Io sorreggevo con la preghiera le vostre anime uscite dall’orazione con una forza nuova nella mente e nel cuore. Una forza che non viene da studio ma da completo abbandono a Dio."

    “Perciò, per essere perfetti come discepoli bisogna che sappiate dimenticare voi stessi, in tutti i ricordi, le esigenze e le pavide riflessioni dell’io umano."

    Aggiunge che coloro che più hanno dato sono coloro che si sono dimenticati di più. Vi è lo spirituale io dato dall’anima che si ricorda di Dio e della sua origine da Dio, e vi è l’io inferiore, della carne, che si ricorda di mille esigenze che tutto abbracciano di sé stessa e delle passioni e che soverchiano la voce solitaria dello spirito, che ricorda la sua nobiltà di figlio di Dio, se esso non è ben robusto.

    Le sostenutezze di alcuni sono dovute agli scrupoli abituali, alle abituali considerazioni e prevenzioni; le laconicità di altri alle loro incapacità dottrinali e alla paura di fare brutta figura o di farla fare a Gesù; le vistose esibizioni alle abituali superbie, ai desideri di mettersi in vista, di essere applauditi, di emergere..."

    Voi dovete ricordare il vero Dio. Fate allora di non avere in voi il paganesimo settemplice. Altrimenti diverreste alti luoghi profani con boschetti sacri a questo o quel dio e trascinereste nel vostro paganesimo coloro che vi guardano come templi di Dio.

    La Luce di Dio emerge là dove il lucignolo è immerso in abbondante liquido di orazione e di carità.

    Tre volte guai ai maestri che ripudiano la Sapienza per saturarsi di umana scienza sovente contraria, sempre superba, talora satanica, perché li fa uomini mentre ogni uomo ha destino di divenire simile a Dio.



    170 Secondo discorso della Montagna: il dono della Grazia e le beatitudini.


    Non c’è altra via che la Legge per andare in Cielo, ma anziché dire: "Guai se non farò questo" dire "Beato me se farò questo."


    Beati i poveri di spirito


    L’arsura delle ricchezze porta a molti deliri: il ricco vive per il suo oro, idolo infame del suo spirito rovinato.

    Il povero vive dell’odio al ricco e se anche non fa materiale omicidio lancia i suoi anatemi sul capo dei ricchi.

    Colui che maledice augurando sciagure e morti non è molto dissimile da chi materialmente uccide.

    Il desiderio malvagio avvelena e guasta, perché permane più a lungo dell’atto violento.

    L’uomo deve amare Dio sopra ogni cosa e con tutto sé stesso. Invece il prossimo deve amarlo come sé stesso.

    Chi si affeziona smoderatamente a una cosa, pecca. Si devono amare i propri cari, ma non farne degli idoli ma dei mezzi per servire Dio in santità, altrimenti si ha un attaccamento peccaminoso.


    Beati i mansueti


    I prepotenti trionfano nella vita, ma è la paura che tiene apparentemente proni i soverchiati dal despota. Non portano a Dio quei sacerdoti che non vanno alla conquista degli spiriti con la dolcezza paziente, umile e amorosa, ma sembrano guerrieri armati… Con la mansuetudine si vince l’odio e la superbia e il mondo sarà di Dio.


    Beato chi piange senza ribellione


    Il dolore non c’era sulla Terra ma ve lo portò l’uomo con la depravazione del suo intelletto per istigazione del diavolo. Tuttavia il pianto non è una menomazione dell’uomo. Anzi da svagato bambino lo rende adulto, riflessivo, intelligente.

    Solo coloro che hanno pianto, sanno amare e capire altri che piangono. Solo coloro che piangono, amando il Signore, saranno consolati.


    Beato chi ha fame e sete di giustizia


    Dal momento in cui nasce, l’uomo è avido di cibo per nutrire ciò che di lui muore, il suo corpo; ma è la sua anima che può portarlo all’immortalità. Nutrimento dell’anima è la Sapienza e la giustizia.

    E più se ne gusta e più cresce la santa avidità del possedere la Sapienza e di conoscere la Giustizia, ma verrà un giorno in cui tale santa fame verrà saziata da Dio stesso.


    Beati i misericordiosi


    Tutti gli uomini hanno bisogno di perdono. Non sono le formule e la forma di un rito - create per l’opaca mentalità umana - che ottengono il perdono. I vecchi riti dell’offerta e del sacrificio furono creati per punire l’avidità (con la necessità di acquistare l’offerta) e la superbia (il sacrificio era un’ammissione di avere peccato).

    E’ la misericordia con gli altri che ottiene il perdono, la misericordia con gli affamati, i nudi, i senza tetto e con quelli che fanno soffrire gli altri col loro cattivo carattere.

    Non chiudersi in una torre di cristallo dicendosi: “io sono puro e non scendo tra i peccatori". Misericordia per compiere un segreto e continuo sacrificio di espiazione e ottenere misericordia.


    Beati i puri di cuore


    Se sarete impuri, non potrete entrare nel Regno di Dio. Colui che è puro ha dalla Terra un principio di Cielo. Egli non conosce sapore di amori umani, ma gusta, fino all’estasi, il sapore dell’amore divino.

    Chi ha Dio, ha inspiegabili mutamenti sostanziali per cui diviene santo e sulla sua bocca fioriscono parole e i suoi atti assumono potenze che non sono della creatura, ma di Dio che vive in essa.


    Beati quelli che hanno spirito di pace


    La pace è una delle caratteristiche di Dio. Egli non è che nella pace, poiché la pace è amore, mentre la guerra è odio. Non può dirsi figlio di Dio chi ha spirito irascibile sempre pronto a scatenare tempeste e nemmeno chi non contribuisce con la sua pace a calmare le tempeste scatenate da altri.


    Beati i perseguitati per amore della giustizia


    L’uomo è tanto assatanato che odia il bene ovunque si trovi, che odia il buono, quasi che chi è buono lo accusi e rampogni. La fede del credente vero fa apparire più viva l’ipocrisia del falso credente.

    Però, la parte eterna dell’uomo acquista ancora più vitalità con la persecuzione e i suoi stenti sono tanti scalini per salire sui troni che il Padre ha preparato per i suoi martiri.


    Beati gli oltraggiati e i calunniati


    Fate solo che di voi possa essere scritto il nome nei libri celesti, dove non sono segnati i nomi secondo le menzogne umane nel lodare i meno meritevoli di lode, ma dove sono scritte le opere dei buoni.

    Prima di oggi furono calunniati e oltraggiati i Profeti, ma a essi s’inchineranno gli angeli, così - quando si apriranno le porte dei cieli - ogni lacrima versata vi sarà cara.



    171 Terzo discorso della Montagna: i consigli evangelici che perfezionano la Legge.


    I consigli precedenti non aboliscono la legge che rappresenta il necessario. I consigli sono la perfezione della Legge. Quanto detto nel precedente capitolo è più efficace della paura che smuove tre persone su dieci, mentre questi smuovono sette persone su dieci.

    La Legge è stata data da Dio ma poi gli uomini le hanno sovrapposto leggi e precetti soffocandola e seguendo il loro pensiero e il loro utile. Se non sarete molto più giusti degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli.

    Guardatevi dai falsi profeti, poiché che volete che sia un paio di mani congiunte in preghiera se poi l’uomo è ladro e fornicatore?

    Guardate gli atti - in famiglia, nel commercio, verso il prossimo e i servi - di certi maestri invece di lasciarvi incantare dalle loro parole melate, dalle preghiere ipocrite.

    Non vi dico di uccidere i falsi profeti o i fedeli ipocriti ma di scostarvi da loro per non intossicarvi.

    Siete calunniati? Amate e perdonate. Siete percossi? Amate e porgete l’altra guancia pensando che è meglio che l’ira si sfoghi su di voi che la sapete sopportare, anziché su un altro che si vendicherebbe dell’affronto.

    Siete derubati? Non pensate: "Questo mio fratello è avido" ma pensate caritativamente: "Questo mio povero fratello è bisognoso" e dategli anche la tunica se già vi ha levato il mantello."

    Voi dite: "Ma potrebbe essere vizio e non bisogno". Ebbene, date egualmente. Dio ve ne compenserà e l’iniquo ne sconterà la pena, ma molte volte cade dal cuore del peccatore il suo vizio, ed egli si redime giungendo a riparare il furto col rendere la preda. Siate generosi con coloro che, più che onesti, vi chiedono, anziché derubarvi, ciò di cui abbisognano.

    Se i ricchi fossero poveri di spirito non vi sarebbero le penose disuguaglianze sociali, causa di tante sventure umane e sovrumane. Pensate sempre: "Ma se io fossi nel bisogno, che effetto mi farebbe la ripulsa di un aiuto?"

    E’ stato detto "non uccidere" ma io vi dico "Non vi adirate" e che chi tratta il prossimo da pazzo sarà condannato da Dio.

    Perciò se quando stai per offrire a Dio ricordi di avere mancato contro tuo fratello o di avere rancore contro di lui per una sua colpa, prima fai l’immolazione del tuo amor proprio, riconciliandoti col tuo fratello e poi vieni all’altare e solo allora sarà santo il tuo sacrificio.

    Se Dio fosse inesorabile e ostinato come voi, nessuno si salverebbe."



    172 Quarto discorso della Montagna: il giuramento, la preghiera, il digiuno. Il vecchio Ismaele e Sara.


    Chi sente il bisogno di giurare è perché è insicuro di sé stesso e del concetto del prossimo a proprio riguardo. E chi fa giurare, testimonia che diffida dell’onestà del Giurante. E questa è una doppia vergogna perché l’uomo non è fedele neanche al giuramento irridendosi di Dio.

    Egli è così un sacrilego, un ladro, un mentitore e un omicida. Di chi? Di Dio, perché mescola la verità all’infamia e lo sbeffeggia sfidandolo: "Colpiscimi se puoi; io sono qui e me ne rido."

    Ma vi sarà un momento in cui Colui," vi apparirà terribile nella sua maestà e vi atterrirà col suo solo aspetto prima che la sua voce vi precipiti nel vostro destino eterno marcandovi con la sua maledizione."

    Lo spergiuro è un ladro perché si appropria di una stima che non merita, un traditore perché promette cose che non vuole mantenere, un omicida perché leva la stima al suo prossimo o uccide la sua anima.

    Dite sì, sì, no, no. Il di più ve lo aggiunge il Maligno.

    Sincerità nella parola e nella preghiera. Anche chi prega nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per farsi ritenere pio dagli altri è come uno spergiuro. Si preghi nel proprio cuore. E’ assai meglio destinare il proprio tempo nel soccorrere un bisognoso o nell’accogliere persone.

    La preghiera è azione d’amore e si può amare sia pregando che facendo il pane, tanto meditando che assistendo un infermo o accudendo alla famiglia. E’ sufficiente che ognuno intrida tutto sé stesso e ogni sua azione nell’amore.

    Non occorre che chiediate a Dio, che è vostro padre, che lo sa prima, ciò di cui avete bisogno. Non abbiate paura di chiedere a Dio, ma non perdete la fede se non siete esauditi poiché Dio sa anche le conseguenze future delle sue concessioni e perciò può non concedere le grazie, come il medico quando ordina di digiunare per salvare la vita.

    E questo che dico per la preghiera vale anche per il digiuno: prendete un’aria lieta quando digiunate, affinché gli altri non lo sappiano, altrimenti avrete già ricevuto la vostra ricompensa in questa vita e non l’avrete nell’altra.

    Poi Gesù invita due poverelli che stanno in disparte, li fa nutrire e sente le loro storie.

    Uno è un vecchio che ha perso la figlia e chiede l’elemosina per festeggiare la Pasqua per l’ultima volta.

    L’altro è una donna che ha invece perso il marito e non può lavorare perché è malata. Gesù la guarisce e la invita a occuparsi per l’avvenire di quel vecchio rimasto solo. E lei promette che lo farà.



    173 Quinto discorso della Montagna: l’uso delle ricchezze, l’elemosina, la fiducia in Dio.


    Il giusto uso delle ricchezze da parte del servo fedele le tramuterà in tesori per il Cielo, che sono eterni a differenza di quelli della terra. I beni della terra possono essere rubati o andare distrutti. Inoltre vivendo per essi si può essere crudeli e maledetti dal prossimo e da Dio.

    Lavorate, invece, con l’amore misericordioso verso tutte le miserie della terra, giubilate pure per le messi che prosperano ma con godimento e calcolo soprannaturale pensando che così potete fare tanto bene a chi ha fame, è ignudo, senza tetto, malato, solo, affinché essi godano della vostra gioia e benedicano con voi, il Signore eterno.

    Abbiate il vostro tesoro in Cielo per avere lì il vostro cuore ed esso non sia insidiato dalla paura di perdere i beni né corroso dallo spirito del mondo, però fate beneficenza senza spirito di superbia, desiderio di essere notati e lodati.

    Chi menziona il beneficato lo mortifica e pecca di anticarità, di avarizia spirituale. Dimenticarsi addirittura dell’elemosina compiuta anziché rimirarsi.

    E non date con misura preoccupandovi di non poterlo forse più fare domani e di perdere le amicizie. (Gesù chiedeva ai ricchi per aiutare i poveri).

    Non potete allungare la vostra vita. Non preoccupatevi del domani, poiché i gigli dei campi non filano eppure neanche Salomone fu vestito meglio di loro. Lasciate ai gentili queste preoccupazioni che non hanno questa certezza della paternità divina.

    Voi l’avete e sapete che il Padre sa i vostri bisogni e che vi ama. Fidate, dunque, in Lui. Cercate le cose veramente necessarie: la fede, la bontà, la carità, l’umiltà, la misericordia, la purezza, la giustizia, la mansuetudine e tutte le altre virtù e vi assicuro che tutto il resto vi sarà dato per giunta senza che neppure lo chiediate. Pensate all’oggi, non al domani.



    174 Sesto discorso della Montagna: la scelta tra Bene e Male, l’adulterio, il divorzio. L’arrivo importuno di Maria di Magdala.


    Gesù anzitutto guarisce alcuni malati e cambia anche il cuore di un marito che tradiva la moglie. A questa dice di continuare a essere buona in attesa del miracolo.

    Gesù poi comincia a parlare e dice che è impossibile seguire due sentieri diversi, anche se sono vicini, a maggior ragione se essi si allontanano, come quello del Bene e quello del Male. Bisogna sceglierne uno. E non dire che Satana ci tenta, poiché anche Dio ci tenta col suo amore, le sue parole e le sue promesse.

    Se si cambia idea con facilità, è perché le proprie idee sono deboli, come l’individuo debole cade facilmente malato.

    Bisogna non essere uomini di mezze fedi, di compromessi, di patti con due, uno contrario all’altro. Le vostre azioni mescolate di buono e di non buono, non avrebbero alcun valore.

    Quando uno è corrotto trascina a corruzione, a meno che l’altro non sia un vero santo. Attenti allo sguardo dell’occhio e a quello della mente.

    E vorreste per un’ora di un qualsiasi piacere perdere un’eternità di pace? Cosa vi lascia il piacere della carne, dell’oro e del pensiero? Nulla,

    Cosa vi acquista il ripudiarli? Tutto. Nell’ora che segue all’appagamento, avete proprio sinceramente sentito di essere felici? No. Appassimento, scontento, incertezza, nausea, paura, irrequietezza.

    Però, mentre vi dico "Non fate ciò" vi dico anche di non essere inesorabili con coloro che sbagliano. Pensate che molte sono le cause che inducono l’uomo a peccare.

    Siate misericordiosi verso i peccatori e con bontà rialzateli e conduceteli a Dio, mostrando che il sentiero da loro percorso è irto di pericoli per la carne, per la mente e per lo spirito. Fate questo e ne avrete gran premio.

    Poi alcuni portano Maria Maddalena sulle braccia come in trionfo (quando era ancora una peccatrice) alquanto svestita davanti a Gesù e lei ride. Gesù la fissa e lei ne sostiene con spavalderia lo sguardo.

    Gesù riprende il discorso e aggiunge di non fare come i farisei che sono severi con tutti ma non con loro stessi, di perdonare, compatire, non condannare e di non contaminare le anime che sono proprietà di Dio, che chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (e che lo stesso vale per la donna).

    Guai a quelli che strappano le anime, specie quelle dei piccoli, facendo conoscere loro il sapore della materia. Sarebbe meglio che morissero arsi da un fulmine.

    Guai a voi ricchi gaudenti! Perché è proprio tra voi che fermenta la più grande impurità, ma avrete una fame tremenda, insaziabile e senza addolcimento in eterno.

    Quanto bene potreste fare con la vostra ricchezza! Ora ridete, credete di essere i trionfatori ma le vostre lacrime empiranno gli stagni della Geenna e non avranno più sosta.

    Nessuna ragione giustifica la fornicazione. Nessuna. Non l’abbandono e il ripudio di un marito. Non la pietà verso la ripudiata. Avete un’anima sola, altrimenti il bel corpo per cui peccate andrà con voi nelle fiamme inesauste. Tornate uomini voi ricchi per non fare ribrezzo al Cielo.

    Generalmente si comincia con uno sguardo impuro e così nasce la sete, la fame, la febbre carnale. Se il guardato è anche lui disonesto, risponde allo sguardo e ha inizio la discesa nel peccato.

    Tutto si può superare quando lo spirito è retto (frigidità femminile, pesantezza di lei, incapacità riguardo alle faccende, lingua bisbetica, amore al lusso, malattie, irascibilità) se si ama santamente, altrimenti esso si presta a motivo per soddisfare il senso e si getta la donna sulla via della perdizione, perché normalmente essa si risposa. Solo la morte rompe il matrimonio.

    E se avete fatto una scelta infelice, portatene le conseguenze come una croce, essendo due infelici ma santi e senza rendere ancora più infelici i figli, che più soffrono di queste disgraziate situazioni.

    Oh se sapeste accontentarvi di quanto avete già avuto, se, cioè, voi vedovi sapeste essere anche madri al posto della madre morta (lo stesso vale per le vedove), i figli non sentirebbero l’infelicità dell’orfano, né la gelosia del figlio nei confronti della donna che occupa il posto della madre perduta.

    Soprattutto siate buoni con chi è debole. Non giudicate per non essere giudicati: la carità è già un’assoluzione. Abbiate carità per tutti e in tutto. Se Dio vi dà tanti aiuti per mantenervi retti, non inorgoglitevene ma cercate di salire per quanto è lunga la scala della perfezione e porgete la mano agli stanchi, agli ignari e ai delusi.

    Attenzione però a non rivelare le verità eterne agli infetti di satanismo, i quali se ne appropriano per fingersi profeti e insinuarsi tra i semplici, corrompere e traviare.

    Tutte queste cose vanno ascoltate e messe in pratica, altrimenti si agisce come uno stolto che costruisce una casa sulla sabbia: fa poca fatica - a differenza di chi ne scava le fondamenta nella roccia - ma presto essa crolla, all’arrivo delle intemperie. Nell’altra vita non si costruisce. Guai a presentarsi con le macerie!



    175 Il lebbroso guarito ai piedi del Monte. Generosità dello scriba Giovanni.


    Un lebbroso ridotto simile a uno spettro, compare ai piedi del monte. La gente urla di spavento e qualcuno prende le pietre per tirargliele, ma Gesù grida ai presenti di restare dove sono e di non avere paura, di avere pietà del povero fratello che è anch’egli figlio di Dio.

    Allora il lebbroso si fa coraggio, si avvicina a Lui e Lo prega: "Signore, se Tu vuoi, puoi mondarmi. Abbi pietà anche di me!" Dopo averlo toccato, Gesù gli risponde: "Lo voglio, sii mondato". Allora il lebbroso riappare con la pelle pulita, senza le marciose erosioni precedenti.

    Gesù lo invita a presentarsi al sacerdote per fare l’offerta prescritta da Mosè.

    I presenti si congratulano con lui a distanza, qualcuno gli dona del pane, un altro il mantello, un altro ancora i suoi sandali, poiché il lebbroso dovrà andare lontano, mentre lui abita a poca distanza.

    Poi si presenta uno scriba giusto per promettere che l’indomani porterà pane per tutti i presenti.



    176 Nella sosta del sabato l’ultimo discorso della Montagna: amare la volontà di Dio.


    Gesù dice che è giusto santificare le feste e lodare il Signore nei luoghi di preghiera, ma tutto il creato può diventare luogo di preghiera se la creatura sa farlo con la sua elevazione al Padre. Qualcuno ha detto che se tutto viene dalla volontà divina, anche gli errori degli uomini sono voluti da quella. Questo è un errore molto diffuso.

    Non basta dire "Signore, Signore": solo chi fa la volontà di Dio - non la propria volontà o quella della carne e del demonio - entrerà nel Regno dei Cieli.

    Quando il Maligno e i suoi servi umani procurano sventure agli uomini, Dio consiglia: "Agisci così, e questo male (ricevuto) ti servirà a un eterno bene". Vi consiglia, ma non vi forza e se uno preferisce fare l’opposto, non si può dire che questa sia volontà di Dio.

    Oggi vi parlo con dolcezza per invitarvi a venire nei miei pascoli, ma un giorno sarò giudice Re e con giustizia inesorabile separerò le pecore pasciute di Verità da quelle che mescolarono Verità ed Errore o si nutrirono di solo Errore.



    177 Guarigione del servo del centurione.


    Gesù entra a Cafarnao con i Suoi apostoli. Si avvicina a Lui un centurione romano che lo prega di guarire un suo bravo servo per il quale i medici romani non hanno potuto fare nulla, mentre quelli ebrei si rifiutano di avere contatti con i pagani.

    Gesù promette che andrà, ma il centurione risponde che lui non è degno di tanto e Gli chiede di comandare alla malattia di andarsene, come lui fa con i suoi dipendenti.

    Il Maestro allora lo accontenta. Poi ricorda la profezia secondo la quale "il popolo che camminava nelle tenebre vide una gran luce. Sopra coloro che abitavano nell’oscura regione di morte la Luce è spuntata."

    Aggiunge che molti verranno da oriente e da occidente e siederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli, mentre i figli del Regno saranno gettati nelle tenebre esteriori, dove sarà pianto e stridore di denti."

    Poi incoraggia qualcuno dei presenti ad andare alla casa del centurione per constatare che il suo servo è veramente guarito.



    178 Tre uomini che vogliono seguire Gesù.


    Uno scriba dice a Gesù che desidera seguirLo poiché si sente conquistato dalle Sue parole, ma il Maestro risponde che Lui non ha nemmeno una tana a differenza delle volpi e che per essere Suo discepolo occorre spirito di sacrificio e di adattamento, ubbidienza, carità verso tutti - poiché la condiscendenza attira -, occorre curvarsi su ogni piaga e non scostarsi dove il fango è più alto, poiché la purezza deve essere in noi.

    Lo scriba chiede di poter almeno provare: Gesù allora gli promette che pregherà per lui.

    A un altro, che Lo sta guardando, il Maestro rivolge l’invito a seguirLo e che lasci ad altri la sepoltura del padre, poiché Dio chiama e passa, e domani lui potrebbe non provare più il desiderio di oggi.

    Un altro ancora dice che anche lui vorrebbe seguirLo, ma prima desidera salutare parenti e amici, ma Gesù risponde che chi mette mano all’aratro e poi si volta indietro non è adatto per il Regno dei Cieli. Occorre che prima recida i lacci col mondo e solo dopo aver virilizzato sé stesso potrà seguirLo.



    179 La parabola del seminatore. A Corozim con il nuovo discepolo Elia.


    Gesù dice a Maria Valtorta che oggi la città di Tiberiade non è più sulla riva del lago, a causa dei depositi di terriccio provocati dai fiumi e dalle alluvioni.

    Pietro si lamenta con Gesù che non stanno mai in pace insieme - neanche in casa propria - e dimentica tutto quello che Lui dice. Gli altri apostoli sono d’accordo con lui, ma Gesù li rassicura: un giorno si meraviglieranno constatando, invece, di ricordare tutto.

    Aggiunge poi che alcuni sono preparati a ricevere il Cristo, altri, soprattutto quelli delle classi più elevate contrariamente a quanto si potrebbe pensare, invece, osteggiano Colui di cui i profeti e i patriarchi hanno atteso ansiosamente la venuta.

    Tutto questo avviene malgrado i miracoli sulla natura, sui corpi e sugli spiriti.

    Usa la parabola del buon seminatore per rendere meglio l’idea.

    Un agricoltore aveva seminato un sacchetto di buon seme sulla sua proprietà, ma dove il terreno era ben coltivato la resa era stata del cento per cento, o del sessanta o del trenta, dove c’erano le spine esso aveva reso poco; infine i semi caduti sulla strada erano stati mangiati tutti dagli uccelli.

    Agli apostoli spiega che il seme è la parola di Dio e il terreno è il cuore dell’uomo.

    Poi accompagna il nuovo discepolo Elia a visitare il sepolcro di suo padre e gli dice che lui è contento che il suo figlio ora sia col Maestro.



    180 Disputa nella cucina di Pietro a Betsaida. Spiegazione della parabola del seminatore. La notizia della seconda cattura del Battista.


    Si sta ancora dentro la casa di Pietro, dopo un lauto pasto.

    Pietro, in risposta a una domanda, afferma che gli uomini devono cercare di imitare Dio, di migliorarsi poiché sono decaduti da come erano stati fatti da Dio.

    Gesù precisa che anche lo stesso Adamo sarebbe potuto migliorare, pure prima del peccato originale.

    Poi dice che agli apostoli dà la spiegazione delle parabole poiché essi devono poterle spiegare agli altri, i quali sono in grado di vedere solo quello che la loro volontà di aderire a Dio illumina.

    Pietro, per un inseparabile connubio con lo Spirito eterno, potrà ammaestrare in modo infallibile in ciò che riguarda il Regno di Dio.

    Ciò vale anche per i suoi successori, se vivranno di Dio come di unico pane.

    La parabola del seminatore parla di campi che rappresentano il cuore dell’uomo mentre il seme è la Parola di Dio.

    Esistono quattro generi di campi: fertili, spinosi, sassosi, pieni di sentieri.

     - gli spiriti onesti, ossia di buona volontà, preparati da veri apostoli: paterni, misericordiosi, pazienti ma forti. Non sono tali quelli che con le loro intransigenze, le loro frette, i rimproveri e le minacce allontanano gli uomini per sempre da Dio e non sono veri apostoli neanche quelli che per un eccesso di benignità fanno marcire il seme in un terreno troppo molle.

     - I campi spinosi rappresentano quelli che per incuria lasciano crescere grovigli di interessi personali che soffocano il buon seme: occorre sorvegliarsi sempre poiché la lotta fra il bene e il male non finisce mai.

     - I campi pieni di sassi rappresentano i figli delle leggi create dagli uomini al posto della Legge di Dio.

     - I campi di sentieri rappresentano i mondani, gli egoisti per i quali il loro comodo e il loro godimento è la loro legge; le loro dissipazioni (gli uccelli) portano via il seme.

    Improvvisamente Giovanni torna piangendo perché il Battista è stato arrestato dagli erodiani che gli hanno teso un tranello, con l’aiuto di un discepolo traditore.



    181 La parabola del grano e del loglio.


    Gesù è in barca con i Suoi discepoli avviati verso Cafarnao, ma Pietro riconosce un possibile nemico e preferisce far scendere la comitiva e proseguire a piedi e andare lui in avanscoperta.

    Intanto il nuovo discepolo Elia si offre per ospitare Gesù e il resto della comitiva. Una donna vede il Maestro e Lo supplica di avere pietà di sua figlia malata, che rischia la morte.

    Gesù le chiede se lei crede veramente che Lui possa guarire sua figlia.

    Lei mostra di sì e Lui le assicura che la fanciulla guarirà. Poi dice loro di andare in pace raccomandando di essere buone e grate a Dio del beneficio ricevuto.

    Intanto si raduna la folla intorno a Gesù e Gli chiede di parlarle.

    A questo punto Lui, quantunque stanco, racconta la parabola del grano e del loglio.

    Un agricoltore piantò del seme buono nel suo campo, ma di notte un suo nemico fece gettare del loglio nel medesimo campo.

    Mesi dopo, i servi si accorsero che in mezzo al grano era cresciuto anche il loglio e chiesero al padrone se dovevano andare a sradicarlo.

    Il padrone rispose di no, perché si sarebbe corso il rischio di sradicare anche il grano buono e che si sarebbe fatta la separazione al momento della mietitura e allora il loglio sarebbe stato tolto e bruciato.

    Poi Gesù invita la folla a riflettere su quanto frequente e numerosa sia la semina del Nemico nei loro cuori e a comprendere come occorra vigilare con pazienza e costanza affinché sia il meno possibile il loglio mescolato al grano buono, che è il Vangelo, per essere degni del Regno di Dio.

    Dopo, spiega meglio ai Suoi la parabola. Il campo è il mondo e il buon seme sono i figli del regno di Dio mentre il loglio rappresenta i figli del Maligno con l’intento di dare pena al Padrone del mondo e di nuocere alle spighe di Dio.

    La mietitura è la fine del mondo quando gli angeli separeranno i buoni dai cattivi. I primi saranno portati nel Regno del Padre, mentre saranno bruciati nel fuoco eterno i dannati, operatori di scandali e di iniquità e i corrotti.

    Per i discepoli dà un’ulteriore spiegazione:

    essi sono come tanti campi, in cui chiunque può entrare a seminare il loglio (cioè la leggerezza amara dello spirito del mondo), le ortiche (lo spirito pungente e indomabile), le gramigne (i parassiti che sfiniscono il maestro sapendo solo succhiare e strisciare, nuocendo così ai volenterosi), i vilucchi inerti, le cuscute (tormento al Maestro e ai Suoi discepoli), i tossici (delinquenti traditori), le cicute e altre piante tossiche (che spengono la vita).

    I nemici sono Satana e i suoi servi: gli uomini, le passioni, il mondo e la carne. Chi non sta vicino al Maestro è il più soggetto ad essere percosso da loro.

    In altre parole l’oro, il potere, la donna, l’orgoglio, la paura di un cattivo giudizio degli uomini e lo spirito dell’utilitarismo.

    Il Maestro vede l’imperfezione del discepolo ma non lo estirpa subito perché sa che non servirebbe a niente, anzi lo avrebbe nemico prima, per la rabbia di essere stato scoperto o cacciato.

    Allora il santo si abbandona a Dio e dice: "Ciò che tu permetti si faccia, sia fatto purché serva al tuo fine".



    182 Discorso ad alcuni pastori con il piccolo orfano Zaccaria.


    Pietro, che è tornato dalla visita al centurione per chiedergli protezione, afferma che sono stati probabilmente i farisei Eli e Gioacchino gli artefici del complotto contro il Battista, fingendosi penitenti. Riferisce anche i consigli del ben disposto fariseo Simone di non seguire il Giordano nella valle occidentale.

    Gesù risponde che non occorreva.

    Intanto vanno verso un piccolo villaggio. Si imbattono nelle greggi e sono costretti a fermarsi, ma Gesù entra tra di esse per parlare a un bambino, al quale è morto il padre e ora è costretto a lavorare lui, perché la madre piange sempre e ha altri tre bimbi più giovani di lui, che non ha più nessuno che lo accarezzi.

    Gesù gli dice che ora il suo padre è nel grembo di Abramo e non ha cessato di amarlo e in Cielo c’è anche un Padre santo che lo ama sempre, se lui è buono.

    I pastori adulti si avvicinano e Gli dicono che vorrebbero sentirLo parlare.

    Il Maestro, allora, dice loro che come in cima ai monti parla il vento e a volte arriva il lupo a fare strage, così avviene nei cuori ad opera di Dio, dell’uomo e di Satana.

     - Perciò siano vigili, poiché Satana è astuto come il lupo che si mimetizza e approfitta dei momenti di distrazione dei pastori per azzannare le pecore.

     - Osservino la legge di Dio per essere santi e se cadono in peccato chiedano aiuto a Dio.

     - La loro solitudine è anche un bene poiché sono lontani dalla corruzione del mondo.

     - Si amino tra loro e amino quel bambino: ognuno si senta un poco padre di quell’orfanello, che è il prossimo a loro affidato in modo speciale, e non se ne approfittino, pensino che Dio li vede e tiene conto di tutto per premiare e per punire.

     - Anche il bambino a sua volta si ricordi di non essere mai solo e quando sente una tentazione al male, pensi: "No, non voglio essere orfano in eterno".



    183 La guarigione di un uomo ferito in casa di Maria di Magdala.


    Dopo il pranzo, Gesù con i Suoi riprende abbastanza presto il cammino per andare a Magdala. Pietro se ne sorprende poiché è una città malfamata, ma il Maestro gli risponde che Lui non è venuto per salvare i salvati ma i peccatori e che non si subiscono danni dal trattare con i peccatori finché non si vuole e per questo occorre forza e costanza che si acquistano dal Padre con la preghiera sincera e l’umiltà tenendo invece a bada l’orgoglio, che è la fessura attraverso la quale Satana penetra.

    Poi, per ammonire Giuda che ha detto qualcosa fra sé, Gesù afferma che è mormorazione e calunnia anche quella che si fa col proprio io.

    Inoltrandosi tra le case ricche si sente un coro di pianti. Il Maestro manda Matteo a chiedere che cosa è successo. Lui riferisce che c’è un uomo morente perché è stato accoltellato, il feritore è scappato e che la casa è di una donna che non è la moglie.

    Ma Gesù entra con i Suoi apostoli e una donna indicando Maria di Magdala mezza svestita la accusa di aver assatanato quell’uomo, facendogli dimenticare madre, moglie e figli.

    Gesù obietta, però, che anche lui era in peccato e merita castigo, ma aggiunge che Lui ha pietà della moglie e di quei bambini e chiede di portare quell’uomo a casa sua poco lontano.

    Arrivati ad essa, Gesù chiede alla madre se può perdonare, perché solo così Dio perdona e concede grazia.

    Poi comanda all’uomo ferito di alzarsi e guarire, e subito l’uomo si riprende.

    La madre ammonisce il figlio a tornare in sé, a non delirare per una…

    Ma Gesù la invita a usare la misericordia che le è stata usata e che ha consentito il miracolo. Invita tutti ad essere buoni e se ne va.

    Pietro passando davanti a Maria non si trattiene dal rivolgerle tra i denti un insulto, ma il Maestro lo invita a pregare per i peccatori, anziché a insultare.



    184 Il piccolo Beniamino di Magdala e due parabole sul Regno dei Cieli.


    Gesù va nella zona dei poveri di Magdala e chiede di potersi soffermare nell’orto di una modesta famiglia, in attesa che la calura si attenui. La donna di casa vorrebbe ascoltare Gesù che sta parlando, ma il suo figlioletto grida e lei finisce per dargli uno schiaffo. Allora il bambino grida più forte.

    Il Maestro racconta allora in parabola che, come bisogna dare tempo al seme affinché produca la spiga, così è necessario fare con l’animo umano.

    E bisogna usare i mezzi buoni; infatti Matteo lo conferma: gli anatemi e il disprezzo dei farisei lo inducevano a fare di peggio, mentre se si riceve una carezza, si resta sbalorditi, si piange e l’armatura del peccato crolla.

    Poi Gesù, raccogliendo l’affermazione di quel bambino, dice che veramente ciò che si ottiene con l’inganno si trasforma in paglia. L’amore, invece, è il seme della pianta che cresce fino al Cielo, anche se le sue opere non fanno rumore.

    Dio premia di più un egoismo vinto, una parola villana trattenuta e un’esigenza non imposta che l’uccidere il nemico in battaglia.

    Il Regno dei Cieli si costruisce con le piccole cose di ogni giorno: la bontà, la morigeratezza, la pazienza, il contentarsi di quello che si ha, il compatimento reciproco e l’amore.

    A volte si pretende troppo da chi ci sta vicino, perché egli è più buono di noi.



    185 La tempesta sedata. Un insegnamento nell’antefatto.


    Gesù sta dormendo sulla barca, mentre alcuni apostoli si preparano alla pesca. D’improvviso sbucano alcuni nuvoloni sospinti verso il lago da un forte vento e le onde stanno riempiendo la barca.

    Allora Pietro grida a Gesù di salvarli. Intanto una tromba d’acqua, alta e spaventosa si dirige verso di loro.

    I discepoli si gettano in ginocchio e si aggrappano come possono, pensando che sia la fine.

    Il Maestro si alza e ordina al vento e all’acqua di calmarsi e tutto cessa.

    Finita la visione, Gesù dice alla Valtorta che Lui sapeva che sarebbe venuta la tempesta, ma anche che gli uomini si credono sempre capaci di tutto e rifiutano consigli e aiuti.

    Lui, però, non è come gli uomini che sdegnosamente rispondono che faccia da sé a chi non ha accettato il loro consiglio. Lui non attende che la richiesta di aiuto per soccorrerci. Se Dio prevenisse il Male, l’uomo di illuderebbe di essere lui l’autore del bene e si dimenticherebbe di Dio.

    Le sventure servono a far persuaso l’uomo della propria insipienza e cattiveria e delle sue colpe.



    186 I due indemoniati della regione dei Geraseni.


    Gli apostoli passano vicino a un branco di grassi e sporchi maiali e storcono il naso, ma Gesù fa notare loro che i porci non hanno colpa, poiché sono nati così.

    Perciò, la loro carne è stata dichiarata immonda affinché l’uomo imparasse a preservare la sua dignità non facendo come i selvaggi e i pagani che mangiano di tutto e si nutrono in eccesso fomentando vizi e tendenze che avviliscono l’uomo.

    Inoltre, la carne di maiale porta a calori indegni dell’uomo, che invece dovrebbe perfezionare sé stesso tenendo presente la sua origine e il suo fine: Dio e il Cielo.

    Semmai sono da condannare gli esseri umani che scelgono di rendersi immondi col peccato.

    A questo punto sentono un rumore di pietre e terriccio che rotolano giù dalla montagna. Vi sono due indemoniati nudi. Uno di essi è tardo e piange buttato bocconi.

    L’altro, invece, corre verso Gesù, gli domanda che ci faccia Lui lì, se sia andato a rovinarlo prima del tempo e supplica di essere lasciato andare. Gesù gli risponde: "Sì, ma fuori di costui".

    Allora il demonio risponde che sono in realtà in tanti a possedere quell’uomo e chiede che sia almeno permesso loro di entrare in quel branco di porci.

    Gesù lo permette ed essi si abbattono sui porci che cominciano a emettere strida demoniache e si precipitano nel lago dove annegano tutti.

    Gli apostoli dicono a Gesù che ha reso un cattivo servizio ai guardiani di quegli animali, ma Lui risponde: "E’ meglio che periscano duemila porci anziché un solo uomo. Date a questi due uomini delle vesti e del cibo".

    I due indemoniati sono ora calmi e sembrano due persone uscite da un incubo.

    Uno di essi chiede di poter seguire Gesù, ma Lui gli risponde di restare lì per parlare delle grandi cose che Dio ha fatto per lui, poiché anche quella gente ha bisogno di credere.

    Gli abitanti del luogo, avvisati dai guardiani di ciò che è avvenuto, pregano Gesù di andare via, avendo essi già subito molti danni e non ne vogliono altri.


    N.d.A.: E’ di moda affermare tra gli intellettuali e certi "teologi" che il diavolo è solo una personificazione del male, ossia che egli in realtà non esiste.

    (Così hanno fatto Vito Mancuso, in una trasmissione di Augias parecchio tempo fa, e Alessandro Cecchi Paone in "La strada dei miracoli" andata in onda il 2 giugno 2015 su Rete4.)

    Qui si vede, chiaramente, che essi sono in errore. Infatti, finché il diavolo parlava con la bocca dell’indemoniato, si poteva pensare che era costui a parlare, ma tali "teologi" possono anche affermare che è stato l’indemoniato a far precipitare i porci nel lago?

    Essi sono, quindi, degli eretici e andrebbero scomunicati. Ciò non è un attentato alla libertà di espressione: quelli sono liberi di scrivere libri e intere enciclopedie e anche di fondare nuove chiese, secondo i loro gusti.

    Tuttavia, anche il papa ha il diritto di esprimere le proprie opinioni; anzi ne ha il dovere, poiché ha ricevuto il mandato di guidare al pascolo agnelli e pecore e, quindi, di mettere in guardia i fedeli dai lupi travestiti da agnelli, ossia dai falsi profeti e dai falsi teologi.

    Coerentemente, dovrebbe scomunicare anche chi accogliesse poi tali teologi in scuole che si qualificano cattoliche, soprattutto quelle che preparano i futuri sacerdoti o quegli editori “cattolici” che pubblicano i loro scritti.

    Infatti, uno di questi in una predica ha detto " un indemoniato, cioè un povero malato debole di mente", mostrando così che perfino nei seminari certi cosiddetti teologi - che meriterebbero di essere chiamati satanologi - seminano falsità nella mente dei futuri ministri di Dio.



    187 Verso Gerusalemme per la Pasqua. Da Tarichea al monte Tabor.


    Gesù manda via le barche e si inoltra a piedi nella campagna, beandosi ad osservare la natura e gli uccelli che costruiscono i loro nidi.

    Invece, la maggior parte degli apostoli mal sopporta di dover passare tra falaschi che si impigliano nei piedi o tra erbe che nascondono pozzanghere d’acqua.

    Alle loro lamentele Gesù risponde che Lui è afflitto e nauseato ed è passato lì per ristorarsi un poco tra le cose che non sanno odiare.

    Aggiunge che ha solo questo conforto nella vita: l’amore e fare la volontà di Dio, per questo intende andare tra persone che Lui ama e che lo amano, cioè dagli amici di Giona. E poi, se fosse andato da solo, Lui sarebbe passato per la via comune, ma si preoccupa per loro, che magari sono rissosi, astiosi, pronti a offendere chi Lo offende, ma non coraggiosi e che preghino il Signore di non essere messi alla prova.

    Giovanni afferma che guardare il mare gli permette di pensare a Dio e di sognare un mondo migliore, attraverso la conoscenza di Gesù, che renda puri ed eroici.



    188 A Endor. La spelonca della maga e l’incontro con Felice chiamato poi Giovanni.


    Gesù si reca con alcuni dei Suoi a Endor, un povero paese sulle montagne a cercare una maga.

    Gli fa da guida un ergastolano evaso che si è rifugiato lì per non essere rintracciato e ha l’animo pieno di odio verso tutti, anche verso Dio e ride di Gesù che gli dice di voler mettergli nel cuore l’amore; poi, però, si sente commuovere dal Suo sguardo e Gli domanda chi è Lui.

    Gesù risponde di essere il Messia e di essere venuto a portare l’amore e a trasformare il mondo da un inferno in un paradiso e che anche lui ha qualcosa di buono, visto che si dispiace del male causato al guardiano della prigione evadendo, ma ha una grande ferita aperta che nessuno gli cura e così la bontà non può crescere in lui.

    Intanto arrivano all’antro della maga. Gesù ringrazia l’evaso e gli raccomanda di essere buono.

    Entrano nella grotta e vi trovano pipistrelli, animali morti ed altro e un gran puzzo e allora escono fuori.

    A questo punto Giuda di Keriot domanda a Gesù se il re Saul peccò andando dalla maga.

    Gesù gli risponde che quello non fu l’unico peccato di Saul: molti altri ne fece, di ingratitudine verso il profeta Samuele e verso Davide, che lo aveva liberato più volte, e di scandalo verso il popolo.

    Aggiunge che non si deve cercare di sapere l’occulto affinché non si aprano le fonti della malizia, come ad Adamo ed Eva;

    che si deve piuttosto ubbidire alla voce del Signore;

    e che si deve stupire il prossimo con la santità, non con prodigi oscuri operati per mezzo della negromanzia, fosse pure per attrarre le folle, come vorrebbe fare l’Iscariota.

    Scendendo a valle, ritrovano l’evaso Felice che attende Gesù e chiede un nuovo nome, per dimenticare il passato, e di poterLo seguire.

    Gesù lo chiama Giovanni poiché lui è la grazia fatta dal Signore e lo accoglie tra i discepoli.

    A tutti i presenti poi ordina di non dire nulla a chicchessia del passato di Giovanni, altrimenti saranno cacciati.

    Spiega che questi ex - peccatori hanno la capacità di capire i poveri cuori. Matteo aggiunge che essi, che hanno peccato, sanno evitare il male e insegnare a evitarlo.

    Intanto l’evaso è andato avanti per prendere le sue cose e seguire Gesù. Lascia la sua casa a un vecchio vicino autorizzandolo a farne quello che vuole e lo invita a prendersi cura dei suoi polli.

    Pietro si fa dare dall’evaso la pesante sacca con i libri e gli dà in cambio la propria che è leggera, perché il Maestro ha insegnato loro ad amarsi come fratelli.



    189 A Naim. Resurrezione del figlio di una vedova.


    Gesù sta andando verso Naim e a distanza si vede un corteo funebre. Gli apostoli intuiscono che il morto è un giovane e cominciano a domandarsi cosa farebbe la loro madre se fosse toccata a loro quella triste sorte.

    Allora si avvicinano.

    La madre spiega che quello era il suo unico figlio e lei è una vedova. Ora domanda perché doveva morire suo figlio, anziché lei.

    Gesù le dice di non piangere, chiede ai portatori di fermarsi e ordina al morto di alzarsi. Il giovane si leva a sedere e chiama la mamma.

    La madre bacia la veste di Gesù. La folla comincia a osannarLo e Lo invita a trattenersi da loro, ma Lui promette che tornerà per più giorni, però ora deve andare poiché altri infelici Lo attendono.



    190 L’arrivo nella piana di Esdrelon al tramonto del venerdì.


    Gesù va a trovare i dipendenti di Giocana uno dei quali Gli riferisce che i terreni di Doras ora sono in condizioni pietose, poiché si sta seccando tutto, mentre i campi del suo padrone adesso sono i più belli della zona.

    Aggiunge che Giocana, per paura, quest’anno permette loro di andare a Gerusalemme e non proibisce più a loro di parlare col Maestro e che nella pianura lavorano altri che vorrebbero ascoltare la Sua parola ma non possono; e Gesù promette che andrà Lui da loro.

    A sua volta, un contadino di Doras spiega che quei campi sono rovinati da talpe, cavallette e vermi, ma prega Gesù di andare via per non causare loro del male poiché il sorvegliante è fedele al figlio di Doras.

    Un altro contadino riferisce che Lo raggiungeranno domani, quando il sorvegliante andrà a Jezrael per la preghiera.



    191 Il sabato a Esdrelon. Il piccolo Jabé e la parabola del ricco Epulone.


    Gesù trova una famiglia a un ragazzo rimasto solo. L’avrebbe voluto lo stesso Simon Pietro, ma Gesù vuole che egli resti libero da impegni con un figlio adottivo, per adempiere al meglio la missione preparata per lui.

    Poi racconta la parabola del ricco Epulone, il quale era considerato potente, era ammirato e adulato da molti, dava ogni giorno ricchi banchetti a beneficio dei ricchi e scacciava via il povero Lazzaro che avrebbe voluto nutrirsi con gli avanzi di quei banchetti.

    Provvedevano invece i cani del ricco, muniti di preziosi collari, a portargli del cibo. Poi il mendicante, dopo una vita di santità e senza odio, morì e la sua anima fu portata in Cielo, presso Abramo.

    Il ricco epulone ne fu contento perché così non vedeva più quell’"obbrobrio" alle porte del suo palazzo e soprattutto perché si sentiva rimproverato dalla sua coscienza alla vista di Lazzaro.

    Morì pure il ricco epulone e andò all’inferno, mentre il popolo gli rendeva solenni esequie e lo dichiarava un benefattore.

    Da lì, il ricco vide Abramo e gli chiese di mandare Lazzaro a intingere il suo dito nell’acqua e a posarla sulla sua lingua per rinfrescarla.

    Abramo, però, gli rispose: "Ricordati che tu avesti tutti i beni in vita, mentre Lazzaro ebbe tutti i mali. E lui seppe del male fare un bene, mentre tu non sapesti dei tuoi beni fare nulla che male non fosse.

    Perciò è giusto che ora lui qui sia consolato e che tu soffra. Inoltre non è più possibile farlo. I santi sono sparsi sulla terra ma quando nonostante ogni vicinanza, l’uomo resta quello che è - nel tuo caso, un demonio - è inutile poi ricorrere ai santi.

    Fummo insieme sulla Terra e ci cacciaste, ci tormentaste in tutti i modi, contro l’amore. Ora siamo divisi. Tra noi e voi c’è un abisso invalicabile".

    L’epulone, piangendo più forte, gridò: “Almeno manda Lazzaro a casa di mio padre, poiché ho cinque fratelli e non voglio che soffrano le mie pene. Ho terrore per loro che conducono la mia stessa vita."

    Abramo rispose: “Hanno Mosè e i profeti e se non ascoltano quelli, non ascolterebbero neanche uno che risuscitasse dai morti.”

    Poi Gesù accennando ai campi rovinati di Doras - il quale trattava molto male i suoi lavoratori - dice che la Giustizia divina, anche se pare assente è sempre vigile e si serve anche dei bruchi e delle formiche per mordere il cuore dell’individuo crudele.



    192 Una predizione a Giacomo d’Alfeo. L’arrivo ad Engannim dopo una sosta a Mageddo.


    Gesù fa pensare a Giacomo che un giorno sarà lui a dover tentare di convertire gli Ebrei, come una volta toccò al profeta Elia.

    Poi domanda al bambino Jabé se è stanco. Pietro risponde che non c’è dubbio, visto che va peregrinando con loro da un mese e, perciò, si incarica di prenderlo sulle proprie spalle.

    Più avanti provvede a lavargli i piedi e a difenderlo dalla commiserazione di alcuni figli di ricchi farisei, dicendo loro che sono cattivi e che la cerimonia della maggiore età e la veste non valgono niente se il cuore non è buono.

    In seguito arriva Pubblio Quintiliano il quale dice di stare andando anche lui a Gerusalemme per rinforzare la guardia per la Pasqua per proteggere le spalle del "sozzo Antipa" poiché vi è molto malcontento dopo l’arresto del Battista. Inoltre si incarica di trasportare sul suo cavallo il piccolo Jabé.



    193 L’arrivo a Sichem dopo due giorni di cammino.


    C’è stato un acquazzone e l’aria è più fresca. Camminano più in fretta e riposati, anche Jabé che ora può calzare delle scarpe nuove comprate per lui da Pietro, al posto di quelle rotte. Poi è Giuda Taddeo a portare sulle sue spalle Jabé quando occorre attraversare una zona paludosa.

    Oltrepassano Samaria e raggiungono Sichem. Il gruppo viene raggiunto dalla carovana del console che trasporta molte cose.

    Gesù suggerisce di passare lungo il Giordano per evitare al bambino la tristezza di rivedere la sua città, ma Pietro obietta che così facendo si allungherebbe molto e che penseranno loro a distrarre il bambino e il Maestro acconsente.

    Infine, Lui avverte che dopo la Pasqua dovranno affidare a qualcun altro Jabé poiché alla sua età mal sopporta le fatiche alle quali si devono sottoporre loro stessi.

    Poi, Pietro è mandato a cercare un rifugio per la notte, e quando torna ammette di non aver trovato che una tettoia con del fieno. Gesù gli risponde che è fin troppo bella per il Figlio dell’uomo.



    194 La rivelazione al piccolo Jabé durante il cammino da Sichem a Berot.


    Giovanni di Endor parla a Jabé di luoghi in cui sono coltivate uve dolcissime usate per fare dolci più buoni di quelli al miele.

    Gesù chiama Jabé e gli mostra la Casa del Signore, dove dovrà un giorno giurare di obbedire alla Legge e gli domanda se la conosce bene.

    Il bambino risponde che la mamma gliene parlava e gli insegnava i precetti e che lui sa che la scala di Giacobbe è quella in cui bisogna salire per andare in Cielo. Poi piange.

    Gesù gli dice che non deve piangere, poiché Lui lo consegnerà a Sua Madre che gli vorrà tanto bene e gli insegnerà tante cose, affinché possa diventare un giorno un Suo santo discepolo e andare in Cielo, dove ritroverà i suoi genitori e Lui stesso, che otterrà dal Padre che sia riaperto il Cielo, adesso chiuso a causa del gran peccato di Adamo.

    Ora devono arrivare a Gerusalemme entro la sera di domani, poiché il giorno dopo è Parasceve e si possono percorrere solo sei stadi, essendo giorno di riposo, che deve essere dedicato a pregare il Signore e a riposarsi. Infatti, Dio ha detto a Mosè, dandogli le tavole della Legge, di santificare la festa, di riposarsi e di far riposare.



    195 Una lezione di Giovanni di Endor all’Iscariota e l’arrivo a Gerusalemme.


    Giuda iscariota si spazientisce al vedere Pietro che sguazza nelle pozzanghere, poiché lui vorrebbe andare perfettamente in ordine a Gerusalemme dove ha conoscenti importanti.

    Giovanni di Endor gli risponde che non si dovrebbero lamentare di due gocce di acqua quando essi non rispettano il prossimo in cose molto più gravi.

    Inoltre, si giustifica di parlare perché ha già perso un occhio, ha il cuore malato da molti anni, la vita spezzata dalle miniere e, perciò, non vorrebbe isterilirsi anche la mente.

    Gesù lo approva e dice a Giuda che occorre anche la pioggia, per i contadini. Bisogna, perciò, chiederla con la preghiera, anche questa è carità.

    Grazie al sole la strada si asciuga, il gruppo si lava i piedi e si accinge a entrare in Gerusalemme.

    La folla si riunisce in gruppi separati di donne e di uomini, con i bambini che stanno chi in uno di essi, chi nell’altro. Si intonano gli inni di Davide. Anche Gesù e Jabé cantano.



    196 Il sabato al Getsemani. Gesù parla della Madre e degli amori di diverse potenze.


    Gesù e i Suoi seguaci dedicano una buona parte della mattina del sabato a riposarsi, lavarsi e lavare i vestiti; poi indossano indumenti puliti.

    Pietro si accorge che Jabé non ha che un vestito lacero da indossare e si ripromette di comprargliene uno nuovo. Il Maestro gli consiglia di farsi accompagnare da Sua Madre, poiché le donne sono più accorte negli acquisti.

    Gli apostoli esprimono il loro pensiero su ciò che Maria Vergine dirà di quel bambino. Gesù afferma che dirà tutto ciò che essi pensano, ma nel suo cuore. Con le labbra dirà solo: "Che tu sia benedetto" e lo curerà come un uccellino caduto dal nido.

    Poi dice che Sua Madre raccontava che già all’età di tre anni lei desiderava di essere vergine per piacere di più a Dio e di essere peccatrice per poter essere salvata. Il padre le rispose che lei era stata già salvata in anticipo e perciò doveva benedire Dio due volte. Le consegnò un uccellino di nido che lui aveva salvato dall’annegamento e che poi non abbandonò più l’orto della loro casa, consolando, con i suoi cinguettii, Anna e Gioacchino della lontananza della figlia finché Anna morì.

    Poi Gesù spiega agli apostoli che l’amore di prima potenza è quello verso Dio, necessario affinché l’uomo meriti di essere parte del Tutto e di entrare a far parte della Gerusalemme celeste che non conoscerà profanazioni e distruzioni in eterno.

    Poi c’è l’amore di seconda potenza che è quello paterno e materno, poiché i genitori, sanamente e santamente tali, danno cibo e carezze non solo al corpo ma anche alla mente e allo spirito della loro creatura.

    In seguito, c’è l’amore di terza potenza, quello che si dà alla propria compagna.

    Dio aveva dato alla prima coppia umana l’ordine di crescere e moltiplicarsi, senza malizia e fame di senso, ma con un amore secondo natura di figli di Dio cioè soprannaturale: prima della colpa originale tutto era regolato sull’amore.

    L’uomo amava la sposa anche con un sentimento paterno e la donna amava l’uomo anche con un sentimento di figlia.

    Se non ci fossero stati questi tre amori non avrebbe potuto esserci neanche l’amore del prossimo. D’altra parte, se non si ama Dio che è buono, come si può amare il prossimo che spesso è difettoso?

    Poi vengono l’amore del prossimo, l’amore alla scienza e l’amore al lavoro. Non ci sono altri amori, essi sono piuttosto delle fami, poiché sono negazioni e la negazione è odio.

    Su sollecitazione degli apostoli, poi Gesù racconta che Sua Madre da bambina era bellissima e, le rare volte che usciva, tutti volevano baciarla o prenderla in grembo, ma lei una volta disse loro: "Ve ne prego, non mi sgualcite" e dovette spiegare che non si riferiva ai suoi vestiti, ma al suo corpo come tempio dell’anima, di cui è sacerdote lo Spirito di Dio.

    Il padre Gioacchino l’aveva inconsapevolmente e profeticamente definita "La senza Macchia".

    Alfeo, che aveva cinque anni di più, a sua volta le aveva chiesto se voleva essere sua sposa da grande, ma lei gli aveva risposto che lo amava tanto, però, lei vedeva l’anima dei viventi, ma considerava solo Dio come vero Vivente a cui dare tutta sé stessa.



    197 Nel Tempio con Giuseppe d’Arimatea. L’ora dell’incenso.


    Mentre stanno per entrare nel Tempio, Gesù domanda a Giovanni di Endor se vi è mai stato. Lui risponde che vi fu portato quando nacque, perché era il primogenito da offrire al Signore, ma sua madre morì a causa della malattia che si era procurata andando troppo presto al Tempio.

    In seguito vi andò di nuovo a dodici anni e ora si sente indegno di entrare nel Tempio, ma Gesù lo invita a dimenticare il suo triste passato e gli assicura che è stato perdonato da Dio e gli è stata concessa la grazia di divenire Suo apostolo.

    Aggiunge che nel Tempio dimorano molte persone che sono molto meno degne di lui di accostarsi all’altare.

    Poi si incontrano con Giuseppe di Arimatea, e Pietro chiede a lui, giudeo, di accompagnare il bambino da quelli del Tempio per timore che si comportino crudelmente. Giuseppe accetta.

    Infine Gesù afferma che l’ora dell’incenso del mattino è importante per benedire il Signore per esserne benedetto per tutto il giorno, ma l’ora dell’incenso della sera è ancora più importante, perché la notte l’uomo, non essendo impegnato nel lavoro, è più soggetto a essere circuito dal demonio. Il sacerdote che offre l’incenso lo fa per tutti noi, prega per il popolo e Dio gli affida la benedizione per il popolo.



    198 L’incontro con la Madre a Betania. Jabé cambia il suo nome in Marjziam.


    Gesù sta andando verso Betania e vedendo la Madre, lascia Jabé e si affretta a raggiungerla per salutarla e baciarla. Il bambino vedendo quella scena scoppia a piangere. Parecchi gli domandano perché piange, ma Maria accorre a prenderlo in braccio e a presentarlo come il suo figliolino, avendo saputo che è un orfano che Gesù ha preso con Lui, come ha fatto pure con Giovanni di Endor, altro Suo nuovo discepolo.

    Lazzaro vorrebbe adottare Jabé ma Gesù non vuole che cresca in mezzo al fasto.

    Qualcuno esprime sorpresa al sentire che quel piccolo ha dodici anni, ma Pietro fa presente che ha sofferto molto la fame, perché è rimasto solo a causa di una frana che ha distrutto tutta la sua famiglia e ha avuto solo le cure di un vecchio che era nella miseria anche lui.

     Poi Jabé chiede che gli sia assegnato un nuovo nome e Maria propone di chiamarlo Marjziam, perché ricordi il nome suo e al tempo stesso significhi Salvezza.

    Marta, a sua volta gli procura una veste nuova, che era stata di Lazzaro.

    Finita la cena, Gesù e la Madre possono parlare in disparte e lei Gli riferisce del pentimento di Aglae, di quanto ha già dovuto soffrire e che giungerà da loro con Susanna prima di Pasqua.



    199 Dai lebbrosi di Siloan e di Ben Hinnom. Pietro ottiene Marjziam per mezzo di Maria.


    La mattina dopo, il barbiere di Lazzaro aggiusta i capelli a Marjziam e Maria lo riveste con gli indumenti aggiustati per lui durante la notte.

    Maria d’Alfeo, però, dice che il nome è troppo complicato e che lei chiamerà Marziam quel bambino.

    Gesù lascia liberi i Suoi discepoli, ma gran parte di loro vuole andare con Lui che intende recarsi dai lebbrosi con Simone Zelote.

    Costui dice che, salvo cinque, non stanno nemmeno in piedi e generalmente non si distinguono nemmeno gli uomini dalle donne per quanto sono scheletrici e mal ridotti.

    Essi, vedendo il Maestro, gridano: "Gesù, Salvatore nostro, pietà di noi!" e Gli chiedono di essere salvati quantomeno dal peccato e, se vuole, anche dalla malattia.

    Gesù risponde "Dal peccato salva la volontà e il pentimento. Quale scegliete tra le due cose?"

    Qualcuno risponde: “Il perdono di Dio, per essere meno desolati".

    Gesù dice loro: “Siate esauditi. Lo voglio".

    I lebbrosi restano incerti, ma gli apostoli vedendo la lebbra sparire rapidamente, esultano e anche i lebbrosi guariti si abbracciano tra loro e gettano baci a Gesù, che dice loro di andare a mostrarsi al sacerdote, mentre promette cibo per la sera a quelli che sono ancora malati. Inoltre invita i lebbrosi guariti a non sorprendersi se gli altri sono ancora dubbiosi, poiché la fede non si impone, si predica con pace, dolcezza, pazienza e costanza: è questo che essi devono fare dopo la purificazione, come fece Simone con loro.

    Poi si avvia verso un altro campo in cui sono altri lebbrosi. Uno di loro è Giovanni, un sacerdote del Tempio, che parla in favore di tutti loro, chiedendo pietà per colpevoli e innocenti.

    Gesù invoca e ottiene la guarigione per loro.

    Allora Giovanni afferma che vuole seguirLo e chiede cosa deve fare e Gesù lo incarica di predicare il Suo nome in quella terra desolata.

    In seguito il Maestro si reca brevemente a salutare la famiglia di Annalia, presso la quale trova Pietro e Maria. Mentre questi si allontanano con Marjziam, Gesù sorride pensando che lascerà la Sua nuova Chiesa in buone mani come lo è quel bambino in quel momento.

    Sua Madre, poi Lo convince - almeno per quando stanno in Betsaida - a lasciare Marjziam a Pietro, visto che non ha figli, affinché possa imparare come essere padre per tutti gli uomini, cosa difficile senza avere dei bambini e che i bambini hanno bisogno delle donne.

    Allora il Maestro, chiama Pietro e dopo averlo scherzosamente chiamato corruttore, gli assicura che potrà tenere con sé Marjziam, a patto che ciò gli sia di aiuto e non di ostacolo.



    200 Aglae a colloquio con il Salvatore.


    Maria comunica che Susanna è arrivata con Aglae. Gesù si augura che gli apostoli non tornino prima che Aglae sia andata via e raccomanda che nessuno entri, specialmente Giuda.

    Aglae viene trascinata dentro quasi a forza, non più velata ma vestita come una donna ebrea e piange.

    Gesù la rassicura che Dio precede l’uomo nell’amore e il suo amore è più solerte e acceso di quello della creatura. Non pretenda di comprenderlo con la sua intelligenza.

    Aggiunge che ciò che lei deve fare ora è di andare in luogo deserto, dove la porterà il suo spirito e che sarà la sua anima risorta a parlarle di Dio per ora, e che Lui le darà la redenzione morendo per tutti i peccatori; al momento giusto sarà raggiunta da un Suo apostolo che è stato anche lui un peccatore, ora redento.

    A questo punto Aglae lascia in dono per i poveri gli ultimi suoi gioielli e sparge in terra un profumo augurandosi di odorare come esso in Cielo.

    Giuda poi sentendo l’odore del profumo e saputo che veniva da una donna redenta lamenta che si sarebbe potuto venderlo per darne il ricavato ai poveri, ma Gesù gli risponde che si tratta di una manifestazione della gioia di una donna redenta e che la gratitudine è una grande virtù, che lei è venuta al suo Re molto prima di altri sui quali è stato effuso molto più amore che non su di lei.



    201 L’esame della maggiore età di Marjziam.


    La comitiva degli apostoli si riunisce dentro la città, ma Giuda non c’è. Dopo averlo atteso inutilmente, si decide di condurre Marjziam all’esame. Gesù afferma che attenderà fuori in preghiera, perché è meglio fare così.

    Gli esaminatori cominciano subito a fare obiezioni, ma Giuseppe d’Arimatea ribatte che lui si fa mallevadore di Pietro e chiede di esaminare sollecitamente il bambino, poiché ve ne sono parecchi in attesa fuori.

    Il ragazzino mostra di conoscere i comandamenti e i precetti e perciò si passa alla sinagoga, dove è assoggettato al taglio dei capelli e ad altre formalità e tutto finisce. Poi Giuseppe offre un pranzo a Pietro e a tutti gli altri.



    202 Un rimprovero a Giuda iscariota e l’arrivo dei contadini di Giocana.


    Gesù domanda a Giuda perché non si è fatto vedere il giorno prima, alla cerimonia per Marjziam maggiorenne, offendendo così tutti loro.

    Aggiunge che quand’anche avesse avuto un imprevisto impegno avrebbe almeno dovuto avvisarli ed essere quanto meno signorile come sanno essere i farisei, pur essendo Suoi avversari. I suoi confratelli, hanno infatti, lasciato parenti, ricchezze, peccato pur di essere con Lui

    E soprattutto avrebbe dovuto farlo per Pietro che Lui vuole sia rispettato da tutti.

    Poi raccomanda a Tommaso di non riferirlo a Pietro, a Giovanni di Endor e a Marjziam e soprattutto alle donne affinché non ne soffra Sua Madre.



    203 La preghiera del "Padre nostro".


    Padre, madre sono le prime parole che i bambini pronunciano. E’ il Padre dell’Incarnato, ma così voglio che lo chiamiate perché voi siete uniti con Me. Questa parola è già una grande preghiera.

    Sia santificato il tuo Nome: è il nome più soave che il terrore del colpevole vi ha insegnato a velare sotto il nome di Adonai.

    E’ il Dio che in un eccesso di amore ha creato l’umanità.

    Venga il tuo Regno: sarebbe la gioia di tutta la terra se venisse, nei cuori, nelle famiglie, fra i cittadini, fra le nazioni. Sacrificatevi per questo Regno. Un giorno verrà. E poi sarà il Regno perfetto, eterno e beato del Cielo.

    E in terra sia fatta la tua Volontà come in Cielo.

    L’annullamento della volontà propria in quella di Dio si potrà fare solo quando sarà avvenuto il pieno possesso delle virtù teologali in forma eroica, senza difetti.

    Dacci oggi il nostro pane quotidiano. In Cielo la beatitudine sarà il vostro cibo, ma in questo mondo avete ancora bisogno di pane. Non abbiate timore di non essere ascoltati, poiché anche un amico poco buono ve lo darebbe per non essere più importunato ma Dio è un amico perfetto. Chiedete dunque il vostro pane con amore umile e filiale al Padre.

    Rimetti a noi i nostri debiti. Vi sono i debiti materiali - che sono la moneta e la merce avuta in prestito e che va restituita - i debiti morali che sono la stima carpita non resa, l’amore voluto e non dato, l’ubbidienza dovuta e l’amore verso di Lui.

    Abbiamo debiti con tutti, dall’amico al prossimo, al servo e allo schiavo.

    Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno: pregate con umiltà perché Dio impedisca le tentazioni e affinché sostenga la vostra debolezza tenendovi tanto vicino a Lui.



    204 La fede e l’anima spiegate ai pagani con la parabola dei templi.


    Gesù sta riposando in un campo di lino. Sua Madre Lo fa chiamare poiché da vari giorni alcuni Romani Lo stanno aspettando su un terreno di Lazzaro, ma lei si mostra preoccupata sia per Lui che per Lazzaro che è già odiato dai farisei.

    Gesù però la rassicura, poiché i romani stimano e proteggono Lazzaro e stimano i profeti pur chiamandoli filosofi.

    Plautina domanda come si fa ad acquistare una vera fede.

    Il Maestro, allora, parla dei Templi romani che sono costruiti in luogo possibilmente elevato e spazioso e sono chiusi in una cinta sacra dentro la quale sono alberi sacri agli dei, e più dentro ancora il luogo del sacrificio che si fa prima della preghiera. Lo stesso occorre fare per costruire la virtù della fede.

    I Romani si stupiscono che Lui conosca tutte queste cose su Roma e sulla Grecia nonostante non sia mai uscito dalla Palestina. Lui lo spiega col fatto che Lui è col Creatore Altissimo e conosce tutto il pensiero umano ed è dovunque c’è vita e manifestazione di vita.

    Aggiunge poi che:

     - il corpo dell’uomo viene dal connubio tra il padre e la madre, mentre l’anima è creata da Dio e sente la nostalgia di esso e di riunirsi a Lui.

     - come c’è bisogno di fare spazio, libertà intorno al Tempio e di elevazione intorno ad esso, così occorre fare per l’anima e per la fede - la quale non è una divinità ma una virtù, poiché vi è un unico Dio.

    Occorre saper difendere l’anima, regina del corpo, togliendo angoli, macchie, vene di debolezza dal marmo del nostro io affinché sia perfetto intorno all’anima e, al tempo stesso, essere misericordioso rifugio per gli infelici che non conoscono ciò che è la Carità, fare sacrificio della carnalità e acquistare ogni sorta di virtù: penitenza, pazienza, costanza o umiltà, purezza e giustizia o sapienza, generosità, misericordia o, meglio ancora, fede, speranza e carità.



    205 La parabola del figlio prodigo.


    Giovanni di Endor dice di non avere più odio ma vorrebbe essere sicuro del perdono di Dio: “se sapessi come vedo la mia anima e penso a Dio…” Gesù gli risponde: “Lo so, però resta nell’umiltà ma non ti avvilire. L’avvilimento per le proprie colpe è ancora superbia.”

    Poi racconta alla presenza anche di altri la parabola del figlio prodigo.

    Un padre aveva due figli. Il maggiore ubbidiva al padre; invece il secondo era più intelligente, ma anche ribelle. Un giorno chiese al padre di dargli la sua parte di eredità per andarsene e non sentire più rimproveri. Il padre gli rispose che si sarebbe rovinato e che lui non avrebbe tolto un centesimo al fratello per darlo a lui. Il figlio assicurò che non avrebbe mai chiesto altro e se ne andò.

    Dissipò presto la sua parte di eredità con feste e dissolutezze. Inoltre in quel paese venne anche una grande carestia e quel giovane dovette mettersi al servizio di un signore del luogo che lo mandò a pascolare i porci. Non potendo neanche saziarsi con le ghiande, si pentì di essersene andato dalla casa di suo padre, che trattava umanamente i suoi servi.

    S’incamminò allora per tornare alla casa paterna, pronto a chiedere di essere trattato come un servo.

    Vistolo da lontano, il padre gli corse incontro e lo abbracciò, ma il figlio disse fra i singhiozzi: "Padre, lascia che io mi getti ai tuoi piedi". "No, figlio mio, non ai piedi ma sul mio cuore che ha tanto sofferto in tua assenza."

    Poi ordinò ai suoi servi di uccidere il vitello grasso per festeggiare il ritorno del figlio.

    Tornando a casa, il fratello maggiore domandò cosa stesse accadendo e si arrabbiò col padre che non aveva mai dato a lui - sempre fedele e ubbidiente - neanche un capretto per stare in allegria con i suoi amici.

    Ma il padre gli rispose che bisognava pur essere felici che il fratello fosse tornato. Così, terminava Gesù, succede nella casa del Padre; perciò chi è senza colpa prenda parte alla gioia paterna e dia amore al fratello redento.



    206 Con due parabole sul regno dei Cieli termina la sosta a Betania.


    Gesù racconta alla folla la parabola delle vergini savie e delle vergini stolte. Queste ultime non avevano portato con loro un poco d’olio di riserva per l’eventualità che gli sposi tardassero ad arrivare. E proprio questo successe. Allora dovettero andare a comprare altro olio, ma intanto gli sposi entrarono e chiusero la porta e quando arrivarono le vergini stolte, si rifiutarono di lasciarle entrare.

    Nello sposo è raffigurato Dio, nella sposa l’anima di una persona santa e giusta. Le ancelle vergini sono i fedeli che sull’esempio della sposa sono invitate a santificarsi anche loro per ricevere anch’esse il medesimo onore.

    Esse devono mantenere la veste bianca, netta e fresca:

    Bianca: si mantiene praticando fermamente la giustizia, senza cercare di ricavarne gloria dal mondo.

    Netta: per mezzo dell’umiltà che lascia vedere gli offuscamenti del cuore e ricorrere a Dio per chiedergli di mondarli.

    Fresca: l’anima deve intessere quotidianamente la sua ghirlanda di atti virtuosi per non presentarsi a Dio con fiori appassiti. I giusti hanno la veste fresca per dono di Dio e volontà propria, i santi l’hanno per dono di Dio e volontà propria portata fino all’eroismo. Ma anche i peccatori possono riaverla guardandosi con ribrezzo, decidendo di cambiare vita e lavandosi con la penitenza, con una volontà portata al super-eroismo poiché dovranno ricostruire ciò che hanno distrutto. Ciò, però, li renderà maestri ad altri peccatori.

    La vita di ogni giorno con le sue delusioni e tentazioni tende a sminuire la fede. Bisogna, invece, ogni giorno rinforzarla affinché si possa resistere alle tentazioni.

    A questo punto è inserito un tratto del Poema, III, 68.

    In esso, Gesù afferma che agli infelici - quali sono i galeotti - basta sapere poco per far lavorare la volontà ed essere ammessi nel Regno, poiché la loro vita è penitenza e santità e non può essere loro imposto altro.

    Al contrario, a coloro che si trovano in condizioni assai migliori occorre un trattamento più forte, poiché avendo avuto molto, a loro sarà richiesto molto di più.

    E racconta la parabola nella quale il re manda i suoi servi a invitare i suoi sudditi al convito che sarà dato per le nozze di suo figlio.

    I sudditi, però, risposero che avevano altro da fare o promisero di accettare ma poi non mantennero la promessa, altri addirittura uccisero i servi più insistenti. Allora il re sdegnato mandò le sue truppe per distruggere quegli assassini e quelli che avevano rifiutato l’invito.

    Inoltre, decise che nessuno di tali invitati avrebbe partecipato al convito e mandò i suoi servi sulle piazze e nelle strade a invitare tutti quelli che incontravano, offrendo loro anche le vesti per apparire degni di entrare nella sala nuziale, che in tal modo fu piena.

    Uscito a vedere i commensali, il re ne vide uno che era senza la veste nuziale e diede ordine che fosse legato e gettato fuori nelle tenebre e nel gelo.

    Il Maestro conclude affermando che saranno quasi solo coloro che non hanno avuto nulla, ad amare Dio con tutte le loro forze, e nel Regno dei Cieli molti seggi saranno occupati da loro, mentre le sollecitudini del mondo, le avarizie, le sensualità e le crudeltà attireranno l’ira del re; e che pure tra coloro che accolgono la chiamata di Dio vi sono i puniti, poiché essi preferiscono i connubi con la politica sozza, col più sozzo denaro e con il sozzissimo senso.



    207 Alla grotta di Betlemme la Madre rievoca la nascita di Gesù.


    Tutti sono felici di andare alla grotta di Betlemme per vedere il luogo in cui Gesù nacque e non era ancora conosciuto ma nemmeno odiato come ora. E desiderano sentire raccontare quei fatti da Maria.

    Lei dice che era una giornata con vento gelido ed era anche piovuto. Spesso lei si astraeva pensando che i Cieli si abbassassero su di lei e la Divinità gioisse del prossimo natale. Le case erano pigiate di farisei, sadducei, erodiani, scribi ed esseni che non vollero ospitarLi e ora sono ottusi, come allora furono duri di cuore.

    Arrivarono alla grotta e Giuseppe asciugò del fieno al calore di una fiamma per farci un letto per lei e per il bambino. Mangiarono pane e formaggio. Poi Giuseppe si addormentò e nacque Gesù. Risvegliato, Giuseppe asciugava fieno alla fiamma e lo metteva caldo sul petto del bambino e poi entrambi stettero lì ad adorarLo. In seguito arrivarono i pastori ad adorare e a portare il loro odore di umanità, di greggi, di fieni. E fuori i canti degli angeli.

    Gesù poi fa venire Pietro accanto a Lui e alla Madre e gli dice che quando Lui sarà tornato in Cielo, loro due - l’amore e il potere - dovranno restare più uniti che mai. Pietro si sente annichilito ma Maria gli promette di non abbandonarlo mai e di portarlo per mano - come fece col bambino Gesù finché non fu capace di camminare da solo - e in seguito con la preghiera.

    Giuda domanda perché la redenzione non fosse avvenuta senza l’avvilimento di far nascere Gesù come tutti gli altri uomini, quando poteva arrivare nel mondo già adulto.

    Il Maestro risponde che in futuro molti faranno l’errore di Giuda di attribuire a Lui un corpo fluido come un giuoco di luce, per cui sarebbe e non sarebbe una carne e la maternità della Madre non sarebbe una maternità e Lui non patì né morì nella sua vita terrena, o magari si negherà la sua incarnazione reale o la sua vera divinità. Invece, soggiunge che la Sua nascita e la Sua carne furono vere. E lo stesso fu per la Sua divinità.



    208 Maria SS. rivede il pastore Elia e con Gesù va da Elisa a Betsur.


    Gesù dispone che gli apostoli vadano a due a due in zone diverse per tentare di trovare i pastori.

    Poi Maria - parlando della strage degli innocenti perpetrata da Erode - dice a Marjziam che i buoni perdonano il loro carnefice perché apre loro le porte del Cielo e che se uno, invece, si augura la loro morte, allora Dio guarda con severità anche lui e che Dio è in ogni luogo, anche in quelli più sperduti e, quindi, almeno Dio è sempre con gli orfani.

    Ma Marjziam racconta di aver visto Doras dare un calcio in faccia a suo padre perché - sentendosi male - si era seduto durante l’orario di lavoro e l’aveva tenuto senza mangiare.

    Aggiunge che vorrebbe rendere a Doras quello che aveva fatto al padre, che lo odia e non può perdonarlo.

    Gesù, però, lo prende in braccio e gli domanda se vuole andare con i suoi fratelli e suo padre e gli dice che in Cielo non può entrare chi odia, e che se non si riesce a pregare per la persona cattiva, almeno ci si deve guardare dall’odiarla, si deve guardare al futuro anziché ripensare al passato doloroso e chiedere a Dio di provvedere Lui affinché si realizzino i nostri desideri.

    Poi si imbattono nel pastore Elia che è felice di incontrare Maria e racconta che Elisa, che essi stavano cercando, è rimasta vedova e ha perso anche i suoi due figli.

    Gesù e Maria vanno a consolarla. Maria le dice di non lasciarsi prendere dalla disperazione, poiché ora il suo figlio morto sta meglio di prima.

    Gesù le conferma che Lui riaprirà le porte del Regno dei Cieli per coloro che muoiono nel Signore.

    Poi chiede ospitalità presso di lei per la Madre per la notte.

    Maria, a sua volta, le dice che pregheranno insieme e che poi anche lei - Elisa - che confessa di piangere sempre e di non dormire più da mesi - riuscirà a dormire. Infine congeda il Figlio, invitandoLo a pregare anche Lui per loro.

    La servente, allora, dice a Gesù che è avvenuto un miracolo poiché quella donna non parlava più da tanti mesi e temevano che diventasse pazza.



    209 La fecondità del dolore nel discorso di Gesù presso la casa di Elisa a Betsur.


    La notizia del cambiamento di Elisa si è diffusa rapidamente a Betsur e i compaesani - nel vedere Gesù e gli apostoli attraversare il paese per tornare da Elisa - fanno molte domande ai pastori che li invitano a rivolgersi al Maestro.

    Lui si dichiara lieto di rispondere alle loro domande ma li invita a mortificare la loro amicizia e curiosità verso Elisa, poiché lei ha bisogno di tempo e di riposo per guarire completamente e, d’altra parte, chi esce da quelle tenebre in fondo ha vergogna di esservi stato e che il mondo lo sappia.

    Poi incarica gli apostoli di badare che non si faccia chiasso.

    Il giardino della casa di Elisa è in gran parte in disordine. Maria, allora, promette che si fermerà lei un po’ di giorni per aiutare la padrona a mettere ordine; e Gesù acconsente.

    In seguito il Maestro si rivolge alla folla dicendo che il giorno prima ha visto due persone che piangevano desolate e come solo Dio le può sollevare, la conoscenza esatta di Dio, della sua infinita bontà, della sua costante presenza e delle sue promesse ma che Lui da solo non può diffondere quella conoscenza o ridarla a chi l’ha perduta, perciò ha deciso di chiamare molti, affinché tutti possano avere il conforto della conoscenza di Dio.

    In questo modo l’uomo non dirà più che tutto è finito per lui, ma che tutto inizierà per lui in un mondo soprannaturale dove ritroverà i genitori o i figli o i fratelli.

    Li invita a ricordare che l’amore mitiga il dolore e procura gioia, pensando che ci sono sempre dolori più grandi del proprio, a dimenticarsi tra i dimenticati, a guarire tra i malati, a sperare tra i disperati.

    Il mondo è sempre aperto alle buone volontà di servire Dio nel prossimo e di conquistarsi il Cielo: l’unione con Dio e la riunione con coloro che essi piangono.

    Imitino Rut, la giovane vedova biblica, che restò al fianco della sua vecchia suocera Noemi, vedova pure lei, che aveva perduto anche i figli e l’aveva invitata ad andarsene, lasciandola alla sua disperazione. Ogni atto buono dà origine a grandi cose.

    Poi, Gesù aspetta che tutti se ne siano andati affinché nessuno turbi il pianto salutare di Elisa che Lo stava ascoltando da dietro una siepe.



    210 Le inquietudini di Giuda iscariota durante il cammino verso Ebron.


    Giuda afferma che Gesù - trascurando di realizzare guarigioni improvvise - crea loro problemi nel trattare con i Suoi nemici.

    Sia le donne che Andrea e Tommaso sono in disaccordo con lui e gli consigliano di non voler fare da maestro al Maestro.

    Gesù afferma che ha lasciato Simone a tener compagnia a Maria ed Elisa, perché data la sua età avanzata non ricorda i figli morti alla donna desolata e perché ha sofferto e sa dire bene le cose.

    Intanto essi cercheranno di evangelizzare la Giudea, con l’aiuto delle donne che con la loro arte sottile sanno meglio portare gli animi dove vogliono.

    Poi, insieme, manterranno la promessa di andare a Keriot dalla madre di Giuda.



    211 Ritorno ad Ebron, patria del Battista.


    Nei pressi di Ebron, Giuda, ora rassicurato da Gesù, è di buon umore e riferisce che da un lato la notizia dei miracoli, dall’altro la morte di Doras e la cattiveria di Sciammai su molti innocenti dopo la fuga della sua amante Aglae hanno fatto desiderare l’arrivo del Maestro come vendicatore degli oppressi.

     Gesù risponde che non è nel giusto chi Lo vede come giustiziere secondo lo spirito della Terra. Lui è liberatore dalle oppressioni del peccato, delle malattie, delle desolazioni, dalle ignoranze e dall’egoismo. Molti impareranno che non è giusto che essi opprimano poiché la buona sorte li ha messi in alto e che devono usarla per sollevare chi è in basso. Ciò oggi è fatto solo da pochi, ma in futuro diverrà molto più comune.

    Aggiunge che si fermeranno a Ebron se la gente li vorrà ascoltare. Però, l’accoglienza è favorevole: il sinagogo che l’anno precedente li aveva respinti, ora teme che Gesù porti rancore a lui e ai suoi concittadini, e afferma che il Battista li avrebbe maledetti per questo loro comportamento, se non fosse che il Messia gli ha insegnato il perdono e che essi desiderano riceverLo e ascoltarLo, poiché sanno che Lui è paterno con i peccatori, mentre Giovanni li getta nello sconforto.

    Gesù allora dice che Ebron è una delle città in cui chi aveva ucciso involontariamente qualcuno si poteva rifugiare, in attesa del processo. Ciò può dirsi anche per i delitti e le accuse morali.

    Il profeta Geremia disse agli Israeliti che una volta entrati in Babilonia avrebbero visto gli idoli dei babilonesi, ma non dovevano imitare il modo di fare degli stranieri bensì dire in cuor loro che bisogna adorare solo il Signore Iddio, poiché gli idoli non possono fare nulla di bene né di male.

    Oggi, anziché dei santi, nelle file del Signore abbiamo degli idoli che non sanno più riferire le parole di Dio, ma di uomo, se non di Satana e non sanno fare che rimproveri folli agli innocenti e ai poveri mentre tacciono là dove vedono corruzione potente, poiché sono tutti corrotti e non possono accusarsi l’un l’altro delle stesse colpe.

    Essi mostrano una faccia pulita ma Dio vede un cuore sporchissimo. Si lasciano comprare con denaro maledetto e portare dove l’utile o il potere li vuole.

    Ecco perché le città rifugio oggi non sono più rifugio e i santi muoiono perché i non santi li hanno in odio. Venga dunque la gente a servire Iddio, in nome di Giovanni, non sia impreparata alla Redenzione. Non sia inferiore alle meretrici alle quali basta una parola di misericordia per venire sulla via del Bene.

    Quando Gesù ha finito di parlare, una vecchia donna - che è stata lasciata dal marito e vive di carità - presenta un figlio tutto contorto che non riesce nemmeno a guardare il Maestro.

    Questi mette le mani sulle spalle sbilenche dell’uomo e tuona. "Alzati e cammina nelle vie del Signore" e quell’uomo scatta ritto come se fosse perfetto e insieme alla madre si getta in ginocchio a baciare i piedi del Salvatore.



    212 Un’onda di amore per Gesù, che a Jutta parla dalla casetta di Isacco.


    Gesù entra in Jutta accolto calorosamente dalla popolazione - preparata da Giuda, Giovanni e Isacco, - che quasi Lo trasporta fisicamente più che lasciarLo camminare sulle Sue gambe, fino alla casetta in cui Isacco, infermo, mendicava.

    Essa è stata aggiustata e ora pregano il Maestro di usarla come loro sinagoga, in cui possa parlare a loro.

    Gesù accetta, però li prega di ospitare le donne e i bambini, ma essi rispondono che si sentiranno molto contenti di ospitare anche gli uomini.

    Allora il Maestro prende la parola e afferma che i grandi di Israele oggi sono come le asine selvagge - di cui parlava il profeta Geremia - che fiutano nell’aria l’odore dei maschi. La loro libidine è per il potere o il denaro o la lussuria vera e propria e la seguono fino al delitto.

    La terra è una selva di idoli poiché ogni cuore è un altare, sul quale difficilmente vi è Iddio, ma l’oro o la posizione o la carne o l’egoismo. E quando essi saranno colpiti e chiameranno il Signore, si sentiranno rispondere: "Rivolgiti ai tuoi dei. Io non ti conosco" come essi hanno fatto con Dio.

    L’uomo dovrebbe conoscere Dio:

     - per riconoscenza per il dono della vita e per il dono ineffabile della Grazia e per la promessa di restituirgliela una volta che l’ha perduta col peccato. E oltre allo spirito, Dio provvede al corpo dell’uomo ciò che gli è necessario.

     - E per rispetto verso la propria ragione. Infatti, solo i mentecatti e i folli non riconoscono i meriti di chi li accudisce e scambiano le cure per torture, il padre per estraneo, l’amico per nemico. Troppi in Israele sono simili a questi folli.

    La lontananza dai luoghi in cui Lui parla è un male perché impedisce di ascoltarLo, ma è anche un bene poiché quelli sono luoghi di corruzione e Lui provvederà a inviare chi parlerà loro.

    Inoltre, Dio può parlare da solo a solo con lo spirito dell’uomo e crescerlo nella Sua dottrina.

    Anche se non vorranno andare con Lui, non saranno infedeli al Signore e potranno predicare il Cristo con una vita onesta, contro la leggerezza dei molti che non sanno rimanere fedeli.

    La Sua venuta di oggi li faccia sani anche di spirito, come la venuta precedente li ha già fatti sani di corpo.



    213 A Keriot una profezia di Gesù e l’inizio della predicazione apostolica.


    Nella sinagoga Gesù fa prendere il decimo rotolo dello scaffale e ne fa leggere il quarto capitolo della storia dei Maccabei, nel quale si parla delle vicende di Onia, degli errori di Giasone e dei furti di Menelao.

    Poi dice che a partire da questo momento saranno gli apostoli a parlare alla gente, poiché Lui non basta più per tutto il lavoro da fare e affinché essi lascino il nido come gli aquilotti e facciano i primi voli.

    In compenso fa loro una profezia che essi dovranno ricordare per non doversi sentire in colpa in futuro quando sentiranno che è stato uno di Keriot a consegnare il vero Sacerdote ai Suoi nemici, affinché essi amino gli incolpevoli quale che sia il rapporto di parentela con il traditore.

    Inoltre, il Cristo sarà dichiarato un malfattore e questo dovrà essere per loro il segno che Egli è la Vittima uccisa per i peccati del mondo.

    E verrà anche il tempo in cui un infame per essere lui il Pontefice corromperà con l’oro i potenti e corromperà i costumi per avere più facile presa sugli animi privati dell’amicizia di Dio.

    Egli si ucciderà ma anche il popolo di Israele subirà un grande castigo, anche nei suoi figli, per non aver saputo tutelare il dono del Cielo.



    214 La madre di Giuda si confida con la Madre di Gesù, giunta a Keriot con Simone Zelote.


    La madre di Giuda, dopo aver accolto Gesù, i discepoli e le donne, vorrebbe tornare nella sua casa di campagna, ma il Maestro vuole che si fermi con loro e poi, incaricato di fare lui le parti, la serve sempre prima di chiunque altro.

    Poi Giuda fa il resoconto della sua predicazione e dice di avere insistito soprattutto sulle parti del decalogo che quella zona viola di più.

    Gesù gli raccomanda di non avere la mano pesante poiché si ottiene di più con la dolcezza e di ricordarsi che anche lui è un uomo soggetto a cadere e che non tollera rimproveri troppo aperti.

    Poi arriva la Madre di Gesù che porta i saluti di Elisa e comunica che anche lei vuole unirsi alle discepole, nonostante che abbia ancora dei momenti di smarrimento.

    In disparte, in seguito la madre di Giuda chiede a Maria Madre di Gesù la sua opinione su Giuda, che è bello, sano e intelligente, ma non è buono, né diritto di animo, è esaltato, vizioso, avido, duro di cuore, superbo, capriccioso e violento e preferirebbe piangerlo morto che inviso a Dio.

    La Madre del Maestro risponde che forse ciò è esagerato dall’amore materno e che certo Giuda non è limpido e mite, ma instabile, ma promette che comunque pregherà molto per lui, affinché si converta come hanno fatto meretrici, gentili, pubblicani e peccatori.



    215 L’albergatore di Betginna e la sua figlia lunatica.


    Gli apostoli temono di non sapere cosa dire nelle loro prediche alle folle, ma Gesù risponde che non c’è bisogno di andare nel sublime, è sufficiente dire quello di cui si è convinti per persuadere.

    Per cominciare incarica Andrea e Filippo di preannunciare agli abitanti di Betginna la Sua venuta.

    Molto timorosi, arrivano in un albergo e Andrea dice che cercano un alloggio per loro e per il Rabbi di Israele. L’albergatore si mostra stupito perché i rabbi disdegnano luoghi così poveri.

    Andrea risponde che c’è un solo Rabbi in Israele, egli ama i poveri e i peccatori per redimerli, è santo, buono e non cerca la ricchezza.

    Filippo aggiunge che si tratta di Gesù di Nazareth, che è il preannunciato Messia, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Compie molti miracoli anche sulle malattie, caccia demoni e a Naim ha anche risuscitato sotto gli occhi della gente un giovane morto. Se hanno dei malati, dei dubbi, rimorsi o altro approfittino oggi, poiché domani il Messia andrà altrove.

    Allora l’oste dice che lui ha una figlia lunatica che è ritenuta indemoniata dalla gente; ma si domanda come il demonio abbia potuto prendere un’innocente.

    Filippo risponde che il diavolo lo fa per portare alla disperazione i parenti, riferisce l’episodio degli indemoniati Geraseni e consiglia all’oste di credergli.

    Andrea, su preghiera dell’albergatore, va subito a chiamare Gesù.

    Il Maestro arriva e l’oste gli corre incontro, promette di non essere più esoso con i suoi clienti e lo supplica di non far ricadere i suoi peccati sulla figlia.

    Lo conduce da lei che sta in una stalla in un angolo buio. Appena la fanciulla Lo vede, comincia a gridare: "Indietro, non mi disturbare! Tu sei il Cristo del Signore, lasciami stare."

    Il Maestro, però, gli intima di tacere e di uscire dalla ragazza che subito emette un urlo straziante e si affloscia sulla paglia. Poi con calma e stupore domanda chi siano costoro.

    L’oste è felice, piange e bacia le mani di Gesù e Lo prega di passare lì la notte con tutti i Suoi apostoli, poiché ora egli non è più avido e disonesto.



    216 Le infedeltà dei discepoli nella parabola del soffione.


    Gesù e gli apostoli camminano insieme accaldati e in silenzio tra campi di messi.

    Bevono dalle fiaschette l’acqua calda e si lamentano, ma il Maestro fa osservare loro che i peccatori stanno sia in montagna - dove essi starebbero più freschi - che in pianura e che se non fossero stati mandati via dall’Acqua Speciosa sarebbero venuti in questa zona in altri mesi.

    Aggiunge che Lui si dispiace per i disagi che procura ai Suoi discepoli, ma lo Zelote obietta che i disagi sono una gioia per loro. Gesù gli risponde che ciò è vero solo per alcuni, tanto è vero che dei settanta discepoli che aveva, ne sono rimasti solo sette. Gli altri se ne sono andati per irrequietezza, incostanza, orgoglio, leggerezza, appetito di fango e paura. Però assicura che i rimasti un giorno capiranno che è stato bello subire queste sofferenze ed altre ancora.

    Simone allora Gli domanda che cosa pensa di Giuda, poiché lui non riesce ad amarlo, per il suo modo di fare.

    Gesù gli risponde in modo allusivo, parlando di un moscerino che è stato acciuffato da una libellula e questa è stata presa da un rospo.



    217 Le spighe colte nel giorno di sabato.


    Gli apostoli affamati chiedono del pane e ristoro in una casa, ma il fattore li respinge duramente; solo una vecchietta dà loro il poco pane che ha, in cambio di una benedizione.

    Allora gli apostoli si addentrano in un campo di grano e ne mangiano alcune spighe.

    In quel momento arriva un gruppo di farisei uno dei quali domanda arrogantemente al Maestro: "Chi sei? Come mai fin qui?". E lui risponde: "Gesù di Nazareth. Anche qui ci sono anime da salvare."

    Il fariseo risponde che bastano loro a salvare le anime e che non si deve rubare, tanto meno di sabato.

    Gesù risponde che anche il re Davide di sabato prese i pani del Tempio - quantunque fossero riservati ai sacerdoti - per sfamare i suoi soldati e che se fu punito da Dio, ciò avvenne per la sua lussuria, non per aver preso quei pani in giorno di sabato.

    Aggiunge che Lui non augura la morte corporale e tanto meno quella spirituale e che vorrebbe dare la vita, quella eterna, anche all’anima di chi, invece, la uccide spregiando il Messia del Signore.



    218 L’arrivo ad Ascalona città filistea.


    Passata la notte dormendo sulla sabbia, gli apostoli cercano cibo da acquistare. Si imbattono in un contadino che tenta di far pagare per le uova un prezzo esagerato ma Tommaso sa come trattarlo. Pietro va da Anania per comprare il pane, un vecchio che - sentito da Pietro che con loro è qualcuno che è ben più di Cesare, il Messia stesso - offre loro anche la cena e alloggio gratuito per la notte.

    Gesù gli spiega, però, che Lui non vuole un regno terreno, ma il Regno dei Cieli, in cui tutti, anche i filistei e gli schiavi, potranno essere ammessi attraverso la pratica della bontà e dell’amore: un amore anche verso gli schiavi che non sono belve catturate ma creature infelici, e la morte non deve spaventare poiché essa è vita per chi spera in Dio e vive da giusto.

    Vanno via e entrano in Ascalona. Gesù li manda avanti a gruppi, mentre Lui vaga per la città.

    Qualche bambino gli si avvicina e tra essi uno afferma di stare lì perché è stato cacciato dalla scuola poiché faceva ridere i compagni con un pupazzo di legno, molto caricaturale, che raffigura il vecchio sinagogo ebreo.

    Gesù lo rimprovera dicendogli che un giorno anche lui sarà vecchio, gobbo e brutto e non gli piacerà di essere burlato e che è male anche distrarre i compagni di scuola; si fa promettere che non lo farà più e si fa dare quel pupazzo e in cambio gli regala una bella fibbia staccandola dal collo di un Suo vestito.

    Insieme, poi, vanno dalla mamma del bambino, la quale Gli mostra i tappeti che sono fabbricati nel suo laboratorio.

    Gesù le dice che è molto brava e anche buona visto che si prende cura di Dina, che è una figlia orfana di un suo barcaiolo e che ora sta per perdere anche la madre.

    Aggiunge che chi ama il prossimo ed esercita la carità nella famiglia e nei dipendenti e la estende sui miseri, ha già in sé la Religione.

    La bambina, poi, Gli dice che a scuola i bambini ebrei dicono che quando verrà il Messia saranno guai per loro che sono filistei; lei, invece, Lo cercherebbe perché crede che Lui guarirebbe sua madre.

    Intanto Lo conduce dai suoi fratellini e dalla madre la quale dice che vorrebbe certamente guarire ma sente che per lei è finita, però crederebbe anche lei nella possibilità del Messia di guarirla.

    Gesù le dice che il Messia è Lui stesso e grida: "Lo voglio. Sii guarita."

    La donna si alza sul letto e poi insieme alla figlia si prostra in adorazione verso Gesù, il quale, prima di andare via, invita tutti loro ad essere buoni e a ricordarsi di Lui.



    219 I diversi frutti della predicazione degli apostoli nella città di Ascalona.


    Per il gruppo di Matteo, Bartolomeo e Giuda ha parlato il primo; il pubblico lo ascoltava con attenzione ma c’era anche qualcuno che faceva obiezioni o burle e allora Giuda ha preso la parola minacciando sciagure, finché alcuni hanno messo mano alle pietre e i tre apostoli sono riusciti a fuggire grazie al provvidenziale passaggio di una carovana in mezzo alla folla.

    Invece Pietro ha parlato nei pressi del porto insieme a Natanaele e Filippo, ha cominciato a lodare la nave, il mare, la città, poi lui e gli altri due hanno aiutato dei marinai stanchi a completare il carico per l’ora stabilita.

    Poi ha detto che lui lavora per portare uomini al Messia di Dio, il quale non maledice ma benedice, non porta malanni ma li toglie, non odia e non vuole che si odi ma che si amino anche i nemici. Nel Suo regno non ci saranno amici e nemici, vinti e vincitori, liberi e schiavi e questa bella città la ritroveranno in Cielo se giungeranno ad amare il Cristo di Dio.

    Poco dopo, però, sono arrivati dei cittadini - armati di bastoni e pietre, - che avevano ascoltato il discorso di Giuda e se i tre apostoli non fossero stati portati via per mare dai marinai, sarebbero stati guai per loro.

    Sicché viene criticato Giuda per le sue maniere che lui però giustifica attribuendo la colpa di quella reazione violenta alla perversità dei filistei.

    Tommaso, tuttavia, lo nega e spiega che Giovanni ha parlato tra i filistei più umili che portano il pesce al mercato: essi hanno voluto dare agli apostoli il pesce più fresco.

    Giovanni parlava come Gesù con parole dolci come il miele, la gente lo ascoltava con attenzione e voleva vedere Gesù e ha promesso di recarsi a Cafarnao per ascoltarLo.

    Giovanni, a differenza di Giuda, non ha mostrato il rigore dei profeti, ma sempre l’amore verso le anime che essi vorrebbero fedeli a Dio. Invece di affermare che "Gaza non avrà più re", ha spiegato che ciò è avvenuto perché l’uomo si è staccato da Dio e ha aggiunto che invece di una povera regalità terrena, il Messia porterà una regalità eterna e infinita nel Cielo a coloro che seguiranno la Sua dottrina.

    A loro volta il gruppo di Simone Zelote è andato verso i cantieri e per sorteggio ha parlato Giuda Taddeo, il quale si è fatto conoscere per quello che era e chiedeva la bontà di accogliere la sua parola del pellegrino che vedeva in loro tanti fratelli e che voleva portarli con sé nella casa del Padre in eterno nella gioia del Cielo. Che questa terra sarà luogo di pastori santi, i servi del Pastore supremo.

    Giacomo ha parlato della bontà di Gesù verso i poveri e Simone ha narrato la sua guarigione.

    Il risultato è stato un’abbondante raccolta di denaro che potrà essere dato ai poveri che incontreranno.

    Giuda iscariota tace e Gesù lo conforta dicendo che un’altra volta anche lui farà meglio e che per ora non ha peccato perché pensava di fare bene.

    Domandano a Gesù che cosa ha fatto Lui, ed Egli lo racconta, ma si dispiace di non aver potuto dare denaro alla povera famiglia di Diana. Allora essi Gli propongono di andare di nuovo in città per portarglielo.

    Gesù approva la proposta, ma manda solo loro per non essere trattenuto dalla gente del luogo e risultare così scortese verso Anania che ha offerto la propria ospitalità.



    220 Gli idolatri di Magdalgad e il miracolo sulla partoriente.


    Tommaso dice che per poco non è stato ferito dai filistei, perché tra loro alcuni cercano i Giudei per odio, mentre altri - quelli beneficati o i loro parenti - dicono che è passato un Dio e tutti, invece che con le parole, discutono con i bastoni.

    Gesù non parla per un bel tratto, poi dice che Lui va a un paesello sul monte, e che loro proseguano per Azoto, ma siano cortesi, dolci e pazienti anche di fronte alle derisioni.

    Si imbatte in un corteo di donne e uomini urlanti che seguono un caprone bendato e malconcio per le ferite riportate inciampando nelle pietre.

    Gesù chiede a un uomo che cosa sia quel corteo.

    La risposta è che la sposa di Fara, il potente del paese non riesce a partorire poiché sembra avere le viscere aggrovigliate, ritengono che ciò sia dovuto a un maleficio fatto dalla maga e la stanno cercando per ucciderla e se questo non basterà, uccideranno il caprone per impetrare la misericordia della dea Matrice.

    Gesù li invita a fermare il corteo perché Lui è capace di guarire la donna e salvare il bambino. Vanno a dirlo al sacerdote, il quale Lo minaccia che, se ciò non è vero, sarà ucciso Lui al posto della maga.

    Il Maestro risponde che è vero ma che dovranno ubbidirGli tutti e intanto devono sciogliere il caprone poiché Gli occorre. Tutti promettono di sì.

    Allora ordina di non urlare più e di non bruciare resine.

    Fara viene avanti terreo e scarmigliato e Lo supplica di salvare sua moglie.

    Gesù risponde che salverà la donna e il maschio che ha in grembo.

    Fara gli domanda come fa a saperlo.

    Il Maestro risponde che Lui è Dio e tutti si gettano a terra come morti.

    Allora ordina di alzarsi e aggiunge che Lui è il Dio potente e che non tollera altri dei e ordina di accendere il fuoco e di bruciare la statua della dea Matrice. La folla si ribella, soprattutto i sacerdoti, però Fara e sua madre si oppongono alla folla ostile, tuttavia lui domanda perché dovrebbe crederGli.

    Gesù gli mostra le ferite aperte e sanguinanti del caprone ma Lui non vuole che sia così, e invita Fara a guardare di nuovo il caprone che ora non ha più ferite.

    Il sacerdote, però gli dice di temere la vendetta degli dei, ma Gesù spiega che Lui è Dio, che tutte le forze gli sono soggette e chi crede in Lui vedrà compiersi ogni prodigio, che Lui è Gesù Cristo, il Signore incarnato, ordina di gettare l’idolo alle fiamme altrimenti lo incenerirà Lui e se ne andrà senza salvare.

    Quelli che portano le padelle sono costretti a gettarle perché esse bruciano le loro mani, inoltre i legni della portantina dell’idolo si carbonizzano.

    Ora Gesù afferma che Lui è il Verbo del Padre, di Javè di Israele, che è venuto a portare la Verità e la Vita agli uomini, ad abbattere gli idoli e a dire agli uomini che se credono nel vero Dio, avranno la vita eterna in Cielo presso l’Altissimo.

    Ad ogni Sua affermazione, Fara risponde di credere. Allora Gesù senza entrare nella casa, grida: "Esci alla luce per conoscere la Luce divina per ordine della Luce che è Dio!"

    Dopo poco si sente un grido di trionfo e il pianto di un neonato che si fa sempre più forte.

    Allora il Maestro invita Fara ad andare dal neonato e a dirgli ora e in seguito che il Cielo è la vera patria dell’uomo e che questa è la Verità mentre le padelle e gli idoli sono la Menzogna.

    Gli vorrebbero dare regali e denaro, ma Lui accetta solo l’ariete in dono, dicendo che il miracolo si paga con la fedeltà a Dio che l’ha concesso. E se ne va.

    Incontra gli apostoli, questa volta delusi perché sono stati cacciati via, ma Lui li rincuora dicendo che anche da Ebron erano stati cacciati via la prima volta, ma poi li hanno accolti volentieri.



    221 Le prevenzioni degli apostoli verso i pagani e la parabola del figlio deforme.


    Gli apostoli chiedono dove saranno destinati. Gesù risponde loro che saranno sparpagliati in molti paesi differenti e che - contrariamente a quanto pensa Pietro - è più facile evangelizzare i paesi pagani che la Palestina dove la gente è sottilmente idolatra e colpevole, ma orgogliosamente si crede perfetta e vuole rimanere come è.

    E’ bello, invece, che Dio possa raccogliere tutti sotto il suo padiglione.

    La triplice concupiscenza morde il senso, il sentimento e il pensiero, ma non cambia l’anelito dell’uomo al Cielo.

    E’ errato credere che i pagani siano malvagi o selvatici, incapaci di amare Dio e la sua religione. I pagani sapranno mettersi coraggiosamente a difesa della fede di Cristo quando avranno saputo che Cristo è Amore e li invita al Suo seguito.

    Racconta la parabola del figlio deforme che era stato separato dagli altri in una stalla e gemeva per la sua solitudine, finché un giorno un servo buono non lo preparò e incoraggiò a presentarsi al padre e a dirgli il suo amore. E il padre che era angosciato dai rimorsi lo accolse con gioia.

    Così devono fare i Suoi apostoli, invitare tutti gli uomini - anche quelli deformi spiritualmente: scismatici, eretici, separati - a tornare alla casa del Padre, poiché il "pane" vero che è il Cristo del Signore è amministrato solo sulle tavole apostoliche, non su altre su cui è mescolato con alimenti impuri.



    222 Un segreto dell’apostolo Giovanni.


    Buona parte degli apostoli è curiosa di sapere cosa è avvenuto di grandioso a Jabnia visto che Giovanni - che è stato lì insieme a Gesù - appare tanto radioso, ma Giovanni non soddisfa la loro curiosità e il Maestro li invita a non tormentarlo.

    Poi aggiunge, che anche Lui ha il suo modo di fare, come l’Iscariota dice a proprio riguardo, e che ha portato con sé Giovanni perché ha quel modo e quell’animo.



    223 Una carovana nuziale evita l’assalto dei predoni dopo un discorso di Gesù.


    Nei paraggi del luogo boscoso in cui Gesù e gli apostoli si soffermano a pranzare, mangia anche la comitiva del matrimonio di due figli di ricchi mercanti.

    Un tale si avvicina a un convitato e facendolo bere si fa fornire informazioni sulle famiglie degli sposi e sulle loro condizioni economiche, poi sale su per il monte.

    Bartolomeo si insospettisce, ma tutti si mettono a dormire.

    Più tardi un cane comincia a ringhiare e si sente qualche rumore.

    Pietro e Simone si alzano e vanno a chiamare Gesù, che sta già venendo verso di loro e li incarica di svegliare tutti gli uomini, ma non le donne, e di farli venire lì senza fare rumore.

    Gesù rassicura tutti e poi va verso il limite dello spiazzo e voltate le spalle al bosco inizia a parlare.

    Afferma che la malvagia fame dell’oro travolge gli uomini in sentimenti abietti.

    Il Creatore aveva lasciato tale metallo nelle viscere della Terra affinché fosse utile all’uomo con i suoi sali e fosse di bellezza nei suoi templi, ma Satana gli diede un sapore di maleficio e da allora per l’oro si uccide e si pecca.

    La donna per esso diviene civetta e facile al peccato carnale.

    L’uomo per esso diviene ladro, usurpatore e omicida, duro al suo prossimo e alla sua anima che egli spoglia della sua vera eredità eterna per procurarsi una cosa effimera - dandole poche scaglie lucenti che verranno abbandonate alla morte - e ride degli ammonimenti secondo i quali c’è un premio e un castigo per le azioni di questa vita.

    I rimorsi e le pene in cui si può incorrere in questa esistenza sono un nulla di fronte alle punizioni divine.

    Non si vilipenda l’onore dei propri parenti, non si spezzi il cuore delle madri sapendo che i loro figli sono assassini.

    Non si cerchi di mettere a tacere la coscienza col peso dell’oro.

    Si conquisti piuttosto la pace appagandosi col poco della terra e il tutto del Cielo.

    Lui non li odia e non li teme, ma tende loro la mano per invitarli a tornare mansueti tra gli uomini e ora dirà a questi di tornare al riposo poiché l’amore disarma i violenti e sazia gli avidi.

    Poi Gesù invita i presenti a tornare al riposo e a pregare per i malfattori.



    224 Nell’apostolo Giovanni opera l’Amore. L’arrivo a Bètér.


    Gli apostoli si domandano se sono state le parole di Gesù o la Sua volontà a fermare i ladroni. Il Maestro sorride e non risponde.

    Matteo crede che sia stata la Sua volontà a superare la durezza di quei cuori, a paralizzarla quasi per poter parlare e salvare, poiché proprio lui è stato convertito dallo sguardo di Gesù prima ancora che dalle Sue parole.

    Infine Gesù spiega che non sono formule magiche o l’essere Dio o il Messia che Gli consente di comandare alle belve e agli uomini - belva, vincere le malattie dello spirito e operare ogni miracolo, ma la perfetta unione con Dio, poiché è Dio che opera i miracoli: anche un fanciullo veramente unito a Dio, con l’Amore, può farli.

    E quando in futuro arriveranno anche loro al livello, che Giovanni ha già raggiunto, avranno il suo stesso desiderio di silenzio e di penombra.

    E dovranno sempre tenere per misura l’umiltà nel giudicare una conversione o la potenza di una santità. Se in uno perdura l’orgoglio, non si illudano che sia convertito, neanche se facesse dei prodigi, che saranno opera del diavolo.



    225 Il paralitico della piscina di Betsaida e la disputa sulle opere del Figlio di Dio.


    Gesù spiega a Marziam che un angelo, di quando in quando, arriva sulla piscina di Betsaida e allora l’acqua si muove in atto di venerazione e chi si tuffa per primo è risanato dalla sua malattia. A volte i più forti tengono lontani i deboli, mancando di carità e succede che allora l’angelo non venga.

    Aggiunge che è possibile vedere l’angelo se si sta molto attenti.

    Infatti Marziam vede il muoversi dell’acqua e una luce molto forte. Un rattrappito si tuffa nell’acqua e guarisce.

    Altri lo rimproverano perché lui poteva ugualmente lavorare, mentre altri no.

    C’è un paralitico che viene accompagnato lì da trentotto anni e vede altri guarire ma nessuno lo aiuta, neanche quelli che sono guariti, per rendere grazie a Dio.

    Gesù risponde che così dovrebbe essere, ma chi è guarito, non ci pensa, non lo fa per malanimo e la gioia di essere guarito lo rende egoista.

    Perciò, vista la grande fede che ha avuto, gli dice di alzarsi, di prendere il lettuccio e camminare. E così succede.

    Si raduna una folla di curiosi, e Giudei della peggior specie accorrono per scoprire chi è la causa di quell’assembramento, ma il guarito non è in grado di dare loro indicazioni sufficienti e Gesù si è allontanato per rientrare nel Tempio da un’altra porta.

    Lì ritrova il paralitico guarito e gli raccomanda di non peccare mai più, affinché Dio non lo punisca ancora peggio. Il miracolato vorrebbe diventare un discepolo. Gesù gli risponde che Lui non respinge nessuno ma che ci pensi bene prima di decidere.

    I Giudei, gli scribi e i farisei adesso sanno che è stato Gesù a guarire il paralitico e lo accusano di violare il sabato e di bestemmiare dicendosi Figlio di Dio, ma Lui risponde che chiamino i rabbi, - Sadoc e Gamaliele - ed essi diranno loro se è vero che Dio è Uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo e che Lui è il Messia predetto e che fa i miracoli, mentre il diavolo non può farli nonostante che sia nel mondo da secoli.

    Lui può guarire il corpo, ma anche la mente - liberandola dagli errori e dalle cattive passioni - e la parte spirituale, liberandola dal peccato, ma essi non vogliono credere in Lui, perché non dice ciò che a loro piace sentire e, pertanto, non avranno la vita eterna.



 

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